In Italia più di una persona su tre non pratica attività fisica di nessun tipo. Si tratta del 36,3 per cento della popolazione. Il dato emerge dal recente rapporto ISTAT-BES del 2022 che analizza nel dettaglio l’andamento nel tempo e il confronto con il periodo pre-pandemia Covid-19. Nell’indagine sono considerati gli indicatori in 12 aree in cui è articolato il “benessere” delle persone. Una quota preoccupante, in linea con i dati pre-pandemia, ma in aumento rispetto al 2021, quando le persone che non praticavano nessuna forma di sport erano il 32,5 per cento, con un peggioramento di +3,8 punti percentuali.
Sedentarietà fattore di rischio patologie croniche
La mancanza di attività fisica è correlata a malattie ad alto impatto socio-economico. In particolare, aumenta il rischio di obesità, malattie cardio-vascolari, ipertensione sino ad arrivare ad alcuni tipi di cancro, come le neoplasie del colon-retto e del seno. Gli studi hanno infatti dimostrato forti correlazioni con una marcata ipocinesia. Secondo gli esperti, non è necessario svolgere attività intense. Basta sfruttare i momenti di vita quotidiana come scendere dall’autobus due fermate prima e fare una passeggiata, oppure fare le scale a piedi anziché prendere l’ascensore.
Per diminuire il rischio cardiovascolare sono però preferibili attività ritmiche e ripetitive, per esempio camminare, correre, andare in bicicletta, nuotare e ballare.
Il rischio di malattia cardiovascolare diminuisce con un’attività fisica moderata, per esempio camminare, per almeno 30 minuti al giorno per cinque giorni alla settimana.
L’iniziativa per incentivare lo sport ad ogni età
Per contrastare malattie come l’obesità, il diabete e le malattie croniche non trasmissibili è nata un’alleanza per la promozione dell’esercizio fisico. È stata sancita nei giorni scorsi con la firma di un protocollo d’intesa tra l’Intergruppo parlamentare Obesità, diabete, malattie croniche non trasmissibili, l’Intergruppo parlamentare per la Prevenzione delle emergenze e l’assistenza sanitaria nelle aree interne, l’Aniad – Associazione Nazionale Italiana Atleti Diabetici, l’Unc – Unione Nazionale Chinesiologi e la Federazione Nazionale degli Ordini della Professione Sanitaria di Fisioterapia. La firma è avvenuta nell’ambito della conferenza stampa “Sostenibilità + attività fisica = beneficio per la salute”, presso il Senato della Repubblica su iniziativa della Sen. Daniela Sbrollini, che è stata l’occasione per il fare il punto sul tema e presentare i contenuti dell’accordo.
Sport e rischio di professionisti non qualificati
L’obiettivo è “garantire al cittadino l’opera di professionisti qualificati, evitando pericolose approssimazioni”. Uno sforzo congiunto, per valorizzare, da una parte, l’idea di una programmazione dello sport e, dall’altra, il ruolo dei professionisti sia in ambito terapeutico-sanitario (Fisioterapisti) che in quello preventivo-sociale (Chinesiologi). L’obiettivo è quello di minimizzare il distacco sia operativo che culturale tra l’ambito sanitario e quello sociale.
Malattie cronico-degenerative causano il 75 per cento circa di morti
«Sport e attività fisica rappresentano un “farmaco” senza controindicazioni, che fa bene a tutte le età», dichiara la Sen. Daniela Sbrollini, Presidente dell’Intergruppo parlamentare Obesità, diabete e malattie croniche non trasmissibili, Vice Presidente X Commissione del Senato, «Nei Paesi industrializzati la sedentarietà è divenuta il secondo più importante fattore di rischio per la salute, dopo il fumo di tabacco. Esiste una stretta relazione tra l’inattività fisica e le malattie cronico-degenerative, che rappresentano circa il 75 per cento delle cause di mortalità nei Paesi industrializzati».
«L’obiettivo è quello di sostenere l’attività motoria e sportiva nelle persone di ogni fascia di età – dichiara il Sen. Guido Liris, Presidente Intergruppo parlamentare per la Prevenzione delle emergenze e l’assistenza sanitaria nelle aree interne – sia che presentino sia che non presentino condizioni tali da richiedere un intervento di natura clinica».
«I dati ci dicono che nel nostro paese, attualmente, vi è una marcata situazione sociale di ipocinesia. Questo espone ad una facilitazione dell’instaurarsi di malattie croniche che presentano un forte impatto socio-economico e che possono essere oggetto di prevenzione proprio grazie ad un programma strutturato di promozione dell’attività fisica e sportiva nel nostro paese», dichiara Giorgio Berloffa, Presidente Unione Nazionale Chinesiologi, «La somministrazione di Esercizio Fisico, inteso come attività motoria razionale e finalizzata, è l’elemento perno su cui ruota ogni possibile intervento in tal senso e deve essere impartita dai professionisti del settore, evitando pericolose improvvisazioni e generalizzazioni. In ambito sanitario, i Fisioterapisti sono coloro che si occupano dell’Esercizio Fisico a scopo terapeutico mentre in quello socio-sanitario lo sono i Chinesiologi con la loro operatività nell’attività di prevenzione e la loro azione su individui che, pur presentando patologie croniche stabilizzate, hanno efficacemente seguito il percorso terapeutico in ambito sanitario».
«In tutto il mondo i fisioterapisti intervengono per assicurare prevenzione cura e riabilitazione anche attraverso la gestione dell’esercizio fisico, con attività dirette e attività in collaborazione con altri professionisti adeguatamente formati – dichiara Piero Ferrante, Presidente della Federazione nazionale degli Ordini della professione sanitaria di Fisioterapista-FNOFI».
«L’impatto sulla salute determinato dalle condizioni di inattività fisica e dagli scorretti stili di vita diffusamente noti e presenti tra la popolazione, necessita, per una sua riduzione e un auspicabile inversione di tendenza, di un intervento maggiormente efficace a tutti i livelli ma soprattutto trasversale e sinergico», dichiara Marcello Grussu, Presidente Aniad – Associazione Nazionale Italiana Atleti Diabetici, «Pensare di lasciare al solo Sistema Sanitario l’onere di affrontare questa battaglia, significa non sfruttare le opportunità di successo che possono derivare dal supporto di numerosi stakeholders. Comprese le Associazioni pazienti che in questo contesto possono contribuire utilizzando al meglio le proprie prerogative, quali appunto in primis quelle di raccogliere ed intercettare prima di altri alcuni bisogni tra i cittadini, soprattutto nelle fasce maggiormente fragili ed esposte, e successivamente rendersi soggetti facilitatori nell’applicazione concreta di programmi di informazione, formazione e sensibilizzazione».