Una patologia invalidante, l’esigenza di trovare una risposta nonostante il Covid e la possibilità di curarsi a Napoli, evitando un viaggio della speranza che lo avrebbe portato lontano da casa. Sono questi gli ingredienti della storia di Claudio (nome di fantasia), operato al Policlinico Federico II grazie alla precisione della chirurgia robotica e all’esperienza di un’equipe d’eccellenza. A 59 anni Claudio è stato per mesi alla ricerca di una diagnosi, prima, e di una soluzione, poi. La risposta è arrivata dall’Unità Operativa Complessa di Chirurgia Epato-bilio-pancreatica, Mininvasiva e Robotica, diretta dal professor Roberto Troisi. “Pancreatite cronica”, la diagnosi che ha poi portato all’impiego del robot chirurgico Da Vinci Xi. «Gli interventi al pancreas – spiega il professor Troisi – sono nella maggior parte dei casi eseguiti per patologie neoplastiche, è molto meno frequente che si debba procedere invece per patologie non tumorali, soprattutto per sindromi dolorose croniche invalidanti». E quello di Claudio è proprio uno di quei “casi rari” sui quali era necessario intervenire. La pancreatite cronica è infatti legata ad un processo infiammatorio che nel tempo porta alla fibrosi, calcificazioni della ghiandola e dilatazione del dotto pancreatico, sino ad arrivare addirittura alla perdita funzionale dell’organo e al diabete. Alcune forme sono poi quelle che producono essenzialmente un dolore insopportabile e resistente al trattamento medico.
L’INTERVENTO
«Abbiamo dovuto aprire interamente il pancreas e rimuovere i calcoli del dotto pancreatico ostruito – spiega Troisi – e allo stesso tempo abbiamo provveduto all’enucleazione parziale della testa pancreatica, per trattare la sintomatologia dolorosa, e a drenare la ghiandola in toto con una derivazione pancreato-digiunale. In estrema sintesi, abbiamo usato una porzione d’intestino per drenare direttamente i succhi pancreatici e biliari che permettono l’assorbimento dei nutrienti (operazione di Frey). Tutto questo integralmente con l’ausilio del robot Da Vinci Xi, un approccio che massimizza i benefici di un trattamento mininvasivo per definizione». Una malattia complessa, dunque, che ha messo in luce la capacità del Policlinico Federico II di offrire terapie mediche e chirurgiche d’eccellenza per patologie tumorali, ma anche croniche invalidanti, sempre e comunque, nonostante il Covid.Proprio il lavoro dell’Unità Operativa Complessa di Chirurgia Epato-bilio-pancreatica, Mininvasiva e Robotica, diretta dal Professor Roberto Troisi, è esempio dell’impegno che quotidianamente viene svolto del Policlinico universitario. «Dall’ottobre 2019 ad oggi, sono oltre 250 gli interventi chirurgici specialistici al fegato e pancreas che abbiamo effettuato soprattutto in pazienti oncologici e ad alta complessità, di questi il 58% con tecnica laparoscopica e robotica. Un’attività di alta specializzazione che è sempre connessa alla didattica e alla ricerca che, nonostante la pandemia, non si sono mai fermate per garantire la formazione delle nuove generazioni di medici chirurghi», aggiunge Troisi.
LA RETE
I percorsi assistenziali sono garantiti grazie al sostegno di tutte le figure coinvolte, dalla direzione strategica aziendale all’Unità Operativa Complessa di Anestesia e Rianimazione, diretta dal professor Giuseppe Servillo e con la costante collaborazione del dottor Giuseppe De Simone, e a tutto il personale medico ed infermieristico del Dipartimento Medico-Chirurgico delle Malattie dell’Apparato Digerente, diretto dal Professor Giovanni De Palma. «Prosegue un’attività resa possibile dall’abnegazione di tutto il personale medico ed infermieristico. Interventi come questo sono anche e soprattutto il frutto di un costante confronto a livello internazionale sulle più avanzate tecniche e tecnologie in campo medico – spiega il direttore generale Anna Iervolino – . Un segmento sul quale investiamo e investiremo sempre più. C’è poi da ricordare che, nonostante l’emergenza, la nostra Azienda ospedaliera universitaria non ha mai smesso di assistere e dare risposte ai pazienti non Covid».