«L’emergenza Covid, purtroppo, non ha fermato le altre malattie e una diagnosi precoce è sempre importantissima per battere il cancro sul tempo». Il grido di allarme parte dal dipartimento di Onco-ematologia del Moscati di Avellino, diretto da Cesare Gridelli. A intervenire è Giuseppe Colantuoni, coordinatore del gruppo oncologico multidisciplinare Mammella, afferente alla Breast unit diretta da Carlo Iannace. «Nel corso degli ultimi mesi – spiega – abbiamo assistito a un drastico calo delle prime visite e delle visite ambulatoriali: ecografie e mammografie, e altri esami di vitale importanza nella lotta al tumore della mammella. Il nostro reparto in realtà non si è mai fermato e abbiamo garantito tutta l’assistenza necessaria sia per le prime visite ambulatoriali sia per chirurgia, follow up e chemioterapia» spiega Colantuoni. «Grazie alla lungimiranza della direzione strategica, che ha spostato nell’ospedale di Solofra tutte le attività non Covid, creando dei percorsi dedicati, siamo anche riusciti a smaltire la lista di attesa per gli interventi. Ma la paura più grande è che, essendosi fermati tutti gli screening, vedremo nei prossimi mesi una impennata di casi più gravi, perché presi in uno stadio avanzato della malattia». Ed è molto importante che il messaggio arrivi forte e chiaro: la chirurgia conservativa è possibile grazie alla diagnosi precoce, il cancro della mammella resta una patologia di cui avere paura e solo lo screening e i controlli tempestivi si possono veramente salvare molte vite.
Il Covid-19 ha comunque trasformato anche per la Breast unit diretta da Colantuoni. «In un certo senso anche noi abbiamo fatto smart working. Le pazienti hanno iniziato a inviarci i referti via mail e via WhatsApp; le telefonate spesso si sono trasformate in videochiamate, abbiamo dovuto reinventarci un modo per essere vicini alle donne. Le pazienti con problemi oncologici hanno ancora più bisogno di sentire al suo fianco l’équipe che l’ha presa in cura, sotto il profilo medico e psicologico. Abbiamo scoperto che, organizzandosi e con tanta buona volontà, tutto è possibile». E i ricordi dei giorni più bui in questo momento di tregua scatenano molte emozioni. «Noi medici siamo stati investiti da uno tsunami, di cui non si sapeva niente, abbiamo dovuto fronteggiarlo, trovare cure», aggiunge Colantuoni. «In Campania siamo riusciti a fronteggiarlo bene, in altre regioni hanno dovuto arginare criticità superiori o differenti, noi possiamo ritenerci fortunati, abbiamo sicuramente dovuto motivare i nostri pazienti che ci apparivano scoraggiati e spaesati, aiutarli a non arrendersi e soprattutto ricordare loro di non abbandonare percorso di cura».
di Emanuela Di Napoli Pignatelli
Fonte: Il Mattino – Speciale Salute & Prevenzione