Il 5G o “quinta generazione” è l’ultima evoluzione della telefonia mobile. Quest’ultima negli anni ha raggiungo una copertura del territorio sempre più fitta, con sempre più numerose antenne che servono aree (“celle”, da cui il termine telefonia “cellulare”) di dimensioni sempre più piccole, per limitare il numero di persone che utilizzano il servizio contemporaneamente nella stessa cella. Per coprire queste celle di dimensioni più ridotte servono potenze sempre più basse, con una conseguente riduzione dei livelli ambientali di campo elettromagnetico a cui possono essere esposte le persone. A spiegarlo è Alessandro Polichetti del Centro Nazionale per la Protezione dalle Radiazioni e Fisica Computazionale dell’Istituto Superiore di Sanità. Inoltre, le dimensioni ridotte delle celle portano ad una maggiore vicinanza tra telefoni cellulari e antenne fisse, con la conseguente riduzione delle potenze emesse dai telefoni cellulari e quindi delle esposizioni degli utilizzatori.
5G e Internet of things
Tuttavia, la nuova tecnologia di telefonia mobile di quinta generazione (5G) applicata all’Internet delle Cose, in cui non solo le persone ma anche i dispositivi comunicano tra loro, produrrà un ulteriore aumento degli “utenti”, e quindi un ulteriore aumento del numero di antenne sul territorio. Questo genera preoccupazione nell’opinione pubblica, anche se in realtà le potenze di emissione saranno sempre più basse e in ogni caso dovranno rispettare i limiti precauzionali fissati dalla normativa nazionale che stabilisce che l’installazione di nuove antenne in siti dove sono già presenti altre antenne, non può portare ad un superamento dei valori di attenzione precauzionali vigenti in Italia, che sono espressi in termini di valori complessivi dovuti a tutte le antenne che generano i campi elettromagnetici presenti in ogni punto dello spazio. Secondo gli esperti, con la progressiva sostituzione delle tecnologie precedenti con quella 5G, le esposizioni complessive della popolazione dovrebbero diminuire ulteriormente rispetto a quanto stia già avvenendo.
Un’altra causa di preoccupazione per il pubblico è il fatto che è previsto anche l’utilizzo di frequenze (circa 27 GHz) molto diverse da quelle attualmente utilizzate per la telefonia mobile (800-2,6 GHz), e ciò ha portato a parlare di frequenze “inesplorate” dal punto di vista degli effetti sulla salute. “In realtà – spiega Polichetti – sono stati già condotti alcuni studi sulle onde a qualche decina di GHz (più vicine alle frequenze di circa 27 GHz). Inoltre quelle usate dal 5G appartengono comunque all’intervallo delle radiofrequenze, i cui meccanismi di interazione con il corpo umano sono ben compresi, e i limiti di esposizione internazionali (e a maggior ragione i più cautelativi limiti italiani) consentono di prevenire totalmente gli effetti noti dei campi elettromagnetici anche a queste frequenze”.