Tempo di lettura: 3 minutiNel Paese aumentano vertiginosamente le malattie croniche che ormai colpiscono il 40% della popolazione. E gli squilibri Nord-Sud sono notevoli anche rispetto alle risorse disponibili (530 euro in meno tra Calabria e Bolzano), ma la differenza di spesa non basta a spiegare le differenze nei livelli di salute. Restano i dati: un cittadino di Trento ha una speranza di vita di 82,3 anni mentre uno in Campania non supera mediamente gli 80,5 anni.
È la cronicità, insomma, uno dei mali maggiori del Servizio sanitario nazionale. I malati cronici consumano grandi quantità di farmaci, vanno spesso dal medico e aumentano ancora di più il livello di insostenibilità di un Ssn che non riesce ad assisterli, soprattutto nel Mezzogiorno.
Il Rapporto Osservasalute 2016, fa un’analisi dello stato di salute della popolazione e della qualità dell’assistenza sanitaria nelle Regioni italiane. È stato presentato a Roma all’Università Cattolica dall’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane, che ha sede presso lo stesso Ateneo ed è coordinato da Walter Ricciardi, Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, direttore dell’Osservatorio e Ordinario di Igiene all’Università Cattolica, e da Alessandro Solipaca, direttore Scientifico dell’Osservatorio. I riflessi sul divario tra nord e sud sono pesantissimi anche sull’aspettativa di vita.
Il Sud dispone di minori risorse economiche, è gravato dalla scarsa disponibilità di servizi sanitari e di efficaci politiche di prevenzione. Questa disparità di accesso all’assistenza si riflette in modo sempre più evidente sulla salute delle persone: al Sud è molto più alta la mortalità prematura sotto i 70 anni di vita, indicativo secondo l’Oms dell’efficacia dei servizi sanitari.
Il Rapporto è frutto del lavoro di 180 ricercatori distribuiti su tutto il territorio italiano che operano presso Università e numerose Istituzioni pubbliche nazionali, regionali e aziendali.
Ai malati cronici, sottolinea Osservasalute, sono destinate gran parte delle ricette per farmaci e sono loro che affollano più spesso le sale d’attesa degli studi dei medici di famiglia: analizzando le principali patologie croniche (ipertensione arteriosa, ictus ischemico, malattie ischemiche del cuore, scompenso cardiaco congestizio, diabete mellito tipo II, BPCO, asma bronchiale, osteoartrosi, disturbi tiroidei – con l’eccezione dei tumori tiroidei) emerge che, nel 2015, il 23,7% dei pazienti adulti in carico alla medicina generale (249.641 pazienti su un totale di 1.054.376 soggetti) presentava contemporaneamente 2 o più condizioni croniche tra quelle prima elencate.
Questo dato mostra un trend in preoccupante crescita, salendo dal 21,9% nel 2011 al 23,7% nel 2015. Inoltre, nel 2015 il 72,1% delle persone con almeno 2 patologie croniche concomitanti risulta essere in politerapia farmacologica, ossia assume quotidianamente 5 o più farmaci differenti.
Infine, i pazienti con multicronicità nel 2015 hanno generato il 55% dei contatti (ovvero tutte le visite in ambulatorio che terminano con la registrazione di una diagnosi, di una prescrizione farmaceutica, di una indagine diagnostico-strumentale e/o di qualunque altro intervento che il Mmg registra nella cartella clinica informatizzata) con i medici di medicina generale.
Le malattie croniche riflettono anche i divari sociali del paese: un esempio su tutti è la prevalenza di cronicità che nella classe di età 25-44 anni ammonta al 4%, ma mentre tra i laureati è del 3,4%, nella popolazione con il livello di istruzione più basso e pari al 5,7 per cento.
Ma ci sono altre evidenze nel Rapporto che sottolineano la distanza sempre eccessiva Nord-Sud.
Gli squilibri delle risorse: la spesa sanitaria pro capite si attesta mediamente a 1.838 euro, ma è molto più elevata a Bolzano – 2.255 euro – e decisamente inferiore nel Mezzogiorno, in particolare in Calabria – 1.725 euro. Questi divari si riflettono sulle condizioni di salute e sull’aspettativa di vita dei cittadini italiani di Nord, Centro e Sud Italia a vantaggio degli abitanti delle prime due zone del Paese.
E anche le condizioni di salute: nel 2015, in Italia, ogni cittadino può sperare di vivere, mediamente, 82,3 anni (uomini 80,1; donne 84,6); a Trento la sopravvivenza sale a 83,5 anni (uomini 81,2; donne 85,8), mentre in Campania l’aspettativa di vita è di soli 80,5 anni (uomini 78,3; donne 82,8).
Il Mezzogiorno resta indietro anche sul fronte della riduzione della mortalità: negli ultimi quindici anni è diminuita in tutto il Paese, ma la riduzione, soprattutto per gli uomini, non ha interessato tutte le Regioni ed è stata del 27% al Nord, del 22% al Centro e del 20% al Sud e Isole.
La responsabilità delle diversità, secondo Osservasalute può essere dovuta alle conseguenze delle politiche e delle scelte allocative delle regioni: per esempio, gli screening oncologici coprono la quasi totalità della popolazione in Lombardia, ma appena il 30% dei residenti in Calabria. La carenza di risorse, comunque, non basta a spiegare le differenze tra Nord-Sud e Isole. Osservando l’indicatore sulle risorse disponibili in termini di finanziamento pro capite emerge che molte regioni del Nord migliorano la loro performance senza aumentare la spesa, mentre alcune regioni del Mezzogiorno, alle quali si aggiunge il Lazio, peggiorano la performance pur aumentando le risorse rispetto alla media nazionale.