In molti casi di infarto, si parla addirittura del 30% del totale, il colpevole è il sistema immunitario. Un insospettabile colpevole che può indurre un’eccessiva azione infiammatoria. A svelarlo è una ricerca dell’Istituto di Cardiologia della Cattolica e Polo di Scienze Cardiovascolari e Toraciche del Gemelli diretto da Filippo Crea, pubblicato sul Journal of the American College of Cardiology. Il meccanismo è quello dell’eccessiva risposta, vale a dire che un’attività esagerata di alcune cellule immunitarie, i linfociti di tipo T, porta a un’eccessiva infiammazione della placca aterosclerotica depositata sulle pareti dei vasi sanguigni, placca che poi va incontro a rottura e causa l’infarto.
Medicina personalizzata
Il tema sembra essere quanto mai importante nell’ottica della medicina di precisione. Infatti negli ultimi anni si è iniziato a capire che gli infarti non sono tutti uguali, ma originano da meccanismi diversi che si traducono in prognosi diverse da paziente a paziente. I progetti di ricerca in corso e futuri presso il Gemelli, consentiranno di sviluppare terapie mirate sulla base del meccanismo che porta all’infarto e di stabilire per ogni paziente la prognosi, nonché indicazioni sulle misure di prevenzione primaria e secondaria da seguire. Uno dei meccanismi possibili è proprio mediato dall’azione del sistema immunitario sulla placca: in un sottogruppo di pazienti si è visto che la placca aterosclerotica sulle pareti dei vasi che ossigenano il cuore (le coronarie) va incontro a rottura e successiva formazione del trombo con meccanismi che coinvolgono uno squilibrio nelle cellule del sistema immunitario. Inoltre altre ricerche hanno evidenziato come in circa la metà degli infarti non si verifica rottura di placca e che in assenza di rottura la prognosi dei pazienti è più favorevole a lungo termine. In alcuni casi si ha solo un’erosione, e probabilmente questi infarti necessitano di terapia diversa senza necessità di impiantare uno stent coronarico.
Una seconda chance
Chi è sopravvissuto a un infarto dovrebbe avere come obiettivo quello di ridurre il rischio di averne un secondo. Una missione impossibile? Assolutamente no. Ci si può riuscire seguendo alla lettera i consigli del medico, assumendo con costanza le terapie e mantenendo uno stile di vita sano. Il controllo del colesterolo e degli altri fattori di rischio è determinante e può essere raggiunto non solo attraverso un’adeguata terapia farmacologica, ma anche attraverso una dieta equilibrata e una moderata ma costante attività fisica.