Tempo di lettura: 3 minutiUn intenso prurito che, nonostante il passare delle settimane non accenna a sparire. Può essere il sintomo di una malattia cronica chiamata prurigo nodularis, un dramma per moltissimi pazienti che per anni si sono dovuti accontentare di trattare i sintomi usando farmaci prevalentemente sintomatici con risultati scarsi e transitori. «Molto presto arriverà anche in Italia un farmaco biologico che finalmente potrà combattere i processi infiammatori che scatenano il prurito», spiega la professoressa Maddalena Napolitano. La specialista chiarisce poi quelli che sono i tratti distintivi di questa patologia. «Oltre al prurito, che è il sintomo dominante di questa condizione, si possono notare “segni” tipici sugli arti e sul tronco dei pazienti, vale a dire dei noduli disposti in modo simmetrico che possono confluire a formare delle vere e proprie placche. Questi noduli sono circondati da un alone violaceo e talvolta la loro superficie è erosa proprio in seguito all’intenso trattamento».
Qualità di vita
Facile comprendere come questa condizione finisca possa distruggere la qualità di vita dei pazienti, che non riescono più a riposare o a lavorare normalmente. L’impatto sulla qualità della vita è uno dei più alti tra le patologie cutanee infiammatorie con prurito cronico. Il prurito persistente, associato a bruciore, pizzicore e dolore, può infatti influenzare pesantemente il benessere fisico ed emotivo dei pazienti. Ancor peggio, gli attacchi di prurito possono emergere in qualunque momento della giornata, anche più volte e durare per ore. «Una condizione che può essere in alcuni casi devastante – aggiunge la professoressa Napolitano – addirittura peggiore per impatto sulla qualità di vita di condizioni come il diabete o storia di ictus. L’impatto sulla qualità della vita lavorativa è altrettanto incisivo». Molti pazienti dicono infatti di sentirsi costretti ad abbandonare il posto di lavoro qualora il prurito fosse ingestibile. In altri casi i pazienti si sentono poco compresi e per questo finiscono per omettere le reali motivazioni del loro assenteismo. La malattia diventa una enorme fonte di stress anche per un senso di abbandono da un punto di vista sanitario, ci si sente soli e compresi nella continua sofferenza.
Comorbilità
Come detto, la prurigo nodularis è una malattia cronica e l’infiammazione di tipo 2 (quella che soggiace a malattie come asma e dermatite atopica) gioca un ruolo importante. Napolitano spiega che «in una metà dei pazienti la prurigo nodularis si associa ad una condizione di atopia. Colpisce, in altre parole, pazienti che hanno, o hanno avuto, la dermatite atopica. O anche pazienti con asma». Nell’altro 50% dei casi la malattia si associa a patologie sistemiche come il diabete, l’insufficienza renale, infezioni gravi o condizioni paraneoplastiche. Tuttavia, la patogenesi è ancora poco chiara. Stando così le cose, è importante non solo arrivare ad una diagnosi, ma anche inquadrare correttamente il paziente. Ma qual è l’età nella quale si osserva la maggior parte dei casi? La dermatologa non ha dubbi: «Può colpire pazienti di ogni età, ma nella maggior parte dei casi insorge tra i 45-50 anni».
Nuove terapie
Nel mondo sono più di 680.000 le persone che convivono con la prurigo nodularis. La diagnosi è necessariamente clinica, in alcuni casi con il supporto di una biopsia che possa confermare aspetti istologici ricollegabili alla malattia. Il percorso di cura è invece unico e, come detto, la buona notizia è che oggi finalmente un farmaco biologico promette di restituire qualità a quanti soffrono di questa malattia una buona qualità di vita. «Sino ad oggi il trattamento è sempre stato limitato a corticosteroidi topici, infiltrazioni intralesionali di corticosteroidi o terapie con cortisone e ciclosporina. Trattamenti che non possono durare troppo a lungo e che riescono a mitigare solo i sintomi».
Articolo pubblicato su IL MATTINO il giorno 5 novembre 2023 a firma di Marcella Travazza con la collaborazione del network editoriale PreSa – Prevenzione e Salute