«Il Covid è piombato nelle nostre vite travolgendole come uno tsunami. Un evento che ha colto impreparati gli Stati di tutto il mondo e che avrà strascichi drammatici negli anni a venire, ma che ha anche portato alla luce la nostra capacità di reagire e di adattare il sistema al cambiamento. Mi riferisco in particolare al mondo delle malattie rare». A fare un bilancio di come i pazienti hanno vissuto e stanno vivendo la pandemia è Giuseppe Limongelli, coordinatore del Centro regionale Malattie rare della Campania. Ma una premessa è d’obbligo. A dispetto di un nome che potrebbe trarre in inganno, le malattie rare sono circa 8mila e ogni anno ne vengono classificate di nuove. Questo si traduce in 35 milioni di persone che, in Europa, convivono con una diagnosi di malattia rara. Circa un milione solo in Italia e 23mila in Campania. «Parliamo di chi ha ricevuto una diagnosi – ricorda Limongelli – ma se considerassimo tutti coloro ai quali non è ancora stata fatta o che non sono presenti nei registri regionali e nazionale (“malati invisibili”), questi numeri raddoppierebbero».
NUOVE STRADE
La pandemia ha scosso dalle fondamenta il sistema sanitario, costringendo i vari network di esperti a trovare nuove strade per evitare di lasciare soli i pazienti nei mesi più duri del lockdown. «Benché l’infezione da Sars Cov-2 colpisca anche i bambini – spiega Limongelli – sono gli adulti, soprattutto i più fragili, a pagarne il prezzo più alto. Questo vale anche per le patologie rare: molte di queste sono ereditarie o congenite e si manifestano in età pediatrica; altre immunologiche, endocrinologiche, pneumologiche, neurologiche; e alcune più di altre espongono i pazienti a una prognosi infausta. Anche i malati rari possono, insomma, essere più esposti, dipende dalla complessità della patologia e dalla sua espressione clinica». Ecco perché il tavolo interregionale sulle malattie rare, che è l’organo di coordinamento delle regioni sulle patologie rare, ha stilato un documento che servirà a definire quali sono i malati rari “fragili”, e quindi candidati ideali per la seconda fase della vaccinazione. La speranza è che questo documento venga recepito a breve dal ministero della Salute, diventando pienamente operativo. Per il coordinatore del Centro regionale Malattie rare della Campania «il Covid ha messo in luce una serie di criticità in tutti i sistemi sanitari. Il nostro ha mostrato enorme resilienza nella gestione della cronicità e delle emergenze, ma nessun Paese è riuscito pienamente a gestire la crisi a livello territoriale, con l’effetto di una ricaduta sulle terapie intensive, sino a raggiungere livelli insostenibili». Drammatico è il dato delle diagnosi mancate.
ON LINE
«Con il centro di coordinamento malattie rare abbiamo sviluppato un’indagine che confronta il primo quadrimestre 2020 con lo stesso periodo dei due anni precedenti e anche, tra loro, mesi di- versi del 2020. Nel primo caso, il calo delle diagnosi è stato significativo, con punte quasi del 50% in meno, ma la diminuzione è stata ancora maggiore (fino al 75%) confrontando gennaio-febbraio con marzo – aprile 2020, mesi nei quali sono stati chiusi gli ambulatori». Per il Centro regionale Malattie rare della Campania le parole d’ordine sono diventate “televisita e telecosulto” da una parte, e “home delivery” e “home therapy” dall’altra, risultato possibile grazie a una specifica circolare regionale che ha posto il centro di coordinamento malattie rare come fulcro ed ha puntato sull’ascolto delle difficoltà vissute da medici e pazienti. «Il lavoro è andato avanti cercando di identificare le problematiche e assegnando ordini di priorità. Nel pieno della prima ondata – conclude Limongelli – abbiamo costituito un gruppo di lavoro su tre macro aree: malattie metaboliche lisosomiali, malattie pneumologiche e malattie immunologiche ed ematologiche. Oltre a televisite e teleconsulto per la diagnosi, grazie a una sinergia tra pubblico e privato siamo riusciti a mettere in campo sia l’home delivery, sia l’home therapy, per portare la terapia a casa dei pazienti. Se c’è un insegnamento che dobbiamo trarre da tutto questo è che l’obiettivo deve essere sempre quello di far viaggiare l’informazione, e laddove possibile la terapia, non il paziente». malati rari, malati rari