Che siano star o persone comuni, i commenti denigratori per l’aspetto fisico di qualcuno si leggono tutti i giorni sotto alcune foto. Per molti si tratta di parole innocue o scherzose e invece il fenomeno ha un nome: si chiama “Body Shaming”. Se il web è nato per scopi nobili, il suo utilizzo reale dipende dagli utenti.Il bullismo –o meglio “cyber bullismo”– è una delle forme di violenza veicolate da internet, il body shaming è una delle sue facce. Significa letteralmente giudicare le forme del corpo, in particolare attraverso il web e i social network. Il termine deriva dall’inglese shame e come sostantivo vuol dire vergogna, mentre come verbo significa generare vergogna. In altre parole, si può tradurre come: far vergognare qualcuno per il suo corpo, attuando un’atteggiamento di derisione e presa in giro. Che siano corpi troppo magri, troppo grossi, troppo tatuati, con malattie della pelle o con cellulite, la pratica denigratoria del body shaming non risparmia nessuno, ma sono soprattutto le donne a subire il giudizio. Il motivo affonda le sue radici in un fattore culturale che ancora esige standard di bellezza troppo rigidi nei confronti del corpo femminile. Ad essere prese di mira, infatti, sono soprattutto persone con un aspetto fisico non conforme ai canoni di bellezza socialmente stabiliti.
Body shaming, non si tratta di commenti innocui
Il Body Shaming può avere effetti devastanti sulle vittime, soprattutto quando si tratta di adolescenti, naturalmente più vulnerabile. Il condizionamento dell’autostima provoca una perdita di certezze, sicurezze personali; un aumento degli stati d’ansia e in casi estremi il rischio che diventi un’ossessione. Da qui nascono molti disturbi alimentari che se non presi in tempo possono portare nei casi più gravi anche alla morte. Un altro effetto è lo scoraggiamento, la perdita di volontà nel raggiungere un obiettivo. Secondo le statistiche, le più sensibili a questo argomento sono le adolescenti dai 18 ai 21, soprattutto se prese di mira dai propri coetanei. A nutrire il terreno di questi fenomeni è soprattutto il continuo paragone con gli altri. Tra filtri e ritocchi, i social rimandano continuamente immagini perfette, alimentando standard che non corrispondono alla realtà. Inoltre, il nascondersi dietro la tastiera fa sentire più liberi di esprimere giudizi e offese.
Emma Marrone alle ragazze: “il vostro corpo è perfetto così com’è, dovete amarlo e rispettarlo”
Negli ultimi anni sono sono state tante le campagne delle star in difesa delle vittime di bullismo, partite proprio dai social, dove si alimenta questa pratica. In questi giorni ha fatto discutere l’episodio che ha interessato Emma Marrone. La cantante ha risposto al commento di un giornalista che definiva le sue gambe troppo “importanti” per poter indossare delle calze a rete. “Il body shaming con il linguaggio politically correct, non so se è più imbarazzate o noioso” – attraverso le storie sul suo profilo Instagram la cantante ha risposto alle critiche sul suo abbigliamento (e sul suo corpo) a Sanremo 2022, rivolgendosi alle ragazze, in particolare a quelle giovanissime: “Evitate di ascoltare o leggere commenti del genere. Il vostro corpo è perfetto così com’è, dovete amarlo e rispettarloe soprattutto dovete vestirvi come vi pare”.
Dopo il disastro di un virus che ha causato centinaia di migliaia di vittime, resta il danno psicologico che probabilmente perdurerà ben oltre la fine della pandemia. Depressione, ansia e stress sono il nuovo male emergente. Ecco perché ben 21 società scientifichehanno indirizzato al Governo un documento nel quale chiedono che ci sia un bonus per lo psicologo da utilizzare nell’immediato, ma anche misure strutturali per affrontare il disagio mentale cresciuto insieme alla pandemia. La pandemia da Covid, dicono gli psicologi, ha «amplificato problematiche psicologiche e psichiatriche», come la depressione «facendo diventare il problema del malessere psicologico e dei disturbi psichici e comportamentali un problema sociale». Utilizzando al meglio le misure del PNRR, si legge, «nel contesto dei servizi sanitari è necessario adottare un quadro integrato di misure imperniato sull’attivazione di strutture pubbliche e innovative di prossimità per rispondere al bisogno di ascolto e sostegno psicologico, come il Consultorio psicologico, con la funzione di intercettare precocemente i bisogni di salute e benessere psicologico dei cittadini».
IL TERRITORIO
Secondo gli addetti ai lavori è anche necessario «il potenziamento dei servizi di salute mentale, di neuropsichiatria infantile e delle dipendenze, dei Consultori familiari, del Piano Nazionale delle Cronicità, di psicologia ospedaliera, assistenza domiciliare, riabilitazione, neuropsicologia». Nell’immediato, però, proseguono le società scientifiche, occorre garantire «l’accesso alle consulenze e trattamenti a tutti quei cittadini e quelle famiglie che non riescono ad avere risposte nel pubblico e non possono accedere nel privato per mancanza di risorse economiche, mediante l’erogazione diretta del bonus o voucher. Si tratta di una misura straordinaria, richiesta a gran voce da un numero crescete di cittadini, che può agire nell’immediato e accompagnare la concretizzazione degli obiettivi di revisione del sistema sopra indicati».
I BAMBINI
Intanto, tra i più colpiti di questa nuova ondata ci sono i bambini. A quanto pare, infatti, sono proprio i più piccoli ad essere oggi più esposti. Ma il danno maggiore, i bambini, lo stanno avendo a causa delle restrizioni e della privazione di una normale vita sociale. Anche per i più piccoli il rischio depressione o ansia eccessiva è molto presente. «Il benessere dei più piccoli – dicono gli esperti del Gaslini – appare assediato allo stesso modo degli adulti per ciò che concerne la qualità di vita e l’equilibrio emotivo, a prescindere dallo stato psico-sociale di partenza, per effetto diretto del confinamento stesso e per il riflesso delle condizioni familiari contingenti (assenza o perdita dei nonni, genitori disoccupati o senza lavoro, scarsa socializzazione). Infatti, i bambini respirano e hanno respirato come non mai l’aria di casa in questo periodo, con tutti i possibili aspetti positivi e negativi legati alla situazione familiare». Proprio sul benessere psicologico dei bambini bisognerà lavorare per fare in modo che la pandemia non lasci cicatrici troppo profonde.
https://prevenzione-salute.com/wp-content/uploads/2020/04/Vaccino-Covid-immagine-generica.jpg366640Redazione PreSahttps://prevenzione-salute.com/wp-content/uploads/2024/04/prevenzione-e-salute-1.pngRedazione PreSa2022-01-25 11:49:092024-06-09 12:34:24Depressione e stress, gli psicologi lanciano un allarme
In questi lunghi mesi di pandemia da Covid-19, centinaia di indagini a livello internazionale hanno analizzato gli effetti negativi del COVID-19 sul benessere psicologico. Numerosi sono i sintomi comportamentali descritti, sia in chi è stato contagiato dal virus, sia in chi, invece, è stato vittima di fattori indiretti come: lunghi periodi di quarantena, perdita del sostegno sociale e sovraesposizione a fenomeni di infodemia. Tutte le ricerche scientifiche svolte nell’ultimo anno sono concordi nell’indicare come la pandemia e le misure di quarantena stiano seriamente impattando la salute mentale. Questo ha sopraffatto i sistemi sanitari di molti paesi e, naturalmente, ha colpito gli operatori sanitari che combattono in prima linea. “Quando COVID-19 ha colpito per la prima volta, i professionisti della salute come psicologi e psicoterapeuti non erano considerati “servizi essenziali”. Questo significava che gli psicologi non erano autorizzati a vedere i clienti faccia a faccia, e tutte le sessioni dovevano essere spostate su piattaforme di telemedicina. D’altra parte, l’aumento dei problemi di salute mentale durante l’epidemia di COVID-19 ha ulteriormente rafforzato il bisogno generale di assistenza. In questo contesto, si è entrati, forzatamente e velocemente, in una nuova era di telepsicologia, senza però avere dati scientifici e una reale guida metodologica su come traslare gli interventi di persona in interventi online”, afferma Antonio Cerasa, neuroscienziato del l’Istituto per la ricerca e l’innovazione biomedica del Consiglio nazionale delle ricerche di Messina (Cnr-Irib). Per rispondere al bisogno di conoscere in dettaglio come la pandemia ha cambiato il lavoro di psicologi e psicoterapeuti, il Cnr-Irib, in collaborazione con l’Università della Calabria e Università Magna Graecia di Catanzaro,ha intervistato, tramite un questionario online,oltre200 psicologi per comprendere come questa pandemia abbia influito sulla loro attività clinica. Lo studio è stato pubblicato su Journal of Affective Disorders Report.
Psicologi e telemedicina. Lo studio
Durante i vari lockdown, gli psicologi italiani hanno ammesso che la pandemia ha fortemente influito sulla loro pratica clinica (60%) e per questo che la maggior parte (85%) ha utilizzato le varie forme di modalità online per continuare il lavoro terapeutico sui pazienti. Il 65% degli intervistati ha rilevato di non aver avuto particolari problemi nella traslazione alla telepsicologia, così come la maggior parte dei loro pazienti ha riportato un feeling positivo con questa nuova modalità di rapporto clinico. Quasi il 60% degli psicologi ha rilevato un aumento nel numero di nuovi pazienti, i quali, per la maggior parte non erano stati mai infettati dal virus. Questa nuova ondata di pazienti è stata caratterizzata prevalentemente dalla presenza di sintomi specifici quali: ansia, depressione e disturbi del sonno. Anche nei pazienti già in trattamento si è notata una recrudescenza di sintomatologie pregresse durante la pandemia sempre relativamente a queste tre tipologie di sintomi. Infine, un altro dato interessante che gli psicologi hanno rilevato durante il sondaggio riguarda la tipologia di pazienti che faceva ricorso a nuove cure post-pandemia. Il profilo più vulnerabile alle nuove forme di disturbi psicologi sono le donne, impiegate, con bassa scolarità, di età tra i 26 e i 45 anni, non sposate. I risultati di questo studio possono fornire strumenti ai decisori politici per orientare al meglio gli interventi a sostegno della salute mentale.
https://prevenzione-salute.com/wp-content/uploads/2019/12/mal-di-testa.jpg640960Sofia Gorgonihttps://prevenzione-salute.com/wp-content/uploads/2024/04/prevenzione-e-salute-1.pngSofia Gorgoni2022-01-21 19:42:572024-06-09 12:35:44Covid: sedute online psicologi efficaci per il 65 %. Lo studio
I videogame, anche quelli più violenti, non hanno una cattiva influenza sui comportamenti dei ragazzi. O meglio, non ci sono prove che la violenza simulata possa istigare comportamenti aggressivi al di fuori della realtà virtuale. Lo evidenzia uno studio, pubblicato sul Journal of Economic Behavior & Organization, condotto dagli scienziati dell’Università di Londra, che hanno esaminato il presunto collegamento tra approccio ai videogiochi e tendenze violente. In questo studio che interesserà molto schiere di genitori preoccupati, il team UK ha distinto la possibilità di manifestare comportamenti violenti contro altre persone o nei confronti di oggetti o proprietà. Il gruppo di ricerca ha considerato bambini e ragazzi di età compresa tra 8 e 18 anni, utilizzando metodi econometrici per identificare gli effetti causali plausibilmente dovuti all’uso di videogiochi violenti.
AGITAZIONE
Gli esperti hanno messo che in evidenza che «i videogiochi possono contribuire ad aumentare il livello di agitazione e gli stimoli dei bambini, ma questo non si traduce in un’inclinazione alla violenza contro altre persone. È pertanto improbabile che le politiche di restrizione della vendita dei videogiochi ai minori possano portare a una riduzione dei tassi di violenza». Dunque, gli scienziati non hanno trovato prove del fatto che le sessioni di gioco fossero in qualche modo legate alla violenza contro altre persone. Restano, tuttavia, i dubbi di molti genitori che hanno riferito una maggiore probabilità che i loro figli manifestassero comportamenti distruttivi nei confronti di determinati oggetti dopo aver giocato a un videogame più violento.
Sono 12 milioni gli italiani che secondo le stime provano disagio nel periodo in cui cambia l’ora. Alcune condizioni cliniche, come la depressione, trovano le loro radici biologiche nell’alterazione di ritmi circadiani ormonali connessi all’umidità, l’esposizione alla luce e ai raggi solari, alla pioggia, al caldo. Non sempre si tratta, quindi, di un atteggiamento culturale che spinge alcune persone a non aver voglia di fare nulla durante una giornata piovosa, ma di una vera e propria inclinazione biologica. A parlarne è la dottoressa Silvia Brioschi, psichiatra di Humanitas Psico Medical Care.
Meteoropatia e depressione stagionale
In generale, gli sbalzi di temperatura possono generare ansia: il grigio delle giornate piovose e il buio in inverno sono depressogeni, così come gli abbassamenti di pressione. Non tutti, però, sono colpiti dalla meteoropatia allo stesso modo: c’è chi necessita, più di altri, di sole e caldo, chi mal tollera gli sbalzi di temperatura e chi non riesce a stare bene in estate e preferisce freddo e clima invernale.
Il passaggio dall’ora legale all’ora solare in autunno
La stagione dell’autunno rappresenta già per molte persone un momento difficile da affrontare per una sensibilità individuale che talvolta definisce un vero e proprio disturbo, chiamato dagli specialisti SAD: “seasonal affettive disorder“, depressione stagionale. Ci sono studi che documentano un cambiamento della qualità del sonno, la durata e in generale la percezione di benessere durante il giorno.
“Queste conseguenze trovano una spiegazione nella cronobiologia di alcuni processi fisici e mentali. Le attività ormonali e cerebrali che regolano il sonno e le malattie dell’umore hanno una ritmicità sia giornaliera che mensile e annuale – spiega l’esperta.
“Pare infatti che la depressione sia proprio la malattia dei ritmi biologici: una loro alterazione precipiterebbe i meccanismi che generano la sindrome depressiva, fatta non solo di mal di vivere, pessimismo, sensi di colpa e apatia, ma anche di sintomi più “fisici” e anche più intuitivamente riconducibili ai ritmi circadiani, come insonnia, o inappetenza. Tali effetti sono in parte modulati dalla quantità di luce che riusciamo a raccogliere nella giornata. I sintomi più frequenti sono:
irritabilità,
stanchezza,
fatica nella concentrazione,
flessione del tono dell’umore.
L’effetto del cambio di orario può essere molto diverso da persona a persona, soprattutto in base alla propria propensione: di norma, a risentire di più del cambio dell’ora legale sono le persone mattiniere”.
Quattro ricercatrici italiane descrivono per la prima volta al mondo il funzionamento di una barriera cerebrale (il plesso coroideo) che, per proteggere il cervello dall’infiammazione dell’intestino si chiude e genera stati di ansia e depressione. Questo spiega perché questi stati accompagnano spesso chi soffre di malattie croniche intestinali, come la colite ulcerosa e la malattia di Crohn. Da anni la comunità scientifica ha riconosciuto un legame tra intestino e cervello, il cui funzionamento però è stato fino ad oggi indefinito. Lo studio italiano, pubblicato su Science, rappresenta quindi una svolta nella comprensione dell’asse intestino-cervello e apre la strada a nuove terapie.
La comunicazione tra intestino e cervello
Questi risultati aprono a nuovi scenari nella conoscenza del funzionamento di una delle barriere (o interfacce) fra circolo sanguigno e cervello, il plesso coroideo. Lo studio è stato coordinato dalla professoressa Maria Rescigno, capo del Laboratorio di immunologia delle mucose e microbiota di Humanitas e docente di Patologia Generale di Humanitas University.
“A livello del plesso coroideo abbiamo documentato il meccanismo che blocca l’ingresso nel cervello di segnali infiammatori originati nell’intestino e migrati verso altri organi grazie al flusso sanguigno. A tale fenomeno è associato un isolamento del cervello dal resto dell’organismo che è responsabile di alterazioni comportamentali, tra cui l’insorgenza di stati di ansia”, spiega la prof.ssa Rescigno. “Questo significa che tali condizioni del sistema nervoso centrale sono parte della malattia e non solo manifestazioni secondarie”.
Lo studio è firmato inoltre dalla dott.ssa Sara Carloni, microbiologa di Humanitas University, la prof.ssa Michela Matteoli, docente di Farmacologia di Humanitas University e Direttore dell’Istituto di Neuroscienze del CNR, e la dott.ssa Simona Lodato, capo del Laboratorio di Neurosviluppo di Humanitas e docente di Istologia ed Embriologia di Humanitas University.
Le funzioni del plesso coroideo
Il plesso coroideo è una struttura che si trova all’interno del cervello, dove viene prodotto il liquido che avvolge l’encefalo e il midollo spinale, a protezione delle strutture del sistema nervoso centrale. Il plesso coroideo è anche un veicolo per l’ingresso di sostanze nutritive e l’eliminazione di quelle di scarto e ha un ruolo di difesa immunitaria.
“Abbiamo scoperto che all’interno del plesso coroideo, oltre alla nota barriera epiteliale, esiste un’ulteriore barriera vascolare, che abbiamo definito barriera vascolare del plesso coroideo”, spiega la dottoressa Sara Carloni.
“In condizioni normali questo ‘cancello’ consente l’ingresso di molecole derivate dal sangue e, in caso di infiammazione in organi distanti (in questo caso l’intestino), la barriera si riorganizza e si chiude per bloccare l’ingresso di possibili sostanze tossiche”.
Il team di ricercatrici, inoltre, si è chiesto a cosa serve, in condizioni di salute questo “cancello” vascolare (che in assenza di stimolo patologico rimane aperto). Per rispondere è stato usato un modello sperimentale genetico, che consente di “chiudere” la barriera cerebrale senza che ci sia infiammazione dell’intestino.
“Così facendo abbiamo dimostrato che la chiusura della barriera del plesso sembrerebbe di per sé correlata ad alterazioni del comportamento, determinando un aumento di ansia e un deficit nella memoria episodica”, conclude la prof.ssa Michela Matteoli. Ciò significa che una comunicazione fisiologica e dinamica tra intestino e cervello è fondamentale per una corretta attività cerebrale.
Per comprendere il comportamento della barriera vascolare del plesso coroideo è stata utilizzata la metodica del Single Cell Sequencing, cui ha partecipato anche un gruppo di ricerca dello IEO. “Questo ha permesso di identificare le componenti del sistema vascolare che sono principalmente coinvolte in questa risposta, i capillari e periciti, cellule che regolano la permeabilità dei vasi sanguigni”, racconta la dottoressa Simona Lodato. “Grazie a questa analisi è possibile conoscere il comportamento dinamico di ogni cellula del plesso coroideo al momento della chiusura della barriera”.
Prospettive di cura delle patologie infiammatorie
“Abbiamo descritto il meccanismo che regola l’interazione tra il cervello e il resto dell’organismo in relazione alle infiammazioni intestinali”, spiega la professoressa Maria Rescigno. “Le domande aperte sono ancora molte. Ad esempio, in quali altre malattie si attiva questa chiusura? Anche i pazienti con patologie neurodegenerative hanno un intestino permeabile, da cui quindi passano più molecole verso il flusso sanguigno. Ora sappiamo che questa migrazione è correlata a una chiusura della barriera cerebrale e quindi a depressione e ansia. Come possiamo riaprire ‘il cancello’ del plesso per combattere questi stati alterati? E ancora, come possiamo modulare la barriera per raggiungere il cervello e consentire il passaggio di farmaci?”.
“Siamo già al lavoro per capire quali molecole possano essere coinvolte nelle anomalie comportamentali per modulare la reazione della barriera; quali cellule e componenti utili per la nostra salute restano intrappolate fuori dal cervello quando il plesso si chiude”, specifica la dottoressa Sara Carloni.
“Siamo di fronte a un’ulteriore dimostrazione che un’attività immunitaria non solo eccessiva ma anche insufficiente sia dannosa per la funzione del sistema nervoso. Adesso sarà importante definire i meccanismi attraverso cui questo avviene”, spiega la professoressaMichela Matteoli.
“Stiamo studiando la microglia, ossia le cellule immunitarie presenti nel cervello. Sappiamo che la loro attività può essere influenzata dai segnali provenienti dal sistema immunitario periferico e molti studi, anche del nostro laboratorio, hanno confermato che la microglia influenza in modo importante la funzione della sinapsi. La sinapsi è il sito di contatto tra neuroni ed è la sede di tutti i processi alla base del funzionamento del cervello, inclusi apprendimento e memoria. Rappresenta quindi il bersaglio più promettente da analizzare nei prossimi studi”.
“Nel contesto della neurobiologia dello sviluppo, dobbiamo capire quando e come si crei questa interazione tra cervello e sistema gastrointestinale scoperta a livello del plesso coroideo. La composizione del liquido cerebrospinale (CSF), che è chiaramente influenza dall’attività di questa barriera, è dinamica nello sviluppo e fondamentale nella formazione dei circuiti neuronali. Se pensiamo alla disbiosi, ossia ad alterazioni nel microbiota dei bambini, o all’obesità infantile, ci rendiamo conto che sono situazioni in cui il link tra cervello e intestino potrebbe essere alterato da un forte stato infiammatorio con effetti sulla barriera vascolare del plesso ed importanti conseguenze sul cervello in sviluppo”, conclude la dottoressa Simona Lodato.
In Europa, circa 1.200 bambini e adolescenti fra i 10 e i 19 anni mettono fine alle loro vite ogni anno. Tre vite al giorno perse a causa di suicidi. In Italia si stima che il 16,6% dei ragazzi e delle ragazze fra i 10 e i 19 anni soffrano di problemi legati alla salute mentale. Sono i dati dell’Analisi europea del nuovo rapporto “La condizione dell’infanzia nel mondo: Nella mia mente” dell’UNICEF.
Salute mentale dei giovani in Europa. I dati
Secondo il rapporto, il suicidio è la seconda causa di morte tra gli adolescenti in Europa (stime basate sul Global Health Estimates 2019 dell’OMS). Solo gli incidenti stradali causano più decessi tra i giovani tra i 15 e i 19 anni. Inoltre, il 19% dei ragazzi europei tra i 15 e i 19 anni soffre di problemi legati alla salute mentale, seguiti da oltre il 16% delle ragazze nella stessa fascia d’età. 9 milioni di adolescenti in Europa (tra i 10 e i 19 anni) convivono con un disturbo legato alla salute mentale (stime basate sul Global Burden of Disease Study dell’IHME); l’ansia e la depressione rappresentano oltre la metà dei casi.
Mentre il COVID-19 continua a causare caos nelle vite, il Brief – un’analisi con focus sull’Europa del rapporto annuale dell’UNICEF “La condizione dell’infanzia nel mondo: Nella mia mente”– esamina le problematiche che colpiscono i bambini e la salute mentale e il benessere di bambini e giovani in Europa. Lo studio fornisce anche dati preoccupanti sullo stress cui sono sottoposti, insieme a chiare raccomandazioni per i governi in Europa e le istituzioni dell’Unione Europea.
ALTRI DATI DEL RAPPORTO:
Circa 1.200 bambini e adolescenti fra i 10 e i 19 anni pongono fine alle loro vite ogni anno, ovvero 3 vite al giorno perse a causa di suicidi in Europa.
La percentuale di suicidio nel 2019 fra i ragazzi è stimata di gran lunga maggiore rispetto alle ragazze, rispettivamente il 69% e il 31%, e la fascia di età più colpita è fra i 15 e i 19 anni (1.037 contro i 161 fra i 10 e i 14 anni).
La percentuale di problemi legati alla salute mentale per i ragazzi e le ragazze in Europa fra i 10 e i 19 anni è del 16,3%, mentre il dato globale nella stessa fascia di età è del 13,2%.
Le nazioni con la percentuale maggiore in Europa fra le 33 prese in esame sono: Spagna (20,8%), Portogallo (19,8%) e Irlanda (19,4%), mentre quelle con la percentuale minore si trovano principalmente in Europa orientale: Polonia (10,8%), Repubblica Ceca (11%), Bulgaria, Ungheria, Romania e Slovacchia (11,2%).
IN ITALIA: In Italia si stima che, nel 2019, il 16,6% dei ragazzi e delle ragazze fra i 10 e i 19 anni soffrano di problemi legati alla salute mentale, circa 956.000 in totale. Fra le ragazze, la percentuale è maggiore (17,2%, pari a 478.554) rispetto ai ragazzi (16,1%, pari a 477.518).
“La pandemia da COVID-19 ha evidenziato diversi fattori che hanno messo a rischio la nostra salute mentale: isolamento, tensioni familiari, perdita di reddito”, ha dichiarato Sua Altezza Reale la Regina Mathilde del Belgio, che oggi interverrà alla presentazione del Brief all’Unione Europea a Bruxelles. “Troppo spesso i bambini e i giovani portano il peso di tutto questo. Dobbiamo investire tempo, sforzi e impegno per rafforzare e migliorare la nostra salute mentale e i sistemi sociali per garantire a ogni bambino accesso al benessere mentale e un’infanzia felice.”
“L’analisi europea offre una triste lettura, ma diverse e chiare raccomandazioni,” ha dichiarato Geert Cappelaere, Rappresentante UNICEF per le Istituzioni dell’Unione Europea. “Ora sappiamo che non agire ha un costo elevato – in termini di peso sulle vite umane, sulle famiglie, sulle comunità ed economici – e anche che ci sono chiari interventi che i governi nazionali delle Istituzioni dell’Unione Europea, le famiglie e le scuole possono intraprendere. Lì si deve focalizzare la nostra attenzione.”
La nuova analisi del Brief europeo “La condizione dell’infanzia nel mondo: Nella mia mente” indica che la perdita annuale di capitale umano che deriva dalle condizioni generali di salute mentale in Europa tra i bambini e i giovani tra 0 e 19 anni è di 50 miliardi di euro.
“La pandemia da COVID-19 è anche un’emergenza di salute mentale che ha conseguenze su bambini e giovani in Europa,” ha dichiarato Stella Kyriakides, Commissario Europeo. “Una vera Unione della Salute Europea aiuterà a investire lì dove è più necessario: per promuovere una salute mentale positiva e accedere a un sostegno per i nostri bambini – il futuro dell’Europa.”
Oltre agli investimenti sull’assistenza all’infanzia di qualità, sulla genitorialità e sulle misure per le famiglie in tutti i settori, l’UNICEF identifica 5 interventi prioritari per le istituzioni europee e i governi nazionali:
Supportare interventi per facilitare l’accesso dei gruppi vulnerabili a servizi per la salute mentale e fornire migliori infrastrutture regionali.
Includere l’accesso ai servizi per la salute mentale nei piani di azione nazionali, anche sfruttando le opportunità offerte dalle tecnologie digitali e online per ridurre i gap nell’accesso al supporto per la salute mentale.
Fornire programmi a scuola per diffondere consapevolezza e capacità di adattamento emotivo per gli adolescenti; integrare servizi di consultorio per la salute mentale; formare insegnanti e staff scolastico; creare spazi sicuri per i bambini di confronto e condivisione. Integrare programmi di genitorialità positiva che prevengono la violenza domestica. L’Unione Europea dovrebbe supportare iniziative per “l’apprendimento sicuro” per porre fine alla violenza a scuola e tramite la scuola affinché i bambini si sentano liberi di imparare, crescere e realizzare i propri sogni.
Investire risorse adeguate per formare gli operatori sanitari e sociali sulla salute mentale per supportare i servizi per i bambini che migrano.
Incorporare azioni mirate sulla salute mentale e il benessere psicosociale nell’assistenza ufficiale per lo sviluppo dedicata allo sviluppo umano, così come nei programmi umanitari di preparazione, risposta e ripresa per rispondere ai bisogni di tutte le popolazioni colpite da emergenze, compresa la protezione dell’infanzia durante crisi umanitarie.
https://prevenzione-salute.com/wp-content/uploads/2021/08/depressione-respirazione.jpg8001200Sofia Gorgonihttps://prevenzione-salute.com/wp-content/uploads/2024/04/prevenzione-e-salute-1.pngSofia Gorgoni2021-10-20 08:58:322024-06-09 14:15:13Salute mentale: 9mln di adolescenti (10 – 19 anni) convivono con un disturbo in UE
Salute mentale e alimentazione, esiste un legame provato, per quanto sia ancora tutto da esplorare, tra ciò che i bambini mangiano e il modo nel quale la loro mente si sviluppa. A dirlo è una ricerca realizzata nel Regno Unito, pubblicata sul British Medical Journal: Nutrition Prevention & Health, che ha preso in esame circa 9.000 studenti di 50 scuole. Ragazzi e bambini che con le loro risposte ai test hanno dimostrato che un’alimentazione sana, ricca di frutta e verdura, si associa ad una migliore salute mentale. E il tema della salute mentale è centrale al giorno d’oggi più di quanto non lo fosse negli anni passati. Infatti, ansia e depressione sono ormai delle patologie diffusissime tra i giovanissimi e lo scarso benessere mentale è un problema che spesso ha conseguenze negative a lungo termine.
NUOVE CONOSCENZE
La ricerca portata avanti nel Regno Unito apre a scenari nuovi nelle conosce che abbiamo sulla salute mentale dei giovanissimi e sui legami che esistono con l’alimentazione, sul ruolo che gioca nel benessere emotivo. Su questo si è concentrata l’attenzione dei ricercatori, che hanno analizzato i dati di 7.570 bambini della scuola secondaria e di 1.253 bambini della scuola primaria nel Norfolk, in Gran Bretagna. Il team ha esaminato l’associazione tra fattori nutrizionali e benessere mentale, misurato attraverso test che hanno riguardato l’allegria, i momenti di relax e rapporti interpersonali. È stata così trovata una forte associazione tra alimentazione sana e punteggi di benessere più alti. Un maggiore consumo di frutta e verdura era significativamente associato a un maggiore benessere. Inoltre, coloro che non mangiavano a pranzo avevano punteggi di salute mentale inferiori così come quelli che saltavano la colazione. Facile comprendere come l’alimentazione si candidi a fattore decisivo per il benessere psicologico nell’infanzia, fosse solo per il fatto che si tratta di un fattore potenzialmente modificabile.
https://prevenzione-salute.com/wp-content/uploads/2019/05/bambini-i-rischi-del-cibo.jpg426640Redazione PreSahttps://prevenzione-salute.com/wp-content/uploads/2024/04/prevenzione-e-salute-1.pngRedazione PreSa2021-10-12 10:19:002024-06-09 14:17:13Salute mentale, i bambini che mangiano bene stanno meglio
Negli ultimi 4 anni la depressione ha colpito soprattutto le persone anziane: 13 ultra 65enni su 100. Il disagio aumenta con l’avanzare dell’età raggiungendo il 22% dopo gli 85 anni, soprattutto tra le donne (16% contro il 9% degli uomini). Tra gli adulti l’8% delle persone tra 50 e 69 anni e il 5% fra i 18 e i 34 anni dichiarano di avere sintomi depressivi.
Lo rivelano i dati PASSI e PASSI d’Argento raccolti nel quadriennio 2017-2020 e diffusi in occasione della Giornata Mondiale della Salute Mentale che si tiene il 10 ottobre.
Anziani depressi. I numeri
Secondo i dati della sorveglianza Passi d’Argento coordinato dall’ISS gli ultra 65enni percepiscono compromesso il proprio benessere psicologico per una media di 19 giorni nel mese precedente l’intervista.
Fra queste persone, oltre alla salute psicologica, anche quella fisica risulta decisamente compromessa: nel mese precedente l’intervista chi soffre di sintomi depressivi ha vissuto mediamente 17 giorni in cattive condizioni fisiche (vs 3 giorni riferiti dalle persone libere da sintomi depressivi) e circa 14 con limitazioni alle attività quotidiane abituali (vs 2 giorni riferiti da persone senza sintomi depressivi). Nel complesso la percezione della propria salute risulta compromessa e la gran parte di loro riferisce di sentirsi “male o molto male” (44%) o appena “discretamente” (47%).
I sintomi depressivi sono più frequenti all’avanzare dell’età (raggiungono il 22% dopo gli 85 anni), nella popolazione femminile (16% vs 9% negli uomini), tra le classi socialmente più svantaggiate per difficoltà economiche (31% in chi riferisce molte difficoltà economiche vs 7% di chi non ne riferisce) o per bassa istruzione (17% fra coloro che hanno al più la licenza elementare vs 8% fra i laureati), tra chi vive solo (16%) e fra le persone con diagnosi di patologia cronica (24% in chi riferisce due o più patologie croniche vs 7% di chi non ne ha).
Una discreta quota di persone con sintomi depressivi (28%) non chiede aiuto, chi lo fa si rivolge ai propri familiari/amici (23%) o a un medico/operatore sanitario (16%) e nella maggior parte dei casi (33%) a entrambi, medici e persone care.
La quota di persone che riportano sintomi depressivi nel 2020 rimane complessivamente stabile rispetto a quella rilevata negli anni precedenti, tuttavia vista la grande variabilità nella prevalenza dei sintomi depressivi fra i diversi sottogruppi della popolazione in questa fascia di età, saranno necessari degli approfondimenti per comprendere se, e in quali gruppi, la pandemia abbia avuto un impatto “misurabile” sul benessere psicologico fra gli over 65enni.
La depressione negli adulti
Dai dati PASSI 2017-2020 emerge che in Italia il 6 per cento degli adulti riferisce sintomi di depressione e percepisce compromesso il proprio benessere psicologico per una media di 15 giorni nel mese precedente l’intervista (vs meno di 2 giorni per le persone senza sintomi depressivi).
Fra queste persone, oltre alla salute psicologica, anche quella fisica risulta decisamente compromessa: nel mese precedente l’intervista chi soffre di sintomi depressivi ha vissuto mediamente 9 giorni in cattive condizioni fisiche (vs 2 giorni riferiti dalle persone libere da sintomi depressivi) e quasi 8 con limitazioni alle abituali attività quotidiane (vs meno di 1 giorno riferito dalle persone senza sintomi depressivi).
I sintomi depressivi sono più frequenti all’avanzare dell’età (sfiorano l’8% fra i 50-69enni vs 5% fra i 18-34enni), nella popolazione femminile (8% vs 5% fra gli uomini), tra le classi socialmente più svantaggiate per difficoltà economiche (15% in chi riferisce molte difficoltà economiche vs 4% di chi non ne ha) o per bassa istruzione, tra chi non ha un lavoro regolare continuativo (8%), fra chi riferisce almeno una diagnosi di patologia cronica (13% vs 5% fra chi non ne ha) e fra chi vive da solo (8%).
Solo il 62% degli intervistati che riferiscono sintomi depressivi ricorrono all’aiuto di qualcuno, rivolgendosi soprattutto a medici/operatori sanitari.
https://prevenzione-salute.com/wp-content/uploads/2021/10/3_Suicidal_thoughts_2021-1.png9071284Sofia Gorgonihttps://prevenzione-salute.com/wp-content/uploads/2024/04/prevenzione-e-salute-1.pngSofia Gorgoni2021-10-11 09:00:582024-06-09 14:18:28Depressione: un anziano su 7 ne soffre e 1 su 4 non chiede aiuto
Un open week dedicato al disagio psichico in occasione della Giornata Mondiale della Salute Mentale. E’ questo il programma del Policlinico che aderisce all’iniziativa promossa dalla Fondazione Onda, Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere. Da venerdì 8 a domenica 10 ottobre saranno offerti gratuitamente servizi clinico-diagnostici e informativi rivolti alle donne con l’obiettivo di sensibilizzare la popolazione sull’importanza della diagnosi precoce e per favorire l’accesso alle cure, aiutando a superare pregiudizi, stigma e paure legate alle malattie psichiche. Colloqui informativi per pazienti e familiari nell’area della psichiatria, colloqui psicologici e un infopoint per “conoscere lo psicologo”, e la possibilità di effettuare un counseling neuropsichiatrico per l’infanzia e per l’adolescenza in telemedicina. Queste le attività proposte dalle equipe dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II, di cui alcune richiedono la prenotazione, consultabili dal sito aziendale www.policlinico.unina.it
UN MALE SILENZIOSO
Si stima che in Italia oltre 2 persone su 10 presentino un disturbo mentale grave o lieve/moderato. In particolare, a causa della pandemia, secondo la Società Italiana di NeuroPsicoFarmacologia, sono almeno 150.000 i nuovi casi di depressione dovuti soltanto alla perdita di lavoro generata dalla crisi economica in corso, ad alto rischio sono soprattutto le donne: più predisposte alla depressione e più colpite nell’ambito lavorativo dal Covid-19. «Valutare correttamente l’impatto della pandemia sulla salute dei cittadini significa anche essere consapevoli dei gravi danni che derivano a livello psicologico da due anni di convivenza con il virus» spiega il direttore generale Anna Iervolino. «Ansia, depressione, disturbi del sonno ed effetti post-traumatici da stress sono oggi ostacoli concreti nella vita di moltissime persone; il nostro compito è quello di non sottovalutare questi problemi e, anzi, fare in modo che il sistema sanitario pubblico possa offrire risposte concrete di cura o quantomeno di gestione dei sintomi».
https://prevenzione-salute.com/wp-content/uploads/2016/12/Psychiatric-Mental-Health-Nurse.jpg278400Redazione PreSahttps://prevenzione-salute.com/wp-content/uploads/2024/04/prevenzione-e-salute-1.pngRedazione PreSa2021-10-06 18:13:512024-06-09 14:18:40Salute mentale, una giornata per sostenere chi soffre
Utilizziamo i cookie per essere sicuri che tu possa avere la migliore esperienza sul nostro sito. Se continui ad utilizzare questo sito noi assumiamo che tu ne sia felice.OkNoPrivacy policy