Si dice spesso che dalla salute dei denti, ma soprattutto delle gengive, dipende la salute di tutto il corpo. Sarà vero? Di certo lo è che alcuni batteri della bocca possono arrivare al cuore e creare seri problemi. C’è un nesso, infatti, tra le malattie della gengiva e patologie come ictus o infarto, e a rivelarlo è uno studio realizzato dall’Università del Connecticut di Storrs e pubblicato sul Journal of lipid research. i batteri della bocca possono essere molto pericolosi anche per il cervello, perché possono viaggiare nel corpo e arrivare al cervello, producendo tossine legate alla malattia di Alzheimer.
MOLECOLE
Ora gli scienziati stanno lavorando a piccole molecole che riescono a ridurne la presenza, contribuendo a preservare le capacità cognitive. A illustrare il meccanismo di questa migrazione e il possibile modo di contrastarlo, è stato Jan Potempa, ricercatore della University of Louisville School of Dentistry (Usa), ospite pochi giorni fa al congresso Experimental Biology, organizzato dall’American Association of Anatomists. Nel mirino dei ricercatori il batterio Porphyromonas gingivalis, coinvolto nella parodontite, infiammazione grave e cronica delle gengive: in precedenti studi era stato già trovato in campioni di cervello di malati di Alzheimer, senza tuttavia che venisse identificata una relazione di causa-effetto. «Questo batterio – spiega Mario Aimetti, presidente della Società Italiana di Parodontologia e Implantologia (SidP) – inizia a infiltrarsi nelle gengive durante l’adolescenza e circa il 20% dei giovani adulti ne presenta bassi livelli in bocca. Non è dannoso in tutte le persone, ma se cresce in modo incontrollato può portare il sistema immunitario a scatenare infiammazioni, causando rossore, gonfiore, sanguinamento ed erosione del tessuto gengivale».
MIGRAZIONI
Uno studio pubblicato di recente su Science Advanced, ha spiegato Potempa, membro del team multinazionale di ricercatori che lo ha condotto, ha confrontato il tessuto cerebrale di 100 individui con e senza Alzheimer e «ha osservato che P. gingivalis era più comune nei campioni prelevati dai malati di Alzheimer, come evidenziato dall’impronta del DNA del batterio e dalla presenza delle sue tossine chiave, note come gingipain». Negli studi sui topi, si è visto che il batterio può “infiltrarsi” nelle microlesioni della bocca, spostarsi attraverso il sangue e arrivare al cervello, dove la sua presenza è associata a un aumento della produzione di beta-amiloide. Tuttavia, prosegue Potempa, «questa migrazione può essere bloccata da farmaci che prendono di mira le tossine gingipain: molecole in fase uno di sperimentazione, infatti, sono state somministrate ai topi, riducendone la presenza del batterio nel cervello».