Tempo di lettura: 3 minuti«Come si può garantire la ripresa delle lezioni senza far correre rischi ai ragazzi?». È la domanda che sta mettendo in difficoltà gli addetti ai lavoro e che, a pensarci bene, rimette al centro un’idea lanciata nel 2016 dal network editoriale PreSa, e sostenuta da molti esperti, ricercatori e rappresentanti istituzionali. Una proposta, come spesso accade, arenatasi sugli scogli della burocrazia, ma soprattutto osteggiata dai tanti «non si può». Eppure, se quella proposta fosse stata valorizzata, oggi avremmo una carta in più. Forse la carta vincente.
La proposta, in stretta sintesi, era quella di prendersi cura della salute dei ragazzi, non solo insegnando loro l’importanza della prevenzione, ma anche prevedendo la presenza del medico di classe, coinvolgendo gli specializzandi o gli studenti dell’ultimo anno di Medicina. Prima della pandemia, questo significava dare una risposta alle criticità e ai ritardi che ancora oggi si manifestano in tema di prevenzione nell’infanzia e nell’adolescenza, facendo leva sull’educazione precoce dei ragazzi a stili di vita e comportamenti sanitari corretti. Oggi, come è facile intuire, il medico in classe avrebbe potuto giocare un ruolo decisivo per affrontare la riapertura nel modo più sicuro.
Ma, forse, non è troppo tardi. «L’errore sarebbe non rivalutare l’idea nata nel 2016», spiega Marco Trabucco Aurilio, docente di Medicina del lavoro all’Università del Molise e direttore scientifico del network editoriale PreSa. «La pandemia ha demolito molte delle nostre convinzioni, addirittura ci ha spinti a immettere gli specializzandi nelle corsie d’ospedale per reggere all’onda d’urto della prima ondata. Tanti tabù che per anni ci hanno impedito di migliorare e innovare il nostro sistema sanitario sono crollati come castelli di carte nei drammatici mesi del lockdown». Trabucco Aurilio aggiunge: «Ritengo che sia il momento di riprendere un serio dialogo per istituzionalizzare la figura del medico di classe, figura che possa vedere al centro gli specializzandi, ma anche i medici di medicina di famiglia». Il valore della prevenzione e l’idea di una medicina più vicina ai cittadini è rappresentato anche in un’altra iniziativa made in Campania dal titolo PreVenENDO. Si tratta di un progetto che punta allo sviluppo di una cultura della salute ideato da Katherine Esposito e Dario Giugliano, docenti ordinari di Endocrinologia e malattie del metabolismo dell’Università Vanvitelli, e direttori, rispettivamente, della Diabetologia e dell’Endocrinologia dell’azienda ospedaliera universitaria.
PreVenENDO mira alla divulgazione di informazioni chiare e sicure in tema di prevenzione delle patologie endocrino-metaboliche e andrologiche rivolte a tutta la popolazione. L’aspetto più interessante dell’iniziativa è che l’Ateneo incontra i luoghi del vivere quotidiano, scegliendo come sedi preferenziali le librerie, i caffè letterari, i circoli culturali, ricreativi e sportivi, le parrocchie e, cosa importantissima, anche le scuole. «Nell’epoca Covid-19, questo viaggio continua attraverso i social – spiega Katherine Esposito – per restare uniti e continuare a parlare di salute. Un compito che ci preme oggi più di ieri».
Anche in questa iniziativa la scuola assume un ruolo decisivo. «Arrivare in presenza dei giovani, laddove possibile, è fondamentale – prosegue la specialista – per essere vicini a studenti e docenti lungo il percorso verso la salute e il benessere attraverso uno stile di vita salutare, perseguibile grazie a poche semplici regole. L’emergenza ci separa, ma ci riunisce, se pensiamo alla salute oltre il Covid-19. La sfida della scuola coincide con la sfida delle tutela della salute che ha radici nella prevenzione». E non c’è dubbio che, solo facendo rete e dando spazio alle idee che mettano la salute al centro, si potranno trovare le risposte alle sfide poste dalla pandemia. Perché se è vero che il virus ci ha messi davanti ad un bivio, ora sta a noi scegliere la strada da percorrere.
Fonte: Il Mattino – Speciale Salute & Prevenzione