Quello delle malattie rare è un vero e proprio universo, tanto sconfinato quanto complesso da gestire. Per i pazienti questo significa spesso vivere una condizione di solitudine, mentre per i clinici e per i tecnici che devono organizzare la rete assistenziale la sfida si gioca sul terreno della prossimità e della capacità di creare un network di competenze.
Campania e Puglia
Sono regioni che hanno saputo fare molto. L’esperienza della Campania è ben rappresentata da Antonella Guida, dirigente di staff tecnico operativo presso la direzione generale tutela della salute e coordinamento del sistema sanitario regionale. «Sul tema delle malattie rare c’è grande attenzione», spiega. «Del resto i pazienti hanno bisogno di un’assistenza quasi personalizzata, con una grande attenzione clinica e un pressante lavoro di presa in carico».
Riorganizzazione del sistema
Il lavoro nasce anche sulla scorta del nuovo Dpcm che ha aumentato il novero delle malattie rare ricomprese nei Lea. «Come Regione – prosegue Guida – è stato varato un decreto del Commissario ad acta che spiega come il paziente debba essere preso in carico tramite un Pdta che, in parole povere, chiarisce chi debba fare cosa». Guida chiarisce anche che nella lotta alle malattie rare è cruciale il rapporto con le associazioni di pazienti, che per questo siedono al tavolo preposto. In regione si sta anche rafforzando un call center dedicato a pazienti e famiglie. «Alcune diagnosi conclude Guida – sono devastanti e in molti casi per fare una diagnosi serve una profonda anamnesi familiare». Al dottor Giuseppe Limongelli è stato assegnato il ruolo di responsabile del Centro regionale di coordinamento sulle malattie rare. Ed è lui a spiegare che in Campania il numero di certificati di malati rari è di 20mila circa. Ma, verosimilmente, il numero dei pazienti è ben più alto. CONTINUA A LEGGERE CLICCA QUI