Per la sclerosi multipla serve più integrazione con il territorio
La sclerosi multipla è una patologia che può essere considerata “esemplare” sotto il profilo delle innovazioni nelle terapie e non solo. «Lo è – chiarisce Gioacchino Tedeschi, direttore della Clinica neurologica della “Vanvitelli” di Napoli – sia per le caratteristiche dei pazienti, che solitamente ricevono la diagnosi in una delle fasi più attive della loro vita, sia perché la malattia tende a cronicizzare e dunque li accompagna lungo l’arco di una vita». Proprio per queste ragioni, la sclerosi multipla ha spesso un carattere evolutivo e una disabilità più o meno grave. Ma con esiti differenti. «Vent’anni fa – prosegue Tedeschi – la gravità della disabilità causata dalla sclerosi multipla era ben diversa. Ora disponiamo di oltre 20 farmaci che possiamo usare a seconda dei casi, con l’obiettivo di prevenire le ricadute».
La sclerosi multipla alterna fasi di remissione a momenti di acutizzazione, e spesso assume una forma progressiva. Tedeschi chiarisce che «i farmaci di oggi agiscono sul sistema immunitario in modo estremamente incisivo. Inoltre, è cambiato il paradigma di approccio. Prima si attendeva che la malattia entrasse in una fase più grave per intervenire con terapie aggressive, oggi in molti casi si preferisce agire subito con forza». Ed è proprio questo il tema: quando le terapie sono più aggressive si possono avere maggiori effetti collaterali, dunque la gestione diviene molto complessa. Esistono Centri di riferimento che sono in grado di prendere in carico i pazienti. Tuttavia «non si può pensare – conclude Tedeschi – che i centri debbano da soli rispondere a tutte le esigenze di cura e di presa in carico. Resta determinante una forte integrazione con il territorio, al momento anello debole della catena».