Novavax, contro il Covid un vaccino tradizionale
C’è una ragione più che valida se l’ultimo arrivato dei vaccini anti Covid si è conquistato da subito le simpatie anche degli scettici dei vaccini. O almeno non ha scatenato le immediate proteste dei sostenitori del complotto e della cospirazione targata “Big Pharma”. La tecnologia impiegata per “NVX-CoV2373”, questa la sigla del vaccino che prende il nome di Novavax, è di stampo tradizionale. Si tratta infatti di un vaccino che non usa la tecnologia mRNA, perché è un vaccino proteico. In altre parole. contiene frammenti prodotti in laboratorio della proteina Spike, che si trova sulla superficie del virus Sars-CoV-2, e un adiuvante, la saponina. Diversamente dai vaccini Pfizer, Moderna, Astrazeneca, Johnson&Johnson, Sputnik, che usano tecnologie a mRNA e vettore virale, quello prodotto dalla casa farmaceutica statunitense Novavax non è un vaccino genico ed è stato creato attraverso la tecnica delle proteine ricombinanti. Una tecnologia già ampiamente sperimentata fin dagli anni ’80 per esempio contro l’epatite B. Il nuovo immunizzante autorizzato da EMA, come qualsiasi altro vaccino, ha l’obiettivo di stimolare il sistema immunitario e fargli produrre una risposta contro l’aggressione di un agente esterno.
DOPPIA DOSE A 21 GIORNI
È composto da frammenti proteici del virus partendo dall’immissione in un ‘baculovirus’ (virus svuotato del suo contenuto genetico) di una porzione di Dna con le informazioni utili a produrre la proteina Spike. In una fase successiva, alcune cellule vengono infettate dal virus e quando il materiale è all’interno, il baculovirus libera il materiale genetico utile alla produzione della Spike. Proteina che, dopo essere stata prodotta, viene rilasciata al di fuori delle cellule. Le nanoparticelle virali contengono fino a 14 proteine Spike, a cui si aggiunge un adiuvante che stimola il sistema immunitario. Un’ingegneria, quella di Novavax, completamente differente dalla tecnologia a mRna (Moderna e Pfizer), che consiste invece nell’iniezione di un frammento di Rna che serve a far produrre soltanto la proteina Spike. Il protocollo del nuovo vaccino prevede la somministrazione di due dosi a distanza di 21 giorni, l’immunizzante resta stabile tra i due e gli otto gradi. Quando viene inoculato, il sistema immunitario si attiva e legge le particelle proteiche come estranee: a questo punto comincia a produrre difese naturali attivando anticorpi e linfociti T e B.