Potrebbe esserci un gene all’origine di nuove terapie contro l’alcolismo
Oltre 100 mila persone residenti in Europa, tra cui circa 2 mila italiani “montanari” residenti in Val Borbera, nell’Appennino tra Liguria e Piemonte, si sono sottoposti ad uno studio che potrebbe portare alla scoperta di nuove terapie contro l’ alcolismo. Il coinvolgimento di popolazioni di montagna, che fino a pochi decenni fa hanno vissuto relativamente isolati, ha contribuito a rendere più chiaro il legame tra Dna e alcuni tratti specifici.
La ricerca, condotta da un’equipe internazionale di studiosi guidata dal King’s College di Londra (una delle università più prestigiose del mondo anglosassone e centro accademico e di ricerca di livello mondiale) e a cui hanno collaborato anche ricercatori dell’Irccs (Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico) Burlo Garofolo e dell’Università di Trieste insieme all’Irccs Ospedale San Raffaele di Milano, si concentra su di un gene legato al consumo di alcol che regola la quantità di bevande alcoliche che ingeriamo normalmente e che rende sensibile il nostro cervello ad un ormone che il nostro fegato produce quando è in difficoltà durante la digestione.
Gli studiosi hanno preso in esame il genoma delle persone coinvolte nello studio e lo hanno messo in relazione con il consumo di alcol di ciascuno. Ne è emerso un legame con una specifica variante del gene Klotho che sembra essere il gene capace di frenare il desiderio di bere alcolici. Quest’ultimo produce un recettore che lega l’ormone FGF19 che viene prodotto dall’intestino grazie all’azione della bile e l’ormone FGF21 che il nostro fegato genera quando è sottoposto a condizioni di stress. L’FGF21 nell’uomo è associato alla preferenza di alcuni macronutrienti, mentre nei topi reprime il desiderio di alcol e dolci.
Eliminando il recettore Klotho dal cervello dei topi, questi iniziano a bere di più. Lo studio quindi ha dimostrato che esiste un legame cervello-fegato molto preciso su cui poter intervenire in caso di abuso di alcol.