Madri lavoratrici italiane tra sensi di colpa e bisogni inascoltati
In Italia le madri lavoratrici vivono tra sensi di colpa e totale assenza di tempo dedicato a se stesse. A tracciare i bisogni inascoltati delle mamme è stata Me First, una start up innovativa italiana, ideata dalla psicoterapeuta Cristina Di Loreto. La ricerca è stata realizzata in collaborazione con lo spin-off accademico dell’Università degli Studi di Firenze – LabCom Ricerca e Azione per il benessere psicosociale. Attraverso un questionario online, l’indagine ha esplorato il benessere delle madri lavoratrici nel nostro Paese, approfondendone la percezione di qualità di vita e la soddisfazione personale.
Madri sacrificanti, stereotipo mantenuto a un prezzo carissimo
“Le prospettive da cui si analizza l’attuale e fragile situazione della conciliazione vita lavoro delle madri in Italia continuano ad osservare la donna nel suo ruolo di accuditrice, senza chiedersi quale sia il livello di salute psicosociale della donna lavoratrice con figli nel nostro Paese – spiega Cristina Di Loreto, psicologa e ideatrice di Me First. “La ricerca che abbiamo svolto in collaborazione con LabCom dimostra, non solo che lo stereotipo della madre sacrificante è ancora diffuso, ma che questo ruolo nella società odierna viene mantenuto a un costo altissimo, l’annullamento della propria identità personale e l’esaurimento emotivo” continua la psicoterapeuta, sottolineando l’importanza dell’empowerment psicologico del genitore.
Il progetto che porta avanti si occupa di intervenire su organizzazioni e persone e “offrire strumenti psicologici in grado di gestire gli ostacoli emotivi, come ad esempio il senso di colpa e inadeguatezza è già una fortissima risposta a questa forma di disagio”. “I dati ci dicono – aggiunge – che l’alto senso di colpa si correla a scarso benessere e alto esaurimento emotivo. Di fatti imparando a gestire il senso di colpa, la madre inizia a dedicarsi del tempo, risponde ai propri bisogni individuali e alleggerisce i livelli di esaurimento emotivo, migliorando così anche il benessere psicologico che abbiamo scoperto avere un decremento dopo la nascita dei figli.” Alla domanda se le donne siano le protagoniste di questo cambiamento, risponde: “protagonista è la società, la cultura, di cui uomini e donne fanno parte. Sicuramente lo stereotipo, i dati ci raccontano, essere anche dentro di noi come sempre accade per uno stereotipo culturale. Gli uomini sono nostri alleati e la cogenitorialità diventa la risorsa necessaria per alleggerire carico, esaurimento e senso di inadeguatezza. La disciplina psicologica in ogni caso ci insegna che essere protagoniste del proprio cambiamento permette di uscire dalla frustrazione e ci pone di fronte a nuovi orizzonti con grande soddisfazione e piacere”, conclude.
Lo studio analogo sui padri
Il team di psicologi e psicoterapeuti di Me First sta portando avanti un tavolo di lavoro da fine 2023 con 13 aziende. “Produrrà a fine 2024 un inspiring paper proprio per incentivare il supporto alla sostenibilità psicosociale in azienda su madri e padri e nel 2024 faremo la ricerca sui papà”, spiega Di Loreto. “Sebbene non si utilizzi quasi mai il termine ‘working dad’, i padri lavoratori esistono eccome. Conoscerli è il miglior modo per supportarli e dare rilievo al loro ruolo”, conclude l’esperta.
Madri lavoratrici. I risultati dell’indagine
Alla ricerca hanno partecipato a livello nazionale oltre 2691 mamme lavoratrici, di età media 39,13 anni, ognuna con 1,67 figli. Hanno aderito da tutte le regioni italiane, ma con prevalenza al nord. Dai risultati emerge che 74,3% delle madri lavoratrici è sposata o convivente, oltre la metà delle donne ha figli nella fascia di età 0-6. In particolare, il 40% delle mamme con figli in questa fascia di età dichiara di non avere tempo per gli hobby, rispetto al 25% rappresentato dalle mamme con figli maggiori di 7 anni. L’82,3% del campione è costituito da donne con un lavoro dipendente e di queste il 74,6% sono impiegate.
Fra le donne che lavorano come dipendenti il 72,2% non usufruisce del telelavoro. Il 69,9% dichiara di aver avuto la necessità di una modifica del contratto con la maternità, il 45,8% ne ha fatto richiesta e il 31% ha vista accolta la domanda. Le mamme dichiarano che avrebbero bisogno o sarebbero interessate a un supporto da parte della realtà per cui lavorano nel 91,7% dei casi. Solo l’11,1% delle donne dichiara di aver ricevuto supporto dalla propria azienda. Infine, nel 91% dei casi le donne non hanno tempo per dedicarsi a un’attività di svago o una passione personale.
L’analisi sulle madri lavoratrici in Italia
“Il benessere di vita delle donne con bambini nella fascia di età 0-6 anni mostra un peggioramento rilevante dopo la maternità – analizza Di Loreto. La flessibilità cognitiva risulta un importante fattore protettivo per le donne essendo correlata positivamente con benessere, soddisfazione lavorativa, il sentirsi apprezzate (mattering) e negativamente con il burn-out, il senso di colpa e il maternal wall. La flessibilità cognitiva, tuttavia, sembra un’abilità acquisita e consapevole solo per le mamme con figli più grandi (oltre i 6 anni).
Infatti, “le madri con figli più piccoli risentono di maggiori ostacoli e barriere da fronteggiare”, evidenzia Moira Chiodini presidente di LabCom. “Fare di più si può. Per esempio, grazie ai percorsi che Me First ha attivato anche all’interno delle aziende, sono state riportate le madri a fare sport, ottenere promozioni, affrontare una seconda maternità che veniva procrastinata, normalizzare difficoltà, vivere più serene la propria genitorialità e i propri ruoli professionali”.