Chirurgia e oncologia, quanti passi avanti
La chirurgia moderna è orientata verso l’eradicazione del cancro, conservando l’organo colpito e la sua funzione, per quanto possibile. Il motivo è chiaro: ottenere una riduzione degli effetti collaterali, preservare una migliore qualità della vita dopo l’intervento chirurgico. E questo accade ancora di più in alcuni settori specialistici. A chiarirlo è Roberto Sanseverino, direttore del dipartimento di Chirurgia generale e urologia dell’Asl di Salerno, che presenta la sua esperienza clinica e sottolinea: «Le principali neoplasie urologiche rappresentano un esempio molto chiaro di questa evoluzione nelle cure», grazie all’introduzione di procedure e tecnologie sempre più avanzate e sofisticate che consentono di ottenere risultati molto soddisfacenti. I numeri parlano chiaro. Tant’è che il trattamento chirurgico mininvasivo nelle neoplasie prostatiche oggi è diventato di routine e soltanto l’equipe di urologi diretta da Sanseverino ha di recente superato i 500 interventi di prostatectomia radicale laparoscopica, imponendosi come uno dei centri con un maggiore volume di attività a livello regionale, in tutta la Campania, in questo ambito particolarmente delicato. Si tratta di procedure chirurgiche che utilizzano sistemi hi-tech, con colonne laparoscopiche ad altissima definizione che consentono la riproduzione delle immagini in 3D, dotate di un braccio robotico a comando vocale, sistemi avanzati di sezione e sintesi dei tessuti.
TERAPIA FOCALE
Sempre con l’obiettivo di riuscire a conservare l’organo, nel reparto diretto da Sanseverino sta per partire un programma di Terapia focale del carcinoma prostatico: prevede che la ghiandola prostatica non venga rimossa nella sua interezza. Si provvede alla distruzione, in maniera selettiva, solo di quei focolai in cui si annida il tumore. Così nel trattamento delle neoplasie renali. La chirurgia conservativa con la rimozione del tumore e la preservazione della funzione renale oggi rappresentano un approccio terapeutico considerato più adeguato per lesioni fino a sette centimetri di diametro. Questo limite può essere spinto anche oltre in caso di insufficienza renale cronica, rene unico o neoplasie bilaterali. Risultati? L’equipe del Sanseverino ha realizzato circa 300 interventi di questo tipo, in più della metà dei casi eseguiti in chirurgia laparoscopica mininvasiva. Più complesso è, invece, l’approccio conservativo nei tumori vescicali, muscolo-invasivi e della via escretrice superiore, perché queste neoplasie sono spesso multifocali e ad elevata aggressività biologica, sono gravate da un alto tasso di recidiva e di progressione di malattia con esito spesso infausto. In questo settore si ottengono risultati incoraggianti con l’uso sinergico e coordinato di metodiche terapeutiche alternative, combinando in pratica chirurgia, radioterapia e chemioterapia. Ma, su tutto, resta cruciale la scelta corretta del paziente candidato alla conservazione d’organo. Ed è di fondamentale ripetere l’importanza degli screening oncologico, al fine di effettuare diagnosi sempre più precoci, che possano consentire la rapida programmazione di un’operazione chirurgica e quindi una qualità della vita post intervento sempre migliore.
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