I problemi al cuore che possono essere causati dal Covid
Il Covid può portare ad un maggior rischio cardiovascolare e questo rischio continua ad esistere anche dopo tre mesi dalla negativizzazione del tampone. La notizia, non certo rassicurante, arriva da uno studio portato a termine dalla fondazione Policlinico Agostino Gemelli di Roma, condotto su 658 pazienti con Covid-19 in fase post-acuta. I dati emersi disegnano una realtà che deve indurre alla cautela e che in alcuni casi richiede controlli approfonditi. Il fulcro del problema è nel fatto che il virus riesce a provocare in alcuni pazienti una disfunzione endoteliale, che a sua volta porta ad un aumentato rischio cardiovascolare. Proprio grazie alle ricerche svolte nel pieno della pandemia è ora più chiaro il meccanismo che talvolta porta a problemi cardiovascolari, dovuti principalmente all’azione del virus sull’endotelio. In parole semplici, l’endotelio è il tessuto che riveste le pareti interne del cuore e dei vasi sanguigni e modula l’aggregazione piastrinica, i processi coagulativi, la risposta all’infiammazione, regola le resistenze vascolari, protegge dall’effetto nocivo dei radicali liberi dell’ossigeno. Il ruolo centrale dell’endotelio è stato confermato anche da una recente sperimentazione fatta all’ospedale Cotugno di Napoli, che ha portato all’evidenza che con un supplemento di L-arginina, aminoacido che presiede la produzione di ossido nitrico e citrullina da parte della cellula endoteliale, si dimezzano i tempi di degenza ospedaliera e si riduce la necessità del supporto ventilatorio.
LONG COVID
Pericoloso per il Cuore è anche il cosiddetto “long Covid” che espone i pazienti ad un alto rischio anche mesi dopo la malattia. Una ricerca condotta negli Stati Uniti su milioni di casi clinici ah confermato i sospetti di centinaia di migliaia di clinici in tutto il mondo, vale a dire che il Covid è una malattia sistemica e che può mettere a dura prova il cuore. Per realizzare lo studio i ricercatori hanno utilizzato i dati messi a disposizione dal Dipartimento degli Affari dei Veterani, che si occupa degli ex combattenti delle forze armate statunitensi. L’analisi ha compreso circa 154mila individui che si erano ammalati di Covid-19 tra marzo 2020 e gennaio 2021, e che erano sopravvissuti almeno per 30 giorni dall’inizio dell’infezione. Il gruppo di ricerca ha poi selezionato due gruppi di controllo per mettere a confronto i dati: uno era costituito da 5,6 milioni di ex combattenti che avevano richiesto assistenza medica, senza risultare positivi al coronavirus, e l’altro da 5,9 milioni di ex combattenti che avevano fatto altrettanto nel 2017, quando non c’era ancora la pandemia. I risultati hanno confermato un aumento del rischio di almeno 20 diverse malattie cardiache e circolatorie tra le persone che avevano avuto il Covid-19 nell’anno precedente, rispetto a chi invece non l’aveva avuta.