Vi è mai capitato di vedere un tenerissimo bimbo e di pensare “mamma mia, ti mangerei di baci”? O di voler “stritolare d’amore” un cucciolo, Gli specialisti hanno identificato questi istinti di amore “aggressivo” definendolo «cute aggression», che si può tradurre come «aggressività tenera». Tranquilli, non siete malati e non siete certamente i soli. Di «cute aggression» si è parlato per la prima volta in uno studio nel 2015, e ora una nuova ricerca della University of California- Riverside, pubblicata su Frontiers in Behavioral Neuroscience, ha esaminato questo meccanismo, individuando anche le basi neurali, cioè cosa accade a livello cerebrale quando lo mettiamo in atto. Guidati da Katherine Stavropoulos, gli studiosi hanno reclutato 54 partecipanti, tra 18 e 40 anni.
Reazioni cerebrali
Tutti hanno accettato di indossare caschi con elettrodi, mentre esaminavano quattro blocchi di 32 fotografie divise in 4 categorie: bambini carini e altri che lo erano meno, cuccioli teneri o animali adulti che ispiravano meno. Dopo aver visto ciascun blocco di immagini, ai partecipanti è stata sottoposta una serie di affermazioni, con le quali dovevano dire quanto fossero concordi. Il sondaggio è stato progettato per valutare quanta aggressività tenera avessero sperimentato. È stato chiesto loro anche quanto si sentissero sopraffatti, travolti, e con la voglia di prendersi cura dell’animale o del bimbo che avevano visto. Usando l’elettrofisiologia, è stata misurata l’attività cerebrale prima, durante e dopo. In coloro che hanno sperimentato la cute aggression i risultati hanno offerto una prova diretta che sia il sistema di ricompensa del cervello che quello emotivo sono coinvolti nel fenomeno. La relazione tra quanto è carino qualcosa e quanta aggressività tenera si sperimenta sembra inoltre essere legata a quanto si è sopraffatti. In sostanza, lo studio sembra evidenziare che la cute aggression è il modo del cervello di mediare con la sensazione di sopraffazione.
Sensazioni dissonanti
Quello che accade con la cute aggression lo si può sperimentare in molte altre situazioni. Un esempio sono le risate nervose. Non è raro che persone molto sotto pressione o in ansia inizino a ridere senza un motivo apparente, come avviene a molti, per esempio, sull’altare, o a chi deve parlare in pubblico. Altre volte, invece, dobbiamo comunicare una notizia triste. Anche in questo caso, la pressione può portarci a una risata poco adeguata. Un altro esempio sono le famose lacrime di gioia. Piangiamo perché ci sentiamo molto felici, come in occasione di una laurea. Ma la felicità provata in quel frangente rischia di ridurre il nostro senso di controllo su noi stessi, quindi deve essere regolata.