Le fake news possono anche uccidere. Nell’anno della più grande e drammatica crisi sanitaria vissuta dalla medicina moderna, il tema delle “bufale” è attualissimo. Notizie create ad arte per ingannare i lettori con qualcosa di assolutamente falso e, purtroppo, a volte, anche con effetti devastanti. «La disinformazione è sempre esistita, il problema è che con i mezzi digitali le false notizie fluiscono in mille rivoli, come se fossero dei fiumi sotterranei», ha spiegato Andrea Barchiesi, Ceo e founder di Reputation Manager (società di riferimento in Italia per l’analisi, la gestione e la costruzione della reputazione online di aziende, brand, istituzioni e figure di rilievo pubblico). Barchiesi ha affrontato il tema nel corso dell’ultimo appuntamento voluto da PreSa – Prevenzione e Salute in collaborazione con Radio Kiss Kiss. «Queste informazioni – ha proseguito – ad esempio su Facebook, prendono delle forme del tutto particolari. Forme in cui la verità non è più fondante, ma può diventare anche un concetto relativo, e questo influenza i comportamenti delle persone in mondo radicale».
Molto si è discusso anche sul concetto di verità.
«Il certo ormai è un fatto socialmente negoziato – ha evidenziato Barchiesi -. Cos’è vero? Ci sono persone che sostengono cose del tutto false. Su telegram, ad esempio, c’è un gruppo enorme che posta i presunti numeri dei morti per il vaccino Covid. Stando a quel gruppo, e solo a quel gruppo, ne sono morti a centinaia. Noi sappiamo che le cose non stanno così. I primi decessi che hanno un nesso temporale con il vaccino hanno fatto molto rumore, e la correlazione causale non è stata mai dimostrata. In questi gruppi, invece, sembra che stiano morendo persone come mosche. E purtroppo in molti ci credono».
Come ha inciso tutto questo sul Covid?
«Il Covid è stato un terremoto sociale. Ci sono canali dove si incita alla disobbedienza, c’è sono gruppi sui social dove viene dette di tutto e montano delle onde alimentate da false notizie che alla fine spingono le persone a credere ciò che non è reale. Un enorme problema».
Si sente parlare poco di soluzioni, cosa si può fare?
«Quella più in voga, ma nella quale io non credo, è creare aree nelle quali si dice la verità. Con l’idea di contrastare le false notizie. Il problema è che serve a poco discutere di verità in piazze (virtuali) che sono del tutto diverse da quelle nelle quali si diffonde falsa informazione. Per noi serve un approccio radicale, che coinvolga social media e istituzioni, per intervenire sulle pagine dove questa disinformazione diventa pericolo sociale. Queste pagine vanno chiuse. La libertà di dire ciò che si vuole è sacrosanta, ma non si deve mettere a rischio la vita altrui». Fake news
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