Tempo di lettura: 4 minutiLe Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali – MICI sono in costante aumento in Italia e nel mondo occidentale. Nel nostro Paese secondo le stime sarebbero circa 250mila i pazienti, un numero che potrebbe essere sottostimato. In Italia ogni 100mila abitanti si calcola ci siano 300 pazienti e sempre su 100mila abitanti sarebbero tra i 10 e i 15 i nuovi casi ogni anno. Il picco nelle diagnosi è tra i 20 e i 30 anni di età e un paziente su quattro ha meno di 16 anni.
La nuova campagna di sensibilizzazione per le MICI, presentata oggi a Roma, vuole lanciare un messaggio di speranza per i pazienti affetti da Malattia di Crohn e rettocolite ulcerosa. Alla campagna ha aderito anche il regista Paolo Genovese che ha realizzato uno spot in cui è protagonista Enzo Iacchetti. Il regista che in passato aveva già realizzato altri due spot (nel 2019 e nel 2020) per sensibilizzare sulle MICI, ha insistito sulla necessità di non far sentire soli i pazienti. “Fare comunicazione e divulgazione in ambito medico è fondamentale – ha ribadito -. Chi è affetto da una patologia non si deve mai sentire solo, sapere che qualcuno si può prendere cura di te e che il tuo problema può essere risolto è un passo fondamentale per la guarigione”. Anche Enzo Iacchetti ha sposato il progetto: “la cura e la consapevolezza migliorano la qualità di vita”, ha sottolineato.
L’iniziativa è stata promossa dalla società IG-IBD (Italian Group for the Study of Inflammatory Bowel Disease), SIGENP (Società Italiana di Gastroenterologia Epatologia e Nutrizione Pediatrica), insieme ad AMICI ETS (Associazione Nazionale per le Malattie Infiammatorie Croniche dell’Intestino) con l’obiettivo di far conoscere le MICI in Italia, alzando un simbolico sipario su queste patologie.
Lo spot di Paolo Genovese con Enzo Iacchetti
Lo spot, diretto dal regista Paolo Genovese e interpretato da Enzo Iacchetti vuole incoraggiare i pazienti affetti da malattia di Crohn e rettocolite ulcerosa a condividere le sfide quotidiane legate ai sintomi. Un modo per poter ricevere supporto dagli specialisti e dall’associazione, e migliorare la propria qualità di vita. “I pazienti spesso sono restii a parlare dei loro sintomi per paura di discriminazioni e difficoltà nelle relazioni lavorative, sociali o affettive”, sottolinea il Professor Flavio A. Caprioli, Segretario Generale di IG-IBD. “Tuttavia – continua – è fondamentale superare queste esitazioni. I pazienti non sono infatti soli; hanno a disposizione società scientifiche, medici specialisti e l’associazione”.
L’innovazione nelle terapie oggi promette di arrivare alla remissione clinica e migliorare o normalizzare la qualità di vita dei pazienti affetti da MICI. “Sebbene la guarigione definitiva – aggiunge il Professor Caprioli – non sia ad oggi possibile, molti risultati positivi sono già raggiungibili, come la riduzione della necessità di intervento chirurgico e ricovero in ospedale, e l’ottenimento di una guarigione completa della parete intestinale”.
MICI, nei pazienti pediatrici sintomi diversi
Un paziente su quattro con una nuova diagnosi ha meno di 16 anni. Il Presidente di SIGENP, il Professor Claudio Romano, sottolinea: “Nei bambini, la malattia può manifestarsi in modi diversi da quelli tipici. Si può presentare ad esempio con il ritardo di crescita, la perdita di peso; con aumento delle scariche o sanguinamento. Questo porta a ritardi nella diagnosi, una sfida che affligge l’intera Europa. I centri di riferimento pediatrici per la gestione di questi pazienti sono collegati fra loro e condividono un registro nazionale, l’unico esistente per le malattie infiammatorie croniche intestinali. Questo strumento ci permette di conoscere il numero delle diagnosi e di seguire l’evoluzione”.
Avviene una fase in cui i pazienti più giovani lasciano lo specialista pediatra per essere presi in cura dallo specialista dell’età adulta. “La transizione delle cure – sottolinea Marina Aloi, professore associato dell’Università La Sapienza di Roma e responsabile del Registro nazionale delle IBD pediatriche della SIGENP – è un passaggio delicato sia per il paziente, che perde i precedenti punti di riferimento, sia per le famiglie. Per questo motivo è importante che paziente e famiglia siano ‘accompagnati’ durante tutto il percorso.
Dalla survey condotta da gastroenterologi pediatri e dell’adulto –continua – è emerso che nella maggior parte dei centri la transizione avviene attraverso visite comuni con il gastroenterologo pediatra e dell’adulto. Nella maggior parte dei centri – prosegue – non sono coinvolte altre importanti figure sanitarie, quali infermieri dedicati alle MICI e psicologi. In Italia queste professionalità non sono codificate e in molti casi non sono parte del team multidisciplinare che gestisce i pazienti”.
Alla ricerca, realizzata da IGIBD e SIGENP, hanno collaborato la Professoressa Fabiana Castiglione, responsabile della IBD Unit di Gastroenterologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria “Federico II” di Napoli, e il Professor Paolo Lionetti, responsabile della struttura complessa di Gastroenterologia e nutrizione dell’Ospedale pediatrico Meyer di Firenze, past president della SIGENP e professore ordinario dell’Università di Firenze.
Il ruolo delle associazioni nelle MICI
Un ruolo importante nella vita dei pazienti è svolto dalle associazioni che spesso sono il primo contatto per i pazienti che scoprono la patologia. “Questa campagna evidenzia il valore della collaborazione tra associazione dei pazienti e società scientifiche”, sottolinea Salvo Leone, direttore generale dell’Associazione Nazionale per le Malattie Infiammatorie Croniche dell’Intestino.
L’obiettivo – continua – è garantire una sempre attenta qualità dell’assistenza delle persone affette da patologie invisibili e debilitanti come la malattia di Crohn e la colite ulcerosa. Questa partnership permette inoltre di sensibilizzare il pubblico su queste condizioni, rendendo visibili i disagi che affronta quotidianamente chi ne è affetto. Insieme, oggi, promuoviamo un messaggio educativo e di comprensione per coloro che non conoscono queste patologie, contribuendo così a creare una società più inclusiva e solidale”.
Scompenso cardiaco, sintomi e trattamenti
PrevenzionePer la Giornata mondiale del cuore proviamo a fare un po’ di chiarezza su una patologia molto frequente e anche molto pericolosa: lo scompenso cardiaco. Una condizione medica grave che colpisce milioni di persone in tutto il mondo. È importante essere informati su questa malattia poiché una diagnosi precoce e il trattamento adeguato possono fare la differenza nella qualità della vita e nella prognosi dei pazienti. In questo articolo esploreremo cos’è lo scompenso cardiaco, i sintomi che possono manifestarsi e le possibili soluzioni per affrontare questa malattia.
Cos’è
Semplificando un po’, lo scompenso cardiaco è una condizione in cui il cuore non è in grado di pompare abbastanza sangue per soddisfare le esigenze del corpo. Questo può verificarsi quando il cuore diventa debole e non riesce a contrarsi in modo efficiente, o quando il cuore diventa rigido e non si riempie adeguatamente di sangue. In entrambi i casi, il risultato è una ridotta capacità di svolgere la sua funzione di pompa, il che porta a una diminuzione dell’apporto di ossigeno e nutrienti ai tessuti e agli organi del corpo.
Sintomi
I campanelli d’allarme dell’scompenso cardiaco possono variare da persona a persona e possono manifestarsi gradualmente o improvvisamente. Alcuni dei sintomi più comuni includono:
Cause
Lo scompenso cardiaco può essere causato da diverse condizioni e fattori di rischio, tra cui:
Trattamento e soluzioni
Il trattamento dello scompenso cardiaco dipende dalla causa sottostante e dalla gravità della condizione. Certamente, il primo comportamento da attuare è cambiare lo stile di vita. Mantenere un peso corporeo adatto, seguire una dieta a basso contenuto di sale, smettere di fumare (se si è fumatori) e limitare il consumo di alcol possono aiutare a gestire i sintomi. Esistono delle terapie farmacologiche che, sotto prescrizione medica, possonomigliorare la funzione cardiaca e alleviare i sintomi. Alcuni pazienti possono tenere sotto controllo il problema con pacemaker o defibrillatori cardiaci impiantabili. In alcuni casi è necessario ricorrere alla chirurgia per un’angioplastica coronarica e, infine, alcuni programmi di riabilitazione cardiaca possono aiutare i pazienti a migliorare la loro condizione fisica e la loro qualità di vita.
Stili di vita
Lo scompenso cardiaco è insomma una malattia da non sottovalutare, ma con una diagnosi precoce e un trattamento adeguato, è possibile gestire i sintomi e migliorare la qualità della vita. È fondamentale che chiunque manifesti sintomi sospetti parli con il proprio medico. Inoltre, adottare uno stile di vita sano e controllare i fattori di rischio cardiaci può contribuire in modo significativo a prevenire questa malattia. La consapevolezza e l’informazione, anche in questo caso, sono le chiavi per combattere questa malattia e proteggere la salute del cuore.
Rischio cardiovascolare: solo la metà degli italiani lo riconosce
News Presa, Prevenzione, Stili di vitaLe patologie cardiovascolari sono la prima causa di morte in Italia eppure solo la metà degli italiani riconosce il rischio. Per molti è difficile modificare i propri stili vita, ma è forte il desiderio di essere informati e motivati dal proprio medico. Sono i dati che emergono dall’indagine promossa dalla Fondazione Italiana Per il Cuore (FIPC) e condotta da IQVIA. La ricerca sulle abitudini degli italiani e sulla consapevolezza del rischio cardiovascolare è stata realizzata in occasione della Giornata Mondiale del Cuore che si celebra oggi, 29 settembre.
Rischio cardiovascolare, l’indagine per il World Heart Day
L’indagine ha interessato 3000 italiani che hanno rilasciato 180mila risposte via web e sono un campione scelto per essere rappresentativo della popolazione. “Nonostante il rischio cardiovascolare sia la principale causa di morte in Italia, solo la metà degli italiani ne è effettivamente consapevole. Questo indica una lacuna significativa nell’informazione e nella sensibilizzazione dei cittadini riguardo ad un problema così importante per la salute pubblica. La difficoltà a modificare i propri stili di vita nonostante vi sia la consapevolezza della necessità di farlo è un reale campanello d’allarme che richiede un intervento. La prevenzione delle malattie cardiovascolari – precisa Emanuela Folco, Presidente FIPC – richiede un impegno e una responsabilità prima di tutto individuale, ma anche un fondamentale supporto informativo e motivazionale da parte dei professionisti della salute che prestano cura e assistenza. Il valore aggiunto di questi risultati è nella capacità di fornirci una approfondita comprensione dei comportamenti di prevenzione del cittadino, delle barriere esistenti e delle possibili leve che possiamo utilizzare per educare la popolazione all’importanza della prevenzione cardiovascolare.”
Il 54% pensa di non essere a rischio
Solo la metà degli italiani sa che le malattie cardiovascolari sono la prima causa di morte in Italia. Il 54% ritiene di non essere a rischio e fra questi la metà ha, in realtà, un livello di rischio cardiovascolare elevato. Ne sono meno consapevoli le donne e le fasce più giovani. In particolare, il 70% degli italiani convive con almeno una condizione cronica, il 54% è a medio-alto rischio cardiovascolare, il 70% ha stili di vita a rischio, il 45% è in sovrappeso/obeso.
Per quanto riguarda la lista dei comportamenti a rischio, quasi uno su due consuma alcool in modo eccessivo. Uno su quattro fuma, non segue un’alimentazione salutare e non svolge attività fisica regolarmente. Anche la percezione di malessere psico-fisico è diffusa. Quasi la metà degli italiani (46%) non si sente in buona salute, oltre un quarto (28%) dorme male e quasi uno su quattro afferma di vivere costantemente sotto stress. Insonnia e stress sono maggiormente riportati dalle donne e nella fascia 35-55 anni.
La prevenzione del rischio cardiovascolare
Solo un italiano su due dichiara di fare qualcosa per la prevenzione cardiovascolare (solo uno su dieci ritiene di fare molto). Le azioni riguardano l’alimentazione (50%), il movimento e l’attività fisica (39%). Il 18% effettua controlli ed esami medici regolari e solo l’11% dichiara d’impegnarsi a ridurre il fumo.
Sono ancora molti gli ostacoli alla prevenzione riportati, tra cui la difficoltà di modificare lo stile di vita (39%), la scarsa consapevolezza del rischio (33%), la mancanza di informazioni su cosa fare (27%) e la scarsa comunicazione/supporto da parte del medico (21%).
“Scegliere un percorso di vita sano è un passo fondamentale per prendersi cura del nostro benessere, in particolare della salute del nostro cuore. Queste pratiche quotidiane possono fare una differenza notevole nella nostra salute generale. Semplici comportamenti, evitando di fumare, seguendo una dieta corretta evitando cibi ultra-processati, svolgere una regolare attività fisica, limitare il consumo di alcool e bevande zuccherate – continua Folco – senza aspettare che i problemi si manifestino. Possiamo prendere il controllo della nostra salute fin da ora attraverso scelte di vita consapevoli e salutari”.
Alfabetizzazione sanitaria: 63% dal medico, a pari merito web e farmacista
Secondo l’indagine è sempre più importante attivare dei processi di alfabetizzazione sanitaria sul rischio cardiovascolare e sull’importanza della prevenzione. Oltre l’80% degli italiani è interessato a ricevere maggiori informazioni sulla prevenzione del rischio cardiovascolare. Il medico di medicina generale (63%) e lo specialista (31%) sono considerate le fonti principali da cui ci si aspetta di essere informati.
Importanti, tuttavia, anche la farmacia attraverso il consiglio del farmacista (26%) e i materiali/brochure disponibili in farmacia (28%), la consultazione del web ossia i siti dedicati alla salute (26%), i portali di centri di cura e gli altri media (programmi dedicati alla salute su radio e TV). Il 72% degli intervistati ritiene che non si parli abbastanza di rischio e di prevenzione cardiovascolare e che il medico in 2 casi su 3, non informi in modo chiaro e comprensibile sui rischi cardiovascolari e su come prevenirli.
“Pertanto, è fondamentale sviluppare un piano di comunicazione rivolto ai cittadini capace di fornire informazioni chiare e comprensibili utilizzando in modo sinergico tutti i canali di informazione (media, siti web, informazioni in farmacia) adeguando toni – conclude Folco – contenuti e format, in modo da poter raggiungere le diverse fasce della popolazione. Formare il medico (medico di medicina generale e specialista) sull’importanza della comunicazione efficace con il paziente e coinvolgere il farmacista valorizzando il ruolo sempre più importante della farmacia come presidio di salute di prossimità per il cittadino, luogo di informazione ed empowerment ma anche di facile accesso per screening ed esami– sono strumenti che rivestono un ruolo cruciale nel motivare il paziente ad adottare i giusti comportamenti di prevenzione e spiegare l’eventuale percorso di cura e assistenza”.
Donare il sangue, gesto di solidarietà ma anche prevenzione
Eventi d'interesse, Medicina Sociale, News PresaDonare il sangue è un gesto di solidarietà, aiuta a salvare vite umane e dà anche l’opportunità di fare prevenzione. Chi dona ha diritto a esami gratuiti del sangue e una volta l’anno a una visita cardiologica con elettrocardiogramma e a una radiografia al torace.
L’iniziativa per donare il sangue a Roma
Il 29 settembre in Piazzale Ponte Milvio a Roma, dalle ore 8.00 alle ore 12.00, sarà possibile donare il sangue presso l’autoemoteca dell’Avis. Si tratta di una raccolta straordinaria promossa da DonatoriNati Polizia di Stato, in collaborazione con Tennis &Friends.
Donatorinati, da venti anni sul territorio nazionale, promuove la cultura della donazione di sangue, con il supporto di donne e uomini della Polizia di Stato e dei Vigili del Fuoco. “Diventare donatore di sangue significa affermare con gesti concreti il valore della vita, contribuendo in modo semplice ed immediato a salvare la vita di una persona. Ritengo, molto importante la collaborazione nata già da qualche tempo con Tennis & Friends – Salute e Sport, perché investire in iniziative sociali genera valore per tutta la comunità e per i giovani, veri protagonisti del futuro, a cui va dato un esempio forte della solidarietà verso il prossimo”, afferma il Presidente di DonatoriNati, Claudio Saltari.
Il Villaggio della Salute del Tennis & Friends
Anche quest’anno DonatoriNati sarà presente con uno stand informativo all’evento che si svolgerà a Roma dal 13 al 15 Ottobre 2023, presso il Foro Italico. Durante la tre giorni, sarà possibile donare il sangue presso i punti raccolti posizionati nel Villaggio della Salute.
“La collaborazione con DonatoriNati si rinnova anche nell’edizione di quest’anno di Tennis & Friends – Salute e Sport per dare l’opportunità ai cittadini di donare il sangue, una risorsa sempre più preziosa nell’assistenza sanitaria. Donare non è solo un gesto di solidarietà ma è anche un modo per prevenire e diagnosticare in maniera precoce le malattie metaboliche”. Queste le parole del Professor Giorgio Meneschincheri, medico chirurgo, specialista in Medicina preventiva, fondatore e presidente del progetto Tennis & Friends – Salute e Sport, docente presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Donare il sangue può salvare molte vite
“Donare sangue è un gesto semplice che ci permette di salvare molte vite, per questo è importante sensibilizzazione e far crescere la cultura della donazione anche nei giovani. Non posso che ringraziare Tennis & Friends – Salute e Sport e l’Associazione Donatori e Volontari Personale Polizia di Stato per questa iniziativa. La vicinanza e il sostegno che stanno dimostrando è un esempio tangibile di come la sinergia tra molteplici attori possa fare la differenza e possa essere d’esempio per tutta la collettività”, afferma il Dottor Giuseppe Quintavalle, Commissario Straordinario della Asl Roma 1.
“Donare il sangue è un atto responsabile di solidarietà nei confronti della comunità – ribadisce Eleonora Daniele, giornalista Rai, da anni ambassador della manifestazione Tennis & Friends – Salute e Sport. “Un gesto concreto – conclude – per donare una parte della propria energia vitale a qualcuno che sta soffrendo. Diamo questo esempio ai nostri figli. È un atto di speranza e un dovere civico che non costa niente e può cambiare la vita di qualcuno”.
Endometriosi, nemico silenzioso
News Presa, PrevenzioneL’endometriosi è una condizione medica spesso sottovalutata ma dolorosamente pervasiva che colpisce milioni di donne in tutto il mondo. Questo disturbo cronico può influire notevolmente sulla qualità della vita e richiede una maggiore sensibilizzazione e comprensione. Proviamo allora ad esplorare le cause e i sintomi dell’endometriosi, come ricevere una diagnosi e le opzioni di trattamento disponibili.
Cos’è?
L’endometriosi è una condizione in cui il tessuto simile alla mucosa dell’utero, chiamato appunto endometrio, cresce al di fuori della sua sede abituale, cioè all’interno dell’utero. Questo tessuto può svilupparsi in varie parti, come le ovaie, le tube di Falloppio, la superficie esterna dell’utero e persino in altre parti dell’addome. Con l’arrivo del ciclo mestruale l’endometrio esterno si rompe, questo tessuto “fuori posto” non ha una via per uscire dal corpo e può causare infiammazione, cicatrici e dolore.
Sintomi
L’endometriosi può manifestarsi in modi diversi, ma i sintomi più comuni includono:
Diagnosi
La diagnosi dell’endometriosi può essere una sfida poiché i sintomi possono variare ampiamente da persona a persona. Tuttavia, il percorso diagnostico inizia spesso con un esame fisico e una discussione approfondita dei sintomi con un ginecologo. Di solito, una diagnosi definitiva richiede una laparoscopia, un intervento chirurgico mininvasivo in cui un medico osserva direttamente i tessuti interni dell’addome.
Cure
Se diagnosticata, l’endometriosi può essere gestita in vari modi:
In caso di dubbi
L’endometriosi è una condizione medica che può avere un impatto significativo sulla vita delle donne. La consapevolezza di questa malattia è fondamentale per una diagnosi tempestiva e un trattamento adeguato. Se si ha il sospetto di avere l’endometriosi o ci sono sintomi simili, è bene consultare un professionista per una valutazione appropriata. Con la ricerca in corso e una migliore comprensione dell’endometriosi, ci sono molte speranze per una gestione più efficace e un miglioramento della qualità della vita per le donne colpite da questa condizione.
Tumori, microbiota intestinale può potenziare l’immunoterapia
Farmaceutica, News Presa, Ricerca innovazioneLa ricerca sul microbiota va avanti e dà nuove speranze per rendere più efficace l’immunoterapia nella lotta ai tumori. Secondo i risultati di uno studio italiano, un ceppo di batteri intestinali è in grado di potenziare l’effetto dell’immunoterapia. I dati ottenuti sono stati pubblicati sulla rivista Cancer Cell. La ricerca è stata guidata dalla prof.ssa Maria Rescigno, Responsabile del Laboratorio di Immunologia delle Mucose e Microbiota di IRCCS Istituto Clinico Humanitas e Prorettrice alla Ricerca di Humanitas University.
L’immunoterapia contro i tumori
L’efficacia dell’immunoterapia dipende dalla capacità del sistema immunitario di riconoscere le cellule tumorali. Sebbene questi farmaci rendano i linfociti T più aggressivi contro il tumore, il loro effetto può essere ridotto o addirittura annullato se le cellule del tumore riescono a nascondersi. Possono farlo, per esempio, eliminando dalla propria superficie i recettori che le identificano.
“Il Lactobacillus paracasei, uno dei ceppi batterici del microbiota intestinale – spiega la prof.ssa Rescigno – si è dimostrato capace di indurre le cellule tumorali a mostrare i propri recettori e tornare così ‘visibili’ al sistema immunitario. Il meccanismo è mediato da alcuni postbiotici, sostanze prodotte dal metabolismo dei batteri”.
I ricercatori hanno dimostrato, in alcuni modelli sperimentali di tumore del colon-retto e del seno, che se questi postbiotici sono somministrati insieme ai farmaci immunoterapici, sono in grado di potenziarne l’efficacia.
I risultati della ricerca sono ancora preclinici, ma aprono la strada a nuovi approcci terapeutici basati sulla combinazione tra farmaci immunoterapici già approvati in clinica e postbiotici. Lo studio è stato possibile anche grazie al sostegno di Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro e di Alan Ghitis Association.
Dal microbiota può dipendere l’efficacia delle terapie. Lo studio
Studi recenti dimostrano la capacità del microbiota intestinale di influenzare la risposta ad alcune terapie contro il cancro, tra cui le immunoterapie. Nel caso del melanoma e di altri tumori epiteliali, per esempio, i dati suggeriscono come la composizione del microbiota possa rendere più efficace il trattamento.
Per capire come il microbiota influenzi l’effetto delle immunoterapie, il gruppo guidato da Maria Rescigno si è concentrato sulle molecole prodotte dai batteri, i cosiddetti postbiotici.
“L’interesse verso i postbiotici è dovuto a due aspetti fondamentali – spiega Maria Rescigno -. Il primo è loro capacità di attraversare la barriera vascolare intestinale e quindi di influenzare in modo sistemico l’organismo attraverso il sangue, di fatto mediando l’azione a distanza del microbiota intestinale in altre aree del corpo. La seconda è che costituiscono uno strumento terapeutico più preciso e potente: invece di trapiantare o modificare il microbiota – come viene fatto in alcuni studi – si agisce a valle, somministrando direttamente e solo i prodotti metabolici benefici, a volte comuni a più ceppi batterici che producono però anche sostanze non di interesse terapeutico”.
Postbiotici rendono visibili le cellule tumorali al sistema immunitario
Il ceppo batterico Lactobacillus paracasei era già noto per le sue proprietà anti-infiammatorie. Secondo i risultati dello studio i postbiotici prodotti da questo ceppo sono in grado di rendere visibili le cellule tumorali al sistema immunitario. In pratica le costringono a mostrare dei recettori, chiamati HLA, senza i quali il sistema immunitario non può riconoscerle.
“Il silenziamento dei recettori HLA, che permette ai tumori di sfuggire al sistema immunitario, è un meccanismo ben conosciuto e descritto in molti tipi di cancro, tra cui il melanoma, il tumore del seno, del colon-retto, dei polmoni e della vescica”, spiega Valentina Ferrari, oggi all’IRB di Bellinzona e prima autrice dell’articolo. Il suo lavoro su questo studio in Humanitas è stato possibile grazie a una borsa di ricerca della Alan Ghitis Association.
La capacità dei postbiotici – e quindi del microbiota – di influenzare l’espressione di HLA sulle cellule tumorali e di rendere il tumore più riconoscibile da parte dei linfociti T viene dimostrata ora per la prima volta. Inoltre, in modelli sperimentali di cancro del colon-retto e del seno, i ricercatori hanno dimostrato che l’aggiunta di questi specifici postbiotici agli inibitori dei checkpoint immunitari contrasta la crescita del tumore con maggiore efficacia, di fatto potenziando l’immunoterapia.
“Nonostante conosciamo da decenni il meccanismo tumorale di elusione della risposta immunitaria tramite la soppressione dei recettori HLA, prima d’ora non si era mai riusciti a trovare un rimedio sicuro ed efficace. Ecco perché il risultato ottenuto è così significativo, anche se per ora i risultati ottenuti sono limitati a esperimenti di laboratorio”, conclude la prof.ssa Rescigno. Il prossimo passo sarà avviare una sperimentazione clinica per confermare i dati. La nuova strategia terapeutica rappresenterebbe una svolta importante per i pazienti che oggi non rispondono alle immunoterapie.
Combattere l’aumento di peso della mezza età
Anziani, News Presa, Stili di vitaCon l’età si tende ad ingrassare, la soluzione? Sostituire amidi e zuccheri semplici (carboidrati raffinati come quelli delle bevande zuccherate) con cereali integrali e frutta. A dettare le regole della corretta alimentazione per persone di mezza età è uno studio statunitense pubblicato oggi sul British Medical Journal – The BMJ, condotto da Walter Willett, della Harvard TH Chan School of Public Health, di Boston. Il team di ricercatori ha esaminato questi aspetti per un periodo totale di follow-up di 24 anni, sui dati relativi a 136.432 uomini e donne di età under-65 anni.
Alimenti out
Assolutamente da evitare sono i carboidrati provenienti da cereali raffinati, verdure amidacee come le patate, cibi industriali come bibite e merendine è associato a un maggiore aumento di peso durante la mezza età. Il ruolo degli zuccheri nell’aumento di peso e nell’obesità rimane controverso, e pochi studi hanno valutato il legame tra variazioni nel consumo di carboidrati nel tempo e le variazioni a lungo termine del peso corporeo.
Cause
Tra i fattori che più incidono nel prendere peso oltre una certa età ci sono i cambiamenti ormonali, un metabolismo più lento, la sedentarietà, i cambiamenti nello stile di vita e, non meno importante, lo stress.
Tenersi in forma
Dieta influenza ambiente e salute. Crea: italiani poco consapevoli
Alimentazione, News Presa, One health, Ricerca innovazioneCon l’aumento mondiale della popolazione cresce anche la domanda di cibo. Una tendenza che grava in termini di costi ambientali e sociali e impatta sul consumo di acqua, di suolo e sulle emissioni di gas serra. In questo contesto la scelta della dieta può fare la differenza.
Secondo i dati dell’Unione europea, il 94% delle emissioni di ammoniaca e il 55% di quelle di metano derivano soprattutto dall’allevamento intensivo. L’ammoniaca contribuisce, ad esempio, alla formazione di polveri sottili (nitrato e solfato d’ammonio). Secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità è responsabile di un terzo delle morti premature dovute a infarti, ictus cerebrali, malattie respiratorie, tumori polmonari. Invece, il metano, dopo la CO2, è il secondo gas serra responsabile del riscaldamento globale.
Anche il suolo si consuma e avanza la deforestazione, poiché un terzo delle colture serve a produrre mangime. Inoltre la quantità di acqua necessaria a produrre alimenti animali è molto superiore rispetto a quella per produrre ad esempio legumi.
L’antibiotico-resistenza
Secondo uno studio del Policlinico Gemelli, gli allevamenti intensivi fanno grande ricorso agli antibiotici anche in Italia. Secondo i dati, infatti, circa la metà del consumo totale di questi farmaci avviene per gli animali da allevamento (che finiscono nella catena alimentare). Un fenomeno che aggrava l’antibiotico-resistenza, cioè la capacità dei batteri di sopravvivere ai farmaci. Un’emergenza di salute pubblica globale che l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) stima sia responsabile ogni anno di 700mila decessi nel mondo.
Dieta e ambiente, lo studio CREA
I ricercatori del Crea hanno indagato quanto ne sanno gli italiani di sostenibilità alimentare e se proteine alternative alla carne possano essere raccomandate sotto il profilo nutrizionale. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica “Nutrients”.
Secondo i ricercatori, in Italia i cittadini sono poco consapevoli dell’impatto che i loro consumi alimentari hanno sull’ambiente. I prodotti sostenibili, inoltre, vengono percepiti come troppo costosi.
“Dall’indagine è emerso – dichiara Laura Rossi, dirigente di ricerca del CREA Alimenti e Nutrizione e coordinatrice dello studio – che, se il 51% degli intervistati ha ridotto il consumo della carne per questioni ambientali, il 27%, invece, non lo ha fatto e non intende farlo in futuro, non almeno per questi stessi motivi. Il campione, inoltre, ha mostrato di accettare come alternative alla carne gli alimenti tipicamente raccomandati nelle linee guida dietetiche italiane (84% legumi, 82% uova, 77% pesce, 72% formaggi e 69% frutta secca in guscio), mentre altri cibi come gli insetti sono stati fortemente rifiutati dal 67% della popolazione.
In minore misura rispetto agli insetti, sono respinti, con la stessa percentuale del 61% dei partecipanti, sia prodotti di origine vegetale che mimano la carne con derivati OGM sia la carne sintetica. Mentre risultano più graditi i prodotti vegetali che mimano la carne senza OGM, rifiutati solamente dal 47% dei rispondenti”.
Futuro della dieta sostenibile
L’indagine trasversale ha coinvolto un campione di 815 adulti, rappresentativo della popolazione italiana per area di residenza, genere ed età. Il dato che più di tutti divide i consumatori italiani è proprio l’importanza della carne. Il 27% dei consumatori italiani ne consuma e non intende ridurla, mentre il 52% è convinto che la carne sia necessaria per avere una dieta bilanciata.
Tuttavia, ben il 90% del campione si ritiene in qualche modo predisposto al cambiamento e chiede interventi più attivi da parte di organi terzi nazionali e/o europei, che non siano però la tassazione dei prodotti non sostenibili o la limitazione nei punti di vendita. Queste azioni, infatti, non vengono percepite come positive.
Secondo gli scienziati, i dati ambientali devono essere considerati nell’elaborazione delle linee guida dietetiche. Così come sono necessari ulteriori studi per comprendere le preferenze delle persone verso nuovi alimenti sostenibili, concludono i ricercatori.
MICI in aumento con picco tra i 20 e i 30 anni. Enzo Iacchetti testimonial
Associazioni pazienti, Eventi d'interesse, News PresaLe Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali – MICI sono in costante aumento in Italia e nel mondo occidentale. Nel nostro Paese secondo le stime sarebbero circa 250mila i pazienti, un numero che potrebbe essere sottostimato. In Italia ogni 100mila abitanti si calcola ci siano 300 pazienti e sempre su 100mila abitanti sarebbero tra i 10 e i 15 i nuovi casi ogni anno. Il picco nelle diagnosi è tra i 20 e i 30 anni di età e un paziente su quattro ha meno di 16 anni.
La nuova campagna di sensibilizzazione per le MICI, presentata oggi a Roma, vuole lanciare un messaggio di speranza per i pazienti affetti da Malattia di Crohn e rettocolite ulcerosa. Alla campagna ha aderito anche il regista Paolo Genovese che ha realizzato uno spot in cui è protagonista Enzo Iacchetti. Il regista che in passato aveva già realizzato altri due spot (nel 2019 e nel 2020) per sensibilizzare sulle MICI, ha insistito sulla necessità di non far sentire soli i pazienti. “Fare comunicazione e divulgazione in ambito medico è fondamentale – ha ribadito -. Chi è affetto da una patologia non si deve mai sentire solo, sapere che qualcuno si può prendere cura di te e che il tuo problema può essere risolto è un passo fondamentale per la guarigione”. Anche Enzo Iacchetti ha sposato il progetto: “la cura e la consapevolezza migliorano la qualità di vita”, ha sottolineato.
L’iniziativa è stata promossa dalla società IG-IBD (Italian Group for the Study of Inflammatory Bowel Disease), SIGENP (Società Italiana di Gastroenterologia Epatologia e Nutrizione Pediatrica), insieme ad AMICI ETS (Associazione Nazionale per le Malattie Infiammatorie Croniche dell’Intestino) con l’obiettivo di far conoscere le MICI in Italia, alzando un simbolico sipario su queste patologie.
Lo spot di Paolo Genovese con Enzo Iacchetti
Lo spot, diretto dal regista Paolo Genovese e interpretato da Enzo Iacchetti vuole incoraggiare i pazienti affetti da malattia di Crohn e rettocolite ulcerosa a condividere le sfide quotidiane legate ai sintomi. Un modo per poter ricevere supporto dagli specialisti e dall’associazione, e migliorare la propria qualità di vita. “I pazienti spesso sono restii a parlare dei loro sintomi per paura di discriminazioni e difficoltà nelle relazioni lavorative, sociali o affettive”, sottolinea il Professor Flavio A. Caprioli, Segretario Generale di IG-IBD. “Tuttavia – continua – è fondamentale superare queste esitazioni. I pazienti non sono infatti soli; hanno a disposizione società scientifiche, medici specialisti e l’associazione”.
L’innovazione nelle terapie oggi promette di arrivare alla remissione clinica e migliorare o normalizzare la qualità di vita dei pazienti affetti da MICI. “Sebbene la guarigione definitiva – aggiunge il Professor Caprioli – non sia ad oggi possibile, molti risultati positivi sono già raggiungibili, come la riduzione della necessità di intervento chirurgico e ricovero in ospedale, e l’ottenimento di una guarigione completa della parete intestinale”.
MICI, nei pazienti pediatrici sintomi diversi
Un paziente su quattro con una nuova diagnosi ha meno di 16 anni. Il Presidente di SIGENP, il Professor Claudio Romano, sottolinea: “Nei bambini, la malattia può manifestarsi in modi diversi da quelli tipici. Si può presentare ad esempio con il ritardo di crescita, la perdita di peso; con aumento delle scariche o sanguinamento. Questo porta a ritardi nella diagnosi, una sfida che affligge l’intera Europa. I centri di riferimento pediatrici per la gestione di questi pazienti sono collegati fra loro e condividono un registro nazionale, l’unico esistente per le malattie infiammatorie croniche intestinali. Questo strumento ci permette di conoscere il numero delle diagnosi e di seguire l’evoluzione”.
Avviene una fase in cui i pazienti più giovani lasciano lo specialista pediatra per essere presi in cura dallo specialista dell’età adulta. “La transizione delle cure – sottolinea Marina Aloi, professore associato dell’Università La Sapienza di Roma e responsabile del Registro nazionale delle IBD pediatriche della SIGENP – è un passaggio delicato sia per il paziente, che perde i precedenti punti di riferimento, sia per le famiglie. Per questo motivo è importante che paziente e famiglia siano ‘accompagnati’ durante tutto il percorso.
Dalla survey condotta da gastroenterologi pediatri e dell’adulto –continua – è emerso che nella maggior parte dei centri la transizione avviene attraverso visite comuni con il gastroenterologo pediatra e dell’adulto. Nella maggior parte dei centri – prosegue – non sono coinvolte altre importanti figure sanitarie, quali infermieri dedicati alle MICI e psicologi. In Italia queste professionalità non sono codificate e in molti casi non sono parte del team multidisciplinare che gestisce i pazienti”.
Alla ricerca, realizzata da IGIBD e SIGENP, hanno collaborato la Professoressa Fabiana Castiglione, responsabile della IBD Unit di Gastroenterologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria “Federico II” di Napoli, e il Professor Paolo Lionetti, responsabile della struttura complessa di Gastroenterologia e nutrizione dell’Ospedale pediatrico Meyer di Firenze, past president della SIGENP e professore ordinario dell’Università di Firenze.
Il ruolo delle associazioni nelle MICI
Un ruolo importante nella vita dei pazienti è svolto dalle associazioni che spesso sono il primo contatto per i pazienti che scoprono la patologia. “Questa campagna evidenzia il valore della collaborazione tra associazione dei pazienti e società scientifiche”, sottolinea Salvo Leone, direttore generale dell’Associazione Nazionale per le Malattie Infiammatorie Croniche dell’Intestino.
L’obiettivo – continua – è garantire una sempre attenta qualità dell’assistenza delle persone affette da patologie invisibili e debilitanti come la malattia di Crohn e la colite ulcerosa. Questa partnership permette inoltre di sensibilizzare il pubblico su queste condizioni, rendendo visibili i disagi che affronta quotidianamente chi ne è affetto. Insieme, oggi, promuoviamo un messaggio educativo e di comprensione per coloro che non conoscono queste patologie, contribuendo così a creare una società più inclusiva e solidale”.
Giovani ipertesi, alto rischio di infarto e ictus
Adolescenti, Stili di vitaAnche nei ragazzi il rischio di infarto e ictus, causati da forte stress, non è da sottovalutare. Addirittura il fenomeno non è raro, anzi riguarda una sorprendente percentuale di oltre il 35% degli individui. In altre parole, quasi 2 milioni di cittadini italiani. La Società Italiana di Cardiologia (Sic) sta lanciando un allarme importante in occasione della Giornata Mondiale del Cuore, che cade il 29 settembre. Nel frattempo, i medici specialisti in cardiologia ci ricordano che le malattie cardiovascolari sono responsabili della morte di ben 230.000 persone all’anno in Italia. E molte di queste tragedie potrebbero essere evitate.
Lo studio
Un esteso studio pubblicato sugli Annals of Internal Medicine, condotto da ricercatori delle prestigiose università svedesi di Umea e Uppsala, ha esaminato i dati di ben 1,4 milioni di uomini sottoposti a misurazioni della pressione arteriosa durante le visite mediche di leva. Questi individui sono stati seguiti attentamente per un arco temporale di cinquant’anni.
Alto rischio
I risultati hanno rivelato che ben il 29% degli adolescenti presentava valori di pressione al di sopra della norma, mentre il 54% dei giovani risultavano ipertesi. Il presidente della Società Italiana di Cardiologia, Pasquale Perrone Filardi, sottolinea che «tra queste persone si è riscontrato un costante aumento del rischio di eventi cardiovascolari nel corso degli anni, tanto che uno su dieci dei giovani ipertesi ha lamentato un infarto o un ictus prima di raggiungere l’età della pensione».
Labirintite: sintomi, cause e soluzioni per il benessere
Stili di vitaVertigini, nausea, vomito, perdita dell’equilibrio, e talvolta persino difficoltà nell’udire, sono tutti possibili sintomi della labirintite. Una malattia che colpisce l’orecchio interno e che può influenzare significativamente la qualità di vita. Proviamo allora a capire quali sono le cause e le possibili soluzioni per affrontare questo problema, più comune di quanto si possa credere.
Le cause
La labirintite può essere causata da diversi fattori, tra cui infezioni dell’orecchio interno, come l’otite media, traumi cranici, allergie, stress e persino cambiamenti nella pressione dell’aria. L’infiammazione dell’orecchio interno è spesso al centro del problema e causa una disfunzione nell’equilibrio e nell’udito.
Possibili soluzioni
Il trattamento della labirintite prevede terapie farmacologiche, fisiche o, nei casi più complessi, anche la chirurgia.
Farmaci: Il trattamento farmacologico può aiutare a gestire i sintomi della labirintite. I farmaci anti-vertigini, antistaminici e corticosteroidi possono essere prescritti dal medico per ridurre le vertigini, il vomito e l’infiammazione.
Fisioterapia: La terapia fisica può essere utile nel migliorare l’equilibrio e la coordinazione nei pazienti con labirintite. Gli esercizi specifici mirano a rafforzare i muscoli coinvolti nell’equilibrio e a ridurre la sensazione di vertigine.
Modifiche allo stile di vita: Evitare il consumo di alcol e caffeina, ridurre il consumo di sale e mantenere una dieta equilibrata può contribuire a controllare i sintomi. Il riposo è fondamentale durante gli episodi acuti di labirintite.
Gestione dello stress: Il controllo dello stress può aiutare a prevenire episodi di labirintite. La meditazione, lo yoga e le tecniche di rilassamento possono essere utili.
Chirurgia (in casi gravi): In rari casi, la chirurgia può essere necessaria per trattare la labirintite. Questo può coinvolgere la rimozione di parti dell’orecchio interno danneggiate o la correzione di anomalie anatomiche.
Facile comprendere come la labirintite possa essere un disturbo debilitante, ma con il giusto trattamento e l’approccio corretto, è possibile gestire i sintomi e migliorare la qualità della vita. Fondamentale è rivolgersi ad un medico per una diagnosi e un piano di trattamento adeguati. Mai affidarsi al fai da te. Con il tempo e l’impegno, è possibile vivere una vita più sana e senza vertigini.