Tempo di lettura: 4 minutiSono 3.419 le persone morte a causa di incidenti stradali in Italia nel 2015 (2.748 uomini e 671 donne), 246 mila sono rimaste ferite.
In tutto 170mila gli incidenti, con un costo sociale stimato dal ministero dei Trasporti intorno ai 17,5 miliardi di euro. Le principali vittime sono giovani di 20-24 anni, ma aumentano anche gli adulti e gli anziani. Muoiono soprattutto centauri e pedoni.
Come nel nostro Paese, anche nell’Unione europea i morti per incidenti sono aumentati tra il 2014 e il 2015 (+1,3% la media Ue28, +1,1% in Italia). La crescita dei decessi coinvolge tutti i Paesi tranne Danimarca, Estonia, Irlanda, Lettonia, Lituania, Polonia, Portogallo, Svezia dove invece si registra una diminuzione.
Tra le cause principali c’è la violazione dei limiti di velocità (44 per cento dei casi) e l’uso del cellulare alla guida.
Non è facile quantificare un numero, ma un dato dell’ISTAT aiuta a capire l’entità del fenomeno: rispetto all’anno precedente, nel 2015 c’è stato un aumento del 20 per cento delle sanzioni da parte della Polizia Stradale per “uso improprio di telefoni cellulari” a bordo dei veicoli. Come in Europa, anche negli Stati Uniti le cose non vanno meglio e da tempo si discute sulla possibilità di introdurre tecnologie capaci di rendere inutilizzabili i cellulari quando si è al volante.
Ne ha parlato il New York Times in un lungo articolo ripreso anche dal Post in Italia, in cui analizza lo scarso interesse, da parte dei produttori e degli operatori, ad applicare nuovi sistemi contro l’uso del cellulare alla guida. In una recente causa avviata in Texas, Apple è stata accusata di non avere fatto abbastanza per disincentivare l’uso dei suoi iPhone. La vicenda riguarda un incidente stradale avvenuto nel 2013: una donna alla guida, mentre controllava i messaggi ricevuti sul suo iPhone, è finita contro un veicolo e ha causato la morte di due persone e la paralisi di un bambino.
La donna è stata condannata a cinque anni di carcere, da scontare in libertà vigilata, ma le famiglie delle vittime hanno avviato una causa contro il colosso statunitense. La maggior parte degli esperti legali consultati pensa che la causa non abbia basi per proseguire, anche perché è impossibile provare con certezza che sia stato un iPhone la causa dell’incidente.
Intanto le prove raccolte per organizzare la causa hanno dimostrato che Apple e altre aziende stanno pensando da tempo alla creazione di un sistema, su base obbligatoria o facoltativa, capace di limitare l’uso degli smartphone al volante. Apple ha fatto domanda per il riconoscimento di un brevetto di questo tipo già nel 2008, ottenendo la sua registrazione nel 2014.
Ma il brevetto non è preciso, spiega il New York Times, e parla di una tecnologia per “escludere” solo chi sta guidando, attraverso dei sensori che consentono al sistema operativo degli iPhone di capire se un telefono sia in uso da una persona al volante.
Ma in campo tecnologico, molte aziende registrano migliaia di brevetti ancora prima di avere avviato le loro ricerche, per assicurasi di arrivare prima della concorrenza o di poter contestare tecnologie simili fatte con la stessa idea da qualcun altro, inconsapevole del brevetto. Anche gli operatori telefonici negli Stati Uniti hanno ideato sistemi per arginare la guida distratta a causa dei cellulari, con applicazioni che per esempio sospendono la ricezione degli SMS fino a quando non vengono disattivate. Altri propongono di aggiungere una funzione simile alla modalità aereo, quella che disattiva tutte le antenne degli smartphone, sui sistemi operativi come iOS (Apple) e Android (Google) per fare in modo che il dispositivo possa essere utilizzato solo per il navigatore e per le chiamate in entrata. Queste soluzioni lascerebbero comunque la decisione al guidatore, che dovrebbe attivare la modalità guida prima di intraprendere un tragitto in auto.
Secondo studi recenti, per molte persone, una notifica sullo smartphone è irresistibile. Una ricerca commissionata dall’operatore AT&T avrebbe addirittura rilevato che le notifiche e la visualizzazione dei contenuti portano a un aumento di dopamina, un neurotrasmettitore implicato nei meccanismi di stimolazione e ricompensa nel cervello. Resistere non sarebbe dunque facile e anche le persone meglio intenzionate e disciplinate al volante finirebbero per trasgredire.
Divieti di legge e applicazioni opzionali non sarebbero a quanto pare sufficienti per ridurre il problema, ma i produttori di cellulari non hanno interesse a fare il passo successivo attraverso limitatori che blocchino i loro dispositivi quando si è alla guida. Nessuno se la sente di rischiare di perdere clienti in un settore altamente competitivo. Prendendo come esempio i due principali produttori di smartphone al mondo: se Apple decidesse di introdurre un limitatore sui suoi iPhone, molti potrebbero decidere di passare a Samsung. Uno stallo di questo tipo potrebbe essere superato solo nel caso di un accordo tra produttori e operatori telefonici, tramite un consorzio o sotto la spinta di iniziative governative negli Stati Uniti e comunitarie nell’Unione Europea.
Per ora non c’è un sistema a prova di errore ma alcune piccole società americane ad esempio ci lavorano da tempo. La statunitense Cellcontrol ha ideato un dispositivo da attaccare al cruscotto dell’automobile, che rileva con sensori la presenza di un cellulare sul sedile del guidatore, bloccando alcune funzioni dello smartphone, come la possibilità di ricevere e inviare SMS. Il problema è che non sempre il dispositivo funziona a dovere e talvolta blocca anche i telefoni dei passeggeri.
Ma ci sono anche altri fattori oltre all’uso del cellulare che possono causare una distrazione alla guida. Cambiare stazione dell’autoradio, impostare il navigatore, cercare un fermaglio o un accendino nel cruscotto, mangiare o accendersi una sigaretta possono essere sufficienti per causare un incidente stradale. Resta il fatto che chi usa il cellulare alla guida ha un rischio quattro volte superiore di causare un incidente rispetto a chi non lo utilizza.
Dormire per vivere meglio, se ne discute a Roma
Associazioni pazienti, News Presa, Prevenzione, PsicologiaOgni uomo passa un terzo della propria vita dormendo e nel corso di una vita media almeno sei anni vengono trascorsi sognando.
I disturbi del sonno sono in grado di creare una vera e propria alterazione dello stato di salute dell’individuo e nelle Neuroscienze vengono studiati per la gestione e il recupero di pazienti con patologie neurologiche e psichiatriche. Su questo nodo focale si sviluppano i lavori del convegno “Sonno e Neuroscienze” dal sottotitolo “Dormire per vivere meglio” organizzato dalla Fondazione Santa Lucia e da ASSIREM (Associazione Scientifica Italiana per la Ricerca e l’Educazione della Medicina del sonno), previsto per il 7 e 8 ottobre presso il Centro Congressi dell’IRCSS Fondazione Santa Lucia di Roma.
Il “riposo notturno”, secondo gli esperti, è importante per lo sviluppo di tutte le funzioni vitali. Si discuterà dunque dell’impatto del sonno sulla qualità della vita e i trattamenti dei disturbi attraverso la rieducazione, la farmacoterapia e l’igiene del sonno. In particolare, i disordini del sonno primari e secondari e la reciprocità tra questi e le patologie neurologiche e psichiatriche.
Saranno anche presentati i dati di una ricerca svolta sui pazienti in stato vegetativo e su pazienti post coma che evidenziano come lo studio del sonno sia fondamentale nei primi per valutare le possibilità di recupero, nei secondi per favorire un percorso riabilitativo ottimale.
Il convegno sarà aperto da Carlo Caltagirone, Direttore Scientifico della Fondazione Santa Lucia, Pierluigi Innocenti Presidente Assirem, e Maria Gabriella Buzzi Neurologo della Fondazione.
Si tratta di un incontro nel campo delle neuroscienze per riunire gli specialisti e le strutture che lavorano in diversi ambiti medico-scientifici sui problemi del sonno e sulle loro vitali connessioni.
HIV: nessuna traccia del virus dopo cura sperimentale
Farmaceutica, News Presa, Prevenzione, Ricerca innovazioneLa ricerca di una cura contro il virus dell’Hiv potrebbe essere vicina a una svolta. In Gran Bretagna un uomo di 44 anni ha rivelato in un’intervista di non presentare più tracce del virus nel sangue da due settimane. Il paziente inglese fa parte del gruppo di 50 persone arruolate nel trial RIVERS che utilizza un protocollo sperimentale di trattamento, soprannominato kick and kill, a base di anti-retrovirali, vorinostat, farmaco usato finora in oncologia e vaccini. L’uomo è stato il primo a completare il trial per testare la nuova strategia d’attacco all’Hiv che comprende due fasi: una che “smaschera” le cellule infette dormienti e un’altra che le elimina.
Nonostante sia troppo presto per concludere che il trattamento funzioni, gli esami del sangue sul paziente hanno già mostrato una carica virale non rilevabile e la notizia in questi giorni è rimbalzata sui principali quotidiani inglesi e di tutto il mondo.
Nel 2014 l’Europa ha registrato il più alto numero di nuove infezioni in un anno, dall’inizio dell’epidemia negli anni ’80. La ricerca lavora senza sosta alla ricerca di una cura.
Il trial è condotto in collaborazione tra le cinque migliori università del Regno Unito (le università di Oxford e Cambridge, l’Imperial College London, l’University College London e il King’s College London) e il sistema sanitario britannico.
I ricercatori, come riporta il Sunday Times, hanno descritto questo nuovo approccio come “uno dei primi tentativi seri di una cura completa contro l’Hiv”. Questa nuova terapia mira a superare uno dei principali ostacoli degli attuali trattamenti anti-virus. I metodi attuali, quelli che prevedono l’utilizzo di terapie antiretrovirali, non riescono a eliminare completamente l’Hiv dall’organismo, in quanto esso può “nascondersi” in alcune cellule del sistema immunitario (cellule T) e rimanere dormienti.
Nella nuova ricerca si sta testando una tecnica che prevede prima di rendere visibile tutte le cellule infette e poi di distruggere il virus. Viene quindi iniettato inizialmente un vaccino in grado di trovare le cellule T infette. Successivamente viene utilizzato un farmaco noto come Vorinostat che attiva le cellule dormienti T in modo che possono essere individuate dal sistema immunitario. I primi risultati sono promettenti, ma gli stessi ricercatori precisano che ci vorrà ancora tempo per confermare l’efficacia dell’approccio.
Campus3s, la prevenzione fa tappa a Napoli
News Presa, PrevenzioneSport, Salute e Solidarietà. Sono questi i pilastro del Campus3s, un’intensa e colorata manifestazione dedicata all’importanza della prevenzione e alla centralità del benessere per tutta la famiglia. Eventi, stand informativi, attività sportive e visite mediche specializzate, con uno spazio dedicato a progetti di solidarietà, perché «lo star bene è un diritto di tutti». La kermesse prenderà il via il 10 ottobre a Napoli con una tre giorni scientifica dedicata alla prevenzione. Subito dopo sul lungomare partenopeo prenderà vita “un’ospedale da campo” grazie al quale si potranno fare visite gratuite nel segno della prevenzione.
Oltre al coordinatore scientifico Annamaria Colao, il presidente di Sportform Tommaso Mandato e il presidente dell’Istituto Gennaro Famiglietti la manifestazione sarà presentata da testimonial d’eccezione, tra i quali: l’attrice Rosaria De Cicco, lo scrittore Maurizio De Giovanni, l’olimpionico Patrizio Oliva e il musicista Marco Zurzolo.
La kermesse
La professoressa Annamaria Colao
«Una settimana importante – spiega la professoressa Colao – perché sarà un’opportunità di confronto tra medici specialisti e poi ci saranno le visite mediche in un vero ospedale da campo sul lungomare di Napoli dove ci sarà anche tanto spazio per la solidarietà, la musica, il cibo e il divertimento per i bambini. Si concluderà con la Prevention race. Tutta la città è coinvolta anche in questa edizione che intende, come di consueto, offrire un servizio importante alla cittadinanza».
Tra visite, psort e spettacoli
Campus3s si divide in diverse aree dedicate alla prevenzione: visite mediche generali e specifiche, consulenze, attivita sportive, fitness, associazionismo sportivo, giochi di squadra, alimentazione naturale, benessere del corpo, promozione dei progetti di impegno sociale, punti ristoro, eventi, incontri, presentazioni, musica dal vivo e tanto altro ancora. Chi sceglie Campus3s sceglie di essere informato sulla propria salute, scoprire nuovi sport e progetti interessanti, mangiare sano, divertirsi, soddisfare qualche curiosità e decidere di cambiare in meglio le proprie abitudini.
Settimana della dislessia, in piazza tra laboratori didattici e spettacoli
News Presa, PrevenzioneIn novanta città italiane, fino al 10 ottobre, l’Associazione italiana dislessia da vita a oltre 600 eventi dedicati alla sensibilizzazione sul tema dei Disturbi specifici dell’apprendimento (Dsa). Da domani (4 ottobre) prende il via la Settimana nazionale della dislessia, una settimana che alternerà laboratori didattici e spettacoli per accendere un faro su un mondo ancora troppo poco conosciuto. Molti sono i genitori che non hanno mai sentito parlare di Dsa e che non sanno come affrontarli. Semplificando un po’ i Dsa sono disturbi del neurosviluppo che riguardano la capacità di leggere, scrivere e calcolare in modo corretto e fluente. Disturbi che si manifestano con l’inizio della scolarizzazione. A seconda del tipo di difficoltà si parla di dislessia (disturbo specifico della lettura che si manifesta con una difficoltà nella decodifica del testo), disgrafia (disturbo specifico della grafia che si manifesta con una difficoltà nell’abilità motoria della scrittura) e discalculia (disturbo specifico dell’abilità di numero e di calcolo che si manifesta con una difficoltà nel comprendere e operare con i numeri). SCARICA LA GUIDA
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«In sostanza – spiega Giovanna Gaeta De Carlo, responsabile regionale campana Aid e presidente della sezione di Napoli – questi disturbi dipendono dai modi nei quali le reti neuronali coinvolte nei processi di lettura, scrittura e calcolo funzionano. Quello che è importante chiarire è che non hanno nulla a che vedere con l’intelligenza del bambino, né con problemi psicologici o deficit sensoriali. Quanto alla dislessia, in Italia è ancora poco conosciuta».
Per poter aiutare i ragazzi e le loro famiglie è importante realizzare un lavoro di squadra tra specialisti e insegnanti. «La scuola – dice il logopedista Francesco Bianco – ha infatti il compito di individuare precocemente eventuali problemi e difficoltà nella lettura, nella scrittura e nel calcolo. Questo perché è necessario approntare per il ragazzo con un Dsa una didattica che tenga conto delle sue caratteristiche».
Anche per questo la Settimana nazionale della dislessia ha il compito di sensibilizzare il pubblico e accrescere la consapevolezza sui Dsa. La scelta degli organizzatori è stata quella di indirla in concomitanza con l’European Dyslexia Awareness Week e del con il sesto anniversario della Legge 170 dell’8 ottobre 2010, che ha sancito in Italia il diritto alle pari opportunità nell’istruzione per i ragazzi con dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia.
Per scoprire qual è l’evento più vicino basta cliccare qui o collegarsi alla pagina Facebook dell’Associazione
Quando l’appendicite rischia di diventare un problema
News Presa, PrevenzioneUn premio pulitzer al Cardarelli di Napoli. La notizia che sta facendo velocemente il giro del web riguarda la scrittrice Elizabeth Strout, che è stata costretta ad uno spiacevole fuoriprogramma che ha interrotto il suo viaggio verso Capri. La scrittrice è stata infatti ricoverata e operata all’ospedale napoletano per un intervento di appendicectomia. L’operazione della Strout è durata all’incirca 45 minuti e ad operare la donna è stato il primario Maurizio Castriconi. Per la donna lo spavento è stato grande, ma tutto dovrebbe risolversi nel migliore dei modi. Al di là del caso della scrittrice Elizabeth Strut, aiuta ricordare come le buoni abitudini si possano rivelare decisive quando suona un campanello d’allarme.
No all’abuso di antidolorifici
«L’evoluzione di un’appendicite acuta – spiega il chirurgo partenopeo Antonio De Falco – non sempre va verso la perforazione e non sempre richiede un intervento chirurgico. Quindi l’appendicite, se opportunamente trattata, non necessariamente porta ad una complicanza seria come una peritonite. Tuttavia se si ha un attacco appendicolare non lo si deve mai trascurare. Un dolore sul fianco destro è il campanello d’allarme più comune, ma oggi giorno si rischia di non sentirlo suonare». Il chirurgo spiega che il largo uso, talvolta anche abuso, di antidolorifici è in questo casi un rischio. Se si assume il farmaco in modo “leggero” si ottiene l’effetto sul sintomo, il dolore passa. Tuttavia in questo modo non facciamo altro che spegnere il campanello d’allarme, ma il problema resta. Il consiglio è dunque quello di rivolgersi al proprio medico di famiglia e di evitare, a prescindere, di ricorrere a cuor leggero ad infiammatori e antidolorifici.
Tumori: aumentano casi tra le donne, 176mila diagnosi nel 2016
Associazioni pazienti, News Presa, PrevenzioneOgni giorno in Italia 1000 persone scoprono di avere un tumore. Oggi al cancro si sopravvive in percentuali sempre maggiori, tuttavia un nuovo e preoccupante trend sta emergendo. Nell’ultimo anno la malattia è aumentata fra le donne e diminuita fra gli uomini. Nel primo caso si è passati da 168.900 diagnosi del 2015 a 176.200 nel 2016 (un aumento di circa 4,3 per cento), mentre nel secondo caso, se ne sono registrate 189.600 durante quest’anno, ovvero il 2,5 per cento in meno rispetto al 2015 (quando gli uomini affetti da cancro erano 194.400). Numeri che emergono dalla sesta edizione del censimento ufficiale, che fotografa l’universo cancro in tempo reale grazie al lavoro dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) e dell’Associazione Italiana Registri Tumori (AIRTUM). I dati sono raccolti nel volume ‘I numeri del cancro in Italia 2016′. In particolare, le stime parlano di 50mila nuovi casi di tumore del seno (nel 2015 erano 48mila), un fenomeno “da ricondurre anche all’ampliamento della fascia di screening mammografico in alcune regioni, che ha prodotto un aumento significativo dell’incidenza tra i 45 e i 49 anni”.
Per l’anno in corso sono stimate 365.800 nuove diagnosi di tumore. Dal punto di vista della ripartizione geografica, “si osserva ancora una differenza sul territorio nazionale con livelli che si riducono dal nord al sud”. “Infatti – si legge nel volume – il tasso di incidenza standardizzato (sulla popolazione europea) per tutti i tumori tra gli uomini è più basso dell’8 per cento al centro e del 15 per cento al sud rispetto al nord e per le donne del 5 per cento e del 16 per cento rispettivamente. Alla base di queste differenze possono esserci fattori protettivi (differenti stili di vita, abitudini alimentari, fattori riproduttivi) che ancora persistono nelle regioni del centro e sud Italia, ma anche una minore esposizione a fattori cancerogeni (abitudine al fumo, inquinamento ambientale e cosi’ via). Per contro – sottolineano Aiom e Airtum – nelle regioni del sud, dove gli screening oncologici sono ancora poco diffusi, non si e’ osservata la riduzione della mortalita’ e dell’incidenza dei tumori della mammella, colon-retto e cervice uterina. Per alcuni tumori (esofago, melanoma) si confermano tassi di incidenza doppi al nord rispetto al sud per entrambi i sessi. Anche per il rene e la pelvi renale l’incidenza e’ marcatamente minore al sud e in entrambi i sessi, così come per il tumore della prostata che continua a far registrare tassi di incidenza più elevati nelle regioni del nord”.
Il tumore piu’ diffuso in Italia (escludendo i carcinomi della cute, non melanomi) è quello del colon-retto, con 52.000 nuove diagnosi stimate per il 2016, seguito dal tumore della mammella con circa 50.000 nuovi casi. Questi due tumori sono seguiti da quello del polmone con oltre 41.000 nuovi casi, dal tumore della prostata con 35.000 nuove diagnosi e della vescica con circa 26.600 nuovi casi. Negli uomini prevale il tumore della prostata (il 19 per cento di tutte le neoplasie diagnosticate). Seguono quello del polmone (15 per cento), del colon-retto (13 per cento), della vescica (11 per cento) e dello stomaco (4 per cento). Tra le donne il cancro della mammella rappresenta il 30 per cento delle neoplasie, seguito da colon-retto (13 per cento), polmone (6 per cento), tiroide (5 per cento) e corpo dell’utero (5 per cento). In generale, in Italia, nel periodo 2008-2016, si conferma una diminuzione di incidenza per tutti i tumori nel sesso maschile (-2,5 per cento per anno) legata soprattutto alla riduzione dei tumori del polmone e della prostata. ”Oggi le due neoplasie piu’ frequenti, quella della prostata negli uomini e del seno nelle donne, presentano sopravvivenze a 5 anni che si avvicinano al 90 per cento, con percentuali ancora piu’ elevate quando la malattia e’ diagnosticata in stadio precoce”, ha detto il presidente nazionale dell’Aiom, Carmine Pinto, aggiungendo che si tratta di “risultati sicuramente incoraggianti”. A fronte del dato relativo all’aumento delle nuove diagnosi tra le donne, ha sottolineato Pinto che ”un’arma fondamentale è lo screening dell’HPV (papillomavirus) nell’individuare in fase precoce il carcinoma della cervice uterina, uno dei tumori femminili più diffusi nelle giovani donne (under 50), al quinto posto con 2.300 nuove diagnosi stimate in Italia nel 2016”.
Tumori: 30 diagnosi al giorno in under 40. Aiom: tutelare fertilità
Associazioni pazienti, News Presa, PrevenzioneDifendere la fertilità dal cancro. Si è parlato anche di questo in occasione del fertility day. «È indispensabile che i giovani malati siano immediatamente informati delle tecniche per preservare la possibilità di diventare genitori – ha detto Carmine Pinto, Presidente nazionale Aiom e Direttore dell’Oncologia Medica dell’IRCCS di Reggio Emilia, durante una tavola rotonda a Bologna sulla salute riproduttiva e difesa dal cancro. «Ogni giorno in Italia vengono diagnosticati 30 casi di tumore in pazienti under 40, pari al 3% delle nuove diagnosi. La perdita della prospettiva della paternità o maternità a seguito dei trattamenti anti-cancro può avere un impatto notevole sulle persone che vivono l’esperienza della malattia e sui loro progetti futuri. Per questo è indispensabile che questi giovani pazienti siano immediatamente informati delle possibili tecniche per preservare la fertilità – questo il messaggio lanciato dall’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom). «Il periodo finestra tra il momento in cui il paziente riceve la diagnosi di tumore e l’inizio della terapia – spiega Pinto – è l’unico spazio utile per la crioconservazione dei gameti, cioè il loro congelamento e conservazione a bassissime temperature. Le principali tecniche di preservazione della fertilità nella donna sono costituite dalla crioconservazione degli ovociti o del tessuto ovarico e dall’utilizzo di farmaci (analoghi LH-RH) per proteggere le ovaie, nell’uomo dalla crioconservazione del seme o del tessuto testicolare». Il materiale biologico può rimanere crioconservato per anni ed essere utilizzato quando il paziente ha superato la malattia. «Le strutture sanitarie – continua Pinto – devono implementare e integrare al loro interno sia le competenze oncologiche che di medicina della riproduzione e queste conoscenze devono essere presenti in tutte le Regioni del nostro Paese, con professionalità e tecnologie adeguate». Il modello organizzativo auspicabile secondo Aiom, come evidenziato nelle Raccomandazioni sull’Oncofertilità stilate da Aiom, Sie (Società Italiana di Endocrinologia) e Sigo (Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia) è rappresentato dalla Rete dei centri di oncofertilità, in grado di applicare queste tecniche con informazioni costantemente implementate. Alla definizione delle Reti deve accompagnarsi una diffusa formazione di tutti professionisti che intervengono sul paziente oncologico. «In ogni Regione – conclude Pinto – dovrebbero essere presenti centri di riferimento identificati per requisiti di competenza, qualità e tecnologie disponibili collegati in rete con tutte le strutture oncologiche. In questo modo sarà più semplice la scelta della struttura sia per gli oncologi che devono mettersi rapidamente in contatto con i medici della riproduzione, che per i pazienti che possono disporre di maggiori strumenti decisionali in un momento della loro vita in cui, nei tempi più brevi possibili, devono operare scelte fondamentali per il loro futuro. I centri per l’oncofertilità devono quindi essere non solo vicini all’utenza in modo che la procedura non ritardi l’inizio delle terapie, ma anche validati per tecnologie e professionalità disponibili».
Vaccini e autismo, la cattiva informazione diventa un film
News Presa, PrevenzioneNon bastasse l’impatto negativo dei moltissimi gruppi Facebook che istigano i genitori a non vaccinare i figli, ora a fare discutere si aggiunge anche un “docufilm” complottista dal titolo che è tutto un programma «Vaxxed: From Cover-Up to Catastrophe». E la polemica non è tardata ad arrivare.
La proiezione era stata programmata per il 4 ottobre, al Senato, nella sala di Santa Maria in Aquiro ma è saltata. Del resto il discusso documentario che attacca i vaccini è diretto da Andrew Wakefield, il medico radiato dall’Ordine dei Medici inglese per aver messo in correlazione (senza alcun fondamento scientifico) vaccini e autismo. La querelle ha coinvolto addirittura il Presidente del Senato Pietro Grasso: «Condivido pienamente il timore sui danni alla salute – ha detto – che potrebbero essere provocati da teorie improvvisate e respinte dalla comunità scientifica internazionale. Ho sempre seguito i consigli del mio medico di famiglia, e invito i cittadini a fare altrettanto con fiducia».
Vaccini e autismo. Il parere dei medici
La pediatra di famiglia Stefania Russo ha le idee molto chiare «Sono tutte sciocchezze. Non esiste alcuna evidenza scientifica che possa mettere in relazione i vaccini con malattie in età evolutiva o adulta. L’avvento dei vaccini, anzi, ha consentito di ridurre la diffusione di malattie gravi e mortali, o addirittura di debellarle come è avvenuto per il vaiolo. Oggi, per fortuna, le persone non ricordano neanche più le conseguenze di gravi epidemie e l’attenzione della popolazione, o per lo meno di una parte, si è andata concentrando sui possibili effetti collaterali delle vaccinazioni. Questo fenomeno è ben noto a chi si occupa di vaccinazioni; tuttavia è dimostrato che la conseguenza di una riduzione della copertura vaccinale si traduce prima o poi in un aumento di quelle infezioni che sembravano scomparse e dei relativi decessi. E’ noto – continua la dottoressa Russo – che l’accettazione delle vaccinazioni è maggiore tra le persone che hanno sperimentato di persona le conseguenze, a volte mortali o devastanti, di queste infezioni; anche chi ha avuto familiari o conoscenti affetti da queste malattie non solo accetta le vaccinazioni, ma le richiede anche quando non offerte».
Vaccini e autismo. Una campagna informativa
Linea condivisa da tutti i camici bianchi, in molti casi anche con campagna informative messe in atto proprio dagli Ordini dei Medici. E’ il caso dell’Ordine partenopeo che già lo scorso hanno ha lanciato la campagna «Vaccinazione, un patto tra generazioni», il tutto con l’obiettivo di spiegare ai cittadini che solo vaccinando i propri figli sarà possibile evitare il ritorno di pericolose epidemie.
Educate al diverso: papà di un bimbo speciale contro i pregiudizi
News Presa, PrevenzioneEducate al diverso
Capita spesso che i bambini percepiti “diversi” vengano presi in giro da altri bambini. A volte però il web fa dei piccoli miracoli, come riuscire a rendere virale il messaggio contro i pregiudizi postato dal papà di un bambino affetto da una malattia rara. L’autore del post, Matteo Garzia, ha pubblicato la foto del figlio insieme ad un’amica di scuola mentre sorridono seduti al parco. Il messaggio esorta gli adulti ad avvicinare i bambini al diverso. In poche ore il post ha ottenuto 50 mila condivisioni ed è stato ripreso anche dalla stampa. È un richiamo ai genitori per educare i propri figli alla diversità, un messaggio per veicolare il concetto di sensibilizzazione al bambino diversamente abile.
Scrive il padre:
“Oggi ho portato Seba al parco insieme ad una sua dolcissima amica….come spesso purtoppo accade (per fortuna che Seba se ne sbatte riccamente…) 2 bambine un po’ piu’ grandi di loro hanno inziato a prenderlo un po’ in giro…io ormai abbastanza abituato (anche se non riesco a sbattermene come fa Seba) mi sono messo da una parte ad osservare la reazione della mamma delle 2 ragazzine che ha iniziato a “MINACCIARE” le 2 bimbe di ricche sculacciate se avessero continuato!
Allora, capisco che non sia facile per un genitore gestire una simile situazione, ma non credo che ci voglia una laurea in psicologia infantile per capire che le “minaccie” di botte non siano proprio il modo migliore per insegnare ai propri figli ad avvicianarsi a cio’ che è diverso da loro e a sviluppare un’apertura mentale che puo’ solo che essere positiva per i piu’ piccoli!
Comunque scrivo questa riflessione non solo per mio figlio Sebastiano, oggettivamente “diverso”, ma anche per quel bambino un po’ piu ‘ cicciottelo o quello brufoloso o con gli occhiali….
Per quanto mi riguarda, sono consapevole del fatto che Sebastiano vivra’ altre mille volte queste situazioni (per fortuna se la sta cavando abbastanza bene!!), ma vorrei solo dire a tutti i genitori che leggeranno queste mie righe, di cercare di insegnare ai propri figli che il mondo è pieno di cose “DIVERSE” e che l’unico modo per trasmettergli questa sicurezza è quello di avvicinarli al “DIVERSO” e non certo intimorendoli con “MINACCE” di sonore sculacciate!
Per tutti i miei amici genitori, so che non c’e bisogno di spiegarvi nulla, ma se volete aiutatemi a diffondere questo mio pensiero!!
P.s. GRAZIE A VANESSA PER GUARDARE SEBA SEMPRE CON GLI OCCHI PURI DA BAMBINA…..”
Incidenti stradali: se tecnologie impedissero uso dei cellulari?
Economia sanitaria, News Presa, Prevenzione, Ricerca innovazioneSono 3.419 le persone morte a causa di incidenti stradali in Italia nel 2015 (2.748 uomini e 671 donne), 246 mila sono rimaste ferite.
In tutto 170mila gli incidenti, con un costo sociale stimato dal ministero dei Trasporti intorno ai 17,5 miliardi di euro. Le principali vittime sono giovani di 20-24 anni, ma aumentano anche gli adulti e gli anziani. Muoiono soprattutto centauri e pedoni.
Come nel nostro Paese, anche nell’Unione europea i morti per incidenti sono aumentati tra il 2014 e il 2015 (+1,3% la media Ue28, +1,1% in Italia). La crescita dei decessi coinvolge tutti i Paesi tranne Danimarca, Estonia, Irlanda, Lettonia, Lituania, Polonia, Portogallo, Svezia dove invece si registra una diminuzione.
Tra le cause principali c’è la violazione dei limiti di velocità (44 per cento dei casi) e l’uso del cellulare alla guida.
Non è facile quantificare un numero, ma un dato dell’ISTAT aiuta a capire l’entità del fenomeno: rispetto all’anno precedente, nel 2015 c’è stato un aumento del 20 per cento delle sanzioni da parte della Polizia Stradale per “uso improprio di telefoni cellulari” a bordo dei veicoli. Come in Europa, anche negli Stati Uniti le cose non vanno meglio e da tempo si discute sulla possibilità di introdurre tecnologie capaci di rendere inutilizzabili i cellulari quando si è al volante.
Ne ha parlato il New York Times in un lungo articolo ripreso anche dal Post in Italia, in cui analizza lo scarso interesse, da parte dei produttori e degli operatori, ad applicare nuovi sistemi contro l’uso del cellulare alla guida. In una recente causa avviata in Texas, Apple è stata accusata di non avere fatto abbastanza per disincentivare l’uso dei suoi iPhone. La vicenda riguarda un incidente stradale avvenuto nel 2013: una donna alla guida, mentre controllava i messaggi ricevuti sul suo iPhone, è finita contro un veicolo e ha causato la morte di due persone e la paralisi di un bambino.
La donna è stata condannata a cinque anni di carcere, da scontare in libertà vigilata, ma le famiglie delle vittime hanno avviato una causa contro il colosso statunitense. La maggior parte degli esperti legali consultati pensa che la causa non abbia basi per proseguire, anche perché è impossibile provare con certezza che sia stato un iPhone la causa dell’incidente. Intanto le prove raccolte per organizzare la causa hanno dimostrato che Apple e altre aziende stanno pensando da tempo alla creazione di un sistema, su base obbligatoria o facoltativa, capace di limitare l’uso degli smartphone al volante. Apple ha fatto domanda per il riconoscimento di un brevetto di questo tipo già nel 2008, ottenendo la sua registrazione nel 2014.
Ma il brevetto non è preciso, spiega il New York Times, e parla di una tecnologia per “escludere” solo chi sta guidando, attraverso dei sensori che consentono al sistema operativo degli iPhone di capire se un telefono sia in uso da una persona al volante.
Ma in campo tecnologico, molte aziende registrano migliaia di brevetti ancora prima di avere avviato le loro ricerche, per assicurasi di arrivare prima della concorrenza o di poter contestare tecnologie simili fatte con la stessa idea da qualcun altro, inconsapevole del brevetto. Anche gli operatori telefonici negli Stati Uniti hanno ideato sistemi per arginare la guida distratta a causa dei cellulari, con applicazioni che per esempio sospendono la ricezione degli SMS fino a quando non vengono disattivate. Altri propongono di aggiungere una funzione simile alla modalità aereo, quella che disattiva tutte le antenne degli smartphone, sui sistemi operativi come iOS (Apple) e Android (Google) per fare in modo che il dispositivo possa essere utilizzato solo per il navigatore e per le chiamate in entrata. Queste soluzioni lascerebbero comunque la decisione al guidatore, che dovrebbe attivare la modalità guida prima di intraprendere un tragitto in auto.
Secondo studi recenti, per molte persone, una notifica sullo smartphone è irresistibile. Una ricerca commissionata dall’operatore AT&T avrebbe addirittura rilevato che le notifiche e la visualizzazione dei contenuti portano a un aumento di dopamina, un neurotrasmettitore implicato nei meccanismi di stimolazione e ricompensa nel cervello. Resistere non sarebbe dunque facile e anche le persone meglio intenzionate e disciplinate al volante finirebbero per trasgredire.
Divieti di legge e applicazioni opzionali non sarebbero a quanto pare sufficienti per ridurre il problema, ma i produttori di cellulari non hanno interesse a fare il passo successivo attraverso limitatori che blocchino i loro dispositivi quando si è alla guida. Nessuno se la sente di rischiare di perdere clienti in un settore altamente competitivo. Prendendo come esempio i due principali produttori di smartphone al mondo: se Apple decidesse di introdurre un limitatore sui suoi iPhone, molti potrebbero decidere di passare a Samsung. Uno stallo di questo tipo potrebbe essere superato solo nel caso di un accordo tra produttori e operatori telefonici, tramite un consorzio o sotto la spinta di iniziative governative negli Stati Uniti e comunitarie nell’Unione Europea.
Per ora non c’è un sistema a prova di errore ma alcune piccole società americane ad esempio ci lavorano da tempo. La statunitense Cellcontrol ha ideato un dispositivo da attaccare al cruscotto dell’automobile, che rileva con sensori la presenza di un cellulare sul sedile del guidatore, bloccando alcune funzioni dello smartphone, come la possibilità di ricevere e inviare SMS. Il problema è che non sempre il dispositivo funziona a dovere e talvolta blocca anche i telefoni dei passeggeri.
Ma ci sono anche altri fattori oltre all’uso del cellulare che possono causare una distrazione alla guida. Cambiare stazione dell’autoradio, impostare il navigatore, cercare un fermaglio o un accendino nel cruscotto, mangiare o accendersi una sigaretta possono essere sufficienti per causare un incidente stradale. Resta il fatto che chi usa il cellulare alla guida ha un rischio quattro volte superiore di causare un incidente rispetto a chi non lo utilizza.