Tempo di lettura: 3 minutiSono quasi 800mila ogni anno gli italiani colpiti dal cancro che cambiano Regione per curarsi. Le migrazioni sanitarie avvengono soprattutto dal Sud verso il Nord, in particolare Milano: dalla Campania 55mila persone, dalla Calabria 52mila, dalla Sicilia 33mila, dall’Abruzzo 12mila e dalla Sardegna 10mila. Tutto ciò ha un valore economico annuo pari a 2 miliardi di euro. Preoccupa soprattutto la situazione in Calabria: il 62% dei pazienti con tumore del polmone e il 42% dei cittadini con cancro del seno vanno fuori Regione per eseguire l’intervento chirurgico di asportazione della malattia. In particolare, prendendo in considerazione la chirurgia per le neoplasie più importanti (come quelle al polmone, al seno, al colon al retto, alla prostata, alla vescica e i tumori ginecologici in generale), la migrazione sanitaria in Calabria raggiunge il 37%, con 1.999 ospedalizzazioni nel 2012 fuori dai confini locali. A queste si aggiungono 1.941 ricoveri per chemioterapia extra Regione che rappresenta il 10% circa dei trattamenti medici. In pratica al crescere delle prestazioni di oncologia medica in Regione, che riduce sempre più questa percentuale, non fa riscontro un pari progresso delle prestazioni chirurgiche. Sono dati che richiedono interventi urgenti a partire dalla realizzazione della Rete Oncologica della Calabria e dei Percorsi Diagnostici Terapeutici Assistenziali (PDTA). La richiesta viene dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) in un incontro con i giornalisti oggi a Milano. “Vogliamo collaborare con le Istituzioni per risolvere quanto prima questa situazione, che ha un impatto negativo sulla qualità delle cure – spiega il prof. Carmine Pinto, presidente nazionale AIOM -. La riorganizzazione dell’offerta attraverso la Rete porterà anche risparmi per il sistema e una razionalizzazione sostanziale delle risorse. Il divario nella qualità dell’assistenza rispetto alle altre Regioni riflette la scarsa fiducia dei cittadini calabresi nei servizi locali. Il recupero della cosiddetta mobilità ‘passiva’ richiede il rafforzamento degli organici, implementazione dei programmi di screening, investimenti strutturali e tecnologici e facilità di accesso alle prestazioni con abbattimento delle liste di attesa. La Rete dovrà prevedere anche una suddivisione dei ricoveri per intensità di cura, oggi infatti gran parte della mobilità riguarda casi di bassa e media complessità”. In Calabria nel 2016 sono stimati 10.400 nuovi casi di tumore. Le migrazioni conducono i pazienti verso le strutture della Lombardia, Lazio ed Emilia-Romagna ma anche verso territori vicini, come Basilicata, Sicilia e Puglia. Un Decreto del Commissario ad acta alla sanità della Calabria (DCA n.10 del 2 aprile 2015) ha previsto l’istituzione della Rete oncologica regionale, evidenziando alcune misure urgenti. “Innanzitutto – sottolinea il dott. Vito Barbieri, coordinatore AIOM Calabria e dirigente medico presso l’Oncologia dell’Azienda Ospedaliera-Universitaria Mater Domini di Catanzaro – l’attuale dotazione di strutture risulta non adeguata rispetto alle esigenze assistenziali della Regione, per cui è stata programmata una rimodulazione del numero dei posti letto di Oncologia medica che oggi sono 163, 72 di degenza ordinaria e 91 di Day Hospital. Il provvedimento del Commissario stabilisce di privilegiare modalità di assistenza differenti, cioè day hospital e soprattutto prestazioni terapeutiche ambulatoriali con riduzione dell’uso del ricovero ordinario. La riconversione dovrebbe generare un’offerta complessiva di 139 posti letto, di cui 57 ordinari e 82 in Day Hospital. Tra le cause della mobilità passiva nel trattamento dei tumori, occupano un posto di rilievo la ricerca dell’efficacia e dell’efficienza clinica, di un servizio pubblico più orientato alle esigenze del malato e una migliore comunicazione medico-paziente. La rimodulazione della quantità e qualità dell’offerta implica soprattutto, come indicato nel provvedimento del Commissario, l’incremento del numero di interventi di chirurgia oncologica”. È previsto infatti un aumento del 15% dei volumi attuali per i tumori più importanti: seno (oggi nelle strutture della Regione viene eseguito il 58% degli interventi chirurgici), colon retto (69%), polmone (38%), neoplasie ginecologiche (63%) e prostata (66%). “All’interno della Rete – continua il prof. Pinto – possono essere identificati diversi livelli di erogazione delle prestazioni. È quindi essenziale favorire l’accesso all’assistenza appropriata in strutture che si identificano come nodi della rete oncologica e definire le modalità di integrazione tra offerta ospedaliera e risorse assistenziali di livello territoriale. In questo contesto assumono un ruolo importante i medici di famiglia e le unità complesse di cure primarie”. Problematiche culturali, logistiche, strutturali e organizzative hanno caratterizzato la qualità dell’assistenza in Calabria. “Finora – conclude il dott. Barbieri – ha dominato la sfiducia nei servizi regionali a causa di un’offerta mal proporzionata alle esigenze della popolazione, con organici totalmente inadeguati in alcune realtà. Non va sottovalutata anche la complessità del territorio che obbliga a portare i servizi oncologici in zone spesso disperse e poco popolate. È urgente intervenire quanto prima, e chiediamo la costituzione di un’autorità centrale regionale con funzioni di coordinamento della Rete già deliberata, in grado di governare i collegamenti tra le diverse strutture e di pianificare l’uso delle risorse, realizzando, con tempistiche serrate, tutti gli step che portino alla disponibilità e massima fruizione, da parte della popolazione, della rete oncologica ”.
Screening per tumore, «aboliamo il ticket»
News Presa, PrevenzioneLa regione Campania deve fare un nuovo cambio di passo: «Ambulatori assistenziali per ammalati di tumore aperti anche nel fine settimana. E gestiti da medici di medicina generale, assieme agli infermieri delle Asl». A chiederlo è il segretario FAVO per la Regione Campania Sergio Canzanella dopo la deliberazione dei commissari ad acta della Rete Oncologica Campana – ROC – dello scorso ottobre, che è andata a colmare una lacuna pluriennale nella struttura sanitaria regionale. Con vantaggi per il paziente dalla qualità delle prestazioni, alla possibilità per ogni cittadino, anche se proveniente da altre regioni, di accedere alla Rete, equità nell’accesso al servizio per tutti i cittadini. «Questi ambulatori – spiega Canzanella – potrebbero confermarsi un circuito sanitario territoriale consolidato, a cui i cittadini faranno sempre più riferimento». Ma per rendere ancora più competitivo il servizio sanitario per i campani, soprattutto in tema di prevenzione, il segretario di FAVO Campania propone al presidente della Regione Vincenzo De Luca l’abolizione del ticket sanitario per gli anni 2017/2019 per gli esami riguardanti la prevenzione del tumore al seno e dell’ovaio per le donne ad alto rischio con mutazione eredo-familiare (BRCA 1 e 2) individuate tramite lo screening genetico.
Gli screening
Il tema della prevenzione e degli screening, centrale in tutti i sistemi sanitari regionali, in Campania è da sempre al centro di moltissime polemiche. Secondo molti medici di medicina generale, infatti, troppo spesso i progetti di prevenzione non trovano riscontri sufficienti sul territorio. Allarmanti i dati: nel 2015 in Italia ci sono state 363 mila nuove diagnosi di tumore, il 54% fra gli uomini e il 46% fra le donne. Il dato confortante è che le percentuali di guarigione sono migliorate: il 63% delle donne e il 57% degli uomini è vivo a cinque anni dalla diagnosi. Il merito è da ascriversi soprattutto della maggiore adesione alle campagne di screening per individuare precocemente la malattia. Ma nella nostra regione c’è da lavorare molto: solo il 7% della popolazione ha beneficiato degli screening gratuiti curati dalle Asl.
Vaccini «Un ciak per la Vita»
PrevenzioneSe è vero che ultimamente il cinema è stato al centro di una dura polemica sui vaccini, altrettanto lo è che proprio dal cinema ora arriva una campagna di sensibilizzazione importante . Un ciak per la salute collettiva, non solo dei bambini ma anche degli adulti. A Roma, nel corso di un evento patrocinato dal Ministero della Salute, sono stati presentati «#graziemammaepapà» e «La Famiglia», due mini spot con la voce di due bambini che si sono aggiudicati il contest «Un ciak per la Vita», progetto di sensibilizzazione promosso dalla Società italiana di igiene, medicina preventiva e sanità pubblica, in collaborazione con la Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia, per sostenere l’importanza delle vaccinazioni. Due brevi racconti sull’importanza di una vita sicura e serena anche grazie ai vaccini.
Un tema globale
Ormai un problema italiano, con la diffusione di notizie senza fondamento scientifico che spingono i genitori a non vaccinare i propri figli, nonostante salvino settemila persone al giorno, oltre 2,5 milioni l’anno. Si chiama «vaccine hesitancy» la formula diffusa in tutta Europa sull’esitazione de genitori a sottoporre i figli alla somministrazione dei vaccini a causa di paure infondate, false ideologie e soprattutto distorte informazioni ricevute.
La situazione in Campania
«Nella nostra regione – spiega Maria Triassi, direttore del dipartimento assistenziale di igiene ospedaliera, medicina del lavoro e di comunità dell’Azienda Ospedaliera Policlinico Federico II di Napoli – c’è una copertura vaccinale inferiore al resto d’Italia, per esempio siamo sotto al 96%, il dato medio italiano, per le vaccinazioni obbligatorie, nei mesi scorsi abbiamo segnalato la possibilità di un’emergenza morbillo ma è alto il calo anche nella somministrazione per rosolia e parotite per questo motivo ci stiamo muovendo per sollecitare l’attenzione anche degli amministratori, mettendo a punto un calendario con l’obiettivo ampliare l’offerta di vaccini e valutando se alcuni non possano essere proposti solo ad alcune fasce protette».
La situazione nel Lazio
Così a Napoli, invece a Roma invece si è puntato sul binomio tra scienza e cinema per sensibilizzare, spingere alla vaccinazione, un pilastro sociale che garantisce una serena vita familiare contro patologie pericolose e potenzialmente pericolose. «Il cinema è un linguaggio fatto di immagini e parole, accessibile a tutte le fasce d’età – ha detto Carlo Signorelli, presidente della SITI – spero che la forza di questi mini spot faccia arrivare il messaggio alle famiglie sull’impiego dei vaccini, strumenti di protezione efficaci e sicuri».
Influenza: 260 mila già a letto, 5 milioni a rischio
Farmaceutica, News Presa, PrevenzioneSono 5 milioni gli italiani a rischio influenza stagionale quest’anno.
Già da metà ottobre 260.000 italiani hanno contratto la malattia e altri 850.000 sono stati affetti da sindromi respiratorie acute. Il picco dell’infezione, però, è previsto per la fine di gennaio e l’inizio di febbraio. Nel frattempo i medici di famiglia lanciano un appello affinché tutti i cittadini si vaccinino contro una patologia che ogni anno provoca una media di 8.000 decessi. Lo fanno in apertura dal 33° Congresso Nazionale della Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie (SIMG) che comincia oggi a Firenze. L’evento, dal titolo “Ritorno al Futuro: nuove generazioni, nuove idee e nuove cure per le Cure Primarie del nostro Paese”, vede quest’anno la partecipazione di oltre 3.000 camici bianchi da tutta la Penisola. “La vaccinazione deve essere rivolta a tutti perché più i cittadini si vaccinano maggiore è la protezione generale – afferma il dott. Claudio Cricelli Presidente Nazionale SIMG -.
Questo si chiama ‘effetto gregge’ che ci consente di contenere la diffusione del virus, di salvaguardare la salute, soprattutto delle categorie a rischio, e ridurre i costi indiretti, quantificabili in 1,6 miliardi ogni stagione influenzale. Ovviamente, devono immunizzarsi i cittadini affetti da patologie croniche, cardiovascolari e respiratorie, anziani, bambini, donne in gravidanza. Per queste persone il vaccino è gratuito e basta recarsi al più presto dal proprio medico di famiglia. Tutti gli altri possono acquistarlo in farmacia”.
“Purtroppo i tassi di vaccinazione nel nostro Paese sono in costante diminuzione – aggiunge il dott. Ovidio Brignoli Vice Presidente Nazionale SIMG -. E’ un dato preoccupante che deve far riflettere tutti. Noi medici di famiglia siamo quelli più a stretto contatto con i cittadini e quindi dobbiamo incentivare il più possibile il ricorso all’immunizzazione. E dobbiamo dare per primi il buon esempio vaccinandoci. Tuttavia solo il 7% dei medici si protegge, un dato decisamente troppo basso. Ci auguriamo che quest’anno ci sia un incremento delle vaccinazioni anche per gli operatori sanitari”. “In Italia funziona la rete nazionale Influnet composta da oltre 1.000 medici di medicina generale e pediatri coordinati dall’Istituto Superiore di Sanità – conclude il dott. Aurelio Sessa responsabile SIMG del settore -. Questi operatori effettuano una sorveglianza epidemiologica e virologica settimanale che monitorizza in tempo reale l’andamento dell’influenza su tutto il territorio nazionale. Da metà ottobre a fine aprile di ogni anno. Questa rete è coordinata anche a livello europeo con altri 24mila medici sentinella perché l’influenza, insieme a AIDS e tubercolosi, è fra le patologie che devono essere costantemente sorvegliate come suggerito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).
Fare squadra al fianco dei malati oncologici
Associazioni pazientiGarantire condizioni di vita migliori ai pazienti oncologici ma anche ai familiari che vivono con loro questo particolare e difficile momento della vita. E’ stato costituito a Milano con questo obiettivo il primo Intergruppo consiliare regionale per la tutela dei malati oncologici in Italia. La Lombardia, con oltre 654 mila persone vive a seguito di una diagnosi di tumore e con oltre 63 mila nuovi casi diagnosticati ogni anno, è la regione italiana che si trova a seguire e gestire il maggior numero di casi diagnostico-assistenziali per le malattie oncologiche ma anche quella più all’avanguardia nella ricerca, nell’assistenza e nella cura. L’obiettivo principale dell’Intergruppo, a cui prendono parte i consiglieri di tutti i partiti politici, è condividere e proporre nuove norme e regolamenti per migliorare l’assistenza dei malati di cancro raccogliendo proposte e istanze dalle associazioni dei malati, dai medici e dalle istituzioni coinvolte per portarle al Consiglio e alla Giunta regionale.
Questo nuovo organismo è stato fortemente voluto dall’associazione di pazienti oncologici Salute Donna Onlus che assieme ad altre dodici associazioni di pazienti, una Commissione Tecnico Scientifica e un Intergruppo di oltre 70 parlamentari, da tre anni lavora al progetto “La salute un bene da difendere, un diritto da promuovere”, per migliorare l’assistenza e la cura dei pazienti oncologici. Fin da subito, le prime attività che interesseranno l’Intergruppo consiliare saranno: la valutazione dei programmi di screening e delle attività di prevenzione svolte in tutto il territorio, la mappatura delle strutture oncologiche della Regione, la valutazione e l’applicazione su tutto il territorio regionale di percorsi diagnostico-terapeutici omogenei che garantiscano equo accesso ai trattamenti e uguali diritti per tutti i pazienti nella presa in carico così da migliorare i livelli di assitenza e cura, soprattutto in quelle situazioni in cui si manifestino, come spesso accade, ritardi e disparità.
Sempre più bassa l’aspettativa di vita in Valle d’Aosta
News, PrevenzioneSarebbe da imputare alla carenza di iodio (quasi assente nelle regioni di montagna perché proprio quest’ultime per la loro posizione geografica ne impediscono la circolazione) e alle cattive abitudini alimentari (troppo formaggio grasso ad alto contenuto di lattosio, molti salumi e piatti calorici) la bassa aspettativa di vita degli abitanti della Valle d’Aosta. A confermarlo sono i dati forniti dall’Osservatorio salute dell’istituto Superiore di Sanità che ha classificato la Valle d’Aosta al quartultimo posto per longevità, seguita solo da Siclia, Calabria e Campania. Se la media nazionale dell’aspettativa di vita è 82,5 anni e 83 nel nord del Paese, in Valle d’Aosta è di 80,2 anni, quanto quella degli abitanti del sud Italia. Una cifra così bassa non si registrava dall’immediato dopoguerra.
Il Trentino Alto Adige, con 84,1 anni, è la regione con l’aspettativa di vita più alta mentre quella con l’aspettativa più bassa è la Campania con 80,1 anni. In Valle d’Aosta ad incidere su questo dato è anche l’alto tasso di tumori, molti dei quali, ancora senza cura, provocati in particolare dal frequente uso di alcool e fumo.
Al sud, dove il numero di decessi causato da tumori è più alto che al nord, si fa ancora troppo poca prevenzione e sono poche anche le campagne dedicate al miglioramento della qualità della vita. Ma in Valle d’Aosta le cose sono diverse. Qui, molto è stato fatto e da quindici anni gli enti pubblici (Ulss Valle d’Aosta in particolare) e associazioni dedicano in modo sistematico risorse e tempo ad iniziative e programmi di prevenzione. Ecco perché, questa attività, ancora di più in contesti dove altri fattori anche naturali intervengono maggiormente sulla salute, diventano strumento fondamentale per abbassare il rischio di mortalità prima dei 65 anni.
Bambole contro la violenza sulle donne
Prevenzione, PsicologiaAnche la Regione Liguria combatte la piaga tanto diffusa della violenza sulle donne che vede nel nostro Paese sempre più madri, mogli, compagne, amanti, trasformarsi nelle vittime della violenza di un uomo. In occasione della giornata mondiale contro la violenza sulle donne che si celebrerà il 25 novembre, la Regione ha organizzato una serie di eventi ed iniziative che coinvolgeranno numerose città. Tra queste, il “Muro delle bambole” per cui sarà chiesto a tutti, grandi e piccoli, di portare con sé in Piazza Ferrari una bambola per rompere simbolicamente il muro del silenzio che ancora oggi oscura questo fenomeno. Ma, per sensibilizzare ad un tema tanto attuale quanto preoccupante, e insieme aiutare in modo concreto chi ancora non ce la fa ad uscire dalla spirale di violenza in cui è stata risucchiata, in questi giorni è stata realizzata proprio dalla Regione una campagna pubblicitaria che elenca tutti i principali centri antiviolenza liguri e molte altre iniziative oragnizzate per dare voce a questo triste fenomeno.
In netto calo rispetto all’anno scorso quando in 12 mesi sono state 1121 le donne che hanno chiesto aiuto ai 7 centri antiviolenza della Liguria, nel 2016 fino ad oggi, sono state invece 752. Di queste 551 hanno preso parte almeno al primo colloquio di approfondimento e 405 sono state seguite per l’intero percorso. Il 65% delle donne che hanno chiesto aiuto ai centri dedicati è di nazionalità italiana ed ha per lo più tra i 35 e i 50 anni. Ciascuna di loro è vittima di violenza psicologica mentre solo la metà ha subito anche violenza fisica. Sono meno diffuse invece, anche se esistono, altre forme di violenza tra cui quella sessuale, lo stalking o la violenza economica e a metterle in atto è quasi sempre, nel 70% dei casi, l’attuale marito o il compagno o l’ex che, purtroppo ancora, solo una volta su tre viene denunciato alle autorità.
Sanità in tempo di guerra. Napoli, lezione in ospedale di Gino Strada
News PresaGino Strada, chirurgo e fondatore di Emergency, sbarca a Napoli alla Scuola di Medicina e Chirurgia dalla Federico II per raccontare agli studenti e ai professori quella che è la sua esperienza sul campo. Per spiegare quali sono le dinamiche della cooperazione sanitaria internazionale e le modalità per collaborare con l’associazione, ma anche per affrontare il tema del diritto e dell’accessibilità alla cure in Italia e dell’incompatibilità della guerra con i valori dell’etica.
Non solo medicina
Il ciclo di appuntamenti periodici con personaggi del mondo dell’arte, della cultura, dello sport e dello spettacolo, invitati a portare la loro esperienza nelle aule universitarie con l’obiettivo di favorire l’integrazione dei saperi e realizzare un processo di formazione e promozione della salute “a tutto tondo”, in linea con gli obiettivi della Scuola e dell’Azienda.
Grandi nomi
Dopo Vincenzo Salemme, Maurizio De Giovanni, Gennaro Rispoli, Edoardo Bennato, #NONSOLOMEDICINA, con la partecipazione di Gino Strada, estende infatti il proprio sguardo alle personalità e ai professionisti che attraverso la medicina affrontano le grandi sfide sociali. «Siamo felici – spiega Luigi Califano, presidente della Scuola di Medicina e Chirurgia Federico II – di ospitare Gino Strada, un esempio mondiale di una cultura di pace, solidarietà e rispetto dei diritti umani. Una Scuola di medicina non deve limitarsi all’insegnamento dell’anatomia, della fisiologia e degli aspetti scientifici del corpo umano. L’arte medica è prima di tutto una missione. Racchiude in sé tutti i valori umani che sono alla base del giuramento ippocratico e che, oggi più che mai, devono essere ricordati e trasmessi alle nuove generazioni di studenti».
L’appuntamento
L’evento dal titolo «Emergency: medicina di guerra, progetto di pace», gratuito e aperto a tutti, si terrà domani (giovedì 24 novembre alle ore 15) nell’Aula Grande Nord (Via Sergio Pansini, 5- Ed.19), all’interno del Policlinico Federiciano.
«Non lasciate soli gli ammalati» La socializzazione aiuta a guarire
News PresaLa sostanza delle emozioni
Il convegno
Ogni anno 800mila italiani con tumore cambiano regione per curarsi
Associazioni pazienti, Economia sanitaria, News Presa, PrevenzioneSono quasi 800mila ogni anno gli italiani colpiti dal cancro che cambiano Regione per curarsi. Le migrazioni sanitarie avvengono soprattutto dal Sud verso il Nord, in particolare Milano: dalla Campania 55mila persone, dalla Calabria 52mila, dalla Sicilia 33mila, dall’Abruzzo 12mila e dalla Sardegna 10mila. Tutto ciò ha un valore economico annuo pari a 2 miliardi di euro. Preoccupa soprattutto la situazione in Calabria: il 62% dei pazienti con tumore del polmone e il 42% dei cittadini con cancro del seno vanno fuori Regione per eseguire l’intervento chirurgico di asportazione della malattia. In particolare, prendendo in considerazione la chirurgia per le neoplasie più importanti (come quelle al polmone, al seno, al colon al retto, alla prostata, alla vescica e i tumori ginecologici in generale), la migrazione sanitaria in Calabria raggiunge il 37%, con 1.999 ospedalizzazioni nel 2012 fuori dai confini locali. A queste si aggiungono 1.941 ricoveri per chemioterapia extra Regione che rappresenta il 10% circa dei trattamenti medici. In pratica al crescere delle prestazioni di oncologia medica in Regione, che riduce sempre più questa percentuale, non fa riscontro un pari progresso delle prestazioni chirurgiche. Sono dati che richiedono interventi urgenti a partire dalla realizzazione della Rete Oncologica della Calabria e dei Percorsi Diagnostici Terapeutici Assistenziali (PDTA). La richiesta viene dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) in un incontro con i giornalisti oggi a Milano. “Vogliamo collaborare con le Istituzioni per risolvere quanto prima questa situazione, che ha un impatto negativo sulla qualità delle cure – spiega il prof. Carmine Pinto, presidente nazionale AIOM -. La riorganizzazione dell’offerta attraverso la Rete porterà anche risparmi per il sistema e una razionalizzazione sostanziale delle risorse. Il divario nella qualità dell’assistenza rispetto alle altre Regioni riflette la scarsa fiducia dei cittadini calabresi nei servizi locali. Il recupero della cosiddetta mobilità ‘passiva’ richiede il rafforzamento degli organici, implementazione dei programmi di screening, investimenti strutturali e tecnologici e facilità di accesso alle prestazioni con abbattimento delle liste di attesa. La Rete dovrà prevedere anche una suddivisione dei ricoveri per intensità di cura, oggi infatti gran parte della mobilità riguarda casi di bassa e media complessità”. In Calabria nel 2016 sono stimati 10.400 nuovi casi di tumore. Le migrazioni conducono i pazienti verso le strutture della Lombardia, Lazio ed Emilia-Romagna ma anche verso territori vicini, come Basilicata, Sicilia e Puglia. Un Decreto del Commissario ad acta alla sanità della Calabria (DCA n.10 del 2 aprile 2015) ha previsto l’istituzione della Rete oncologica regionale, evidenziando alcune misure urgenti. “Innanzitutto – sottolinea il dott. Vito Barbieri, coordinatore AIOM Calabria e dirigente medico presso l’Oncologia dell’Azienda Ospedaliera-Universitaria Mater Domini di Catanzaro – l’attuale dotazione di strutture risulta non adeguata rispetto alle esigenze assistenziali della Regione, per cui è stata programmata una rimodulazione del numero dei posti letto di Oncologia medica che oggi sono 163, 72 di degenza ordinaria e 91 di Day Hospital. Il provvedimento del Commissario stabilisce di privilegiare modalità di assistenza differenti, cioè day hospital e soprattutto prestazioni terapeutiche ambulatoriali con riduzione dell’uso del ricovero ordinario. La riconversione dovrebbe generare un’offerta complessiva di 139 posti letto, di cui 57 ordinari e 82 in Day Hospital. Tra le cause della mobilità passiva nel trattamento dei tumori, occupano un posto di rilievo la ricerca dell’efficacia e dell’efficienza clinica, di un servizio pubblico più orientato alle esigenze del malato e una migliore comunicazione medico-paziente. La rimodulazione della quantità e qualità dell’offerta implica soprattutto, come indicato nel provvedimento del Commissario, l’incremento del numero di interventi di chirurgia oncologica”. È previsto infatti un aumento del 15% dei volumi attuali per i tumori più importanti: seno (oggi nelle strutture della Regione viene eseguito il 58% degli interventi chirurgici), colon retto (69%), polmone (38%), neoplasie ginecologiche (63%) e prostata (66%). “All’interno della Rete – continua il prof. Pinto – possono essere identificati diversi livelli di erogazione delle prestazioni. È quindi essenziale favorire l’accesso all’assistenza appropriata in strutture che si identificano come nodi della rete oncologica e definire le modalità di integrazione tra offerta ospedaliera e risorse assistenziali di livello territoriale. In questo contesto assumono un ruolo importante i medici di famiglia e le unità complesse di cure primarie”. Problematiche culturali, logistiche, strutturali e organizzative hanno caratterizzato la qualità dell’assistenza in Calabria. “Finora – conclude il dott. Barbieri – ha dominato la sfiducia nei servizi regionali a causa di un’offerta mal proporzionata alle esigenze della popolazione, con organici totalmente inadeguati in alcune realtà. Non va sottovalutata anche la complessità del territorio che obbliga a portare i servizi oncologici in zone spesso disperse e poco popolate. È urgente intervenire quanto prima, e chiediamo la costituzione di un’autorità centrale regionale con funzioni di coordinamento della Rete già deliberata, in grado di governare i collegamenti tra le diverse strutture e di pianificare l’uso delle risorse, realizzando, con tempistiche serrate, tutti gli step che portino alla disponibilità e massima fruizione, da parte della popolazione, della rete oncologica ”.
Liguria. Disabilità, verso una vita migliore
NewsSembrano diventare sempre più concrete le possibilità per una vita migliore per le persone disabili della Liguria. Ad approvare alcuni indirizzi operativi di progetti per la Vita Indipendente è stata la giunta regionale ligure che ha elaborato alcuni di questi progetti dando voce alle richieste emerse a seguito di diverse ricognizione sul territorio.
La grande rivoluzione viene dalla nuova possibilità di assumere, nel caso di disabili che necessitino di accompagnamento, un familiare fino al terzo grado di parentela, come assistente personale. Una misura che si aggiunge a numerosi altri interventi per la Vita indipendente per i quali diventa possibile ottenere un contributo economico. Tra questi, la possibilità di assumere con un contratto di collaborazione domestica un assistente personale o per la famiglia, ma anche il finanziamento di servizi educativi da parte di enti e associazioni che lo richiedano e che risultino iscritti nei registri della regione. Ma anche interventi strutturali per abbattere barriere architettoniche all’interno di case che ospitino un disabile o il finanziamento delle spese di alloggio in qualche struttura adeguata. Un sostegno economico potrebbe venire anche per l’acquisto di arredamento o attrezzature speciali che siano di aiuto alla persona affetta da disabilità, o per sostenere servizi di trasporto o attività sportive e ricreative di inclusione sociale.
Ricevere un contributo sarà possibile solo dopo risposta positiva da parte del distretto sociosanitario di riferimento che eseguirà un esame accurato della reale situazione. Questo sarà di 1200 euro mensili a cui possono essere aggiunti 7500 euro come contributo annuo una tantum in caso di interventi strutturali o di acquisto di ausili non forniti dal sistema sanitario nazionale. Questi finanziamenti regionali hanno l’obiettivo di dare parità di accesso a tutti gli strumenti a tutte le persone disabili che, diventando maggiormente autonome, possono indirizzarsi più facilmente verso un percorso professionale ma anche vivere dignitosamente in modo autonomo nella propria casa.