Tempo di lettura: 3 minutiDa oggi nelle farmacie italiane è disponibile il test per l’autodiagnosi dell’HIV, lanciato in occasione della giornata mondiale contro l’Aids. Non necessita di alcuna ricetta medica per chi è maggiorenne, l’autotest, già presente in Francia, è stato accolto positivamente a riprova di un bisogno che non trovava risposta: far emergere il sommerso delle diagnosi tardive da HIV (in Italia si stimano da 6.500 a 18.000 persone sieropositive non diagnosticate), con una conseguente diminuzione del rischio collettivo; e anche intercettare persone che oggi non se la sentono di rivolgersi alle strutture preposte in cui si fanno i test per l’HIV.
L’Oms già da qualche giorno ha deciso di raccomandare l’auto test per l’HIV “come modo innovativo per raggiungere più persone con HIV e contribuire a realizzare l’obiettivo mondiale, lanciato nel 2014, di rendere consapevole del loro stato il 90% di tutte le persone con HIV entro il 2020”.
All’acquisto del test viene consegnato anche il materiale informativo. L’aiuto del farmacista serve a trasmettere alla persona il messaggio che la sieropositività non è più una condanna a morte. La paura di essere stigmatizzati in alcuni contesti sociali è infatti ancora molto presente.
In Italia solo il 43 per cento delle persone (Indagine NPS Italia/SWG 2016) è apparsa consapevole che per la cura efficace dell’infezione da HIV, bisogna agire prima possibile.
Prima di fare il test, però, è necessario osservare il cosiddetto “intervallo finestra”, ossia quel lasso di tempo che intercorre tra il momento del presunto contagio e la produzione di anticorpi che segnalano la presenza del virus. Per fare il test capillare bisogna quindi aspettare 90 giorni. L’autotest per l’HIV, se utilizzato correttamente, assicura anche la massima attendibilità nella rilevazione dell’infezione. Tuttavia, come per altri test è possibile, in rari casi, che risulti una falsa positività al virus, ossia che venga rilevata un’infezione in realtà non presente: per questo motivo, in caso di test positivo, è sempre necessario ripetere l’esame presso una struttura sanitaria e/o un laboratorio di analisi.
Nel 2015, sono state segnalate 3.444 nuove diagnosi di infezione da HIV pari a un’incidenza di 5,7 nuovi casi di infezione da HIV ogni 100.000 residenti. Un dato che segna un calo del 10% rispetto alle 3.850 nuove diagnosi del 2014.
Tra le nazioni dell’Unione Europea l’Italia si colloca al 13° posto in termini di incidenza delle nuove diagnosi HIV.
Le regioni con l’incidenza più alta sono state il Lazio, la Lombardia, la Liguria e l’Emilia-Romagna. Le persone che hanno scoperto di essere HIV positive nel 2015 erano maschi nel 77,4% dei casi. L’età mediana era di 39 anni per i maschi e di 36 anni per le femmine. L’incidenza più alta è stata osservata tra le persone di 25-29 anni (15,4 nuovi casi ogni 100.000 residenti).
Nel 2015, la maggioranza delle nuove diagnosi di infezione da HIV era attribuibile a rapporti sessuali non protetti, che costituivano l’85,5% di tutte le segnalazioni (eterosessuali 44,9%; MSM, maschi che fanno sesso con maschi, 40,6%). Nel 2015, il 28,8% delle persone diagnosticate come HIV positive era di nazionalità straniera.
In particolare, l’incidenza è stata di 4,3 nuovi casi ogni 100.000 tra italiani residenti e di 18,9 nuovi casi ogni 100.000 tra stranieri residenti. Le incidenze più elevate tra stranieri sono state osservate in Abruzzo, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna. Tra gli stranieri, la quota maggiore di casi era costituita da eterosessuali femmine (36,9%), mentre tra gli italiani da MSM (48,1%)
In Italia si stimano da 6.500 a 18.000 persone con Hiv non diagnosticato. Negli ultimi 10 anni è aumentata la proporzione delle persone con nuova diagnosi di AIDS che hanno scoperto di essere HIV positiva nei pochi mesi precedenti la diagnosi di AIDS, passando dal 20,5% del 2006 al 74,5% del 2015.
Il numero stimato dall’Istituto superiore di sanità di persone che vivono con l’infezione da HIV non diagnosticata è di 6.250 nel 2014. I maschi rappresentano il 73% dei non diagnosticati, gli stranieri il 28%. Nei tre anni di studio (2012/2014) le modalità di trasmissione più rappresentate sono state gli eterosessuali maschi (33 nel 2012 e 34% nel 2014) e gli MSM (31e 39%).
Patologie rare, tutta la verità sulla Malattia di Pompe
PrevenzioneParlare di malattie rare significa parlare di un mondo fatto di ostacoli alti come montagne. Gli ostacoli della malattia, certo, ma anche quelli della solitudine, dell’incertezza, del senso di smarrimento dettato dal trovarsi in una condizione sconosciuta ai più. Qualche volta agli stessi medici che dovrebbero fare una diagnosi. La galassia delle malattie rare è sterminata, moltissime malattie che colpiscono un numero ristretto di persone. Tra queste patologie c’è la Malattia di Pompe.
Cos’è
Si tratta di una malattia genetica rara, dovuta all’alterazione dell’enzima “alfa-glucosidasi” la cui mancanza nell’organismo è spesso quasi totale e non consente un normale utilizzo di glicogeno e glucosio, specie a livello della massa muscolare. «Semplificando – spiega il professor Antonio Toscano dell’università di Messina – chi è affetto da malattia di Pompe subisce l’accumulo del glicogeno in vari tessuti e organi. Quest’anomalia produce sia un danno diretto, legato all’accumulo, che indiretto, dovuto alla mancata disponibilità di un componente essenziale del metabolismo energetico necessario per il funzionamento del muscolo o di altri organi». Dal 2006 esiste una terapia che, seppur non risolutiva, produce un miglioramento delle condizioni cliniche del paziente e una successiva stabilizzazione della patologia.
La diagnosi
Cruciale è arrivare presto ad una diagnosi. Anche se, paradossalmente, è “più facile” nel neonato che in bambini o adulti perché già alla nascita c’è una sintomatologia tipica che fa accendere un campanello d’allarme e stimola il sospetto di Malattia di Pompe. I sintomi sono nei neonati sono la cardiomiopatia, i disturbi respiratori e l’ipotonia muscolare. Al contrario con l’avanzare dell’età l’inizio della malattia può essere più sfumato e rimanere sotto i nostri occhi anche per parecchi anni e ce ne accorgiamo solo quando la situazione clinica diventa più grave. Pertanto, nel caso di un fondato sospetto, è importante rivolgersi ai Centri di Riferimento specifici che sono presenti in varie regioni Italiane.
Un passaggio culturale
Oggi fortunatamente c’è più informazione e una maggiore attenzione. Anche per i medici, che possono avvalersi di strumenti che prima non esistevano, è più semplice arrivare ad una diagnosi. Battersi affinché la conoscenza sulle malattie rare si diffonda, impegnarsi per promuovere e sostenere la ricerca, sono queste le sfide da vincere per garantire un futuro migliore a chi soffre.
Bonsai in piazza per la lotta all’AIDS
News, PrevenzioneMentre il primo dicembre in mille piazze italiane l’associazione Anlaids porterà i bonsai per sostenere “un futuro senza AIDS”, a La Spezia si terranno contemporaneamente le giornate di prevenzione organizzate dalla stessa onlus per parlare e soprattutto informare sull’AIDS, una malattia che continua ad essere pericolosa. Al centro commerciale “Le Terrazze” a La Spezia, dalle 10 alle 17, giovedì 1 dicembre, verrà allestito dalla Struttura Complessa Malattie Infettive Asl5 uno stand dove personale qualificato informerà in merito alla prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili ed in particolare sull’infezione da HIV/AIDS. L’iniziativa, organizzata da Anlaids Liguria Onlus , dai rappresentanti della cittadinanza, e dall’azienda ASL 5 Spezzino vuole contribuire a diffondere la consapevolezza che la prevenzione è l’unica arma realmente efficace per contrastare l’insorgenza dell’ infezione.
Anche qui, come in mille piazze d’Italia, sarà possibile acquistare i bonsai, da sempre simbolo di Anlaids, donando un contributo all’associazione. L’intero ricavato sarà poi devoluto alla prevenzione e alla lotta contro questa malattia.
Questa giornata, è il punto finale di un’attività di lotta all’AIDS svolta durante tutto il corso dell’anno con il sostegno dell’Università di Genova e dell’ Azienda ASL 5 Spezzino.
L’incidenza dell’HIV non accenna a scendere soprattutto perché esistono molti casi di infezione non ancora diagnosticati o rilevati in ritardo, che contribuiscono a mantenere alto il numero delle persone malate. Secondo i dati forniti dall’Istituto Superiore di Sanità, infatti, sono circa 12 mila le persone che hanno contratto il virus e non ne sono a conoscenza. Inoltre in Italia, 60 mila pazienti non riescono a tenere sotto controllo la malattia nonostante le terapie e questo rende possibile ogni giorno eventuali altri contagi.
Ogni anno i casi nuovi di infezione sono circa 3800 e la causa è dovuta soprattutto alla trasmissione per via sessuale. Rispetto al passato sono in aumento i contagi da maschio a maschio, ma anche tra i ragazzi con meno di 25 anni e tra gli over 70.
Hiv, il test per l’autodiagnosi in farmacia senza ricetta
Associazioni pazienti, News Presa, Prevenzione, Ricerca innovazioneDa oggi nelle farmacie italiane è disponibile il test per l’autodiagnosi dell’HIV, lanciato in occasione della giornata mondiale contro l’Aids. Non necessita di alcuna ricetta medica per chi è maggiorenne, l’autotest, già presente in Francia, è stato accolto positivamente a riprova di un bisogno che non trovava risposta: far emergere il sommerso delle diagnosi tardive da HIV (in Italia si stimano da 6.500 a 18.000 persone sieropositive non diagnosticate), con una conseguente diminuzione del rischio collettivo; e anche intercettare persone che oggi non se la sentono di rivolgersi alle strutture preposte in cui si fanno i test per l’HIV.
L’Oms già da qualche giorno ha deciso di raccomandare l’auto test per l’HIV “come modo innovativo per raggiungere più persone con HIV e contribuire a realizzare l’obiettivo mondiale, lanciato nel 2014, di rendere consapevole del loro stato il 90% di tutte le persone con HIV entro il 2020”.
All’acquisto del test viene consegnato anche il materiale informativo. L’aiuto del farmacista serve a trasmettere alla persona il messaggio che la sieropositività non è più una condanna a morte. La paura di essere stigmatizzati in alcuni contesti sociali è infatti ancora molto presente.
In Italia solo il 43 per cento delle persone (Indagine NPS Italia/SWG 2016) è apparsa consapevole che per la cura efficace dell’infezione da HIV, bisogna agire prima possibile.
Prima di fare il test, però, è necessario osservare il cosiddetto “intervallo finestra”, ossia quel lasso di tempo che intercorre tra il momento del presunto contagio e la produzione di anticorpi che segnalano la presenza del virus. Per fare il test capillare bisogna quindi aspettare 90 giorni. L’autotest per l’HIV, se utilizzato correttamente, assicura anche la massima attendibilità nella rilevazione dell’infezione. Tuttavia, come per altri test è possibile, in rari casi, che risulti una falsa positività al virus, ossia che venga rilevata un’infezione in realtà non presente: per questo motivo, in caso di test positivo, è sempre necessario ripetere l’esame presso una struttura sanitaria e/o un laboratorio di analisi.
Nel 2015, sono state segnalate 3.444 nuove diagnosi di infezione da HIV pari a un’incidenza di 5,7 nuovi casi di infezione da HIV ogni 100.000 residenti. Un dato che segna un calo del 10% rispetto alle 3.850 nuove diagnosi del 2014.
Tra le nazioni dell’Unione Europea l’Italia si colloca al 13° posto in termini di incidenza delle nuove diagnosi HIV.
Le regioni con l’incidenza più alta sono state il Lazio, la Lombardia, la Liguria e l’Emilia-Romagna. Le persone che hanno scoperto di essere HIV positive nel 2015 erano maschi nel 77,4% dei casi. L’età mediana era di 39 anni per i maschi e di 36 anni per le femmine. L’incidenza più alta è stata osservata tra le persone di 25-29 anni (15,4 nuovi casi ogni 100.000 residenti).
Nel 2015, la maggioranza delle nuove diagnosi di infezione da HIV era attribuibile a rapporti sessuali non protetti, che costituivano l’85,5% di tutte le segnalazioni (eterosessuali 44,9%; MSM, maschi che fanno sesso con maschi, 40,6%). Nel 2015, il 28,8% delle persone diagnosticate come HIV positive era di nazionalità straniera.
In particolare, l’incidenza è stata di 4,3 nuovi casi ogni 100.000 tra italiani residenti e di 18,9 nuovi casi ogni 100.000 tra stranieri residenti. Le incidenze più elevate tra stranieri sono state osservate in Abruzzo, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna. Tra gli stranieri, la quota maggiore di casi era costituita da eterosessuali femmine (36,9%), mentre tra gli italiani da MSM (48,1%)
In Italia si stimano da 6.500 a 18.000 persone con Hiv non diagnosticato. Negli ultimi 10 anni è aumentata la proporzione delle persone con nuova diagnosi di AIDS che hanno scoperto di essere HIV positiva nei pochi mesi precedenti la diagnosi di AIDS, passando dal 20,5% del 2006 al 74,5% del 2015.
Il numero stimato dall’Istituto superiore di sanità di persone che vivono con l’infezione da HIV non diagnosticata è di 6.250 nel 2014. I maschi rappresentano il 73% dei non diagnosticati, gli stranieri il 28%. Nei tre anni di studio (2012/2014) le modalità di trasmissione più rappresentate sono state gli eterosessuali maschi (33 nel 2012 e 34% nel 2014) e gli MSM (31e 39%).
Hiv e Aids, nuove linee guida di Simit e Ministero per allungare la vita
Associazioni pazienti, Economia sanitaria, News Presa, PrevenzioneLa ricerca ha fatto passi avanti soprattutto negli ultimi anni, ma ancora oggi una cura che guarisca l’HIV non c’è. Una diagnosi tempestiva serve ad evitare che le persone affette da questo virus possano trasmetterlo in maniera inconsapevole. I pazienti affetti dal virus devono essere presi in carico da strutture competenti ed essere sottoposti alle cure adeguate.
A occuparsi periodicamente di aggiornare le linee guida per il trattamento di hiv e Aids è la Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali (Simit), in collaborazione con le Sezioni L e M del Comitato Tecnico Sanitario del Ministero della Salute.
Le nuove linee, per il 2016, oltre a nuove ricerche scientifiche, propone ulteriori particolari su come gestire l’assistenza dei pazienti, su come iniziare la terapia antiretrovirale di combinazione (cART), nonché sulla sua ottimizzazione, sull’invecchiamento delle persone con HIV, la coinfezione con tubercolosi, la terapia neo-natale e la profilassi pre-esposizione PrEP). Al progetto multidisciplinare hanno partecipato medici specialisti della SIMIT, ma anche esperti di altre discipline, e soprattutto le associazioni dei pazienti e delle comunità colpite dall’infezione.
Oggi, la terapia di combinazione, la cosiddetta cART, non solo garantisce che il virus non sia trasmesso, ma permette di prevenire le complicanze, evitando di arrivare alla forma conclamata della patologia detta AIDS (Sindrome da Immunodeficienza Acquisita). In questo modo si garantisce una prospettiva di vita più lunga a tutti quei pazienti che seguono il protocollo nel dettaglio. I percorsi terapeutici, basati soprattutto su assunzioni di farmaci, per essere realmente efficaci, devono essere non solo condotti nel rispetto dei principi che ne garantiscano un’efficacia duratura, ma soprattutto personalizzati a seconda delle caratteristiche cliniche, sociali e comportamentali del paziente.
Tormentati da “bulli senza gloria”
News Presa, PrevenzioneUn tempo parlando di bulli si pensava esclusivamente a ragazzi che tormentavano altri ragazzi. Ma, paradossalmente, a quei tempi il fenomeno del bullismo ancora non era un problema. Oggi i bulli e le loro vittime sono indistintamente uomini e donne, un fenomeno trasversale che preoccupa sempre di più genitori e insegnanti, anche perché il luogo del “martirio”, così come l’unico luogo di speranza è la scuola. A disegnare il bullismo nel 2016 è un sondaggio on-line dell’Associazione Italiana per l’Educazione Demografica.
I dati
Gli atti riconducibili al fenomeno del bullismo – e allo stesso modo del cyber bullismo – annullano le differenze di sesso e disegnano la fotografia di una generazione di giovanissimi e giovani omologati rispetto al sesso. Le percentuali di chi dichiara di essere stato vittima di bullismo sono molto simili tra uomo e donna. Gli edifici scolastici sono l’epicentro delle sopraffazioni (per l’85% delle donne, per il 59% degli uomini). Le ragazze si confidano, condividono con amiche e parenti e solo poco più del 25% preferisce tacere, magari nella speranza che l’episodio sia isolato. Dall’altra parte il 33 per cento dei ragazzi preferisce la via del silenzio che superano la richiesta di aiuto in famiglia. La maggior parte di coloro che decidono di non parlare lo fa per vergogna: il 38% delle ragazze, addirittura il 41% dei ragazzi. Ma sono la scuola e la famiglia l’asse della speranza: le due istituzioni nelle quali i ragazzi vedono il vero esercito da schierare contro i bulli.
Bulli senza gloria
Il cuore del progetto dell’Aied è stata la Gara di Idee #NOBULLISMO, che ha permesso di mettere al centro dell’attenzione proprio i giovani, dando loro la parola, consentendo loro di prendere voce. A vincere sono stati Federica Di Coste, 25enne laureata in Servizio Sociali, e Fulvio Barigelli, 28enne attore professionista, tutti e due provenienti da Grottaferrata. Un progetto che utilizza la tecnica teatrale dell’immedesimazione per permette a tutti i partecipanti di vestire i panni sia del bullo che della vittima. Il team vincitore ha ricevuto dall’Aied di Roma un assegno di 2mila euro la realizzazione del progetto, che coinvolgerà nei prossimi mesi scuole medie e superiori della zona dei Castelli Romani.
Hpv test, nuova frontiera contro i tumori del collo dell’utero
PrevenzioneSaranno gli Ospedali Civili di Brescia insieme ad altre quattro realtà ospedaliere della Lombardia, che dispongono assieme del laboratorio di Virologia e di quello di Analisi microbiologiche, ad effettuare il test Hpv contro i tumori del collo dell’utero al posto del Pap test. Lo stabilisce il piano regionale di prevenzione 2015/2018 disposto dalla Regione Lombardia che prevede la messa a sistema dello screening con il test Hpv. Questo test, molto sensibile, permette di cercare la presenza di Dna del papillomavirus che è la causa del 95% di neoplasie del collo dell’utero e di dare risposte in tempi molto brevi, due o tre giorni al massimo. Il Pap test invece, è un esame citologico che rileva le alterazioni già in atto nelle cellule della cervice dell’utero e i risultati di quest’analisi richiedono circa 15 o 20 giorni.
L’Hpv test diventerà il principale per le donne oltre i 35 anni di età, mentre il Pap test resterà quello di riferimento per le più giovani (tra i 25 e i 35 anni). Una prassi destinata lentamente a sparire dal momento che le ragazze che oggi hanno 12 anni vengono già vaccinate contro il virus Hpv.
L’esecuzione dello screening per il tumore del collo dell’utero in Lombardia, inoltre, dal 2017 non sarà più di competenza degli ambulatori dell’Ats, ma passerà alle Asst e l’unità mobile donata dalle fondazioni Berlucchi, Asm, Golgi e Lonati, verrà concessa al Civile per garantire continuità al percorso avviato (raggiungendo le donne nelle aree più lontane della provincia), con l’impegno ad effettuare 60 sedute all’anno.
L’anno scorso hanno risposto all’invito ad eseguire il Pap test di screening 50 mila donne bresciane, il 53%, a cui si aggiunge un altro 20% dato dalle donne che lo eseguono dal proprio ginecologo; per 1500 l’esame è risultato positivo, mentre sono 10 i carcinomi individuati.
Rianimazione pediatrica, crowdfunding per 15 postazioni. Chef in campo
Eventi d'interesse, News PresaServono soldi, 250mila euro in tutto, per finanziare l’acquisto di 15 postazioni di rianimazione pediatrica al Santobono Pausilipon di Napoli. Nasce così il «Re-Life, children’s tech projectRe-Life, children’s tech project». In campo al fianco dei piccoli pazienti ci sono stavolta Gesac, Fondazione Banco di Napoli, Meridonare e Associazione Sostenitori Ospedale Santobono Onlus. In particolare sono due i canali attraverso i quali si punta a raccogliere i soldi che andranno a finanziare il progetto: una parte arriverà dalla piattaforma di crowdfunding Meridonare.it (figlia della Fondazione Banco di Napoli), l’altra arriverà invece da uno speciale Donamat istallato in aeroporto che permetterà ai viaggiatori di sostenere la realizzazione del progetto. Il Donamat potrà essere utilizzato con contante o carta di credito, ottenendo in modo istantaneo una ricevuta fiscale che permetterà, nel caso di moneta elettronica e secondo i parametri della normativa vigente, la detrazione fiscale dell’importo donato. Il Donamat si troverà nel Salone delle Partenze e, per informare i donatori sul progetto, manderà in onda un simpatico video che ha come protagonista il sostenitore per eccellenza della S.O.S. Onlus: lo chef stellato Gennaro Esposito.
Sinergie
Gigi e Ross saranno i testimonial della cerimonia con la quale domani (30 novembre) si da il via al progetto. «La partnership ormai consolidata con la Fondazione Banco di Napoli e Gesac – spiega il presidente della Onlus S.O.S., Antonino Tramontano – ci sta permettendo di creare una sinergia fondamentale per il finanziamento di importanti progetti che garantiscono le migliori cure possibili per gli oltre 60mila bambini all’anno che sono accolti nell’ospedale pediatrico più grande del Sud Italia. Per il progetto Re-Life, grazie a Meridonare.it e al Donamat, accederemo al potente strumento del crowdfunding per raccogliere 30mila euro dei 250 mila totali necessari per sostenere la ristrutturazione della rianimazione pediatrica, che regalerà a Napoli un reparto all’avanguardia e di standard qualitativi di livello europeo».
Se il Viagra fa bene al cuore
Farmaceutica, News PresaDel Viagra si è detto di tutto e di più, del resto la pillolina blu ha cambiato la vita a centinaia di migliaia di uomini. Oltre agli effetti noti a tutti, e a tutte, pare che il Viagra faccia anche bene al cuore dei diabetici. Tutto sarebbe legato alla molecola alla base del miracoloso farmaco che avrebbe effetti positivi su alcune malattie indotte dal diabete di tipo 2. La scoperta è di un gruppo di ricercatori de “La Sapienza” di Roma guidati Andrea Lenzi, endocrinologo del dipartimento di Medicina Sperimentale.
Il test
Per arrivare a scoprire gli effetti positivi del Viagra sul cuore dei diabetici, i ricercatori hanno condotto studi su circa 60 pazienti di 60 anni con uno scompenso cardiaco. Del resto la maggior parte di coloro che nel mondo soffrono di diabete di tipo 2 i problemi maggiori sono legati allo scompenso cardiaco. Il diabete, così come l’ipertensione o le altre malattie del sistema circolatorio, può provocare un ingrossamento del cuore e una alterazione delle fibre del ventricolo sinistro che durante il battito si contrae di meno facendo ruotare di più il cuore. Tali alterazioni sono state misurate con una particolare tecnica di risonanza magnetica. In questo senso il Viagra riuscirebbe ad aiutare il funzionamento del cuore malato. Ad alcuni pazienti i ricercatori hanno somministrato la molecola alla base del Viagra, ad altri solo un placebo. Dopo sei mesi è stato registrato un netto miglioramento nel primo gruppo rispetto al secondo. Dati – dicono i ricercatori – che potrebbero aprire le porte a una nuova classe di farmaci in grado di contrastare lo scompenso cardiaco. Se così fosse il Viagra entrerebbe ancor più nella storia dei farmaci che hanno reso migliore la vita di moltissimi uomini. Un farmaco che fa bene alla coppia e ora anche al cuore.
L’Italia non è un Paese per neonati: fare figli è quasi un terno al lotto
Economia sanitaria, News Presa, Prevenzione, Ricerca innovazioneSempre meno figli in Italia, lo rivelano gli ultimi dati diffusi dall’Istat. Nel 2015 sono stati iscritti in anagrafe per nascita 485.780 bambini, quasi 17 mila in meno rispetto al 2014 (-91 mila nati sul 2008). Oltre a fornire i numeri l’Istat spiega: “il calo è attribuibile principalmente alle coppie di genitori entrambi italiani. I nati da questa tipologia di coppia scendono a 385.014 nel 2015 (oltre 95 mila in meno negli ultimi sette anni). Ciò avviene perché le donne italiane in età riproduttiva sono sempre meno numerose e allo stesso tempo mostrano una propensione ad avere figli sempre più bassa”.
La flessione dei nati, secondo il rapporto, è in parte effetto del forte calo della nuzialità registrato nello stesso periodo (circa 52 mila nozze in meno tra il 2008 e il 2015). I nati all’interno del matrimonio continuano a diminuire, nel 2015 sono 346.169 (quasi -120 mila in soli 7 anni). I nati da genitori non coniugati (quasi 140 mila nel 2015) sono, invece, sempre in crescita. Rappresentano il 28,7% del totale delle nascite superando il 31% al Centro-Nord.
Per il secondo anno consecutivo scende il numero di nati con almeno un genitore straniero: sono quasi 101 mila nel 2015, pari al 20,7% del totale dei nati a livello medio nazionale (circa il 29% nel Nord e solo l’8% nel Mezzogiorno)”.
Continua anche il calo dei nati da genitori entrambi stranieri, nel 2015 è sceso a 72.096 (quasi 3 mila in meno rispetto al 2014). In leggera flessione anche la loro quota sul totale delle nascite (pari al 14,8%)”.
“L’8,3% dei nati nel 2015 – rileva l’Istituto – ha una madre di almeno 40 anni, il 10,3% una sotto i 25 anni di età. La posticipazione della maternità è molto accentuata per le madri italiane: il 9,3% ha più di 40 anni, quota che supera quella delle madri under 25 (8,2%)”.
Prosegue poi la diminuzione della fecondità in atto dal 2010. “Il numero medio di figli per donna scende a 1,35 (1,46 nel 2010). Le donne italiane hanno in media 1,27 figli (1,34 nel 2010), le cittadine straniere residenti 1,94 (2,43 nel 2010)”.
Nel rapporto è inserito anche il contatore dei nomi per anno di nascita per scoprire quanti sono i bambini che si chiamano nello stesso modo, nati e iscritti nelle anagrafi italiane dal 1999 al 2015 e quali sono i più diffusi tra i 60 mila nomi diversi scelti dai genitori. Anche nel 2015 si confermano Francesco e Sofia i nomi più usati.
Sanità digitale: strapotere Danimarca, la rincorsa dell’Italia
Economia sanitaria, News Presa, Ricerca innovazioneLa sanità digitale avanza ancora con fatica in Italia rispetto agli altri Paesi europei.
Secondo l’indice sintetico, che si basa sui quattro indicatori chiave di eHealth della Commissione europea e descrive il livello di sanità digitale nei Paesi europei, il paese più performante è la Danimarca, seguito da Finlandia, Paesi Bassi, Estonia e Svezia. Questi Paesi hanno in comune un alto livello di digitalizzazione negli studi medici e un grande numero di pazienti che utilizzano internet per cercare informazioni sulla salute o prenotare visite mediche. L’Italia si colloca al 18° posto della classifica con un punteggio molto basso (circa il 70% in meno rispetto alla prima classificata).
Il processo di digitalizzazione della sanità italiana appare ancora indietro rispetto a buona parte dei Paesi UE, anche se nell’ultimo periodo sono stati raggiunti discreti risultati, pur permanendo delle diversità a livello regionale.
Secondo l’AgID, il Fascicolo Sanitario Elettronico è finalmente operativo in sette regioni italiane (Valle d’Aosta, Lombardia, Trentino Alto Adige, Emilia Romagna, Toscana, Sardegna e Puglia). In Campania, Calabria e Sicilia, purtroppo, ancora non è stato implementato mentre nelle restanti regioni è in corso di implementazione. Buoni risultati si hanno anche sul fronte dell’ePrescription: in tutte le Regioni italiane è stata introdotta la ricetta elettronica, portando in Italia la quota delle prescrizioni digitali all’80%.
Secondo recenti stime, il numero di app per la salute a disposizione dei consumatori supera ormai 165.000. La maggior parte delle applicazioni sono disponibili in Google Play o App Store di Apple. Ciascuno dei due principali app store offre quasi 70.000 app all’interno delle categorie Salute & Fitness e Medicina.
La domanda di app per la salute è in continuo aumento negli ultimi anni. In particolare l’anno 2015 è stato interessante: il numero totale di download di app per la salute in tutto il mondo ha raggiunto 3 miliardi da 165.000 soluzioni presenti sul mercato.