Tempo di lettura: 3 minutiL’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha da tempo sostenuto che la salute non può essere concepita come semplice assenza di malattia, con questa prospettiva, il contesto sociale è nettamente cambiato, l’attenzione è, ad oggi, sul concetto di Bisogno Educativo Speciale come concetto globale e in continuo divenire.
Cosa significa Bisogno Educativo Speciale?
Da fine 2012, nelle scuole italiane si comincia a sentir parlare di BES, cioè di quei bambini/ragazzi che hanno dei Bisogni Educativi Speciali. Grazie ad una direttiva ministeriale del 27 dicembre 2012, il MIUR ha introdotto il riconoscimento degli alunni BES: “ogni alunno, con continuità o per determinati periodi, può manifestare Bisogni Educativi Speciali: o per motivi fisici, biologici, fisiologici o anche psicologici, sociali, rispetto ai quali è necessario che le scuole offrano adeguata e personalizzata risposta.” È stato evidenziato che per alcuni studenti, anche in assenza di disabilità conclamate, il percorso di apprendimento scolastico possa essere più complesso e difficoltoso rispetto ai compagni, in questi casi emerge l’importanza del riconoscimento dei BES, in questo modo viene esteso a tutti gli studenti in difficoltà il diritto alla personalizzazione dell’apprendimento, richiamandosi espressamente ai principi della Legge 53/2003. Il MIUR ha identificato tre sotto-categorie di alunni con BES:
- alunni con disabilità, per il cui riconoscimento è necessaria la presentazione della certificazione ai sensi della legge 104/92;
- alunni con disturbi evolutivi come: DSA, Deficit del Linguaggio, Deficit delle abilità non verbali, Deficit della coordinazione motoria, ADHD;
- alunni con svantaggio sociale, culturale e linguistico.
I BES rappresentano rilevatori di dinamiche relazionali e attivatori di risposte individuali al disagio psichico, così da renderli evidenti. La famiglia con bambini BES è uno spaccato di famiglia “normale”, dove gli eventi stressanti mettono in rilievo quelle caratteristiche comuni alle difese dei sistemi umani di relazione, in maniera così evidente da non passare inosservati. Quando si parla di Bes, in un’ottica sistemica, si pone l’attenzione sullo studio della famiglia,tratteremo, seppur brevemente, una tematica molto complessa e ancora poco conosciuta, così da offrire un contributo al percorso di analisi della famiglia di fronte ai BES. La diagnosi di BES si ripercuote nella vita del soggetto stesso, nell’equilibrio della coppia e nello sviluppo dei fratelli, influenzando così l’evoluzione e l’adattamento dell’intera famiglia. Nella maggior parte delle famiglie oggi la nascita dei figli è un evento previsto e scelto; nelle famiglie con un figlio BES, specie se primogenito, le prospettive di sviluppo familiare e la progettualità generativa sono o diventano diversi. Numerosi sono i fattori che incidono sulla scelta di avere altri figli, solo per citarne alcuni ed in base a questi la coppia deciderà il futuro sviluppo di tutta la famiglia. Se invece, alla nascita del bambino BES, sono già presenti in famiglia altri figli, anche per loro, a seconda della loro età, sarà necessario ridefinire la propria posizione all’interno della famiglia. La famiglia viene considerata come un sistema in continua evoluzione che tende, tuttavia, a conservare una propria identità; le reazioni dei diversi membri di una famiglia alla nascita di un bambino portatore di handicap risultano molto differenziate. I sentimenti e gli atteggiamenti dei genitori e degli altri familiari hanno notevoli conseguenze anche sulla vita del bambino, soprattutto quando i genitori vivono il conflitto con forti sensi di colpa e vergogna, alternando in modo ambivalente accettazione e rifiuto. Spesso i più profondi valori su cui si regge la convivenza civile sono messi in crisi dalla realtà BES: la parità dei diritti dei cittadini, il loro diritto ad una qualità della vita, il diritto all’istruzione, al lavoro, all’autonomia, alla salute sono un problema; l’organizzazione sociale è fatta per i sani e perfino la comunità più desiderosa di facilitare l’integrazione fatica a conseguire i suoi scopi.
A cura di Giulia Liperini, Chiara Paoli, Alessandra Testi
Disturbi alimentari: aumentano pazienti-bambini. In Italia colpite 3 mln di persone
Alimentazione, Bambini, News Presa, Prevenzione, PsicologiaMilioni di ragazzi e ragazze oggi vedono il cibo e il corpo come nemici. L’età media dei pazienti si abbassa continuamente e si parla di una vera e propria epidemia sociale, dalle conseguenze devastanti e una sofferenza immane. Ci sono ragazzine di otto anni che si trovano già ad affrontare lo spettro dell’anoressia o della bulimia. Lo ricorda Laura Dalla Ragione, che dirige il Numero Verde SOS DCA della Presidenza del Consiglio dei Ministri, alla vigilia della giornata del Fiocchetto Lilla, di domani. Sono oltre tre milioni le persone in Italia che convivono con i disturbi del comportamento alimentare (Dca), di cui 2,3 milioni adolescenti. “I Disturbi del comportamento alimentari, specie anoressia, bulimia e disturbo da alimentazione incontrollata, sono in questo momento in Italia, come in tutto il mondo, una epidemia sociale, che riguarda fasce di popolazione sempre più estese. Negli ultimi dieci anni si è abbassata in modo vistoso l’età di insorgenza dei Disordini Alimentari – sottolinea Dalla Ragione – con esordi frequenti a 8-10 anni. La patologia non riguarda più solo gli adolescenti, ma va a colpire anche bambini in età prepubere, con conseguenze molto più gravi sul corpo e sulla mente”. Secondo le stime ufficiali, il 95,9% delle persone colpite sono donne e il 4,1% uomini, e in buona parte dei casi.
L’anoressia è il disturbo più pericoloso dal punto di vista della mortalità, intorno al 5-10%, e si stima che chi ne soffre abbia un rischio di morte dieci volte maggiore rispetto alla popolazione generale. Oltre al numero verde 800180969, le istituzioni mettono a disposizione anche un sito, www.disturbialimentarionline.it, con la mappa di strutture e e associazioni dedicate ai Dca in Italia. Sono poche però quelle in grado di accogliere i ragazzi sotto i 14 anni, sottolinea Dalla Ragione, che hanno bisogno di cure particolarmente complesse. “Il trattamento integrato è infatti costruito da un piccolo esercito di professionisti (medici, psicologi, dietisti, filosofi, infermieri) che a 360 gradi affrontano queste complesse e insidiose patologie – spiega l’esperta, che è Presidente della Società Italiana Riabilitazione Disturbi del Comportamento Alimentare e del Peso -. Cercando di aprire un varco nel muro del controllo ossessivo della patologia anoressica attraverso il lavoro sul corpo, sulla parola, sul sogno”.
In molti casi, per fortuna, la guerra ai Dca si vince, anche quando si devono affrontare ad appena 11 anni. E’ il caso di Caterina, il cui nemico si chiama Anoressia Nervosa, affrontato quando le sue coetanee giocavano ancora con le bambole. Il diario di quei giorni è diventato un libro appena uscito (“Inchiostro” di Caterina Minni, Il Pensiero Scientifico). “Dal testo si comprende come questa malattia entri e sconvolga la vita delle famiglie che si trovano a dover affrontare una imprevista, drammatica esperienza – spiega Dalla Ragione, che ne ha sctitto la prefazione -. La maggior parte dei pazienti con Disordini Alimentari non sono consapevoli di avere una patologia e interpretano le altrui preoccupazioni come indebite ingerenze, dentro una scelta di vita che viene avvertita come valida e consapevole”.
«Così ho salvato quei tre bimbi dal soffocamento»
News PresaTre bimbi salvati dalla terribile sorte di una morte per soffocamento. La storia arriva da Parma, per la precisione dall’Ospedale Maggiore e dalla struttura di Pneumologia ed Endoscopia Toracica dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria dove la dottoressa Maria Majori lavora come Pneumologo Interventista da oltre 15 anni. Lei e il suo team hanno reagito in modo straordinario ad una situazione altrettanto straordinaria.
La tempesta perfetta
«L’inalazione è un fatto raro», spiega la dottoressa, che è anche membro del Gruppo di Studio di Pneumologia Interventistica dell’Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri (AIPO). «Noi siamo un centro di riferimento per il Nord Italia ma in trent’anni abbiamo affrontato novanta casi di questo genere. Tre episodi in 24 ore sono certamente un evento eccezionale». I tre piccoli pazienti, due di due anni e uno di dieci mesi, all’arrivo in Ospedale presentavano una grave insufficienza respiratoria dovuta all’involontaria inalazione di piccoli frammenti di cibo.
L’emergenza
Il primo piccolo paziente è arrivato nel pomeriggio di martedì. Un bimbo di due anni proveniente da Salsomaggiore. Aveva inalato, circa 20 giorni prima, dei frammenti di arachidi. Poi, la mattina di mercoledì, l’emergenza scatta per una bimba di due anni che aveva ingoiato pezzi di carota cruda circa sei ore prima e aveva da subito manifestato un’importante difficoltà respiratoria. Il terzo bimbo, di soli dieci mesi, aveva inalato un seme di girasole due giorni prima. «I bambini – aggiunge Maria Majori, che ha effettuato tutti e tre gli interventi – presentavano evidenti segni di distress respiratorio con un polmone escluso dalla ventilazione e siamo pertanto dovuti intervenire tempestivamente in sala operatoria utilizzando un broncoscopio rigido con specifici strumenti vista l’età dei pazienti». I corpi estranei occludevano uno dei due bronchi che portano ai polmoni. In due casi ad essere occluso era il bronco sinistro, in un caso quello destro. L’occlusione del bronco si traduce in una mancata funzionalità del polmone e c’è il rischio che il corpo estraneo si possa spostare e andare a compromettere l’unico polmone ancora funzionante.
Segnali di pericolo
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Bisogna prestare attenzione se un bambino improvvisamente manifesta sintomi respiratori, in particolare una improvvisa difficoltà respiratoria senza che vi sia stata una sintomatologia precedente. Attenzione inoltre ai sibili, in casi del genere questo è un suono che deve far accendere un campanello d’allarme. Per tutti i genitori sarebbe sempre importante conoscere le principali manovre di disostruzione pediatrica.
In primavera bastano 10 minuti di sole per fare il pieno di vitamina D
News Presa, Prevenzione, Ricerca innovazioneÈ quasi primavera e per appropriarsi di un po’ di vitamina D in questa stagione, come in estate, basta esporsi, secondo gli esperti, dai 10 ai 20 minuti al sole. In inverno, invece, ci possono volere fino a due ore e questo non è sempre facile. Emerge da una ricerca dell’Università politecnica di Valencia, pubblicata su Science of the Total Environment.
Resta comunque il fatto che il sole va preso con prudenza (evitando ad esempio le ore centrali in estate), perché una cattiva esposizione può procurare dall’invecchiamento della pelle, fino a eritemi e tumori nei casi più gravi. Se preso con moderazione, però, il sole porta dei benefici essenziali. I ricercatori, per studiare gli effetti dell’esposizione al sole hanno stimato il tempo necessario per ottenere 1000 unità internazionali di vitamina D, la dose raccomandata, in una città come Valencia esposta tutto l’anno a una larga dose di raggi ultravioletti (Uv).
Lo studio ha analizzato l’irraggiamento solare da ultravioletti intorno a mezzogiorno (12.30-13.30) per quattro mesi (uno per stagione: inverno, primavera, estate, autunno) dal 2003 al 2010, tenendo conto del tempo necessario per sviluppare eritemi e prendendo come riferimento il tipo di pelle più comune in Spagna. Dai risultati è emerso che intorno a mezzogiorno nel mese di gennaio, con il 10% del corpo esposto al sole, sono necessari circa 130 minuti per ottenere la dose giornaliera raccomandata di vitamina D.
Al contrario, ad aprile e luglio, con il 25% del corpo esposto, circa 10 minuti sono sufficienti, mentre in ottobre ce ne vogliono 30. Gli studiosi invitano alla cautela, spiegando che il tempo necessario può variare in funzione della percentuale di corpo esposta, del vestiario, della forma del corpo e persino dell’età, ma anche dell’orario di riferimento. Lo studio indica secondo i ricercatori che anche in Paesi come la Spagna dove il sole è sufficiente può volerci molto tempo per fare il pieno di vitamina D in inverno, cosa che apre a opzioni come l’assunzione tramite la dieta (non facile)o i supplementi.
Screening, dal “selfcare” al “#selfiecare”
News Presa, PrevenzioneNel segno della prevenzione grazie all’hashtag #selfiecare. Un semplice gioco di parole che nasconde dietro di sé un complesso lavoro di screening per i tumori avviato dall’Asl Napoli 2 Nord. Un progetto di proporzioni enormi, se si considera che coinvolgerà circa 680mila pazienti in 3 anni. Obiettivo dichiarato: individuare precocemente eventuali tumori del colon retto, del seno e della cervice uterina, garantendo così maggiori possibilità di guarigione. Ovviamente, visto il numero di cittadini da raggiungere, l’Asl ha chiamato a raccolta tutte le forze del territorio, a partire da più di 800 medici di famiglia che si avvarranno di una piattaforma informatica per integrare la loro attività con quella dei medici ospedalieri e dei diversi specialisti coinvolti. Spazio anche alla promozione della prevenzione sfruttando il “passaparola” dei canali social e realizzando una serie di eventi informativi sul territorio.
«La prevenzione è un percorso culturale prima ancora che sanitario, per questo occorre trovare un dialogo con i pazienti», spiega il direttore generale dell’Asl Napoli 2 Nord Antonio d’Amore. «In questo senso da un lato abbiamo voluto valorizzare il ruolo del medico di famiglia, facendolo diventare anche in questo caso il primo riferimento informativo del cittadino e coinvolgendolo nei percorsi di screening Dall’altro stiamo chiedendo ai pazienti di diventare testimonial del proprio atto di prevenzione. Parallelamente, come Azienda, stiamo programmando una serie di appuntamenti, utili a far conoscere le opportunità di prevenzione assicurate dal programma #selfiecare».
Il ruolo dei medici di famiglia
Ogni medico di famiglia, collegandosi alla banca dati #selfiecare, potrà accedere agli elenchi dei propri pazienti che – per età e sesso – devono essere arruolati nel programma di prevenzione. In questo modo ogni medico contatterà i propri assistiti, avendo la possibilità di informarli sul programma di prevenzione e di prenotare direttamente dal proprio studio gli esami diagnostici o – nel caso del tumore del colon retto – di consegnare il kit necessario a raccogliere il campione di materiale da analizzare.
Il passaparola dei social network
La campagna è stata denominata #selfiecare, volendo sottolineare il ruolo da protagonista che ciascun cittadino deve avere nel farsi carico della propria salute e nel testimoniare – anche attraverso l’utilizzo dei social network – il valore della corretta prevenzione. I cittadini che aderiranno alle iniziative di screening troveranno presso le sedi dell’ASL delle “cornici” personalizzate col tema della campagna. Ciascun paziente potrà scattare un “selfie”con la cornice e pubblicarlo sui social network. In questo modo, i cittadini diventeranno testimonial della campagna presso i propri conoscenti.
Gli incontri nelle piazze e nei centri commerciali
Il terzo elemento della campagna sarà rappresentato dalla realizzazione di incontri informativi promossi sui 32 Comuni del territorio, durante i quali sarà diffuso materiale informativo e ci si potrà confrontare direttamente coi sanitari. Per informazioni circa i percorsi di screening è possibile rivolgersi al proprio medico di famiglia. Tutte le prestazioni previste dagli screening sono gratuite e non richiedono il pagamento del ticket.
Bisogni Educativi Speciali: un sostegno agli alunni e alle famiglie
Eventi d'interesse, News PresaL’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha da tempo sostenuto che la salute non può essere concepita come semplice assenza di malattia, con questa prospettiva, il contesto sociale è nettamente cambiato, l’attenzione è, ad oggi, sul concetto di Bisogno Educativo Speciale come concetto globale e in continuo divenire.
Cosa significa Bisogno Educativo Speciale?
Da fine 2012, nelle scuole italiane si comincia a sentir parlare di BES, cioè di quei bambini/ragazzi che hanno dei Bisogni Educativi Speciali. Grazie ad una direttiva ministeriale del 27 dicembre 2012, il MIUR ha introdotto il riconoscimento degli alunni BES: “ogni alunno, con continuità o per determinati periodi, può manifestare Bisogni Educativi Speciali: o per motivi fisici, biologici, fisiologici o anche psicologici, sociali, rispetto ai quali è necessario che le scuole offrano adeguata e personalizzata risposta.” È stato evidenziato che per alcuni studenti, anche in assenza di disabilità conclamate, il percorso di apprendimento scolastico possa essere più complesso e difficoltoso rispetto ai compagni, in questi casi emerge l’importanza del riconoscimento dei BES, in questo modo viene esteso a tutti gli studenti in difficoltà il diritto alla personalizzazione dell’apprendimento, richiamandosi espressamente ai principi della Legge 53/2003. Il MIUR ha identificato tre sotto-categorie di alunni con BES:
I BES rappresentano rilevatori di dinamiche relazionali e attivatori di risposte individuali al disagio psichico, così da renderli evidenti. La famiglia con bambini BES è uno spaccato di famiglia “normale”, dove gli eventi stressanti mettono in rilievo quelle caratteristiche comuni alle difese dei sistemi umani di relazione, in maniera così evidente da non passare inosservati. Quando si parla di Bes, in un’ottica sistemica, si pone l’attenzione sullo studio della famiglia,tratteremo, seppur brevemente, una tematica molto complessa e ancora poco conosciuta, così da offrire un contributo al percorso di analisi della famiglia di fronte ai BES. La diagnosi di BES si ripercuote nella vita del soggetto stesso, nell’equilibrio della coppia e nello sviluppo dei fratelli, influenzando così l’evoluzione e l’adattamento dell’intera famiglia. Nella maggior parte delle famiglie oggi la nascita dei figli è un evento previsto e scelto; nelle famiglie con un figlio BES, specie se primogenito, le prospettive di sviluppo familiare e la progettualità generativa sono o diventano diversi. Numerosi sono i fattori che incidono sulla scelta di avere altri figli, solo per citarne alcuni ed in base a questi la coppia deciderà il futuro sviluppo di tutta la famiglia. Se invece, alla nascita del bambino BES, sono già presenti in famiglia altri figli, anche per loro, a seconda della loro età, sarà necessario ridefinire la propria posizione all’interno della famiglia. La famiglia viene considerata come un sistema in continua evoluzione che tende, tuttavia, a conservare una propria identità; le reazioni dei diversi membri di una famiglia alla nascita di un bambino portatore di handicap risultano molto differenziate. I sentimenti e gli atteggiamenti dei genitori e degli altri familiari hanno notevoli conseguenze anche sulla vita del bambino, soprattutto quando i genitori vivono il conflitto con forti sensi di colpa e vergogna, alternando in modo ambivalente accettazione e rifiuto. Spesso i più profondi valori su cui si regge la convivenza civile sono messi in crisi dalla realtà BES: la parità dei diritti dei cittadini, il loro diritto ad una qualità della vita, il diritto all’istruzione, al lavoro, all’autonomia, alla salute sono un problema; l’organizzazione sociale è fatta per i sani e perfino la comunità più desiderosa di facilitare l’integrazione fatica a conseguire i suoi scopi.
A cura di Giulia Liperini, Chiara Paoli, Alessandra Testi
Vaccini, un piano di recupero per la campania
News PresaSui vaccini i pediatri napoletani della Fimp sono pronti a recuperare un paziente alla volta. Parte da questo presupposto il progetto voluto dal segretario provinciale Antonio D’Avino e da Roberto Sassi, referente del centro studi sindacale. L’impegno è quello di puntare sull’informazione e sul rapporto di fiducia medico-paziente. «La decisione di proporre un piano di supporto a quelli già esistenti – dice Antonio D’Avino – è legata alle valutazioni sulle coperture vaccinali in Regione Campania che, come tutti sanno, non è delle migliori. L’ultima conferma è arrivata dalla valutazione sui Livelli Essenziali di Assistenza, dalla quale è scaturita una sollecitazione alle Asl, da parte del Commissario Straordinario Joseph Polimeni, ad adoperarsi per incrementare le coperture relative ad Esavalente e trivalente MMR».
Best practice
Il piano che la Fimp Napoli vorrebbe esportare a livello regionale si basa in realtà su un’esperienza virtuosa del 2014 del Servizio Epidemiologia e Prevenzione della Asl Napoli 3 Sud. In quell’occasione era stato prodotto un progetto di recupero vaccinale che vedesse pienamente coinvolti i Pediatri di famiglia dell’Asl. «Quel progetto – aggiunge il dottor Sassi – prendeva le mosse da un dato “felicemente anomalo”, un unico Distretto Sanitario dell’Asl che riusciva a raggiungere e superare i tassi di copertura ottimali, posti al di sopra del 95%». Quel Distretto Sanitario era anche l’unico che, per motivi di carenza del personale, aveva da tempo affidato tutte le vaccinazioni ai soli Pediatri di famiglia. Tutti i Pediatri di famiglia furono coinvolti, a vario titolo. Quindi, potendo scegliere se impegnarsi in una fase di counselling, dedicato ai genitori dei bambini non ancora vaccinati, oppure inserirsi direttamente nella fase vaccinale, da operare presso il proprio ambulatorio o presso il Centro vaccinale distrettuale. Il ruolo su cui la Pediatria territoriale vuole puntare in futuro è il cosiddetto “counselling avanzato”, in cui si invitano in ambulatori dedicati ed in tempi prestabiliti i genitori dei bambini inadempienti per confrontarsi su tutti i vantaggi delle vaccinazioni ed analizzare insieme le criticità che hanno spinto il genitore a non vaccinare il proprio figlio.
Mai più ultimi
«Se l’obiettivo è quello di non essere mai più ultimi nelle coperture vaccinali – dice D’Avino – allora è il momento di mettere in campo un’azione concreta, capillare e testata con successo. Il Progetto della Asl Napoli 3 Sud è stato il primo, era limitato nel tempo, aveva lo scopo anche di definire quale potesse essere il ruolo della Pediatria di famiglia all’interno del sistema vaccinazioni. Il risultato ottenuto ha soddisfatto la dottoressa Antonietta Costantini, direttore generale aziendale, che ha voluto scommettere sulla collaborazione con la pediatria territoriale e che ha potuto anche definire una mappa delle attività vaccinali dei singoli Distretti Sanitari. Verificando con cifre concrete l’impegno dei singoli Centri Vaccinali, dei Distretti Sanitari, e con attività di verifica sulle criticità tecniche e di personale».
Così in Europa muoiono 4milioni di persone ogni anno
News Presa, PrevenzioneCon l’aumento della sedentarietà e un’alimentazione sempre più orientata al fast food l’incidenza delle malattie cardiovascolari è più che raddoppiata. In Europa sono 4milioni i decessi annui legati alle malattie del cuore, e il 55 per cento di queste morti sono al femminile. Ai costi altissimi in termini di vite si aggiungono poi quelli, non meno forti, in termini economici. Le malattie cardiovascolari costano ai contribuenti circa 210 miliardi di euro l’anno.
Il colesterolo degli italiani
Come rilevato dai dati dell’Osservatorio epidemiologico cardiovascolare (Health Examination Survey) dalla fine degli Anni 90 ad oggi il valore medio del colesterolo degli italiani è aumentato in maniera significativa sia negli uomini (dal 205 a 211 mg/dl) che nelle donne (da 207 a 217 mg/dl). Stesso trend per quel che riguarda l’ipercolesterolemia, passata dal 20,8 al 34,3 per cento negli uomini e dal 24 al 36,6 per cento nelle donne. Il dato che sorprende è che gli uomini si curano meglio delle donne: quelli che raggiungono l’obiettivo con il trattamento sono aumentati dal 13,5 al 24 per cento del totale, mentre le donne “a target” sono cresciute dal 9,6 per cento al 17,2 per cento del totale.
Quando cominciare a misurare il colesterolo
Uno dei problemi che può disorientare i pazienti è che non esistono criteri condivisi né su quando iniziare lo screening per le dislipidemie, né su ogni quanto ripetere gli esami. Né tantomeno a quale età smettere di misurare il colesterolo. Il medico dovrebbe regolarsi sulla base del profilo di rischio individuale del paziente, ma è comunque raccomandabile fare un primo screening negli uomini intorno ai 40 anni e nelle donne intorno ai 50 o in post-menopausa, come suggerito anche dalle linee guida Esc. Questa valutazione andrebbe tuttavia anticipata (intorno ai 35 anni nei maschi e a 45 anni nelle femmine) nei soggetti con familiarità per ipercolesterolemia e/o eventi cardiovascolari in età giovanile e in pazienti diabetici e con arteriopatia periferica, a prescindere dall’età. «Il forte impatto patogenetico di un livello elevato di colesterolemia totale ed il basso costo del test potrebbero suggerire comunque il dosaggio in occasione di un prelievo di routine, in un’ottica di medicina di popolazione o del territorio con ruolo opportunistico e funzione anticipatoria – sottolinea il professor Massimo Volpe, presidente eletto della Siprec – attualmente in Italia non è previsto il dosaggio gratuito dei valori di C-Ldl per diversi gruppi di pazienti affetti da dislipidemia».
Come, quando e soprattutto su chi intervenire con i farmaci?
Solo sui soggetti ad alto rischio, o anche in quelli a rischio intermedio o addirittura basso? La sensibilizzazione riguardo la correzione degli stili di vita deve essere offerta a tutti fin da giovanissimi e in questo la medicina del territorio riveste un’importanza strategica.
Su colesterolo e il rischio cardiovascolare gli esperti della Società italiana per la prevenzione Cardiovascolare (Siprec), in collaborazione con il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) e la Fondazione italiana per il cuore, hanno redatto un position, fornendo indicazioni su esami e terapie da effettuare. Il documento è stato presentato oggi a Napoli, nel corso del XV° Congresso nazionale Siprec.
La medicina di genere approda nelle Università italiane e nel Diritto
News Presa, Prevenzione, Ricerca innovazioneLa medicina di genere rappresenta un’evoluzione in campo medico e realizza terapie molto più specifiche. La ‘medicina delle donne’, per la prima volta, entra ufficialmente nelle Università italiane e nel Diritto. Un passo avanti che si realizza proprio a ridosso della Festa della donna e annunciato qualche giorno fa in occasione del convegno ‘Chi l’ha detto che donne e uomini sono uguali?’, promosso da Farmindustria.
“E’ necessario battersi per il riconoscimento del diritto alla salute delle donne. E’ infatti singolare – ha affermato il ministro della Salute Beatrice Lorenzin – pensare che nel 2017 ci sia ancora qualcuno che non riconosce la diversità uomo-donna per la medicina. Spesso viene detto che una medicina di genere ha dei costi troppo elevati, ma in realtà tutta la medicina moderna tende all’approccio della personalizzazione, e il primo passo è dunque proprio il riconoscimento delle differenze”.
Il tema della salute della donna sarà portato al prossimo G7 dei ministri della Salute in programma a Milano il prossimo novembre, ha detto Lorenzin. I nuovi livelli di assistenza oggi prevedono già qualcosa in più rispetto a prima: “dai nuovi screening gratuiti in gravidanza al riconoscimento di patologie come l’endometriosi, che solo in Italia colpisce 300 mila donne”. Il ministro ha anche sottolineato che bisogna lavorare di più sulla prevenzione. E la ‘svolta’, secondo gli esperti, potrà dunque arrivare proprio dall’affermazione della medicina di genere ed il primo passo è la sua ‘ufficializzazione’ nei corsi universitari. Da quest’anno accademico infatti, ha annunciato il presidente della Associazione Conferenza dei corsi di laurea in Medicina e chirurgia, Andrea Lenzi, “i 59 presidenti dei corsi di laurea in Medicina hanno deciso che tutti questi corsi di laurea avranno nell’ambito delle loro discipline, da endocrinologia a medicina interna, l’insegnamento della medicina di genere, che è la prima tappa per la medicina personalizzata”. Questo, ha chiarito, “non perchè la medicina per gli uomini e per le donne siano due medicine differenti, ma perchè la terapia e la diagnostica vanno declinate in funzione del sesso”.
La medicina di genere entra per la prima volta anche nel Diritto italiano, con la Legge delega sulle professioni sanitarie all’esame alla Camera, ha affermato la presidente della commissione Sanità del Senato Emilia Grazie De Biasi. Inoltre, “la mia proposta – ha affermato – è arrivare ad un protocollo d’intesa con i ministeri dell’Università e della Salute, oltre che con le Regioni, per attuare un Piano per la promozione della medicina di genere che possa essere però puntualmente monitorato”. E una iniziativa ‘rosa’ è anche quella annunciata dal presidente di Farmindustria Massimo Scaccabarozzi: corsi di formazione e informazione sui farmaci, sull’appropriatezza terapeutica e sulla prevenzione destinati in primo luogo alle donne, con l’obiettivo di partire con programmi mirati già nelle scuole.
Contro i suicidi anche l’intelligenza artificiale
News Presa, Prevenzione, PsicologiaPrevenire il suicidio, soprattutto di adolescenti, grazie a Facebook. L’iniziativa non è di oggi, ma ora sono in arrivo nuovi strumenti e nuove funzionalità . Gli strumenti per la prevenzione saranno attivi anche per i post Live in tempo reale e verrà sperimentato l’utilizzo dell’intelligenza artificiale per facilitare l’identificazione di messaggi a rischio. E bene ricordare che la partnership tra Facebook e Telefono Azzurro è nata nel 2014 per garantire e mettere a disposizione di persone a rischio suicidio un immediato servizio di assistenza, grazie all’attivazione di strumenti automatici legati alla digitazione nel motore di ricerca Facebook di parole “a rischio”.
Telefono e chat
Si tratta di un’operazione globale condotta da Facebook insieme a realtà locali dei rispettivi paesi in cui opera, associazioni che mettono a disposizione servizi e linee telefoniche per il pronto intervento e la gestione delle emergenze. In Italia, come detto, il compito è stato affidato a Telefono Azzurro attraverso il numero 19696 e con la chat dedicata. Chi viene segnalato può quindi scegliere se contattare un amico, una linea di assistenza (in questo caso la linea 114 e l’1.96.96 di Telefono Azzurro) o ricevere suggerimenti di supporto.
I dati italiani
Purtroppo il binomio “suicidi e adolescenza” è un binomio molto frequente anche nel nostro paese. Basti pensare che dal 1 gennaio 2015 e al 13 giugno 2016 il Centro Nazionale di Ascolto 1.96.96 e chat di Telefono Azzurro hanno gestito complessivamente 3.806 casi. Di questi, 282 casi (il 7,4% del totale) riguardano richieste di aiuto e intervento per tentativi di suicidio o ideazioni, e di atti auto lesivi. Il 47% delle richieste di aiuto ricevute riguarda ideazioni suicidarie o, nel 45% dei casi atti autolesivi. Gli altri casi riguardano tentativi di suicidio. Nell’85,3% dei casi segnalati la richiesta di aiuto è fatta da un bambino/adolescente e l’84,4% dei casi contatta direttamente chi sta compiendo atti autolesivi / sta pensando al suicidio. Spesso il Centro Nazionale di Ascolto viene contattato da ragazze (77,8% dei casi), a volte amiche della persona in difficoltà (29,3% dei casi). Nella maggior parte dei casi il minore coinvolto in queste richieste di aiuto è solo uno (92,6% dei casi), adolescente in più di 1 caso su 2 (59,2% dei casi; 15-18 anni); spesso femmina (78,8% dei casi).
Il caso Cantone
E’ triste ma doveroso ricordare la storia di Tiziana Cantone, giovane donna arrivata al suicidio dopo essere stata travolta da uno scandalo che la rete ha alimentato e reso virale. Anche su Facebook purtroppo furono in molti a perseguitarla con post anche molto crudeli. Forse senza rendersi conto che spesso le parole possono ferire quanto, se non più delle armi.
Siani alla Federico II, perché «Ridere fa bene alla salute»
News PresaDopo il grande successo del film Mister Felicità, Alessandro Siani incontra studenti e docenti della Federico II per affrontare un tema a lui molto caro: «Ridere fa bene alla salute». E proprio questo è il titolo dell’appuntamento che l’attore e regista ha fissato per lunedì prossimo, nell’ambito del ciclo #nonsolomedicina promosso dalla Scuola di Medicina e Chirurgia e dall’Azienda ospedaliera federiciana. Ad introdurre Siani ci saranno il presidente Luigi Califano e il direttore generale Vincenzo Viggiani. Sarà invece Ignazio Senatore, psichiatra e critico cinematografico, a intervistare l’ospite d’eccezione.
Il ruolo delle endorfine
In attesa di ascoltare quanto avrà da raccontare Alessandro Siani è Luigi Califano ha spiegare che «l’effetto benefico della risata sul nostro organismo è scientificamente riconosciuto. Una fragorosa risata non solo stimola le endorfine, sostanze chimiche prodotte dal cervello che aiutano a sentirsi bene, ma riduce gli ormoni dello stress nel corpo, aiutandolo a distendersi e a rilassarsi».
[youtube]https://www.youtube.com/watch?v=vINolcyXFO4[/youtube]
Confronto di esperienze
Il ciclo di eventi #nonsolomedicina prevede appuntamenti periodici con personaggi del mondo dell’arte, della cultura, dello sport e dello spettacolo, invitati a portare la loro esperienza nelle aule universitarie con l’obiettivo di favorire l’integrazione dei saperi. Tra gli appuntamenti già realizzati, quelli con Vincenzo Salemme, Maurizio De Giovanni, Gennaro Rispoli, Edoardo Bennato e Gino Strada. Tutti pronti insomma per lunedì 13 marzo (ore 15.00) nell’Aula Magna di Scienze Biotecnologiche in via Tommaso de Amicis, 95.