Tempo di lettura: 5 minutiTrentadue città italiane nel 2016 hanno superato la soglia di polveri sottili consentita per legge. Torino, Frosinone e Milano sono in testa alla classifica dei capoluoghi di provincia presentata da Legambiente ed elaborata su dati Arpa.
Subito dopo ci sono Venezia, Vicenza, Padova e Treviso. I dati sono stati presentati da Legambiente ed elaborati dalla Agenzia regionali per la protezione ambientale (Arpa).
Da anni, il particolato atmosferico è considerato tra gli inquinanti più dannosi per la salute umana per via delle sue caratteristiche che lo rendono facilmente inalabile dall’apparato respiratorio. Le polveri sottili possono avere vari diametri. Se quelle dal diametro di 10 micron sono inalabili e si accumulano nei polmoni, quelle da un diametro da 2,5 sono addirittura respirabili: ciò significa che possono penetrare nei polmoni, fino ad accumularsi nel sangue e raggiungere varie parti dell’organismo. I danni legati alle polveri sottili, quindi, possono interessare sia il sistema respiratorio, sia altri tessuti.
Il numero di superamenti denunciato da Legambuente si riferisce al valore registrato dalla centralina urbana peggiore. A fronte di un numero massimo di 35 giorni all’anno previsti dalla legge con concentrazioni superiori ai 50 microgrammi al metro cubo. Andando avanti con la classifica, Torino si attesta su 86 giorni, Frosinone su 85, Milano e Venezia su 73, Vicenza su 71, Padova e Treviso su 68. All’ottavo posto c’è Pavia (67 giorni), seguita da Asti(66), Mantova, Brescia e Alessandria (65), e poi Cremona (64), Monza (61), Como (60), Terni (59), Napoli (57), Bergamo (53), Lodi e Verona (51), Rimini e Vercelli (50), Benevento (45), Palermo (44), Avellino (43), Piacenza (42), Roma (41), Reggio Emilia e Rovigo (40), Modena e Novara (39) e Trieste (38). “Molte città italiane sono costantemente in allarme smog sia per le ricorrenti condizioni climatiche che favoriscono l’accumulo, giorno dopo giorno, degli inquinanti, che per la mancanza di misure adeguate a risolvere il problema” ha commentato Rossella Muroni, Presidente di Legambiente, secondo cui sono necessari “interventi strutturali, di lunga programmazione, i cui tempi di messa in opera superano quelli del mandato elettorale di un sindaco”.
Serve un piano nazionale che aiuti i primi cittadini a prendere e sostenere le decisioni giuste: misure strutturali e permanenti, anche radicali e a volte impopolari, per la cui realizzazione occorrono, per altro, investimenti largamente al di sopra della portata dei Comuni, stretti dal patto di stabilità.
Per questo Legambiente ha preparato un elenco di proposte sugli interventi necessari a migliorare davvero la qualità dell’aria. Secondo Legambiente, bisogna, da un lato, trasformare strutturalmente le città, le modalità di trasporto e di spostamento, i suoi servizi e le infrastrutture, dall’altro riqualificare il patrimonio edilizio pubblico e privato rendendolo energeticamente sostenibile.
Queste le proposte di Legambiente che ha stilato un piano in 10 mosse:
1. Ridisegnare strade, piazze e spazi pubblici delle città per favorire sicuri spostamenti a piedi e in bicicletta
Oggi l’80% dello spazio pubblico è destinato alla carreggiata e al parcheggio: ribaltare progressivamente questo rapporto favorendo lo spazio pedonale, della relazione (con panchine e tavolini), del mercato e dello scambio, in cui far convivere tram e mezzi di locomozione diversi (dalle tavolette alle bici, quadricicli leggeri e city car). Il ridisegno degli spazi urbani deve essere accompagnato dalla creazione di zone 30, in cui imporre il limite di velocità massimo di 30 km/h.
2. Una rete che attraversa la città per spingere la ciclabilità
L’esperienza delle città europee dimostra che si può arrivare ad avere numeri significativi di spostamenti ciclabili se si passa da una visione di piste ciclabili ad una di “rete” che attraversa, nelle diverse direttrici, la città. Per far questo Comuni e Regioni devono prevedere piani e programmi specifici e per le risorse economiche serve un’azione da parte del Governo che co-finanzi insieme a Comuni e Regioni gli interventi.
3. Una mobilità verso “emissioni zero”
Oggi è possibile muoversi ad emissioni (quasi) zero: non solo a piedi o in bici, ma anche con la trazione elettrica (e-bike, moto, auto, bus), almeno per il 90% degli spostamenti quotidiani degli italiani (al di sotto dei 100 Km al giorno). Per far questo lo stato deve cessare tutte le agevolazioni e gli incentivi (vedi autotrasporto) alle vecchie tecnologie “fossili” e concentrare politiche, incentivi e agevolazioni esclusivamente sulle tecnologie a zero emissioni.
4. Bus più rapidi, affidabili ed efficienti
L’aumento di velocità del trasporto pubblico si ottiene attraverso strade dedicate e corsie preferenziali. Questo intervento è a basso costo per le amministrazioni comunali e velocemente realizzabile. Per capire l’importanza della sfida vale la pena citare il dato (fonte Legambiente, Ecosistema Urbano) di Roma: oggi la città ha solo 112 km di percorsi di bus in sede dedicata/protetta su un totale di 3636 (appena il 5%).
5. 1000 treni pendolari, metropolitane, tram e 10 mila bus elettrici o a bio-metano per il trasporto pubblico nelle aree urbane
Occorre potenziare il trasporto pubblico, oggi inadeguato, e intervenire con un ricambio del parco pubblico circolante, oggi spesso troppo vecchio, per diminuire l’utilizzo dell’auto e ridurre gli impatti rispetto al parco esistente. Per far questo il governo e il parlamento devono stanziare le risorse attraverso una programmazione pluriennale per treni, metro, tram, autobus in un fondo che coinvolga le regioni e i comuni.
6. Fuori i diesel e i veicoli più inquinanti dalle città
Fissare standard ambientali sempre più alti per l’utilizzo dei veicoli privati circolanti nelle città, crescenti negli anni, con limiti nei periodi di picco in modo da avere un quadro chiaro delle prestazioni che si vogliono raggiungere nel parco circolante e stimolare l’innovazione e gli investimenti delle imprese.
7. Solo uno spostamento su tre in macchina entro 5 anni
Tutte le città con più di 50 mila abitanti e i comuni capoluogo devono promuovere gli spostamenti con mezzi pubblici, in bicicletta, bici a pedalata assistita, con personal movers elettrici leggeri, sharing mobility, car pooling e soprattutto a piedi, con l’obiettivo (crono programma ben definito) di limitare la circolazione dei mezzi privati a motore non più di un terzo dei chilometri percorsi in città.
Su questo deve intervenire il governo, con un decreto legge e linee guida rivolte ai piani comunali, prevedendo obiettivi, premiabilità e disincentivi, e imponendo alle regioni nuovi Piani risanamento dell’aria e di trasporto.
8. Road pricing e ticket pricing
Per limitare l’ingresso nei centri abitati di veicoli inquinanti e per favorire la mobilità dolce e l’uso di veicoli più efficienti e a zero emissioni, bisogna istituire zone a pedaggio urbano (sul modello dell’AreaC milanese) e implementare una differente politica tariffaria sulla sosta. I ricavi ottenuti devono essere interamente vincolati all’efficientamento del trasporto pubblico locale e di forme sostenibili di mobilità.
9. Riqualificazione degli edifici pubblici e privati, per ridurre i consumi energetici e le emissioni inquinanti
Avviare concretamente la riqualificazione del patrimonio edilizio pubblico e privato per renderlo davvero sicuro (dal rischio sismico e idrogeologico) e ad energia “quasi zero”, con l’obiettivo di riqualificare in 30 anni tutti gli edifici pubblici e privati, ovvero il 3% all’anno. Per fare questo si stimano oltre 400 mila interventi all’anno tra ristrutturazioni radicali e ricostruzioni.
10. Riscaldarsi senza inquinare
Vietando l’uso di combustibili fossili, con esclusione del metano, nel riscaldamento degli edifici e incentivare, a partire dalle aree urbane, l’utilizzo delle moderne tecnologie che migliorano l’efficienza e riducono le emissioni. Facendo rispettare l’obbligo di applicazione della contabilizzazione di calore nei condomini per ridurre i consumi da subito e attenzionare coloro i quali non l’anno fatto (compresa l’edilizia pubblica) e attuando in modo sistematico i controlli sulle caldaie (come previsto dalla legge) e sulle emissioni prevedendo un sistema sanzionatorio efficace.
Nola, pazienti curati a terra. Dal caso al caos
News PresaDa un piccolo comune quale Nola (in provincia di Napoli) sta venendo fuori uno degli scandali più clamorosi degli ultimi tempi. E’ triste a dirsi ma è solo la forza delle immagini a determinare tutto questo clamore, perché è noto a tutti che la Campania è ormai stremata da un insensato blocco del turnover che dura da anni. Il caso di Nola è la dimostrazione che i tagli lineari non servono a nulla, non ha senso curare il paziente con una medicina tanto forte da ucciderlo. Le immagini di Nola fanno vedere alcune persone stese a terra per poter essere assistite. Stese a terra perché anche le ultime barelle e le sedie erano ormai terminate. Scandalo.
Dal caso al caos
Sono arrivati i Nas e la Procura della Repubblica ha aperto un’indagine. La politica ha mostrato il pugno duro avviando le procedure di licenziamento per il direttore sanitario dell’ospedale e per il responsabile del pronto soccorso. Non più morbida la mano del direttore generale dell’Asl che ha sospeso dal servizio i vertici del presidio e il responsabile della medicina d’urgenza. La reazione è stata una levata di scudi da parte della classe medica, che si è sentita indistintamente sotto accusa. In tutto questo caos si rischia di far passare un messaggio sbagliato, si rischia che i cittadini della campani perdano fiducia in un sistema sanitario che nonostante le difficoltà resta di altissimo livello, ma soprattutto nei confronti di medici che hanno uno spiccato senso di responsabilità e certo nulla da invidiare a colleghi di regioni più “fortunate”.
Governare il problema e fare squadra
Va detto che la reazione del presidente De Luca andrebbe letta diversamente da come l’hanno interpretata i più. Ad essere sanzionata, probabilmente, non è stata la scelta di curare i pazienti a terra, bensì la gestione della crisi. Per comprendere quest’ultimo passaggio si può prendere ad esempio il Cardarelli di Napoli, un colosso dal primo gennaio ad oggi è già a più di 2.100 accessi di pronto soccorso. Una foto del Cardarelli, per intendersi, sino a qualche tempo fa la si sarebbe potuta usare nel dizionario alla voce “barelle”. Come si è data la svolta lì? Governando il problema. Non lo si subisce più, lo si gestisce. Questo è compito del manager e della sua squadra. Non si può pretendere che il problema non si verifichi, ma si deve esigere che chi ne ha la responsabilità faccia tutto il possibile per prevedere e tamponare. Questo significa governare il problema. Solo questo modo di pensare e di agire può evitare che situazioni come quelle di Nola si ripetano.
Meningite: è psicosi collettiva: il pericolo vero è il “Pneumococco”
Associazioni pazienti, Farmaceutica, News Presa, PrevenzioneMeningite: la psicosi collettiva che si sta verificando in Italia in questi giorni, con crescente preoccupazione e conseguente corsa impulsiva alle vaccinazioni, riguarda soprattutto la meningite da meningococco ma a confronto, la meningite da pneumococco colpisce un numero più elevato di persone, soprattutto nella popolazione anziana. A sottolinearlo è HappyAgeing, l’alleanza italiana per l’invecchiamento attivo che fa un appello alle regioni per la piena attuazione del Piano Vaccinale previsto nei nuovi LEA (Livelli essenziali di assistenza).
“Anche se in nessun caso parliamo di epidemia, è bene ricordare che i casi annui di meningite da meningococco, secondo gli ultimi dati dell’Istituto Superiore della Sanità, sono più o meno stabili e inferiori a quelli della meningite da pneumococco, la cui incidenza colpisce soprattutto gli over 64 e che, unitamente alle altre forme di malattia invasiva da pneumococco, sono oltre mille all’anno.” – afferma Michele Conversano, presidente HappyAgeing, che aggiunge: “La risposta c’è ed è nei nuovi Lea che prevedono la vaccinazione gratuita per gli anziani e per tutte le persone con malattie croniche. Come Alleanza, facciamo un appello alle Regioni perché attuino pienamente, con una chiamata attiva, quanto previsto nelle disposizioni ministeriali”.
Nel 2015 sono stati segnalati 1256 casi di malattia invasiva da pneumococco, il numero assoluto di casi si è quindi incrementato rispetto al 2013 (977 casi) e al 2014 (957 casi). Osservando l’incidenza per gruppo di età, questa è maggiore negli anziani dopo i 64 anni, fascia di età nella quale si verifica anche il maggior numero di casi e nei bambini nel primo anno di vita.
A livello regionale, la regione in cui si è verificato un aumento consistente dei casi è la Lombardia (da 355 casi nel 2014 a 534 casi nel 2015). Incrementi più modesti in Piemonte (166 casi nel 2014 e 201 nel 2015) e in Emilia Romagna (96 casi nel 2014 e 137 nel 2015). Anche in Toscana, Lazio, Liguria e Sardegna, si è registrato un aumento. Persiste, comunque, un numero di casi segnalati relativamente basso in alcune grandi regioni (Campania, Puglia, Sicilia, Toscana).
Ma come si sottolinea all’interno del documento dell’Istituto Superiore di Sanità, l’incremento numerico necessita una attenta lettura dei dati in attesa di poter dichiarare un aumento reale della numerosità, perché un numero di casi molto basso in alcune regioni fa ipotizzare un problema di sotto notifica (mancata trasmissione della segnalazione) o sotto diagnosi (mancata diagnosi eziologica).
La meningite pneumococcica è una malattia infettiva delle meningi, una forma di meningite potenzialmente letale, causata da Streptococcus pneumoniae. Può originare per diffusione dei batteri da focolai già presenti, quali otiti, mastoiditi e sinusiti. La trasmissione avviene solitamente per via respiratoria, esordisce in maniera improvvisa con un quadro clinico caratterizzato da febbre e letargia. Per quanto riguarda lo pneumococco, il Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale, inserito nei LEA prevede la vaccinazione (una volta nella vita) per gli ultrasessantacinquenni, oltre alle categorie a rischio come i pazienti cronici. La comunità scientifica internazionale ha infatti riconosciuto l’età come il principale fattore di rischio.
Inquinamento: strangolati dalle polveri sottili. Le città irrespirabili
Associazioni pazienti, Economia sanitaria, News Presa, Prevenzione, Ricerca innovazioneTrentadue città italiane nel 2016 hanno superato la soglia di polveri sottili consentita per legge. Torino, Frosinone e Milano sono in testa alla classifica dei capoluoghi di provincia presentata da Legambiente ed elaborata su dati Arpa.
Subito dopo ci sono Venezia, Vicenza, Padova e Treviso. I dati sono stati presentati da Legambiente ed elaborati dalla Agenzia regionali per la protezione ambientale (Arpa).
Da anni, il particolato atmosferico è considerato tra gli inquinanti più dannosi per la salute umana per via delle sue caratteristiche che lo rendono facilmente inalabile dall’apparato respiratorio. Le polveri sottili possono avere vari diametri. Se quelle dal diametro di 10 micron sono inalabili e si accumulano nei polmoni, quelle da un diametro da 2,5 sono addirittura respirabili: ciò significa che possono penetrare nei polmoni, fino ad accumularsi nel sangue e raggiungere varie parti dell’organismo. I danni legati alle polveri sottili, quindi, possono interessare sia il sistema respiratorio, sia altri tessuti.
Il numero di superamenti denunciato da Legambuente si riferisce al valore registrato dalla centralina urbana peggiore. A fronte di un numero massimo di 35 giorni all’anno previsti dalla legge con concentrazioni superiori ai 50 microgrammi al metro cubo. Andando avanti con la classifica, Torino si attesta su 86 giorni, Frosinone su 85, Milano e Venezia su 73, Vicenza su 71, Padova e Treviso su 68. All’ottavo posto c’è Pavia (67 giorni), seguita da Asti(66), Mantova, Brescia e Alessandria (65), e poi Cremona (64), Monza (61), Como (60), Terni (59), Napoli (57), Bergamo (53), Lodi e Verona (51), Rimini e Vercelli (50), Benevento (45), Palermo (44), Avellino (43), Piacenza (42), Roma (41), Reggio Emilia e Rovigo (40), Modena e Novara (39) e Trieste (38). “Molte città italiane sono costantemente in allarme smog sia per le ricorrenti condizioni climatiche che favoriscono l’accumulo, giorno dopo giorno, degli inquinanti, che per la mancanza di misure adeguate a risolvere il problema” ha commentato Rossella Muroni, Presidente di Legambiente, secondo cui sono necessari “interventi strutturali, di lunga programmazione, i cui tempi di messa in opera superano quelli del mandato elettorale di un sindaco”.
Serve un piano nazionale che aiuti i primi cittadini a prendere e sostenere le decisioni giuste: misure strutturali e permanenti, anche radicali e a volte impopolari, per la cui realizzazione occorrono, per altro, investimenti largamente al di sopra della portata dei Comuni, stretti dal patto di stabilità.
Per questo Legambiente ha preparato un elenco di proposte sugli interventi necessari a migliorare davvero la qualità dell’aria. Secondo Legambiente, bisogna, da un lato, trasformare strutturalmente le città, le modalità di trasporto e di spostamento, i suoi servizi e le infrastrutture, dall’altro riqualificare il patrimonio edilizio pubblico e privato rendendolo energeticamente sostenibile.
Queste le proposte di Legambiente che ha stilato un piano in 10 mosse:
1. Ridisegnare strade, piazze e spazi pubblici delle città per favorire sicuri spostamenti a piedi e in bicicletta
Oggi l’80% dello spazio pubblico è destinato alla carreggiata e al parcheggio: ribaltare progressivamente questo rapporto favorendo lo spazio pedonale, della relazione (con panchine e tavolini), del mercato e dello scambio, in cui far convivere tram e mezzi di locomozione diversi (dalle tavolette alle bici, quadricicli leggeri e city car). Il ridisegno degli spazi urbani deve essere accompagnato dalla creazione di zone 30, in cui imporre il limite di velocità massimo di 30 km/h.
2. Una rete che attraversa la città per spingere la ciclabilità
L’esperienza delle città europee dimostra che si può arrivare ad avere numeri significativi di spostamenti ciclabili se si passa da una visione di piste ciclabili ad una di “rete” che attraversa, nelle diverse direttrici, la città. Per far questo Comuni e Regioni devono prevedere piani e programmi specifici e per le risorse economiche serve un’azione da parte del Governo che co-finanzi insieme a Comuni e Regioni gli interventi.
3. Una mobilità verso “emissioni zero”
Oggi è possibile muoversi ad emissioni (quasi) zero: non solo a piedi o in bici, ma anche con la trazione elettrica (e-bike, moto, auto, bus), almeno per il 90% degli spostamenti quotidiani degli italiani (al di sotto dei 100 Km al giorno). Per far questo lo stato deve cessare tutte le agevolazioni e gli incentivi (vedi autotrasporto) alle vecchie tecnologie “fossili” e concentrare politiche, incentivi e agevolazioni esclusivamente sulle tecnologie a zero emissioni.
4. Bus più rapidi, affidabili ed efficienti
L’aumento di velocità del trasporto pubblico si ottiene attraverso strade dedicate e corsie preferenziali. Questo intervento è a basso costo per le amministrazioni comunali e velocemente realizzabile. Per capire l’importanza della sfida vale la pena citare il dato (fonte Legambiente, Ecosistema Urbano) di Roma: oggi la città ha solo 112 km di percorsi di bus in sede dedicata/protetta su un totale di 3636 (appena il 5%).
5. 1000 treni pendolari, metropolitane, tram e 10 mila bus elettrici o a bio-metano per il trasporto pubblico nelle aree urbane
Occorre potenziare il trasporto pubblico, oggi inadeguato, e intervenire con un ricambio del parco pubblico circolante, oggi spesso troppo vecchio, per diminuire l’utilizzo dell’auto e ridurre gli impatti rispetto al parco esistente. Per far questo il governo e il parlamento devono stanziare le risorse attraverso una programmazione pluriennale per treni, metro, tram, autobus in un fondo che coinvolga le regioni e i comuni.
6. Fuori i diesel e i veicoli più inquinanti dalle città
Fissare standard ambientali sempre più alti per l’utilizzo dei veicoli privati circolanti nelle città, crescenti negli anni, con limiti nei periodi di picco in modo da avere un quadro chiaro delle prestazioni che si vogliono raggiungere nel parco circolante e stimolare l’innovazione e gli investimenti delle imprese.
7. Solo uno spostamento su tre in macchina entro 5 anni
Tutte le città con più di 50 mila abitanti e i comuni capoluogo devono promuovere gli spostamenti con mezzi pubblici, in bicicletta, bici a pedalata assistita, con personal movers elettrici leggeri, sharing mobility, car pooling e soprattutto a piedi, con l’obiettivo (crono programma ben definito) di limitare la circolazione dei mezzi privati a motore non più di un terzo dei chilometri percorsi in città.
Su questo deve intervenire il governo, con un decreto legge e linee guida rivolte ai piani comunali, prevedendo obiettivi, premiabilità e disincentivi, e imponendo alle regioni nuovi Piani risanamento dell’aria e di trasporto.
8. Road pricing e ticket pricing
Per limitare l’ingresso nei centri abitati di veicoli inquinanti e per favorire la mobilità dolce e l’uso di veicoli più efficienti e a zero emissioni, bisogna istituire zone a pedaggio urbano (sul modello dell’AreaC milanese) e implementare una differente politica tariffaria sulla sosta. I ricavi ottenuti devono essere interamente vincolati all’efficientamento del trasporto pubblico locale e di forme sostenibili di mobilità.
9. Riqualificazione degli edifici pubblici e privati, per ridurre i consumi energetici e le emissioni inquinanti
Avviare concretamente la riqualificazione del patrimonio edilizio pubblico e privato per renderlo davvero sicuro (dal rischio sismico e idrogeologico) e ad energia “quasi zero”, con l’obiettivo di riqualificare in 30 anni tutti gli edifici pubblici e privati, ovvero il 3% all’anno. Per fare questo si stimano oltre 400 mila interventi all’anno tra ristrutturazioni radicali e ricostruzioni.
10. Riscaldarsi senza inquinare
Vietando l’uso di combustibili fossili, con esclusione del metano, nel riscaldamento degli edifici e incentivare, a partire dalle aree urbane, l’utilizzo delle moderne tecnologie che migliorano l’efficienza e riducono le emissioni. Facendo rispettare l’obbligo di applicazione della contabilizzazione di calore nei condomini per ridurre i consumi da subito e attenzionare coloro i quali non l’anno fatto (compresa l’edilizia pubblica) e attuando in modo sistematico i controlli sulle caldaie (come previsto dalla legge) e sulle emissioni prevedendo un sistema sanzionatorio efficace.
Nel corpo umano c’è un nuovo organo. La rivincita del mesentere
News PresaSi chiama mesentere ed è l’organo che non sapevamo di avere. La notizia incredibile, che sta facendo velocemente il giro del mondo, arriva dalle riviste più prestigiose al mondo e racconta di quante cose ancora ci siano da scoprire nella comprensione del nostro organismo. Ma andiamo con ordine. Che nel corpo umano esistesse una piega del peritoneo è cosa nota da tempo, così come il nome “mesentere” non arriva certo ora. Il fatto è che questa semplice ansa è sempre stata considerata solo una membrana che riveste le pareti della cavità addominale. Ora una ricerca della University Hospital Limerick dimostra che non è così. Si tratta infatti di un vero e proprio organo del corpo umano con funzioni proprie, ancora tutte da scoprire.
Nuovi studi
«Ora abbiamo determinato l’anatomia e la struttura. Il prossimo passo sarà capire esattamente la sua funzione – spiega J Calvin Coffey, tra gli autori dello studio – se capiamo la funzione possiamo identificare eventuali malattie. È una scoperta molto importante che apre le porte a una nuova scienza medica, la scienza mesenterica».
Gray’s Anatomy
Questa scoperta cambia tutto. Anche uno dei più importanti testi medici al mondo, quale l’Anatomia del Gray, testo che è già stato aggiornato per includere la nuova definizione di questo organo. Gli organi vitali del nostro corpo sono cinque: il cuore, il cervello, il fegato, i polmoni e i reni, ma in realtà gli organi sono in totale 79. Fino a poco fa 78. Ora i ricercatori possono indagare quale ruolo possa giocare il mesentere nei problemi addominali, con la speranza che si possa arrivare a nuove cure. Va detto che il primo a descrivere il mesentere è stato Leonardo Da Vinci, che lo rappresentava come una struttura continua nei pressi dell’intestino tenue e del colon.
Meningite, effetto boomerang: assalto ai pronto soccorso
News Presa, PrevenzioneL’allarme meningite, oltre ad aver acceso i riflettori su un problema molto serio, ha anche creato un effetto boomerang. Sono infatti tantissimi i genitori che ora si precipitano nei pronto soccorso ai primi sintomi di influenza. «Un errore molto grave, che rischia di mandare in tilt il sistema e di mettere a repentaglio la salute dei piccoli», spiega il responsabile del pronto soccorso dell’ospedale pediatrico di Napoli Vincenzo Tipo.
Rischio di contagio
Il dottor Tipo chiarisce che bisogna portare un bambino al pronto soccorso solo dopo aver consultato il pediatra di famiglia, o in presenza di sintomi gravi. «Se alle prime linee di febbre portiamo i nostri figli in ospedale – spiega – li esponiamo al rischio di entrare in contatto con virus che a casa non sono presenti. Per sua natura, infatti, il pronto soccorso è un luogo dove è più facile che si possa verificare un contagio influenzale o anche da meningococco».
Il vaccino
Il modo migliore per proteggere i bambini da malattie potenzialmente molto pericolose resta il vaccino. Nonostante siano moltissimi i genitori che si lasciano abbindolare da teorie sballate che riempiono le pagine dei social, la prevenzione resta sempre l’arma vincente. E’ bene ricordare quanto riportato dall’Istituto Superiore di Sanità. La vaccinazione contro il meningococco C è gratuita e «prevede una sola dose a 13 mesi. Per il resto l’offerta vaccinale varia da Regione a Regione. La vaccinazione contro il meningococco B prevede diversi dosaggi a seconda dell’età in cui si inizia a vaccinare, anche se il vaccino è indicato soprattutto al di sotto di un anno di età. Al momento, questo vaccino è gratuito solo in alcune regioni, ma presto dovrebbero esserlo a livello nazionale. Per quanto riguarda i vaccini contro gli altri agenti batterici della meningite, la vaccinazione contro Haemophilus Influenzae B (emofilo tipo B) è solitamente effettuata, gratuitamente, insieme a quella antitetanica, antidifterica, antipertosse, antipolio e anti epatite B, al terzo, quinto e undicesimo mese di vita del bambino, come da calendario vaccinale italiano. Non sono necessari ulteriori richiami. La vaccinazione contro Streptococcus pneumoniae (pneumococco) è offerta gratuitamente e va somministrata in 3 dosi, al terzo, quinto e undicesimo mese di vita del bambino.
Ansia da vacanze. Il picco del panico tra natale e capodanno
News Presa, Prevenzione, PsicologiaIl Natale porta in dono a molti anche stress e depressione. Dopo la corsa ai regali tra ressa nei negozi e la fila alle casse; il caos in strada, il traffico impazzito, gli auguri forzati e le cene con i parenti; il dilemma su come trascorrere capodanno e le abbuffate giornaliere; le vacanze natalizie, anziché essere un momento di riposo, si trasformano in una fonte di stress. A confermarlo è un sondaggio condotto da Eurodap, Associazione Europea disturbi da Attacchi di Panico, che ha intervistato 1100 persone tra 20 e 60 anni. Il quadro che emerge dalla lettura dei risultati non è confortante.
– 7 italiani su 10 non vivono le vacanze natalizie con alcun tipo di entusiasmo, e anzi l’ansia è il sentimento più diffuso
– 8 su 10 subiscono la paura del caos e del traffico dei giorni di festa
– 7 su 10 vivono la paura del terrorismo
– 1 su 2 ha addirittura dichiarato di non muoversi da casa per difficoltà economiche e paura degli attacchi terroristici
Dal questionario è emerso l’altissimo livello di stress in cui gli italiani vivono la crisi economica, tanto da avere una profonda incertezza per il futuro. A questo senso di precarietà e paura contribuisce anche la minaccia del terrorismo, che non risparmia ormai nessuna meta. Questo senso di tristezza e depressione, spiega la psicoterapeuta Paola Vinciguerra, presidente dell’Associazione europea disturbi attacchi di panico (Eurodap), “può derivare da quella sorta di obbligo al dover essere felici che si percepisce e che deriva dall’idea stereotipata del Natale veicolata ad esempio dalla pubblicità ma che, in vari casi, non ha nulla a che vedere con la realtà”.
Lo stress accumulato durante le feste natalizie è una grave minaccia per l’umore e per la salute. Paralizzarsi, restare bloccati, impauriti e minacciati è il comportamento peggiore e più autodistruttivo che si possa mettere in atto. “Dobbiamo – spiega l’esperta – assolutamente reagire e riprenderci la nostra voglia di vivere. Non parliamo di problemi ma di progetti, giochiamo ai classici giochi natalizi, ritroviamoci con le amiche per cucinare insieme e fare dolci, mentre i nostri figli respirano aria di leggerezza e affetto e non tristezza e preoccupazione. La cosa importante in questo momento è reagire, sperare, fare”.
Insomma, come se non si fosse già abbastanza stressati a causa della vita quotidiana ci si stressa anche quando invece ci si dovrebbe riposare.
La ‘depressione natalizia’ può derivare anche da una aspettativa troppo elevata rispetto alle feste ed ai rituali. Questo – spiegano gli esperti – perchè si vive in un momento di paura e destabilizzazione e dunque, per reazione, si tende a spostare l’aspettativa di gioia e serenità proprio sulle feste natalizie, viste come possibilità di ricarica e stabilizzazione. Ma ciò difficilmente si realizza e subentrano così delusione e depressione.
I messaggi di serenità e abbondanza possono diventare una esplosiva miscela per chi tutto questo sente di non poterlo realizzare, mentre si amplifica lo stato di malessere.
Il consiglio – sottolineano gli psicologi – è sforzarsi di vedere il ‘bicchiere mezzo pieno’ ed essere positivi; ricalibrare le aspettative e liberarsi dai ‘clichè delle feste’, rendendo le vacanze di Natale un’occasione di scambio di sentimenti ed interiorità.
Meningite, guida ISS per prevenire la paura del meningococco
Farmaceutica, News Presa, PrevenzioneDopo gli ultimi casi di contagio e la morte del giovane di Agerola torna l’allarme meningite. Si tratta del batterio più aggressivo tra quelli che causano la meningite: il meningococco C. Insieme a quello del gruppo B è il più frequente in Italia: entrambi sono stati la causa della maggior parte dei 200 casi registrati dall’Istituto Superiore di Sanità nel 2015. In questi giorni
Per rispondere ai principali dubbi che preoccupano i genitori italiani e quanti temono di poter contrarre la patologia l’Istituto Superiore della Sanità ha redatto una guida.
Non esistono persone più a rischio di altre, la meningite può colpire sia bambini piccoli che adolescenti, ma anche i giovani adulti. Fa eccezione il sierogruppo B i cui casi si concentrano soprattutto fra i bambini più piccoli, al di sotto dell’anno di età.
Tra gli agenti batterici che causano la meningite il più temuto è Neisseria meningitidis (meningocco), oltre a Streptococcus pneumoniae (pneumococco) e Haemophilus influenzae. Del meningococco esistono diversi sierogruppi: A, B, C, Y, W135, X.
Esistono tre tipi di vaccino anti-meningococco:
• il vaccino coniugato contro il meningococco di sierogruppo C (MenC): è il più frequentemente utilizzato, e protegge solo dal sierotipo C;
• il vaccino coniugato tetravalente, che protegge dai sierogruppi A, C, W e Y;
• il vaccino contro il meningococco di tipo B: protegge esclusivamente contro questo sierogruppo.
Alcuni vaccini sono già raccomandati ed offerti gratuitamente, altri invece lo saranno appena entrerà in vigore il nuovo Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale. La scheda vaccinale attualmente in vigore prevede la vaccinazione anti meningococco C nei bambini che abbiano compiuto un anno di età, mentre è consigliato un richiamo con vaccino tetravalente per gli adolescenti. Il vaccino tetravalente coniugato anti-meningococco A,C,Y,W, è consigliato anche per gli adolescenti che non sono stati vaccinati da piccoli, e dovrebbe comunque essere somministrato a chi si reca in Paesi dove sono presenti i sierogruppi di meningococco contenuti nel vaccino. Al di fuori di queste due fasce di età, il vaccino è fortemente raccomandato in persone a rischio o perché affetti da alcune patologie (talassemia, diabete, malattie epatiche croniche gravi, immunodeficienze congenite o acquisite etc.) o per la presenza di particolari condizioni (lattanti che frequentano gli asili nido, ragazzi che vivono in collegi, frequentano discoteche e/o dormono in dormitori, reclute militari, e, come sopra accennato, per chiunque debba recarsi in regioni del mondo dove la malattia meningococcica è comune, come ad esempio alcune zone dell’Africa). Il vaccino contro il meningococco B, attualmente offerto in alcune regioni nel primo anno di età, sarà presto raccomandato per i bambini più piccoli anche a livello nazionale.
La vaccinazione contro il meningococco C è gratuita e prevede una sola dose a 13 mesi. Per il resto l’offerta vaccinale varia da Regione a Regione. La vaccinazione contro il meningococco B prevede diversi dosaggi a seconda dell’età in cui si inizia a vaccinare, anche se il vaccino è indicato soprattutto al di sotto di un anno di età. Al momento, questo vaccino è gratuito solo in alcune Regioni, ma presto dovrebbero esserlo a livello nazionale. Per quanto riguarda i vaccini contro gli altri agenti batterici della meningite, la vaccinazione contro Haemophilus Influenzae B (emofilo tipo B) è solitamente effettuata, gratuitamente, insieme a quella antitetanica, antidifterica, antipertosse, antipolio e anti epatite B, al 3°, 5° e 11° mese di vita del bambino, come da calendario vaccinale italiano. Non sono necessari ulteriori richiami. La vaccinazione contro Streptococcus pneumoniae (pneumococco) è offerta gratuitamente e va somministrata in 3 dosi, al 3°, 5° e 11° mese di vita del bambino.
Per quanto riguarda gli adolescenti, la vaccinazione contro il meningococco C, o meglio il vaccino tetravalente, è certamente consigliabile per gli adolescenti. Per chi è stato vaccinato da bambino al momento non è previsto alcun richiamo, anche se è comunque consigliabile effettuarlo. In Regioni come la Toscana tale vaccino è attivamente offerto.
La vaccinazione negli adulti, invece, non è raccomandata a meno che non siano presenti i fattori di rischio o le condizioni sopra riportate. Chi vuole può comunque ricorrere alla vaccinazione, anche se non gratuitamente (a parte Toscana o contesti particolari), rivolgendosi alla ASL o facendosi prescrivere il vaccino dal proprio medico di base.
Chirurgia, un piccolo miracolo di Natale
News Presa, Ricerca innovazioneA volte un intervento di chirurgia può sembrare un piccolo miracolo. Così è stato per una giovane paziente arrivata al pronto soccorso del Santa Maria delle Grazie (provincia di Napoli) con una tibia disintegrata a causa di un incidente stradale. Obbligata in casi come questi la decisione di amputare l’arto, ma non questa volta. L’equipe chirurgica dell’ospedale ha infatti scelto di provare un’altra strada, un trapianto di tibia da cadavere con ricostruzione plastica dell’arto e utilizzo di cellule staminali. Questa complessa operazione è durata 13 ore. Si è svolta qualche giorno fa ma solo ora viene resa nota, alla luce del buon esito della degenza.
L’equipe
Attorno al tavolo operatorio ha lavorato un’equipe multidisciplinare guidata dal primario dell’ortopedia del Santa Maria delle Grazie Pasquale Antonio D’Amato, e composta da un chirurgo plastico, due anestesisti e tre ortopedici. Sono questi i medici che hanno salvato la gamba di Claudia (nome di fantasia) che aveva subito la frattura del femore sinistro e la quasi completa disintegrazione della tibia. Come detto, le gravi ferite alla gamba avevano orientato i medici del pronto soccorso a chiudere i vasi sanguigni aperti per evitare il dissanguamento. Questa scelta, necessaria per salvare la vita, aveva determinato la necrosi dei tessuti, tanto da rendere praticamente obbligatoria la scelta dell’amputazione dell’arto.
La procedura
«Il trapianto – spiega il dottor d’Amato – era l’unica strada per cercare di salvare la gamba, ma anche una scelta rischiosa vista la grande quantità di complicanze possibili. Nel corso dell’intervento abbiamo rimosso i tessuti morti, inserito 30 centimetri di tibia da trapiantare aumentandone la compatibilità e la capacità di attecchimento con un impianto di cellule staminali prelevate dal bacino. Abbiamo poi ricostruito i muscoli e la pelle attraverso un autotrapianto da muscoli dorsali, rivascolarizzato il tutto ricostruendo il sistema artero- venoso. Ci siamo orientati per un intervento del genere perché, nonostante le condizioni disperate della tibia, il piede era in buona condizione grazie alla miracolosa integrità delle due arterie principali della gamba. Ringrazio tutta l’equipe per il lavoro di assoluta eccellenza realizzato». A rendere ancora più complesso l’intervento vi era la necessità di agire in tempi rapidi per evitare l’aggravarsi delle condizioni di salute della paziente. L’ortopedia del Santa Maria delle Grazie ha già realizzato in emergenza interventi ad elevata complessità, qualificandosi tra le poche strutture in Campania capaci di gestire casi simili.
Sclerosi multipla, oggi la diagnosi arriva prima
Prevenzione, Ricerca innovazionePer la Sclerosi multipla, una delle grandi differenze rispetto al passato è nella diagnosi della malattia, oggi più efficace grazie alla risonanza magnetica dell’encefalo e del midollo. «Un esame fondamentale – spiega il professor Carlo Pozzilli – perché ci permette di capire se sono presenti le placche di demielinizzazione, che sono tipiche della Sclerosi multipla. Il vantaggio è poter contare ormai su apparecchiature estremamente sofisticate, risonanze da 1,5 o 3 Tesla che ci permettono di individuare lesioni anche piccolissime in aree molto complesse come il midollo spinale». Uno dei problemi maggiori è legato al fatto che i pazienti arrivano spesso in ritardo rispetto all’esordio della malattia. Se è vero che le possibilità strumentali ci sono, altrettanto vero è che non sempre la risonanza viene chiesta per tempo, anche perché i sintomi dell’esordio possono essere i più vari.
«Uno dei più comuni – spiega Pozzilli – è un disturbo della vista. In questi casi il paziente si rivolge all’oculista, che solitamente richiede una risonanza magnetica e una visita neurologica». Il professore spiega che solitamente l’esordio della malattia si ha tra i 20 e 30 anni, ma alle volte la diagnosi arriva anche con 20 anni di ritardo. Casi limite sono quelli che riguardano pazienti completamente asintomatici. «Alle volte capita chela scoperta di placche arrivi casualmente, da una risonanza richiesta per altre ragioni».
Non è detto infatti che le lesioni determinino dei sintomi, è possibile che colpiscano zone del cervello “non parlanti”. Pozzilli ricorda ad esempio il caso di un paziente di 50 anni, che aveva la Sclerosi multipla da almeno 15 anni, ma che non sapeva di essere malato. Il problema grosso è che un cervello che è stato minato dalla malattia in giovane età ha poi negli anni una plasticità minore e non riesce più a sopperire alle lesioni. Ad ogni modo Pozzilli ricorda che «non tutte le forme di Sclerosi multipla sono gravi. Possono esserci forme silenti anche per tutta la vita. La sfida è riuscire ad arrivare ad una diagnosi sempre più precoce». Iniziare quanto prima la terapia è determinante e alla lunga fa la differenza.
Entro Natale, un milione di italiani a letto con l’influenza
Associazioni pazienti, Economia sanitaria, Farmaceutica, News Presa, PrevenzioneUn milione di italiani saranno colpiti dall’influenza entro Natale. Ad oggi quelli già colpiti dal virus, da quando è iniziata la stagione, sono circa 900mila, con una vera e propria impennata negli ultimi giorni, trainata dai contagi in età pediatrica. Lo rivela InfluNet, il bollettino di sorveglianza epidemiologica delle sindromi influenzali coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità (Iss), che parla di un “brusco aumento del numero dei casi di influenza nell’ultima settimana”. Le più colpite sono le regioni del Nord e Centro Italia, ma c’è ancora tempo fino al 31 dicembre per aderire alla campagna vaccinale.
In particolare, dal 12 al 18 dicembre 2016 si sono toccati i 4,25 casi per mille assistiti, praticamente l’incidenza è raddoppiata rispetto alla settimana precedente, quando erano stati registrati 2,44 casi per mille assistiti. Gli italiani allettati solo nella passata settimana sono stati ben 258.000, per un totale di circa 886.000 casi dall’inizio della sorveglianza. Siamo in pratica, in pieno periodo ‘epidemico’, ovvero quello maggiormente a rischio contagio. “Con ogni probabilità – spiega Antonino Bella, responsabile sorveglianza Influet – entro Natale supereremo almeno quota 1,2 milioni di italiani colpiti. È possibile avere il vaccino gratis entro fine anno, se si rientra nelle categorie di popolazione ‘a rischio’, ovvero over65, operatori sanitari, donne incinta e malati cronici di qualsiasi età. La copertura dura almeno 6 mesi ma ci vogliono almeno 15 giorni affinché sia efficace, quindi farlo dopo questa data potrebbe essere troppo tardi”. Particolare attenzione viene rivolta agli anziani, di cui solo uno su due si vaccina, pur essendo maggiormente a rischio di sviluppare complicanze come polmoniti a seguito dell’influenza.
Sono Piemonte, P.A. di Trento, Emilia-Romagna, Umbria, Marche sono le Regioni maggiormente colpite. “Finora l’incidenza si conferma lievemente superiore a quello delle precedenti stagioni influenzali”, prosegue l’esperto, “e ad alimentare il picco di contagi sono soprattutto i bimbi, ‘piccoli untori’ che contraggono il virus a scuola e lo portano in famiglia”. La fascia di età maggiormente colpita è infatti quella dei bambini al di sotto dei cinque anni in cui si osserva un’incidenza pari a circa 10,41 casi per mille assistiti (con un aumento di circa 4 punti solo nell’ultima settimana). “Ricordiamo – conclude Antonino Bella – che contro i virus influenzali gli antibiotici non servono a nulla e sono anzi controproducenti perché aumentano il rischio di sviluppare resistenza qualora invece si contragga un’infezione batterica grave”.