Tempo di lettura: 2 minutiIn Italia si beve di più. Il consumo di alcol, in particolare di aperitivi, amari e superalcolici è aumentato, soprattutto lontano dai pasti (rendendolo più dannoso per la salute). I ‘grandi bevitori’, i cosiddetti ‘binge drinker’ che fuoripasto assumono grandi quantità di alcolici, toccano quota 3,7 milioni e sono soprattutto giovanissimi. Il quadro preoccupante emerge dall’ultima Relazione su alcol e problemi correlati, trasmessa dal Ministero della Salute al Parlamento.
Nel corso del 2015, il 64,5% degli italiani di 11 anni e più, ovvero 35,6 milioni di persone, ha consumato almeno una bevanda alcolica, con prevalenza maggiore tra i maschi (77,9%) rispetto alle femmine (52%). Un consumo in aumento visto che nel 2014 aveva consumato almeno una bevanda alcolica il 63% degli italiani, pari a 34,3 milioni. Il trend è però in calo se si guarda al decennio 2005-2015, in cui c’è stata una diminuzione della quota di consumatori dal 69,7% al 64,5%. Aumenta in modo preoccupante il numero di italiani che beve lontano dai pasti: nel 2013 erano il 25,8%, nel 2014 erano il 26,9%, nel 2015 risultano il 27,9%. Spesso inoltre lo fanno senza moderazione.
In particolare, è allarmante il fenomeno del binge drinking, ossia l’assunzione di molto alcol al di fuori dei pasti e in breve arco di tempo: nel 2015 è stato pari a 10,8% tra gli uomini e 3,1% tra le donne, con oltre 3.700.000 binge drinker oltre gli 11 anni. “L’alcoldipendenza – ricorda il Ministero – è un fenomeno che continua a necessitare di grande attenzione per le implicazioni sanitarie e sociali che ne derivano”.
L’aumento dei consumi risulta confermato anche dai dati forniti dal database europeo Health For All (HFA-DB), che mostra nella rilevazione dei litri di alcol puro medio pro capite consumati nella popolazione ultra quindicenne in Italia, nel corso degli ultimi quattro anni, un nuovo incremento in controtendenza rispetto agli anni precedenti.
Lo studio sui consumi alcolici nelle Regioni Italiane, invece, dimostra che il consumo di alcol nell’anno è decisamente aumentato rispetto all’anno precedente sia al Nord e sia al Centro Italia, mentre non si rilevano variazioni statisticamente significative al Sud e nelle Isole.
Se lo smartphone diventa uno strumento diagnostico
Eventi d'interesse, News Presa, Ricerca innovazioneSi chiama D-Eye ed è una cover hi-tech che applicata allo smartphone consente di valutare il fondo oculare e capire, ad esempio, se ci sono anomalie della retina. «Uno strumento come questo – spiega Giuseppe Mele, presidente Paidòss – consente un’analisi approfondita della retina, del nervo ottico e del cristallino soltanto avvicinando l’iPhone al viso del bimbo. Ci permette quindi di fare diagnosi rapidissime, più semplici e anche più precise rispetto all’oftalmoscopio classico». Lo strumento standard, infatti, deve accostato molto al viso e per questo non è gradito. Diversamente, chiedere a un piccolo di guardare la lucina di uno smartphone, peraltro di intensità attenuata e filtrata rispetto a quella del flash, non crea fastidi, anzi: i cellulari sono oggetti che affascinano tutti i bimbi.
Analisi approfondire
Grazie al D-Eye si possono osservare zone di retina più ampie rispetto all’oftalmoscopio classico ed è anche “social”, perché le immagini possono essere registrate e condivise con i colleghi per un consulto in caso di sospetto diagnostico. Tutto questo rende la cover speciale uno strumento utilissimo per ogni pediatra, perfetto per test rapidi di screening: se poi si teme che ci sia un problema, ovviamente si passa a esami più approfonditi con le macchine fotografiche che si trovano negli ospedali, più ingombranti e costose.
Tecnologia smart
La cover in alluminio (alle cui funzionalità si accede grazie a una specifica app da installare sul telefono) funziona grazie a minuscoli magneti ai quali viene fissato un piccolo dispositivo ottico che rende coassiale l’illuminazione del telefonino con la telecamera. In questo modo viene eliminato qualsiasi riflesso e il medico può vedere all’interno dell’occhio, affacciandosi a una “finestra” eccellente per individuare anomalie come la cataratta congenita o il retinoblastoma. Inoltre, la capacità di messa a fuoco dello smartphone permette di compensare l’eventuale difetto visivo del paziente. La semplicità d’uso lo rende perfetto per essere adoperato ovunque. Quindi per ora il maggior limite è la compatibilità con i soli iPhone.
Una cover sartoriale
«Il vantaggio di D-Eye è che chiunque di noi ha uno smartphone in tasca, lo svantaggio che i modelli cambiano ogni pochi mesi e ogni volta è necessario realizzare una cover “sartoriale” per ciascuna nuova tipologia di telefono», spiega Andrea Russo, che ha depositato il brevetto appena tre anni fa e poi, grazie all’incubatore di start up padovano Si14, ha iniziato a produrlo a livello industriale dopo aver ottenuto la certificazione CE e della Food and Drug Administration statunitense. «L’iPhone è lo smartphone con una geometria più stabile, per cui per il momento ci siamo concentrati su questi modelli; l’obiettivo ora è creare un D-Eye universale che possa adattarsi a qualunque modello di cellulare. Il dispositivo, oltre a essere utile per i test nei bambini, è molto valido anche in altre situazioni cliniche: è stato testato per l’analisi di adulti con retinopatia diabetica o ipertensiva, per esempio, e anche per riconoscere le alterazioni retiniche nei pazienti con glaucoma».
Nasce al Cardarelli la Robotic Academy Intuitive Naples
Ricerca innovazioneUna partnership intercontinentale per formare i chirurghi di domani. Il progetto vede protagonista l’Azienda ospedaliera Antonio Cardarelli di Napoli dove nascerà la della Robotic Academy Intuitive Naples, diretta dal dr. Guido De Sena, direttore della UOC Chirurgia 1 del Cardarelli. In pratica l’accademia dove i medici di tutta Europa (e non solo) potranno apprendere le “arti della chirurgia robotica”. Tutto nasce dalla firma, del 7 aprile scorso, di un contratto tra il Cardarelli, il colosso statunitense Intuitive Surgical (produttore del sistema robotico da Vinci) e l’AB Medica che distributrice il robot sul territorio nazionale. «Creiamo così – spiega il direttore generale Ciro Verdoliva – un’accademia di formazione unica in Europa per la formazione di una nuova generazione di chirurghi, perché capace di unire i diversi know how esperienziali del Gruppo Robotico Inter-Ospedaliero G.R.I.O. – del quale fanno parte oltre al Cardarelli anche il Monaldi il Pascale e il Policlinico federiciano. Il Gruppo si avvale inoltre della collaborazione del Centro ICAROS della Federico II».
Biotecnologie avanzate
La formazione dei chirurghi europei che afferiranno alla Robotic Academy Intuitive Naples si terrà nelle aree del Centro di Biotecnologie avanzate del Cardarelli, diretto dal dottor Santolo Cozzolino. A disposizione dei chirurghi ci sarà un robot da Vinci di ultima generazione con doppia consolle fornito a titolo gratuito dalla Intuitive Surgical così come anche tutto il materiale di consumo necessario per l’attività didattica sarà garantito – senza alcuna spesa per il Cardarelli – dalla AB Medica. La portata innovativa di questo progetto è enorme, basti pensare che l’esperienza dell’Academy permetterà al Cardarelli non solo di consolidare la propria leadership nella chirurgia robotica, ma anche di generare risorse economiche che potranno poi essere reinvestite nelle cure destinate ai pazienti. Come detto, grazie alle condizioni contrattuali pretese nei confronti di Intuitive Surgical, il Cardarelli non dovrà affrontare alcun costo. Facile comprendere quanto questo sia importante in un sistema che negli anni ha dovuto fare i conti con una drastica rimodulazione della spesa.
Eccellenza partenopea
«Riuscire a creare a Napoli un polo di formazione di livello europeo è qualcosa che ci riempie di orgoglio», aggiunge Verdoliva. «E’ un riconoscimento alla passione e alla professionalità che ogni giorno mettiamo in campo a favore dei cittadini/pazienti ed è un ulteriore passo in avanti verso il raggiungimento degli obiettivi che il presidente De Luca ha fissato per fare in modo che la sanità campana sia riconosciuta sempre più come un’eccellenza». In Europa non esiste più alcun polo di formazione di questo sistema robotico della Intuitive. Da oggi l’unico polo formativo europeo sarà a Napoli, al Cardarelli.
I vantaggi della chirurgia robotica
Il sistema da Vinci permette di intervenire in maniera non invasiva, con una precisione che riesce ad ottimizzare ogni movimento della mano del chirurgo. I chirurghi adeguatamente formati per l’utilizzo del robot possono intervenire in campo urologico, nella chirurgia generale, nella ginecologia oncologica e benigna, nella chirurgia toracica, nella cardiochirurgia, nell’urologia pediatrica, nella chirurgia dell’obesità, nell’otorinolaringoiatria e nella chirurgia dei trapianti. Un novero estremamente ampio di discipline, insomma, con enormi benefici per i pazienti. Si riduce infatti la degenza ospedaliera, il dolore post-operatorio e il rischio di infezioni. In tutta Italia i sistemi da Vinci sono 90, quattro dei quali, come detto, sono a Napoli, mentre un quinto è appena stato installato all’Ospedale del mare. Il perno attorno al quale ruota la nascita del polo robotico e ora dell’Academy è il Centro di biotecnologie del Cardarelli. A rendere unica in Europa la Robotic Academy Intuitive Naples è il contatto con la componente ospedaliera che riuscirà ad andare oltre la semplice formazione teorica e virtuale. E un ulteriore beneficio verrà anche dal confronto tra i chirurghi campani e il resto d’Italia e d’Europa, un confronto importante per migliorare sempre più.
Azienda dei Colli, la Campania mostra le sue eccellenze
News PresaL’ospedalità privata incontra l’eccellenza del pubblico. E’ successo a Napoli, quando una delegazione dell’Aiop Giovani è stata ricevuta in visita all’Azienda dei Colli. Al centro della visita la piastra operatoria dell’Area Critica, con la terapia intensiva e la rianimazione, il day-surgery, l’area «Lumaca» nella quale si effettuano le preparazioni dei chemioterapici, e il reparto di Urologia dell’ospedale Monaldi. Insomma, un vero e proprio tour delle eccellenze.
Condivisione
L’obiettivo del tour è stato quello di realizzare uno scambio esperienziale utile sia a migliorare la conoscenza dei modelli organizzativi delle strutture visitate, che l’integrazione dei rapporti tra pubblico e privato. Conoscere realtà eccezionali, insomma, per carpirne quelle che in gergo vengono definite «best practice». A girare per i reparti, circa 40 tra medici e imprenditori under 40 provenienti da tutta Italia. Giuseppe Longo, direttore generale dell’azienda ospedaliera dei Colli ha parlato di una visita che ha offerto l’opportunità di verificare e mostrare i punti di forza dell’Azienda. «La scelta dell’Aiop che, dopo 10 anni di tour in centri privati, ha chiesto di visitare una struttura sanitaria pubblica – ha aggiunto – è per noi motivo di orgoglio. In genere quando si parla di sanità campana si parla dei suoi aspetti negativi, oggi, invece, abbiamo la possibilità di evidenziare quanto di positivo c’è nelle strutture sanitarie campane. Oggi è stato possibile confrontarci con rappresentanti di altre realtà nazionali da cui possono nascere spunti per la crescita di tutto il comparto sanitario della nostra regione».
Mai rinunciare alla qualità
Per Nino Postiglione, direttore generale dell’assessorato alla Sanità della Regione Campania, la presenza della Regione è valsa a testimoniare la volontà di mostrare nuovi processi virtuosi in sanità. «Siamo da dieci anni in un piano di rientro, siamo dal 2009 in regime di commissariamento, ma siamo anche da 3 anni in avanzo di amministrazione – ha aggiunto – offrendo servizi di qualità nonostante un blocco del turn over». Fondamentale, dunque, rinnovare con forza la collaborazione tra pubblico e privato per fare sì che un rapporto di sinergia e di leale collaborazione consenta di offrire ai pazienti una risposta sanitaria sempre migliore sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo.
Tra pubblico e privato
Entusiasta anche il commento di Sergio Crispino, presidente Aiop Campania: «Oggi assistiamo ad una inversione di tendenza rispetto a quello che si sente sulla sanità pubblica. E noi di Aiop siamo costantemente impegnati nel creare una rete costante tra aziende pubbliche e private per non far mancare quel welfare che è al centro della nostra costituzione». La due giorni di lavori si inserisce in una serie di tour che ha portato i giovani dell’Aiop in tutto il mondo e, dopo un peregrinare che è durato più di un decennio, è arrivata l’esigenza di focalizzarsi nell’ambito italiano per vedere come sta cambiando la sanità.
Arrivano i vaccini nanotech per le allergie 10 volte più potenti
News Presa, PrevenzioneA breve ci sarà un potente vaccino per le allergie e si potrà dire addio alle fastidiose reazioni allergiche.
Prendono inizio, infatti, i primi test sull’uomo dei vaccini nanotech, l’avanguardia nella lotta a questi disturbi. La notizia è stata annunciata in occasione del XXX congresso nazionale della Società Italiana di Allergologia, Asma e Immunologia Clinica (SIAAIC), in corso in questi giorni a Firenze. Gli esperti sottolineano che grazie all’uso di questi prodotti innovativi la lotta alle allergie, anche le più complesse da trattare, diventerà sempre più efficace. I nano-vaccini sono infatti dieci volte più potenti di quelli standard e possono dare una risposta efficiente in metà del tempo. Ci vorranno 4-5 anni, hanno spiegato stamane gli allergologi, prima che i nuovi vaccini arrivino sul mercato.
“Per risolvere le allergie la strada è ormai tracciata e passa dai vaccini – ha spiegato il professor Enrico Maggi, presidente eletto della Società Italiana di Allergologia, Asma ed Immunologia Clinica -. L’immunoterapia con vaccini disegnati per insegnare al sistema immunitario a tollerare gli allergeni contro cui viene montata una risposta eccessiva è l’opzione migliore, quando è possibile, perché l’unica che anziché curare i sintomi risolve la patologia all’origine”. Purtroppo, aggiunge il professor Maggi, in alcuni casi non è facile sviluppare un vaccino che sia efficace e allo stesso tempo sicuro e ben tollerato. L’uso delle nanoparticelle potrebbe cambiare completamente la prospettiva. Questi minuscoli composti infatti sono costruiti dai ricercatori e disegnati in base al bersaglio che si vuole raggiungere. “Un nano-vaccino – ha sottolineato il professor Giorgio Walter Canonica, presidente SIAAIC – punta solo dove serve e questo riduce la probabilità di eventi avversi perché possiamo disegnarlo in modo che sia attivo solo su una specifica popolazione di cellule del sistema immunitario”.
Cresce l’abuso di alcol fuori pasto, in Italia 3,7milioni di ‘grandi bevitori’
Associazioni pazienti, News Presa, PrevenzioneIn Italia si beve di più. Il consumo di alcol, in particolare di aperitivi, amari e superalcolici è aumentato, soprattutto lontano dai pasti (rendendolo più dannoso per la salute). I ‘grandi bevitori’, i cosiddetti ‘binge drinker’ che fuoripasto assumono grandi quantità di alcolici, toccano quota 3,7 milioni e sono soprattutto giovanissimi. Il quadro preoccupante emerge dall’ultima Relazione su alcol e problemi correlati, trasmessa dal Ministero della Salute al Parlamento.
Nel corso del 2015, il 64,5% degli italiani di 11 anni e più, ovvero 35,6 milioni di persone, ha consumato almeno una bevanda alcolica, con prevalenza maggiore tra i maschi (77,9%) rispetto alle femmine (52%). Un consumo in aumento visto che nel 2014 aveva consumato almeno una bevanda alcolica il 63% degli italiani, pari a 34,3 milioni. Il trend è però in calo se si guarda al decennio 2005-2015, in cui c’è stata una diminuzione della quota di consumatori dal 69,7% al 64,5%. Aumenta in modo preoccupante il numero di italiani che beve lontano dai pasti: nel 2013 erano il 25,8%, nel 2014 erano il 26,9%, nel 2015 risultano il 27,9%. Spesso inoltre lo fanno senza moderazione.
In particolare, è allarmante il fenomeno del binge drinking, ossia l’assunzione di molto alcol al di fuori dei pasti e in breve arco di tempo: nel 2015 è stato pari a 10,8% tra gli uomini e 3,1% tra le donne, con oltre 3.700.000 binge drinker oltre gli 11 anni. “L’alcoldipendenza – ricorda il Ministero – è un fenomeno che continua a necessitare di grande attenzione per le implicazioni sanitarie e sociali che ne derivano”.
L’aumento dei consumi risulta confermato anche dai dati forniti dal database europeo Health For All (HFA-DB), che mostra nella rilevazione dei litri di alcol puro medio pro capite consumati nella popolazione ultra quindicenne in Italia, nel corso degli ultimi quattro anni, un nuovo incremento in controtendenza rispetto agli anni precedenti.
Lo studio sui consumi alcolici nelle Regioni Italiane, invece, dimostra che il consumo di alcol nell’anno è decisamente aumentato rispetto all’anno precedente sia al Nord e sia al Centro Italia, mentre non si rilevano variazioni statisticamente significative al Sud e nelle Isole.
Tumore della mammella, cure sempre più efficaci
News PresaComplice una crescente attenzione alla prevenzione, negli ultimi 20 anni le diagnosi precoci di tumore della mammella sono aumentate. Di per se questa è già una buona notizia, ma non basta. Perché alle donne colpire dal cancro al seno bisogna dare più di una speranza, si deve dare una cura. Ed è proprio su questo versante che nel tempo si sono avuti i migliori risultati, tanto che oggi la sopravvivenza delle donne a cui viene diagnosticata questa malattia continua ad aumentare. In Italia questo si traduce in numeri importanti. Il primo dato da valutare è quello della prevalenza. Ogni anno il tumore della mammella viene diagnosticato a circa 50mila donne. Si consideri che nel 1997 la sopravvivenza a 5 anni era del 74%, oggi si avvicina al 90% e vede l’Italia in prima linea tra i paesi Europei. Questa tendenza estremamente positiva non riguarda però le pazienti di età superiore ai 70 anni. Infatti mentre globalmente la mortalità si è ridotta dell’1.3% l’anno, questo dato nelle donne anziane si ferma allo 0.4%. Il problema è di grande rilevanza se si considera che in Italia ogni anno il tumore della mammella colpisce oltre 17mila donne di età superiore ai 70 anni e che attualmente nel nostro paese vivono più di 240 mila donne anziane alle quali è stata diagnosticata questa patologia. Va ancora peggio se si pensa alle donne che si ammalano di tumore al seno da giovani e poi hanno una recidiva in età avanzata.
Una popolazione sempre più anziana
Le cause sono diverse e vanno da un non adeguato “inquadramento” dello stato di salute della paziente a una ridotta rappresentazione della stessa negli studi clinici con conseguenti limitate evidenze nell’applicare le innovazioni terapeutiche nella pratica clinica. Temi questi che sono in discussione in questi giorni in Toscana per il «Primo incontro nazionale sul trattamento della paziente anziana affetta da carcinoma mammario», diretto dalla dottoressa Laura Biganzoli che parla di un «invecchiamento progressivo della popolazione, che porterà nel 2050 ad avere in Italia il 35,9% di ultrasessantenni». E visto che In questo contesto l’età rappresenta il principale fattore di rischio di tumore della mammella si assisterà a una crescita esponenziale del numero di donne sopra i 70 anni a cui viene diagnosticata la patologia. «Diventa quindi fondamentale – avverte al dottoressa – muoversi su più settori. Due punti fondamentali sono migliorare l’approccio alla paziente anziana e aumentare l’evidenza dei trattamenti».
Studi clinici ad hoc
Per aumentare l’evidenza dei trattamenti è fondamentale promuovere studi clinici specificatamente condotti nelle pazienti anziane e abbattere l’età come criterio di esclusione da studi clinici condotti nella popolazione generale, rendendo così possibile condurre analisi di sottogruppo nella popolazione anziana. Un altro importante strumento è quello di creare tavoli di lavoro, con esperti del settore, per condurre una analisi critica della letteratura e produrre quella che viene chiamata una expert opinion. «Questo – precisa la dr.ssa Biganzoli – abbiamo fatto in EUSOMA (European Society of Breast Cancer Specialists) in collaborazione con la SIOG (International Society of Geriatric Oncology), producendo delle ‘Raccomandazioni sul trattamento della paziente anziana affette da carcinoma della mammella’ che sono state pubblicate sulla rivista Lancet Oncology, e questo vogliamo fare anche in questi due giorni di congresso».
Tumore del polmone: risultati positivi dallo studio di fase III con alectinib
News Presa, Ricerca innovazione«Siamo lieti di annunciare che i risultati dello studio di fase III ALUR avvalorano ulteriormente l’uso di alectinib nel trattamento dei pazienti colpiti da carcinoma polmonare ALK-positivo che hanno bisogno di nuove opzioni terapeutiche dopo essere andati incontro ad una progressione con chemioterapia e crizotinib». A parlare di quella che è più di una speranza per moltissimi pazienti è Sandra Horning, MD, Chief Medical Officer e Head of Global Product Development di Roche. «I risultati di questo studio – aggiunge – saranno alla base delle discussioni che sosterremo con le autorità sanitarie mondiali, per poter rendere alectinib disponibile ai pazienti il più velocemente possibile». Dai risultati dello studio di fase III «ALUR» è emerso infatti che alectinib ha determinato un miglioramento significativo della sopravvivenza libera da progressione (PFS) nei pazienti colpiti da carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC) avanzato (metastatico) ALK-positivo, andati incontro a una progressione dopo la chemioterapia a base di platino e crizotinib, rispetto al trattamento con la sola chemioterapia.
Un nemico da sconfiggere
Non è un coso che una notizia così importante arrivi dal colosso farmaceutico svizzero, infatti il tumore del polmone è una delle principali aree di interesse e investimento per Roche, che è da sempre impegnata nello sviluppo di nuovi approcci, farmaci e test che possano essere di aiuto per chi è colpito da questa grave malattia. L’obiettivo è dunque quello di fornire un’opzione terapeutica efficace a tutti coloro che ricevano una diagnosi di tumore del polmone e ad oggi Roche dispone di quattro farmaci approvati per il trattamento di alcuni tipi di tumore del polmone, oltre ad avere in fase di sviluppo più di dieci farmaci che hanno come target le più comuni cause genetiche che scatenano le diverse forme di tumore del polmone o che potenziano il sistema immunitario per indurlo a combattere la malattia.
Alectinib
Quanto all’alectinib si tratta di un farmaco da assumere per via orale in fase di sviluppo ideato da Chugai Kamakura Research Laboratories ed è pensato per i pazienti affetti da carcinoma polmonare non microcitico (NSCLC) i cui tumori vengono definiti ALK-positivi. Il NSCLC ALK-positivo si sviluppa spesso nei pazienti più giovani che hanno un passato da fumatori leggeri o addirittura che non hanno mai fumato. Viene quasi sempre riscontrato in coloro che presentano una forma specifica di NSCLC chiamata adenocarcinoma. Alectinib è attualmente approvato negli Stati Uniti, in Kuwait, Israele, Hong Kong, Canada, Corea del Sud, Svizzera e India per il trattamento dei pazienti con NSCLC ALK-positivo avanzato (metastatico) che siano andati incontro a progressione dopo la terapia con crizotinib o intolleranti a questo farmaco, e in Giappone per i pazienti con NSCLC ALK-positivo metastatico, recidivante o non completamente asportabile mediante chirurgia (non resecabili).
Risultati importanti
In un’analisi dei dati aggregati relativi agli endpoint degli studi NP28673 e NP28761, alectinib si è dimostrato attivo nelle metastasi cerebrali, questo sta ad indicare la possibilità che il farmaco riesca a penetrare la barriera ematoencefalica. Il cervello, infatti, è protetto da una rete di cellule strettamente giunte tra loro che rivestono le pareti interne dei vasi sanguigni presenti nel cervello e nel midollo spinale. Per impedire alle molecole di agire sul cervello, la barriera ematoencefalica mette in atto una serie di espedienti, tra cui l’espulsione attiva delle stesse attraverso un processo noto come efflusso attivo. Il sistema di efflusso attivo non riconosce alectinib, il quale può quindi attraversare liberamente il tessuto cerebrale. Lo studio globale di fase III ALEX prevede l’utilizzo di un test sviluppato da Roche Diagnostics.
Arriva la tangoterapia contro l’Alzheimer. Il progetto pilota
Anziani, Associazioni pazienti, News PresaIl tango argentino è un ballo coinvolgente, in grado di stimolare corpo e mente. A Ferrara sarà lo strumento che aiuterà i malati di Alzheimer. Da giovedì 30 marzo, infatti, è partito il “Progetto pilota di Tangoterapia metodo Riabilitango”, ideato e progettato dall’Associazione Malattia Alzheimer di Ferrara (Ama Ferrara) in collaborazione con il Centro per i disordini cognitivi di Ferrara (Unità operativa di Neurologia) dell’Azienda ospedaliera di Ferrara.
Si tratta di un progetto rivolto a un gruppo selezionato di 15 pazienti, inviati da Ama, con patologie allo stadio iniziale di demenza del tipo Alzheimer, selezionati dal Centro per i disordini cognitivi dell’ospedale di Cona (Ferrara), in particolare dell’Unità operativa di Neurologia. Alla Tangoterapia parteciperanno anche i loro familiari, con l’intento di sviluppare un’integrazione maggiore della persona malata all’ambiente circostante, limitandone stigmatizzazione ed isolamento.
Ancora oggi non esiste una terapia che sia in grado di prevenire o guarire l’Alzheimer. Il Italia sono 800mila i malati, di cui 74.000 in Emilia-Romagna, e il loro numero si stima che raddoppierà entro il 2050 (dati Istat e Organizzazione Mondiale della Sanità). Sarà, quindi, la città di Ferrara la prima in Emilia-Romagna a sperimentare gli esiti della Tangoterapia su persone affette da Alzheimer.
“Il metodo, nato nel 2012 e ideato da Marilena Patuzzo (docente all’Università degli Studi di Milano), è già ampiamente utilizzato con pazienti affetti da patologie neurologiche, in particolare Parkinson, sclerosi multipla, persone colpite da ictus e con chi ha problematiche di tipo cardiovascolari e respiratorie – spiega Paola Rossi, presidente di Ama Ferrara – perché ha esiti benefici conclamati: la musica e in particolare il ballo sono infatti tra le attività fisiche e ludiche che apportano maggiore benessere sul paziente. Il tango argentino risulta dare i risultati migliori. Contribuisce a stimolare reciproca fiducia e capacità ad affidarsi agli altri, crea una maggiore consapevolezza sulla propria corporeità e sulla condivisione degli spazi. Essendo un progetto innovativo, verrà realizzata una casistica di riferimento, che potrà essere ‘esportata’ e sviluppata anche in altri territori, sia in Emilia Romagna che in altre regioni”.
Fino al primo giugno, a cadenza settimanale, gli incontri avranno luogo al centro sociale ricreativo “Il Parco” ogni settimana. I risultati verranno valutati dal Centro per i disordini cognitivi di Ferrara-Unità operativa di Neurologia e riguarderanno il tono dell’umore, la compliance terapeutica e la riduzione dei disturbi psico-comportamentali.
Arriva ANDeA: Associazione Nazionale Dermatite Atopica
Associazioni pazienti, News PresaLa sala caduti Nassirya del Senato ha tenuto a battesimo l’Associazione Nazionale Dermatite Atopica: in una parola ANDeA. Le persone colpite da Dermatite Atopica, malattia cronica sistemica della pelle, hanno finalmente un’associazione che nasce con la volontà di dare ai pazienti e alle famiglie supporto e sostegno. La Dermatite Atopica, nelle sue manifestazioni più gravi, è una patologia altamente invalidante che può condizionare significativamente la vita, le relazioni personali e sociali di chi ne soffre. “Tra gli obiettivi che hanno portato alla costituzione di ANDeA – riferisce il neo Presidente Mario Picozza – ci sono quelli di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla conoscenza di questa patologia debilitante e del suo impatto psicologico, sociale ed economico”. L’Associazione vuole rappresentare i pazienti ai tavoli istituzionali per la definizione di percorsi diagnostici, terapeutici ed assistenziali che favoriscano l’accesso alle prossime terapie innovative ed il sostegno alla ricerca. In Italia, secondo i dermatologi, l’informazione e la raccolta di dati epidemiologici sono ancora insufficienti, soprattutto nei soggetti con una forma severa o grave. ANDeA sarà affiliata a FederAsma e Allergie onlus, associazione di volontariato che riunisce le principali associazioni di pazienti che sostengono la lotta alle malattie respiratorie e alle malattie allergiche. Grazie a questa sinergia ANDeA e FederAsma contano di dar vita ad una rete associativa funzionale alla realizzazione di azioni congiunte e di progetti che verranno sviluppati in favore dei pazienti affetti da Dermatite Atopica.
Sanità, stavolta il riscatto parte da Napoli
News PresaMalasanità, liste d’attesa e un malcontento che si alimenta di anno in anno. Se è vero che essere critici aiuta a tenere sempre sotto controllo gli errori, una domanda non possiamo non porcela: ma il nostro Sistema sanitario nazionale è poi così terribile? Da Napoli, e non è un caso, parte un progetto unico e per certi versi rivoluzionario. Una sorta di alleanza tra vertici aziendali, personale medico e cittadini, la prima esperienza in Italia della Scuola di integrità messa in campo dall’Istituto per la promozione dell’etica in sanità. Due mesi di incontri formativi, verifiche tecniche e analisi condivise, assieme a 70 dipendenti dell’Azienda Napoli 3 Sud per restituire valore alle motivazioni etiche su cui si fonda il comportamento quotidiano dei singoli professionisti al fine di garantire la migliore assistenza sanitaria possibile ai cittadini e l’utilizzo più appropriato dei fondi per la sanità.
Prevenzione e controllo
Il percorso è teso a sviluppare quei processi organizzativi di prevenzione e di controllo volti ad eliminare le aree di arbitrio che sono il terreno più fertile per sprechi, inefficienze ed eventi corruttivi. Concetti, competenze e principi dell’integrità e della prevenzione di sprechi e corruzione si consolidano così nella cassetta degli attrezzi dei dipendenti dell’azienda. «Qualche settimana fa – ricorda il direttore generale Antonietta Costantini – la nostra Asl Napoli 3 Sud ha adottato il Piano Triennale Prevenzione della corruzione e della Trasparenza. Il nuovo Piano ha l’obiettivo di programmare e integrare in modo più incisivo e sinergico la materia della trasparenza e dell’anticorruzione. In questa direzione, s’inquadra il potenziamento della formazione, indirizzata a stabilire un dialogo con le risorse già esistenti ed orientarle in senso etico».
Un cambio di rotta
Non va dimenticato che tra gli aspetti più significativi e in piena coerenza con le recenti disposizioni dell’ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione), c’è la scelta aziendale di inserire gli obiettivi del piano della prevenzione della corruzione e del programma della trasparenza all’interno del piano della performance e, quindi, di conseguenza, collegarli alla valutazione del risultato. «La promozione dell’etica pubblica in Sanità è lo strumento più idoneo a promuovere un cambiamento culturale, ma deve innestarsi su comportamenti organizzativi e individuali che gli operatori del servizio pubblico riconoscano come propri – sottolinea Massimo di Rienzo, responsabile scientifico per la formazione ISPE Sanità e promotore della Scuola – Ideare e attuare programmi formativi che incoraggino la pratica dell’etica pubblica e riducano il rischio di corruzione nelle strutture che amministrano ed erogano servizi sanitari». Una scuola di etica e di morale che, si spera, farà da apripista per molte altre esperienze virtuose.