Tempo di lettura: 2 minutiUna buona bottiglia di vino per «donare con gusto». L’iniziativa è quella messa in campo dall’Associazione sclerosi laterale amiotrofica (Aisla) in occasione della giornata nazionale che ha come obiettivo sensibilizzare l’opinione pubblica su questa malattia e raccogliere fondi. L’appuntamento è per il 17 settembre, quando 300 volontari Aisla saranno in oltre 150 piazza italiane pronti a distribuire (il contributo minimo è 10 euro) deliziose bottiglie di vino Barbera d’Asti Docg. Le 12mila bottiglie disponibili sono state raccolte grazie al sostegno di Regione Piemonte, del Consorzio Barbera d’Asti e vini del Monferrato, della Fondazione Cassa di Risparmio di Asti e dell’Unione Industriale della Provincia di Asti.
Uno sforzo enorme
I fondi raccolti saranno utilizzati da Aisla, presente sul territorio italiano con 63 rappresentanze territoriali e 300 volontari in 19 regioni, per sostenere e rafforzare le attività gratuitea sostegno delle persone con Sla. Tra queste l’Operazione Sollievo, il progetto che consiste nell’aiutare le persone con Sla con consulenze psicologiche, legali e fiscali gratuite e aiuti concreti per le famiglie in difficoltà.
Fino a oggi con l’Operazione Sollievo, progetto avviato nel 2013, Aisla ha potuto aiutare più di 200 famiglie destinando oltre 400mila euro raccolti grazie alle donazioni della giornata nazionale. Uno sforzo enorme, ben rappresentato da Massimo Mauro, presidente di Aisla: «Ogni anno – dice -incontriamo e aiutiamo circa 2mila persone con Sla in tutta Italia che hanno bisogno di ascolto, assistenza e supporto. Con la giornata nazionale vogliamo portare in piazza la Sla, le storie e la forza di chi ne è colpito e dare sempre più energia e risorse alla ricerca scientifica. Vogliamo impegnarci per far arrivare ai pazienti i farmaci che già oggi possono rallentare la malattia e migliorare la qualità di vita, come il Radicut, appena approvato dall’Agenzia Italiana del Farmaco».
Il supporto della Lega Calcio
Anche la Lega ha voluto offrire il suo contributo, in occasione delle partite del l 16 e 17 settembre la Serie A porterà nei campi di calcio e negli stadi un messaggio di sensibilizzazione e un invito a donare. Dall’8 settembre al 2 ottobre sarà infatti attivo il numero 45515 con cui sarà possibile donare 2 euro con un sms oppure 2 o 5 euro da rete fissa: i fondi serviranno in particolare per sostenere il progetto di ricerca clinica «Promise», vincitore del Bando 2013 di AriSla, Fondazione italiana di ricerca sulla Sla. Lo studio di fase II ha l’obiettivo di testare l’efficacia del Guanabenz, un farmaco che agisce per contrastare l’accumulo patologico di proteine all’interno delle cellule e favorire l’eliminazione delle proteine alterate. La sperimentazione clinica, che coinvolge 24 centri clinici su tutto il territorio nazionale, è stata disegnata per valutare le potenzialità di questo farmaco nel rallentare il decorso della malattia: lo studio è già partito in 16 centri e sono già stati inclusi 75 pazienti.
Il Simposio sulla SLA
Il 29 settembre Torino ospiterà invece il secondo simposio nazionale sulla Sla, promosso da AISLA e AriSla, la Fondazione Italiana di ricerca per la sclerosi laterale amiotrofica. Il simposio è rivolto a medici, ricercatori e operatori sanitari, ma anche alla comunità dei pazienti e dei loro familiari.
Negli incontri in programma alcuni tra i massimi esperti italiani e internazionali si confronteranno sui più recenti sviluppi della ricerca scientifica sulla Sla a partire dai risultati prodotti dalla ricerca di base, fino ad arrivare a discutere degli aggiornamenti sugli ultimi approcci della ricerca clinica, nonché delle soluzioni per migliorare l’assistenza a domicilio delle persone con Sla. Il Simposio sarà tramesso in diretta streaming su www.simposiosla.it
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Fibrillazione Atriale: aumenta fino a 5 volte rischio di ictus. Le iniziative
PrevenzioneLa fibrillazione atriale è la forma più diffusa di aritmia cardiaca ed è spesso asintomatica. Questa patologia aumenta da 3 a 5 volte il rischio di essere colpiti da ictus che in presenza di questa aritmia ha il doppio delle probabilità di diventare fatale. Soltanto prevenzione e diagnosi precoce possono fare la differenza. Il 10 settembre si celebra in tutto il mondo la giornata mondiale contro la FA. In vista dell’appuntamento, Daiichi Sankyo ha lanciato la sua campagna di sensibilizzazione sui social #Facciamoci Sentire.
Un flash mob che ha coinvolto i dipendenti dell’azienda, a suon di borghi, all’interno degli uffici, durante l’orario di lavoro, ha dato il via all’iniziativa. Raggiungerà il suo culmine domani (sabato 9 settembre alle ore 17.30), quando bonghi e ballerini irromperanno ancora a Roma, in Piazza di Pietra, Piazza della Rotonda e Piazza Campo de’ Fiori, richiamando l’attenzione dei passanti sull’importanza della prevenzione e della diagnosi precoce della fibrillazione atriale.
Non tutti sanno che la più grave complicanza di questa patologia è l’ictus. Il 20 % di tutti gli ictus, infatti, è dovuto alla FA. Nei soggetti che ne soffrono, l’ictus comporta una prognosi peggiore e il doppio delle probabilità di risultare fatale. Tra i fattori di rischio che contribuiscono all’insorgenza della fibrillazione atriale vi sono ipertensione, obesità, fumo, diabete, abuso di alcol o di farmaci stimolanti e apnea notturna. Nel 10% dei casi, invece, questa aritmia insorge spontaneamente, senza alcuna causa conosciuta (fibrillazione atriale isolata). “Diventa dunque fondamentale informare e sensibilizzare gli italiani sull’importanza della prevenzione, attraverso uno stile di vita sano, e soprattutto della diagnosi precoce. La musica ha accompagnato tutte le nostre campagne, e questa volta abbiamo scelto il ritmo coinvolgente del bongo; quale miglior strumento infatti per simulare e amplificare il battito cardiaco e far arrivare il messaggio dritto al ‘cuore’. Ma i veri protagonisti di quest’anno sono i nostri dipendenti, che dopo l’iniziale sorpresa sono stati ben felici di diventare ambasciatori della lotta a questa patologia”, spiega Massimo Grandi, Presidente e Amministratore Delegato di Daiichi Sankyo Italia.
promuoviamo salute
Tumori del sangue, in Campania 4000 diagnosi l’anno
News Presa, PrevenzioneQuattromila nuove diagnosi per tumori del sangue ogni anno. E’ una realtà drammatica quella campana, dove però esistono grandi eccellenze nel campo dell’ematologia. Dei quattromila nuovi casi che ogni anni si registrano, il 50% sopravvive oltre cinque anni dalla diagnosi, e grazie alle terapie innovative che sono state rese disponibili negli ultimi anni si calcola che l’aspettativa di vita si estenderà sensibilmente nel futuro prossimo, migliorandone anche la qualità.
Corre buon sangue
Dei tumori del sangue e altre patologie ematologiche si è discusso in Consiglio regionale della Campania durante una tavola rotonda d’eccezione, dal titolo «Corre buon sangue». L’iniziativa cade nel mese internazionale dell’ematologia. Uno dei dati emersi è che in due anni e mezzo si è dimezzata la migrazione sanitaria verso il Nord. Il tutto, come detto, grazie a diagnosi precoce, terapie innovative e personalizzate, clinici e personale sanitario con alta formazione e specializzazione, studi clinici e ricerche attivate all’interno dei centri di eccellenza della regione.
Si colma il divario
«La risposta che la regione Campania è stata in grado di dare ai pazienti affetti da tumori del sangue è nettamente migliorata nel corso degli ultimi anni – dice Fabrizio Pane – presidente della società italiana di ematologia e direttore del reparto di ematologia clinica dell’Università Federico II di Napoli – tanto che dalla 2014 al 2015 il numero di pazienti oncologici in terapia fuori regione sì è piuttosto ridotto, consentendo un risparmio per il servizio sanitario regionale in termini di costi diretti e per le famiglie in termini di costi indiretti».
Fare rete
Pane ha precisato che a luglio è stata creata la prima rete regionale di laboratori per la tipizzazione genomica, che consente di realizzare raffinati testo molecolari per una diagnosi di precisione. Che poi è l’unico modo per indirizzare il paziente verso una terapia personalizzata è sempre più efficace. I cinque centri che fanno parte della rete sono: l’azienda ospedaliera universitaria Federico II, l’Istituto nazionale dei tumori fondazione Pascale, il Cardarelli, l’azienda ospedaliera Moscati di Avellino e l’azienda ospedaliera universitaria San Giovanni di Dio Ruggì d’Aragona di Salerno. Tutti gli altri centri possono rivolgersi a queste strutture di riferimento per consentire al paziente di effettuare esami più approfonditi di cito genetica e biologia molecolare, così da offrire a tutti i pazienti della Campania prestazioni omogenee di alta qualità.
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Sla, una giornata per donare con gusto
Associazioni pazientiUna buona bottiglia di vino per «donare con gusto». L’iniziativa è quella messa in campo dall’Associazione sclerosi laterale amiotrofica (Aisla) in occasione della giornata nazionale che ha come obiettivo sensibilizzare l’opinione pubblica su questa malattia e raccogliere fondi. L’appuntamento è per il 17 settembre, quando 300 volontari Aisla saranno in oltre 150 piazza italiane pronti a distribuire (il contributo minimo è 10 euro) deliziose bottiglie di vino Barbera d’Asti Docg. Le 12mila bottiglie disponibili sono state raccolte grazie al sostegno di Regione Piemonte, del Consorzio Barbera d’Asti e vini del Monferrato, della Fondazione Cassa di Risparmio di Asti e dell’Unione Industriale della Provincia di Asti.
Uno sforzo enorme
I fondi raccolti saranno utilizzati da Aisla, presente sul territorio italiano con 63 rappresentanze territoriali e 300 volontari in 19 regioni, per sostenere e rafforzare le attività gratuitea sostegno delle persone con Sla. Tra queste l’Operazione Sollievo, il progetto che consiste nell’aiutare le persone con Sla con consulenze psicologiche, legali e fiscali gratuite e aiuti concreti per le famiglie in difficoltà.
Fino a oggi con l’Operazione Sollievo, progetto avviato nel 2013, Aisla ha potuto aiutare più di 200 famiglie destinando oltre 400mila euro raccolti grazie alle donazioni della giornata nazionale. Uno sforzo enorme, ben rappresentato da Massimo Mauro, presidente di Aisla: «Ogni anno – dice -incontriamo e aiutiamo circa 2mila persone con Sla in tutta Italia che hanno bisogno di ascolto, assistenza e supporto. Con la giornata nazionale vogliamo portare in piazza la Sla, le storie e la forza di chi ne è colpito e dare sempre più energia e risorse alla ricerca scientifica. Vogliamo impegnarci per far arrivare ai pazienti i farmaci che già oggi possono rallentare la malattia e migliorare la qualità di vita, come il Radicut, appena approvato dall’Agenzia Italiana del Farmaco».
Il supporto della Lega Calcio
Anche la Lega ha voluto offrire il suo contributo, in occasione delle partite del l 16 e 17 settembre la Serie A porterà nei campi di calcio e negli stadi un messaggio di sensibilizzazione e un invito a donare. Dall’8 settembre al 2 ottobre sarà infatti attivo il numero 45515 con cui sarà possibile donare 2 euro con un sms oppure 2 o 5 euro da rete fissa: i fondi serviranno in particolare per sostenere il progetto di ricerca clinica «Promise», vincitore del Bando 2013 di AriSla, Fondazione italiana di ricerca sulla Sla. Lo studio di fase II ha l’obiettivo di testare l’efficacia del Guanabenz, un farmaco che agisce per contrastare l’accumulo patologico di proteine all’interno delle cellule e favorire l’eliminazione delle proteine alterate. La sperimentazione clinica, che coinvolge 24 centri clinici su tutto il territorio nazionale, è stata disegnata per valutare le potenzialità di questo farmaco nel rallentare il decorso della malattia: lo studio è già partito in 16 centri e sono già stati inclusi 75 pazienti.
Il Simposio sulla SLA
Il 29 settembre Torino ospiterà invece il secondo simposio nazionale sulla Sla, promosso da AISLA e AriSla, la Fondazione Italiana di ricerca per la sclerosi laterale amiotrofica. Il simposio è rivolto a medici, ricercatori e operatori sanitari, ma anche alla comunità dei pazienti e dei loro familiari.
Negli incontri in programma alcuni tra i massimi esperti italiani e internazionali si confronteranno sui più recenti sviluppi della ricerca scientifica sulla Sla a partire dai risultati prodotti dalla ricerca di base, fino ad arrivare a discutere degli aggiornamenti sugli ultimi approcci della ricerca clinica, nonché delle soluzioni per migliorare l’assistenza a domicilio delle persone con Sla. Il Simposio sarà tramesso in diretta streaming su www.simposiosla.it
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Entro 5 anni una pillola darà l’effetto di un allenamento in palestra
Ricerca innovazione, SportNon è fantascienza. L’Università di Leeds (Uk) sta lavorando ad una pillola che sostituirà una sessione di allenamento. Anche se lo scopo originario è molto più nobile, si tratta di una pillola che apporterebbe al corpo umano gli stessi benefici di una seduta in palestra. Lo riporta l’agenzia russa Rt.com descrivendo gli esperimenti che in questi mesi si starebbero conducendo nell’Università di Leeds, nel Regno Unito. Pare che gli scienziati siano molto vicini al raggiungimento dell’obiettivo: “Quello che possiamo dire è che presto sarà possibile avere una pillola che abbia gli effetti del fitness sul corpo” ha detto il professor David Beach, in un’intervista all’agenzia russa. “Se tutto va bene riusciremo ad arrivarci in 5 anni, ma crediamo possa succedere anche prima”.
In uno studio pubblicato giovedì scorso nel Nature Communications, magazine di pubblicazioni scientifiche, il team ha raccontato di aver esaminato gli effetti dell’attività fisica sulla circolazione sanguigna, scoprendo che quando il battito cardiaco si alza, il flusso sanguigno nel corpo si muove verso i muscoli scheletrici e il cervello, ignorando gli organi interni come l’intestino. Le arterie si stringono durante l’esercizio, causando uno ‘stress’ alle arterie. Il team ha quindi identificato una proteina (Piezo1) che credono governi le reazioni del corpo agli esercizi e potrebbe essere la chiave per sconfiggere alcune malattie.
Si tratta infatti di attività che aiutano a prevenire problemi al cuore.
“Se possiamo comprendere come questo sistema lavora, allora possiamo essere in grado di sviluppare tecniche che possono aiutare a battere alcune delle malattie che più affliggono i pazienti e le società moderne”, ha detto Beach. “Sappiamo che gli esercizi possono aiutare a proteggere alcuni danni al cuore, gli infarti per esempio. Questo studio ha identificato un sistema fisiologico che ‘percepisce’ quando il corpo fa esercizi”.
Promuoviamo salute
Il rumore delle città rende sterili. Lo dice la ricerca
PrevenzioneGli effetti negativi dei danni provocati dall’inquinamento acustico sono confermati dalla ricerca. Uno studio condotto dall’università nazionale di Seul spiega come le strade urbane, trafficate e chiassose, possono causare un calo della fertilità maschile dovuto principalmente ai disturbi del sonno. I problemi riguardano soprattutto gli uomini. Meno si dorme, insomma, meno si procrea e oggi una coppia su 6 nel mondo ha problemi di infertilità (almeno una volta nella loro vita, a volte temporaneamente, a volte in modo definitivo). La ricerca è stata pubblicata sul Journal of Environmental Pollution e dà conferma a un altro studio dell’università di Boston pubblicato lo scorso ottobre. Lo studio precedente aveva dimostrato come un uomo che dorme meno di sei ore a notte abbia il 43% in meno delle probabilità di concepire un figlio (il riposo insufficiente si associa a un’alterata forma degli spermatozoi e a una riduzione dei livelli di testosterone). “L’infertilità è diventata un serio problema che riduce la qualità della vita delle persone, la loro salute e ha degli importanti costi per la sanità”, ha spiegato Jin-Young Min, co-autore dello studio. “Sapevamo già che l’esposizione ai rumori riduce la capacità di riprodursi degli animali, ma il nostro studio conferma che ciò avviene anche negli umani”, ha precisato. La ricerca dell’università di Seul ha analizzato 206mila uomini tra i 20 e i 59 anni dal 2006 al 2013. Gli scienziati hanno, poi, incrociato i dati del Sistema d’informazione nazionale sui rumori, con quelli dei codici di avviamento postale dei partecipanti. Ne è emerso che l’esposizione notturna a livelli di rumore superiori ai 55 dB – tetto massimo fissato dall’Oms ed equivalente a una strada della periferia della città – disturba il sonno e provoca un aumento del rischio di una diagnosi di infertilità.
Non solo gli uomini, ma anche le donne possono risentire dei rumori della città. Secondo un’altra ricerca, questa volta danese, durata sei anni, le donne che vivono su una strada trafficata impiegano dai 6 ai 12 mesi in più per concepire rispetto alla media a causa di uno squilibrio del ciclo ovulatorio. Ogni dieci decibel di rumore superati, le chance di impiegare oltre sei mesi salgono dal 5 all’8%. Per difendersi dai rumori eccessivi non serve cambiare per forza casa o città. Esistono rivestimenti per le pareti con materiale isolante, cuffie antirumore e vetri che aiutano a tenere fuori i rumori della strada.
promuoviamo salute
Malaria, due nuovi casi alla Federico II di Napoli
News PresaDue nuovi casi di malaria, stavolta a Napoli. Dopo la tragica fine della bimba di Trento, due fratellini sono stati ricoverati nei giorni scorsi nel reparto di malattie infettive pediatriche della Federico II di Napoli, diretto dal professor Alfredo Guarino. I fratellini, diversamente da quanto avvenuto nel caso della bimba di Trento, avrebbero contratto la malattia fuori dal Paese. Conforta sapere che entrambi stanno «ragionevolmente bene» e che le oro condizioni sembrano migliorare. Ricoverata al Cotugno, ospedale per le malattie infettive, anche la madre dei due bimbi. La donna non sarebbe in pericolo di vita, anzi (secondo fonti ufficiose) si sarebbe quasi del tutto rimessa.
Il caso di Trento
Intanto, in merito alla morte della piccola paziente di Trento, si è appreso che il parassita che l’ha attaccata è lo stesso che aveva fatto ammalare i due bambini di ritorno dal Burkina Faso, che erano ricoverati nel reparto di pediatria a Trento negli stessi giorni della piccola. Lo ha confermato Nunzia Di Palma, direttrice dell’unità operativa di pediatria dell’ospedale di Trento. Legata a questo caso è una valigia delle dimensioni di un bagaglio a mano, che può stare nella cabina di un aereo. Una valigia della quale si ricorda il dottor Claudio Paternoster, primario del reparto di malattie infettive dell’Ospedale Santa Chiara di Trento. «Era una Era piena di vestiti. Ed era accanto al letto di una paziente tornata, proprio il giorno prima, da un viaggio in Burkina Faso, dove era stata con la famiglia a trovare dei parenti. La signora e tre figli, di cui due minorenni, erano ricoverati qui. Perché tutti avevano contratto la malaria».
Il ritorno di malattie dimenticate
Secondo molti specialisti in Italia si assiste ormai da tempo al ritorno di malattie che si credevano debellate, non solo la malaria (fortunatamente solo per importazione) ma anche la tubercolosi. E’ lo scotto da pagare per una globalizzazione sempre più spinta e per i continui sbarchi di migranti che arrivano sulle nostre coste. Per questo, dicono gli addetti ai lavori, sarebbe opportuno che la politica aprisse gli occhi e che si iniziasse a fare i conti con questo problema.
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Furbetti del cartellino, tutti rinviati a giudizio
News PresaLa notizia è esplosa come una bomba su di un Loreto Mare che ormai sembra non possa più avere pace. «Ottantasette imputati – soprattutto infermieri e impiegati, più alcuni medici – sono stati rinviati a giudizio. Sono tutti accusati dei reati di assenteismo nell’ospedale divenuto tristemente noto per i “furbetti del cartellino”. La decisione di procedere e di dare avvio al giudizio è arrivata dal gip Roberta Zinno, che ha accolto le richieste del pubblico ministero Ida Frongillo. Si andrà in aula il prossimo 10 novembre, davanti al giudice monocratico della prima sezione del Tribunale di Napoli.
La vicenda
Il fatto risale al mese di febbraio, quando 55 persone vennero messe agli arresti domiciliari (altre furono indagate a piede libero). Intercettazioni, pedinamenti e riprese di telecamere svelavano un quadro sconsolante, con strisciate clandestine abituali. Tanti i dipendenti coinvolti che il gip Pietro Carola decise di autorizzare i più ad andare comunque al lavoro, per evitare che l’attività del Loreto Mare si bloccasse. E del resto, per un presunto assenteista, quale pena peggiore? Alla fine a processo ci sono andate quasi 90 persone. Il meccanismo era talmente diffuso da rendere anche possibile qualche errore grossolano, facendo risultare in servizio colleghi in ferie. Il costo della “cricca dei furbetti”, secondo i calcoli degli investigatori, circa 800.000 euro. Gli accertamenti e le successive indagini portarono poi a scoprire anche altre irregolarità, tra queste la costruzione a tavolino di falsi referti medici per truffare le assicurazioni con falsi incidenti stradali e falsi infortuni sul lavoro.
L’Ordine dei Medici
Da subito una delle reazioni più dure è arrivata dai Medici napoletani. Il presidente Silvestro Scotti, che già a febbraio chiese pene esemplari, ora rinnova la fiducia nella magistratura. «Siamo pronti – si legge in una nota – a completare il procedimento disciplinare già in corso con le sanzioni più severe». Questo il commento di Silvestro Scotti rispetto alle decisioni assunte dal gip Roberta Zinno. «Siamo consapevoli – conclude Scotti – della risonanza mediatica che il processo potrà avere, la speranza è che questa vicenda possa arrivare ad una rapida conclusione, isolando eventuali mele marce dalla stragrande maggioranza dei medici che invece onora ogni giorno la professione».
Solitudine dilagante: fa più morti dell’obesità e aumenta rischio Alzheimer
PrevenzioneSentirsi soli può uccidere più dell’essere obesi. Lo rileva una maxi ricerca che ha dimostrato come l’isolamento sociale e la solitudine facciano male alla salute e siano killer maggiori dell’obesità. Lo studio è stato portato avanti dagli esperti della Brigham Young University (BYU) in Provo.
I dati sono stati presentati da Julianne Holt-Lunstad alla 125ª convention annuale della American Psychological Society tenutasi a Washington.
Le percentuali sono chiare: il rischio di morte prematura aumenta del 50% in condizioni di solitudine e isolamento sociale. Secondo Holt-Lunstad si tratta di risultati importanti, perché nel mondo occidentale vi è una vera e propria ‘epidemia di solitudine’ che necessita di essere gestita con misure da intraprendere a partire dall’infanzia. L’attenzione va centrata soprattutto sugli anziani che sono la fascia di popolazione più a rischio, come sottolinea la ricercatrice. Se la solitudine rappresenta quella sensazione soggettiva di essere disconnessi dalla società, cioè di non avere affetti vicini, l’isolamento sociale è, invece, una condizione oggettiva di essere socialmente isolati.
Già in passato altri studi avevano mostrato una connessione tra questi due fattori e una cattiva salute, in particolare con un maggior rischio di Alzheimer e una minore sopravvivenza in caso di tumore al seno. Nell’ultimo studio, in particolare, è stato fatto un focus per cercare un nesso tra solitudine, isolamento e rischio di morte. La prima fase ha coinvolto oltre 300.000 adulti che avevano precedentemente partecipato a un totale di 148 studi, mentre la seconda meta-analisi ha compreso 70 studi per un totale di oltre 3,4 milioni di adulti.
Riassumendo, ne è emerso che l’isolamento sociale è associato a un rischio di morte prematura del 50% maggiore rispetto a chi è socialmente connesso. Non solo: il rischio di morte prematura associato a isolamento e solitudine è uguale se non maggiore al rischio associato a gravi problemi di salute come l’obesità.
Promuoviamo salute
Meditazione e autoipnosi riducono il dolore del 25%. Lo studio
Ricerca innovazioneBasta una sola pratica di 15 minuti per avere effetti simili a oppiodi. Si tratta di una nuova possibilità di riuscire a curare il dolore anche senza farmaci: una singola sessione di autoipnosi o di meditazione può ridurlo del 25%. A dirlo è una ricerca pubblicata sul Journal of General Internal Medicine e condotta da Eric Garland dell’ospedale di Utah.
Lo stesso autore aveva già dimostrato in passato come interventi a lungo termine di meditazione e tecniche di autoipnosi fossero efficaci contro il dolore. In quest’ultimo studio, Garland ha voluto vedere se una singola sessione di soli 15 minuti di questo tipo di pratiche potesse avere un effetto analgesico e di quale entità.
Per provarlo, il ricercatore ha coinvolto 250 pazienti che soffrivano di forte dolore mal controllato con i farmaci e li ha divisi in tre gruppi. Il primo doveva svolgere 15 minuti di meditazione di tipo “mindfullness”, il secondo gruppo doveva praticare alcune semplici tecniche di autoipnosi e il terzo nessuno dei due interventi (gruppo di controllo).
Le sessioni singole di meditazione e di ipnosi sono state sufficienti a ridurre il livello del dolore rispettivamente del 25% e del 29%, una riduzione comparabile a quella che si ottiene con una dose di 5 milligrammi di ossicodone, un oppioide.
Insomma, si tratta di riduzioni importanti e gli stessi pazienti hanno avuto meno bisogno di ricorrere a farmaci contro il dolore, spiega Garland che ha intenzione di ripetere lo studio su migliaia di individui in ospedali di tutto il paese.
Promuoviamo salute
Un algoritmo e una App misureranno il dolore
Ricerca innovazioneAd alcuni medici basta un colpo d’occhio per capire se qualcosa non va. Ora, grazie ad un gruppo di ricercatori del Dianbo Liu del Massachusetts Institute of Technology di Boston, anche i computers potranno leggere sul viso dei pazienti segnali di sofferenza. Anzi, il software messo a punto promette di arrivare dove anche i medici più esperti non riescono. In sostanza, grazie ad una serie di algoritmi molto sofisticati e di sensori ottici, la macchina può analizzare il grado di sofferenza in modo obiettivo. Occhi, si fa per dire, puntati su espressioni facciali del paziente, in particolare micromovimenti di naso, bocca e altre parti del viso che un osservatore umano, anche un medico di lungo corso, non riuscirebbe a vedere.
Imparare dalla sofferenza
Il «dolorimetro», volendo dare un nome a questo strumento, funziona grazie alla capacità del software di apprendere, di imparare a misurare il dolore. L’algoritmo creato permette infatti di incamerare espressioni di dolere dall’osservazione di centinaia di migliaia di video di persone che stavano, appunto, provando diversi livelli di sofferenza. La notizia è stata pubblicata dall magazine britannico New Scientist. Ma, a cosa può servire un «dolorimetro»? La misura del dolore è essenziale per capire che tipo di terapia analgesica deve essere prescritta a ciascun paziente, ad esempio dopo un intervento. Attualmente questo tipo di decisioni non può essere preso su base oggettiva, ma per lo più si fa riferimento a quanto riferisce il paziente stesso. Così si rischia di dare antidolorifici inutili e potenzialmente a rischio di ingenerare pericolose dipendenze farmacologiche.
Il dolore in un App
Proprio per riuscire a misurare in maniera empirica il dolore, è nata l’idea di mettere a punto un software ad hoc, basandosi sulle espressioni facciali del singolo paziente. L’algoritmo, come detto, è stato costruito usando una serie di video di persone con dolore alla spalla cui veniva chiesto di fare certi movimenti con braccio e spalla. In questo modo l’algoritmo ha incamerato informazioni sulla mimica del volto del singolo paziente, che poi sono state relazionate alla sua percezione del dolore. Così si è giunti al dolorimetro che raggiunge livelli di accuratezza dell’85% e che potrebbe divenire una App per lo smartphone dei medici dopo che i suoi sviluppatori lo renderanno ancora più sensibile e personalizzato, includendo altre informazioni dei pazienti come sesso ed età.