Tempo di lettura: 2 minutiUna settimana di iniziative per raccontare a tutti come le biotecnologie possono – e potranno sempre più – migliorare la qualità della vita.La SETTIMANA EUROPEA DEL BIOTECH (EBW) 2017 chiama a raccolta in tutta Italia studenti, ricercatori, istituzioni, addetti ai lavori, famiglie, giornalisti e chiunque voglia sapere qualcosa in più sul tema. Le iniziative, sparse per tutto il Paese, inizieranno 25 settembre e andranno avanti fino al 1° ottobre.
Gli eventi
Anche quest’anno UNIAMO FIMR onlus è partner della European Biotech Week – grazie alla collaborazione con Assobiotech fin dalla prima edizione – e sarà presente in 3 città: Genova, Venezia Mestre e Modena.
A Genova e a Modena ci saranno i dibattiti- evento PLAY DECIDE in cui si affronteranno temi caldi come la diagnosi precoce (screening neonatale) e il ruolo dei farmaci innovativi (farmaci orfani) in termini di salute e qualità della vita – a Genova con la collaborazione di A.Li.Sa. (Azienda Ligure Sanitaria della Regione Liguria e Centro Regionale di Riferimento per gli Screening Neonatali e la diagnosi delle malattie metaboliche dell’Università-Istituto Giannina Gaslini) e a Modena del Dipartimento di Scienza della vita dell’Università di Modena e Reggio Emilia.
A Venezia Mestre si svolgerà, invece, l’iniziativa “Porte Aperte” con l’AULSS3 Serenissima, La Fondazione Banca degli Occhi e la biobanca malattie rare e neuro riabilitazione IRCCS S. Camillo per conoscere come opera una Biobanca.
Il format dell’evento-dibattito PLAY DECIDE, già collaudato in Europa e certificato dalla stessa Commissione Europea (www.playdecide.eu) è nato per stimolare il confronto di tutti gli attori coinvolti nel sistema salute su temi di grande impatto individuale e sociale. Ogni tematica è porta con sé implicazioni etiche, scientifiche ed economiche, ecco perché il dibattito si propone come promotore della libera espressione di ogni partecipante.
I PLAY DECIDE, spiega la federazione, rispondono a un profondo bisogno di conoscenza e informazione rilevato da UNIAMO FIMR onlus tra i suoi associati, ma anche tra i cittadini, che oggi più che mai desiderano essere preparati a discutere sulle decisioni prese per la propria salute e in grado di padroneggiare gli argomenti e necessari a sostenere un dialogo aperto e costruttivo.
Partecipare, continua, è un’occasione di crescita e formazione per tutti, cittadini, pazienti, associazioni, studenti, professionisti della salute, ricercatori e divulgatori scientifici. Una concreta esperienza di agorà scientifica, un momento di consolidamento della rete e della comunità dei malati rari”.
Con l’implementazione della Legge 167/2016 e con l’estensione dello screening neonatale a tutti i neonati italiani, grazie ai nuovi LEA, la federazione sottolinea l’urgenza di aggiornare il kit PLAY DECIDE sullo screening neonatale. I due eventi-dibattito saranno un’opportunità pubblica per iniziare l’aggiornamento del kit PLAY DECIDE, che avrà come esito finale la pubblicazione e la condivisione del nuovo strumento con tutta l’Europa entro l’anno corrente.
A Mestre Venezia, infine, si discuterà di biobanking di ricerca, con l’iniziativa “porte aperte” alla Fondazione banca degli occhi. Si potrà vedere da vicino l’attività di biobanking, dall’accettazione del campione alla lavorazione, fino alla gestione dei dati associati. Ci si potrà confrontare con i ricercatori clinici e il personale delle 2 biobanche del territorio veneziano, per vedere da vicino quale è il ruolo delle biobanche nel mondo della ricerca scientifica innovativa. UNIAMO F.I.M.R. onlus partecipa e contribuisce ai tavoli di lavoro che si svilupperanno in collaborazione con l’AULSS3 Serenissima, La Fondazione Banca degli Occhi e la biobanca malattie rare e neuro riabilitazione IRCCS S. Camillo
Tutti possono prendere parte alla European Biotech Week (giunta alla sua quinta edizione) scaricando la scheda di partecipazione dal sito www.uniamo.org
promuoviamo salute
Droghe e giovanissimi, l’allarme dei pediatri
News PresaAlcol e fumo, ma anche droghe sintetiche. E’ questo l’allarme che arriva dagli esperti dell’ospedale pediatrico Santobono Pausilipon di Napoli, un’allerta che si lega a dati sconcertanti: «Sempre più spesso – spiega Eduardo Ponticiello, responsabile delle emergenze tossicologiche – ci arrivano giovanissimi vittime dell’abuso di alcol o sostanze stupefacenti, e l’età è vertiginosamente scesa negli ultimi anni». Enormi i rischi per la salute, non solo per il fatto (noto a tutti) che le droghe procurano danni permanenti, ma anche per il diffondersi sempre più marcato di sostanze sintetiche con effetti psicotropi devastanti. Si pensi all’Amnesia, tra le ultime arrivate nel vastissimo mercato delle droghe, nella quale sono state trovate tracce di ogni genere di acido conosciuto, oltre a metadone e cocaina.
Assunzione involontaria
Ancor più drammatico il caso dei piccoli che in pronto soccorso ci arrivano per l’incoscienza dei genitori, bambini che ingeriscono sostanze stupefacenti lasciate incustodite a casa. L’ultimo caso è di questi giorni, con una piccola paziente (solo 1 anno) finita al Santobono per aver mangiato un pezzo di hashish. La bimba fortunatamente è stata salvata in tempo, ma an che in questo caso i dati di Napoli fanno accapponare la pelle. «In un anno – prosegue Ponticiello – abbiamo registrato 12 casi, a livello nazionale negli ultimi 10 anni di casi se ne sono registrati 10». Una proporzione che rende l’idea dell’allarme sociale in atto in Campania e in particolare nel capoluogo partenopeo.
Test tossicologici
Proprio per l’aumento esponenziale dei casi di intossicazione da sostanze stupefacenti, negli ultimi anni al Santobono sono stati introdotti come routine i test tossicologici. Qualcosa che ci si aspetterebbe in un pronto soccorso per adulti, non certo in un presidio pediatrico. Intanto, viste le proporzioni del problema e l’abbassamento dell’età media di consumo di sostanze stupefacenti, scende in campo anche la Fimp Napoli, che per voce del coordinatore provinciale Antonio D’Avino annuncia una campagna di sensibilizzazione che partirà dagli studi medici per raggiungere le famiglie. «Far capire ai genitori quali siano i rischi – dice D’Avino – è il primo passo per invertire una tendenza che sta assumendo contorni drammatici. Il nostro impegno sarà massimo, su questo tema ciascun pediatra sarà chiamato a fare la propria parte». Del resto i pediatri della Fimp già oggi si occupano di fare prevenzione su temi quali droghe, alcol e ludopatie grazie ai cosiddetti «bilanci di salute», vale a dire visite programmate che consentono di fare «screening» sui bambini in età a rischio.
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Settimana Europea del Biotech 2017. Eventi in tutta Italia
News PresaUna settimana di iniziative per raccontare a tutti come le biotecnologie possono – e potranno sempre più – migliorare la qualità della vita.La SETTIMANA EUROPEA DEL BIOTECH (EBW) 2017 chiama a raccolta in tutta Italia studenti, ricercatori, istituzioni, addetti ai lavori, famiglie, giornalisti e chiunque voglia sapere qualcosa in più sul tema. Le iniziative, sparse per tutto il Paese, inizieranno 25 settembre e andranno avanti fino al 1° ottobre.
Gli eventi
Anche quest’anno UNIAMO FIMR onlus è partner della European Biotech Week – grazie alla collaborazione con Assobiotech fin dalla prima edizione – e sarà presente in 3 città: Genova, Venezia Mestre e Modena.
A Genova e a Modena ci saranno i dibattiti- evento PLAY DECIDE in cui si affronteranno temi caldi come la diagnosi precoce (screening neonatale) e il ruolo dei farmaci innovativi (farmaci orfani) in termini di salute e qualità della vita – a Genova con la collaborazione di A.Li.Sa. (Azienda Ligure Sanitaria della Regione Liguria e Centro Regionale di Riferimento per gli Screening Neonatali e la diagnosi delle malattie metaboliche dell’Università-Istituto Giannina Gaslini) e a Modena del Dipartimento di Scienza della vita dell’Università di Modena e Reggio Emilia.
A Venezia Mestre si svolgerà, invece, l’iniziativa “Porte Aperte” con l’AULSS3 Serenissima, La Fondazione Banca degli Occhi e la biobanca malattie rare e neuro riabilitazione IRCCS S. Camillo per conoscere come opera una Biobanca.
Il format dell’evento-dibattito PLAY DECIDE, già collaudato in Europa e certificato dalla stessa Commissione Europea (www.playdecide.eu) è nato per stimolare il confronto di tutti gli attori coinvolti nel sistema salute su temi di grande impatto individuale e sociale. Ogni tematica è porta con sé implicazioni etiche, scientifiche ed economiche, ecco perché il dibattito si propone come promotore della libera espressione di ogni partecipante.
I PLAY DECIDE, spiega la federazione, rispondono a un profondo bisogno di conoscenza e informazione rilevato da UNIAMO FIMR onlus tra i suoi associati, ma anche tra i cittadini, che oggi più che mai desiderano essere preparati a discutere sulle decisioni prese per la propria salute e in grado di padroneggiare gli argomenti e necessari a sostenere un dialogo aperto e costruttivo.
Partecipare, continua, è un’occasione di crescita e formazione per tutti, cittadini, pazienti, associazioni, studenti, professionisti della salute, ricercatori e divulgatori scientifici. Una concreta esperienza di agorà scientifica, un momento di consolidamento della rete e della comunità dei malati rari”.
Con l’implementazione della Legge 167/2016 e con l’estensione dello screening neonatale a tutti i neonati italiani, grazie ai nuovi LEA, la federazione sottolinea l’urgenza di aggiornare il kit PLAY DECIDE sullo screening neonatale. I due eventi-dibattito saranno un’opportunità pubblica per iniziare l’aggiornamento del kit PLAY DECIDE, che avrà come esito finale la pubblicazione e la condivisione del nuovo strumento con tutta l’Europa entro l’anno corrente.
A Mestre Venezia, infine, si discuterà di biobanking di ricerca, con l’iniziativa “porte aperte” alla Fondazione banca degli occhi. Si potrà vedere da vicino l’attività di biobanking, dall’accettazione del campione alla lavorazione, fino alla gestione dei dati associati. Ci si potrà confrontare con i ricercatori clinici e il personale delle 2 biobanche del territorio veneziano, per vedere da vicino quale è il ruolo delle biobanche nel mondo della ricerca scientifica innovativa. UNIAMO F.I.M.R. onlus partecipa e contribuisce ai tavoli di lavoro che si svilupperanno in collaborazione con l’AULSS3 Serenissima, La Fondazione Banca degli Occhi e la biobanca malattie rare e neuro riabilitazione IRCCS S. Camillo
Tutti possono prendere parte alla European Biotech Week (giunta alla sua quinta edizione) scaricando la scheda di partecipazione dal sito www.uniamo.org
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Alzheimer, la cura entro il 2025
Ricerca innovazioneL’Alzheimer è una delle malattie del millennio, un oblio senza fine con numeri da capogiro. Basti pensare che nel mondo colpisce circa 40 milioni di persone e solo in Italia si registrano 1 milione di casi. La stima per il prossimo futuro è di un raddoppio dei casi ogni 20 anni. L’altra faccia della medaglia per quel che riguarda l’aumento dell’aspettativa di vita. Ecco perché parlare di Alzheimer significa parlare di un problema molto concreto, un problema per il quale al momento non si può fare altro se non cercare di prevenire. La malattia di Alzheimer, è la più comune forma di demenza, una delle sfide sanitarie più grandi del nostro secolo. Una «priorità» come detto dai grandi della terra in occasione del G8. E anche se l’ambizione è di trovare una cura entro il 2025, la strada sembra ancora molto lunga. Intanto, in occasione della Giornata Mondiale della Malattia di Alzheimer (che si celebra oggi) è bene provare a fare almeno un po’ di corretta informazine.
Campanelli d’allarme
Nei pazienti affetti da Alzheimer le cellule cerebrali subiscono un processo degenerativo che le colpisce in maniera progressiva e che porta inizialmente a sintomi quali deficit di memoria, soprattutto per fatti recenti, e successivamente a disturbi del linguaggio, perdita di orientamento spaziale e temporale e progressiva perdita di autonomia che definiamo come «demenza». Non si deve pensare tuttavia a un esordio eclatante, la malattia nelle sue fasi iniziali si svela con piccoli campanelli d’allarme. La difficoltà a ricordare una parola o un fatto recente. A questi deficit si associano nel tempo problemi psicologici e comportamentali, come depressione, incontinenza emotiva, agitazione, vagabondaggio. Ed è a questo punto che inizia il dramma anche per le famiglie che hanno bisogno, o meglio avrebbero bisogno, di un supporto costante.
Fare prevenzione
«Dopo il fallimento delle terapie attuate nella fase di demenza conclamata – spiega il professor Carlo Ferrarese, direttore scientifico del centro di neuroscienze di Milano, Università di Milano-Bicocca – le sperimentazioni cliniche attuali sono rivolte alla prevenzione della malattia. Questo è oggi possibile perché sono da poco disponibili nuove tecniche che permettono di determinare le alterazioni di una proteina ritenuta la prima causa di malattia, prima che questa si manifesti clinicamente. Da vari anni è noto infatti che alla base della malattia vi è l’accumulo progressivo nel cervello della proteina, chiamata beta-amiloide, che distrugge le cellule nervose ed i loro collegamenti».
Nuove prospettive
Il futuro della cura sembra basarsi su molecole che determinano una riduzione della produzione di beta-amiloide, con farmaci che bloccano gli enzimi che la producono (beta-secretasi) o, in alternativa, con anticorpi capaci addirittura di determinare la progressiva scomparsa di beta-amiloide già presente nel tessuto cerebrale. Questi anticorpi, prodotti in laboratorio e somministrati sottocute o endovena, sono in grado di penetrare in parte nel cervello e rimuovere la proteina, in parte di facilitare il passaggio della proteina dal cervello al sangue, con successiva eliminazione. Queste terapie sono attualmente in fase avanzata di sperimentazione in tutto il mondo, su migliaia di pazienti nelle fasi iniziali di malattia o addirittura in soggetti sani che hanno la positività dei marcatori biologici (PET o liquorali). La speranza è di modificare il decorso della malattia, prevenendone l’esordio, dato che intervenire con tali molecole nella fase di demenza conclamata si è dimostrato inefficace.
Violenza e bullismo, la Campania fa rete
PrevenzioneDalla Campania arriva un allarme sulla violenza, non solo nei confronti delle donne, che non può essere ignorato. «Fenomeni come il bullismo e il sexting rappresentano ormai un’emergenza sociale – dice la presidente dell’Ordine degli Psicologi della Campania, Antonella Bozzaotra -. Di violenza ci si ammala e gli psicologi, che operano in ambito sanitario, sono chiamati a fare la propria parte. E’ fondamentale che si crei una rete sociale, nella quale tutti gli attori coinvolti mettano in campo azioni di contrasto, ognuno con le proprie competenze. Noi ci occupiamo di assistere le donne, accompagnarle a un passo decisivo come la denuncia e svolgiamo un’azione di monitoraggio dei centri attivi sul territorio, dove queste donne, così come le vittime di bullismo e cyberbullismo, devono essere indirizzate».
I centri
Dal punto di vista dell’assistenza la Campania è tra le regioni che più sta facendo. Oggi sono 49 i centri antiviolenza attivi in regione, due dei quali si occupano di uomini maltrattanti. La mappatura con i contatti e gli orari di apertura è consultabile sul portale amicheperlarete.it, presentato oggi (20 settembre) dalla Regione Campania, e frutto del protocollo d’intesa sottoscritto il 25 novembre 2015 tra la Regione stessa, l’Ufficio scolastico regionale, l’Anci e l’Ordine degli Psicologi, che in quella sede si impegnava a monitorare le strutture attive all’interno degli Ambiti territoriali della Campania. A Napoli e in provincia sono presenti 18 centri antiviolenza, cinque nel capoluogo, ognuno dei quali serve gli utenti di due municipalità. Ci sono sportelli attivi anche a Ischia, Sorrento, Pozzuoli, Sant’Antimo, Casoria, Casalnuovo, Volla, Pomigliano d’Arco, San Giuseppe Vesuviano, Castellammare di Stabia, Torre del Greco e due a Giugliano. Nove i Centri attivi in provincia di Caserta, di cui uno in città, otto a Salerno (uno nel capoluogo), sei ad Avellino e Benevento, di cui due per ogni capoluogo. In Campania ci sono inoltre due realtà che si occupano di uomini autori di violenza: lo sportello di ascolto ‘Oltre la Violenza‘ a Napoli, la prima struttura pubblica di questo tipo ad aprire nel Mezzogiorno, e l’associazione ‘A voce alta’ di Pontecagnano (Salerno). A queste si aggiungono i ‘Percorsi Rosa’ dei reparti di pronto soccorso.
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Fame in aumento, interessa 815mln di persone. 641mln sono invece obese
AlimentazioneDopo un declino costante di oltre un decennio, la fame nel mondo è in aumento e ha colpito 815 milioni di persone nel 2016 (l’11% della popolazione mondiale). Ad essere colpite sono soprattutto le zone di guerra e di situazioni ambientali al limite.
I numeri sono raccolti nella nuova edizione della Relazione annuale delle Nazioni Unite sulla sicurezza dell’alimentazione e sulle politiche alimentari mondiali appena pubblicato.
E’ la prima volta che UNICEF e OMS si uniscono a FAO, IFAD e WFP per elaborare il rapporto (consultabile anche on line in modo interattivo dal sito della Fao). Il cambiamento, sottolinea l’Oms, riflette la visione più ampia del programma SDG (obiettivi di salute sostenibile) sulla fame e su tutte le forme di malnutrizione.
Molte forme di malnutrizione minacciano la salute di milioni di persone in tutto il mondo. L’aumento (38 milioni di persone in più rispetto all’anno precedente) è dovuto in gran parte all’aumentare dei conflitti violenti e agli shock legati al clima, secondo il rapporto.
Poi ci sono i numeri più tristi, quelli che riguardano i bambini: circa 155 milioni con età inferiore ai cinque anni sono colpiti dalla fame, mentre 52 milioni sono al contrario sottoposti allo spreco alimentare e rischiano obesità e sovrappeso.
Si stima che 41 milioni di bambini siano ormai in sovrappeso.
A destare preoccupazione è anche l’anemia tra le donne e l’obesità degli adulti. Tendenze che sono conseguenza non solo di conflitti e cambiamenti climatici, ma anche di cambiamenti radicali nelle abitudini alimentari.
La relazione è la prima valutazione globale dell’Onu sulla sicurezza e la nutrizione alimentare elaborata dopo l’adozione dell’Agenda per lo sviluppo sostenibile del 2030, che vuole porre fine alla fame e a tutte le forme di malnutrizione entro il 2030 “come una priorità politica di primo piano”.
“Nel corso degli ultimi dieci anni i conflitti sono cresciuti in maniera drastica e diventano più complessi”, affermano nella prefazione comune al rapporto i capi dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e dell’agricoltura (FAO), del Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (IFAD), del Fondo per i bambini delle Nazioni (UNICEF), del Programma alimentare mondiale (WFP) e dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS).
D’altronde le più alte percentuali di bambini malnutriti al mondo sono concentrati in zone di conflitto. La fame e la sicurezza alimentare hanno numeri chiari.
Il numero complessivo di persone affamate al mondo sono 815 milioni, tra cui:
– in Asia: 520 milioni
– in Africa: 243 milioni
– in America Latina e Caraibi: 42 milioni
Malnutrizione (inclusa obesità)
– I bambini sotto i 5 anni che soffrono di problemi (un’altezza troppo bassa per la loro età) sono 155 milioni, di cui 122 milioni vivono in zone di conflitto.
– I bambini sotto i 5 anni affetti da spreco sono 52 milioni.
– Gli adulti obesi sono 641 milioni (il 13% di tutti gli adulti del pianeta).
– I bambini sotto i 5 anni in sovrappeso sono 41 milioni.
– Le donne in età riproduttiva affette da anemia sono 613 milioni (circa il 33% del totale).
L’impatto del conflitto
Le persone affamate che vivono in zone di conflitto sono 489 milioni; con una prevalenza di 1,4 – 4,4 punti percentuali in più rispetto ad altri paesi. Nelle situazioni di conflitto aggravate da condizioni di fragilità istituzionale e ambientale la prevalenza arriva tra 11 e 18 punti percentuali più alta del normale.
Nei paesi colpiti da crisi prolungate, le persone hanno quasi 2,5 volte più probabilità di essere malnutrite rispetto alle persone che vivono altrove.
promuoviamo salute
Malaria, un allarme tra falsi miti e realtà: intervista al Dott. Tascini
PodcastTumore seno. Esercizio fisico blocca crescita cellule tumorali
SportEra già stato confermato l’effetto benefico dell’esercizio fisico sulle donne con tumore al seno, ma oggi un nuovo studio spiega il perché. I ricercatori danesi hanno scoperto che un breve esercizio abbastanza intenso, da far aumentare la frequenza cardiaca, attiva dei processi biologici che potenziano le catecolamine (come l’epinefrina) che, a loro volta, sarebbero in grado di bloccare la crescita delle cellule tumorali.
I risultati della ricerca sono stati pubblicati su Cancer Research.
“È importante sottolineare che l’allenamento e l’epinefrina non prevenivano totalmente la formazione dei tumori, ma inducevano una riduzione del 50% – afferma l’autrice principale dello studio Pernille Hojman dell’Università di Copenhagen – Quindi, l’ esercizio fisico non può mai sostituire una terapia contro il cancro, ma può rivelarsi un’efficace strategia di supporto che, oltre agli effetti biologici, ha dimostrato di migliorare la qualità della vita dei pazienti”.
Secondo lo studio in vitro effettuato sui topi, l’allenamento attiverebbe, quindi, vie molecolari che potenziano l’epinefrina, in grado di bloccare la crescita delle cellule malate.
“Nel nostro studio – continua – abbiamo scoperto che le pazienti con tumore al seno sottoposte a chemioterapia adiuvante erano capaci di eseguire l’esercizio richiesto, quindi è possibile che i soggetti affetti da tumore si allenino come proponiamo”. “Il meccanismo che abbiamo individuato di una regolazione guidata dall’epinefrina della via molecolare “Hippo” durante l’esercizio potrebbe sicuramente funzionare nel medesimo modo anche in altri tipi di cancro – conclude la scienziata.
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Sla, 120mila euro raccolti grazie alle «bottiglie solidali»
Associazioni pazientiBen 120mila euro sono stati raccolti grazie ai volontari di Aisla e ora andranno a sostenere le persone colpite dalla Sclerosi laterale amiotrofica (oltre 6mila in Italia). Ovviamente, un risultato così importate è stato possibile grazie al cuore delle migliaia di persone che hanno scelto di acquistare le bottiglie di Barbera d’Asti Docg negli Stand Aisla (presenti in 150 piazze italiane per la decima Giornata nazionale sulla Sla). Complessivamente, sono state 12.000 le bottiglie “solidali” acquistate dagli italiani. Un grazie l’Aisla lo ha voluto rivolgere alla Regione Piemonte, al Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato, alla Fondazione Cassa di Risparmio di Asti e all’Unione Industriale della Provincia di Asti, che hanno sostenuto l’iniziativa nell’organizzazione e negli aspetti logistici, e ora l’intero ricavato della vendita delle bottiglie potrà essere destinato a progetti di assistenza delle persone con Sla.
Il simposio
Massimo Mauro, presidente di Aisal, parla di un grande successo e ringrazia «tutti quanti hanno scelto di sostenerci. Grazie alla loro generosità e all’impegno dei nostri 300 volontari potremo dare una risposta a tante richieste di aiuto di persone con Sla e delle loro famiglie. Vi diamo appuntamento al 29 settembre a Torino per il simposio sulla Sla, esperti da tutto il mondo ci parleranno degli sviluppi della ricerca e dei farmaci oggi disponibili per contrastare la Sla».
Altre tappe
Nei prossimi giorni sarà ancora possibile trovare i volontari di Aisla con le bottiglie di Barbera d’Asti DOCG in alcune città: Fiumicello (Udine, 19 settembre), Courmayeur, Asti, Fidenza (23 settembre), Iglesias (24 settembre), Santa Giustina (Belluno, 30 settembre), Alba (1 ottobre), Colorno (Parma, 8 ottobre). I fondi raccolti saranno utilizzati da Aisla, presente sul territorio italiano con 63 rappresentanze territoriali e 300 volontari in 19 regioni, per sostenere e rafforzare le attività gratuite a sostegno delle persone con Sla. Tra queste l’Operazione Sollievo, il progetto che consiste nell’aiutare le persone con Sla con consulenze psicologiche, legali e fiscali gratuite e aiuti concreti per le famiglie in difficoltà. Fino a oggi con l’Operazione Sollievo, progetto avviato nel 2013, Aisla ha potuto aiutare più di 200 famiglie destinando oltre 450 mila euro raccolti grazie alle donazioni della Giornata nazionale.
Il sostegno di Aisla alla ricerca
Fino al 2 ottobre sarà attivo il numero 45515 con cui sarà possibile donare 2 euro con un sms oppure 2 o 5 euro da rete fissa: i fondi serviranno in particolare per sostenere il progetto di ricerca clinica Promise, vincitore del Bando 2013 di AriSla, Fondazione italiana di ricerca sulla Sla. Lo studio di fase II ha l’obiettivo di testare l’efficacia del Guanabenz, un farmaco che agisce per contrastare l’accumulo patologico di proteine all’interno delle cellule e favorire l’eliminazione delle proteine alterate. La sperimentazione clinica, che coinvolge 24 centri clinici su tutto il territorio nazionale, è stata disegnata per valutare le potenzialità di questo farmaco nel rallentare il decorso della malattia: lo studio è già partito in 16 centri e sono già stati inclusi 75 pazienti». Dalla sua nascita, Aisla ha sostenuto la ricerca scientifica con oltre 4,5 milioni di euro raccolti grazie alle donazioni. In particolare, ha destinato oltre 2 milioni di euro ad AriSla che, dal 2009 ad oggi, ha finanziato 62 progetti di ricerca, di cui 6 (3 Pilot Grant e 3 Full Grant) solo nell’ultimo anno.
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Oms, Italia bocciata su prevenzione ictus e attacchi cuore
PrevenzioneNel mondo le malattie non trasmissibili fanno 15 milioni di morti all’anno. Sulle politiche per limitarle il nostro Paese è un po’ indietro. Molti degli obiettivi indicati dall’Organizzazione Mondiale della Salute sono stati raggiunti solo a metà. A fare il quadro della situazione è il ‘progress monitor’ per il 2017, appena pubblicato dall’OMS . Il documento raccoglie i dati di 194 paesi su 19 indicatori. Si va dalle politiche contro il fumo alla promozione degli stili di vita corretti. “I governi – si legge – devono aumentare gli sforzi per controllare le malattie non trasmissibili e raggiungere gli obiettivi prefissati, tra cui c’è la prevenzione della morte prematura di milioni di persone. Sono stati fatti passi limitati nella lotta contro queste patologie, soprattutto per quelle cardiovascolari e quelle respiratorie croniche, che sono i peggiori killer del mondo responsabili della morte di 15 milioni di persone tra 30 e 70 anni ogni anno”. Malattie cardiache, ictus, cancro, diabete e malattie polmonari croniche: sono responsabili di quasi il 70% di tutte le morti in tutto il mondo e sono classificate dall’Oms come malattie non trasmissibili (NCD). Quasi tre quarti di tutti i morti NCD e l’82% dei 16 milioni di persone che sono morti prematuramente o prima di raggiungere i 70 anni per queste cause, si verificano nei paesi a basso e medio reddito. L’aumento è dovuto a quattro principali fattori di rischio: l’uso del tabacco, l’inattività fisica, l’uso nocivo dell’alcol e delle diete insalubri.
Per quanto riguarda l’Italia, il documento ha censito 573mila morti l’anno a causa di malattie non trasmissibili, con un 9% di rischio di morte prematura. Fra i vari indicatori quello con il giudizio peggiore, ‘non raggiunto’, riguarda le terapie e il counseling per la prevenzione di ictus e attacchi cardiaci. ‘Parzialmente raggiunti’ invece gli obiettivi sul bando della pubblicità e sulle politiche ‘smoke-free’ per il fumo, sulla diminuzione della disponibilità, sull’aumento delle tasse e sulle restrizioni per la pubblicità per l’alcol e sulle restrizioni alla promozione dei sostituti del latte materno. Risultano completati a metà anche gli obiettivi sulle linee guida per cancro, diabete e malattie cardiovascolari. Insomma, c’è ancora tanto da fare e nonostante il cibo italiano sia apprezzato in tutto il mondo e associato nell’immaginario comune al benessere, l‘Italia tentenna su diete e attività fisica. Mostra una falla sulla prevenzione degli attacchi cardiaci e ictus.
promuoviamo salute
Cardarelli, ecco il “bar code” per identificare i pazienti
Ricerca innovazioneParte domani, 20 settembre, il progetto di identificazione del paziente fortemente voluto dalla direzione strategica del Cardarelli. Una sorta di assistente virtuale basato sull’utilizzo di braccialetti con “bar code”, tecnologia che consentirà nel tempo di automatizzare e dematerializzare moltissimi processi e dati clinici. In particolare, due saranno gli step da portare a termine al Cardarelli in questa prima fase. Si parte dal pronto soccorso, dove il triagista doterà ciascun paziente di un bracciale colorato (verde, giallo o rosso) a seconda della gravità del caso. Il braccialetto conterrà anche i dati anagrafici e un codice a barre, che seguirà il paziente durante tutto il periodo di permanenza nella struttura ospedaliera. In questo modo, oltre all’identificazione attendibile, sarà garantita anche l’univoca attribuzione del codice di gravità (triage) per consentire l’avvio del paziente stesso al percorso diagnostico-terapeutico più appropriato. Il progetto del Cardarelli ha l’obiettivo di rendere unico il paziente: la corretta e sicura identificazione del malato da parte degli operatori sanitari è infatti fondamentale per garantire cure appropriate. Il braccialetto rappresenta un utile strumento per migliorare la sicurezza e ridurre eventuali rischi in relazione sia alla diagnosi che alla terapia. Tale tecnologia rappresenta un utile strumento anche in considerazione della durata dell’attesa per i pazienti con bassa priorità di accesso e dei possibili spostamenti del paziente verso altri Servizi, esterni al Pronto Soccorso del Cardarelli, durante la fase dell’inquadramento diagnostico. Il braccialetto viene rimosso solo alla dimissione del paziente e quindi risulta utile in degenza, in sala operatoria, in diagnostica, in terapia intensiva. Una volta in reparto il bracciale sarà di colore bianco e conterrà tutte le informazioni utili ad aiutare i sanitari nel percorso di cura.
La carica dei 300
La sperimentazione dell’utilizzo del braccialetto identificativo parte, come detto, dal pronto soccorso. Tradotta in cifre l’iniziativa riguarderà, per il solo pronto soccorso circa 300 pazienti al giorno. Per il 2018 l’applicazione del braccialetto identificativo sarà infine estesa ai restanti reparti dell’ospedale. Le applicazioni future, attraverso la lettura del codice a barre riportato sul braccialetto, potranno riguardare l’implementazione di procedure informatizzate che gestiscono i processi a maggior rischio: trasfusioni di sangue, procedure chirurgiche, diagnostica per immagine e gestione trasporti .L’identificativo dell’evento (sia di ricovero o di pronto soccorso) potrà infatti permettere la realizzazione di integrazioni tra diversi processi di automatizzazione già in atto in Azienda. In tutti questi casi il barcode con l’identificativo potrà essere utilizzato per la verifica del paziente, per esempio dalla verifica della sacca da trasfondere alla presa in carico del paziente da trasportare. L’identificazione di un paziente la tracciabilità dei suoi percorsi assistenziali e il monitoraggio dei suoi spostamenti all’interno di una struttura rappresentano quindi un valore aggiunto, consentono la ricostruzione del percorso clinico seguito dal paziente e la verifica, in tempo reale, delle cure. La riduzione degli errori di gestione operativa e documentale, la verifica della situazione (posizione, fase della cura) dei pazienti di interesse e, in sintesi, una maggiore sicurezza.
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