Tempo di lettura: 2 minutiSi è tornati a parlare di casco obbligatorio per i ciclisti con l’arrivo di una nuova proposta in Parlamento. Ma per lo studio Safety in numbers la sicurezza deriva piuttosto dal numero dei ciclisti in circolazione.
A chi vorrebbe una norma del Codice della Strada che imponga l’utilizzo dell’elmetto per chi pedala, da tempo la Federazione Italiana Amici della Bicicletta dice sì, ma non in forma obbligatoria. Nonostante sia un dispositivo di sicurezza, consigliato soprattutto ai più piccoli, già nel 2008 in un documento il Consiglio Nazionale aveva espresso posizione contraria all’obbligatorietà, perchè la misura non avrebbe fatto altro che scoraggiare sempre più persone dalla scelta della bici per gli spostamenti quotidiani.
Secondo i dati, infatti, non sarebbero i ciclisti a rischiare maggiori ferite al capo in caso di incidente. Nel documento si citano studi che mostrano come siano soprattutto gli automobilisti a subire urti alla testa (40%), seguiti da pedoni (39%), motocilisti (12%) e infine dai ciclisti (8%).
In Parlamento intanto la nuova legislatura ha già visto battezzata un’altra proposta di obbligatorietà del casco per i ciclisti. Alberto Gusmeroli, già sindaco di Arona e neodeputato della Lega, ha infatti rilanciato questa “soluzione” che si dovrebbe estendere a tutti i pedalatori. Soluzione inconciliabile, dunque, con quella avanzata da sempre da Fiab, convinta piuttosto della bontà di misure che stimolino la diffusione della mobilità ciclistica nelle città, allargando lo spazio dedicato a pedoni e ciclisti, sottraendolo dunque alle automobili.
Sull’uso consapevole e non obbligatorio del casco si era espressa anche l’European Cyclists’ Federation (Ecf), la Federazione europea bike friendly con sede a Bruxelles di cui Fiab fa parte esprimendone fra l’altro il vicepresidente Alessandro Tursi, eletto pochi mesi fa. A livello europeo ci sono stati in effetti alcuni paesi, come Malta e Bosnia Erzegovina, che in passato avevano prescritto l’utilizzo del casco. Salvo poi abrogare il tutto perché si erano convinti che la misura aveva soltanto disincentivato la mobilità ciclistica allontanando le persone dalla bicicletta.
Insomma per la sicurezza dei ciclisti, il casco non è determinante, come mostra Safety in numbers, la campagna inglese promossa in collaborazione con il ministero dei Trasporti dalla CTC, associazione bike friendly d’Oltremanica, che Fiab sostiene in pieno. Lo studio si riassume così: più ciclisti circolano nelle città, e più aumenterà il livello di sicurezza stradale per tutti.
Questo perché, scrive il responsabile sicurezza Fiab Edoardo Galatola: «all’aumentare dei ciclisti i conducenti di mezzi motorizzati fanno maggiore attenzione alla loro presenza e cercano di anticiparne i comportamenti». E i numeri non mancano. «In Olanda – riporta Galatola – nel periodo 1980-2005 è stato registrato un incremento di ciclisti del 45% a fronte di una riduzione del 58% della mortalità».
Estate, un piccolo “check” prima di partire
PrevenzioneAnche d’estate la prevenzione è importante, magari con una visita dermatologica per assicurarsi di non avere problemi che con il sole potrebbero aggravarsi. Ecco perché sarebbe bene approfittare delle visite dermatologiche gratuite proposte dalla Federico II di Napoli, che si concluderanno proprio in questo week end. Sabato 21 luglio, dalle 9.30 alle 12.30, presso gli ambulatori dell’azienda ospedaliera universitaria (Edificio 10, II piano) arriveranno al capolinea – almeno per ora – gli open-day di dermatologia.
Gli ultimi 100
Dalla Federico II avvisano che saranno effettuate le ultime cento visite dedicate alla prevenzione delle malattie cutanee in vista dell’estate, con particolare attenzione al controllo dei nei. Non è necessaria la prenotazione. Organizzati dalla Scuola di specializzazione in dermatologia e venereologia dell’Università Federico II di Napoli, diretta da Gabriella Fabbrocini e dalla UOC di dermatologia del Policlinico Federico II, diretta da Mario Delfino, gli open-day, iniziati lo scorso gennaio, hanno riscosso grande successo, con un’ampia partecipazione da parte dei cittadini. L’iniziativa rientra nell’ambito della manifestazione Atelier della Salute: esperienze, percorsi, soluzioni per vivere…meglio!, dedicata alla prevenzione e promozione della salute in programma, per la seconda edizione, a partire da settembre.
Melanoma
Il melanoma cutaneo è un tumore che deriva dalla trasformazione tumorale dei melanociti, alcune delle cellule che formano la pelle. La pelle è l’organo più esteso del nostro corpo ed è formata da tre strati: l’epidermide, il derma e il tessuto sottocutaneo o grasso. I melanociti fanno parte, insieme ai cheratinociti, dell’epidermide e hanno il compito di produrre melanina, un pigmento che protegge dagli effetti dannosi dei raggi solari. In condizioni normali i melanociti possono dar luogo ad agglomerati scuri visibili sulla superficie della pelle e noti come nei (nevi è il termine medico). Il sintomo principale del melanoma cutaneo è il cambiamento nell’aspetto di un neo o la comparsa di uno nuovo. Le caratteristiche di un neo che possono indicare l’insorgenza di un melanoma sono riassunte grazie alla sigla ABCDE:
A come Asimmetria nella forma (un neo benigno è generalmente circolare o comunque tondeggiante, un melanoma è più irregolare);
B come Bordi irregolari e indistinti;
C come Colore variabile (ovvero con sfumature diverse all’interno del neo stesso);
D come Dimensioni in aumento, sia in larghezza sia in spessore;
E come Evoluzione del neo che, in un tempo piuttosto breve, mostra cambiamenti di aspetto.
Altri campanelli d’allarme che devono essere valutati da un medico sono un neo che sanguina, che prude o che è circondato da un nodulo o da un’area arrossata.
Nasce la Colon MIS Academy, per la chirurgia mini invasiva in Italia
Associazioni pazientiIl tumore del colon retto è la seconda forma di cancro più comune in Italia. Si stima che 2017 siano stati 53 mila i nuovi casi. Su circa 30.000 interventi chirurgici per tumore maligno al colon, solo il 35% viene realizzato con tecniche mini invasive che comportano vantaggi per il paziente e il SSN. Da qui nasce la prima Accademia di Chirurgia mini invasiva del colon in Italia, la Colon MIS Academy, con l’obiettivo di diffondere le nuove metodologie mini invasive (chirurgia laparoscopica).
L’importanza della chirurgia laparoscopica
Promosso dall’Associazione Chirurghi Ospedalieri Italiani in collaborazione con Johnson & Johnson Medical SpA, “il progetto – si legge nella nota – punta a colmare il ritardo dell’Italia rispetto a paesi più avanzati, come la Gran Bretagna, nella quale vi è una delle più alte percentuali di procedure laparoscopiche per patologia del colon in Europa e che si è dotata di un programma nazionale di formazione dedicato specificamente a questa metodologia (LAPCO)”. Gli ultimi dati del Programma Nazionale Esiti (PNE) indicano un andamento crescente degli interventi di chirurgia del tumore maligno del colon con approccio laparoscopico, ma ad oggi segnalano una penetrazione pari solo al 35% circa, nonostante sia la tecnica con il maggiore rapporto costo-efficacia.
“I pazienti italiani non sono tutti uguali, non essendo garantita a tutti la stessa qualità delle cure e attraverso la formazione avanzata dei chirurghi, la Colon MIS Academy nasce proprio per promuovere un deciso miglioramento nell’ambito della cura di una forma tumorale ad elevata insorgenza – ha commentato Pierluigi Marini , presidente Acoi (Associazione Chirurghi Ospedalieri Italiani)- Attraverso il programma Pne di Agenas (Agenzia Nazionale per i servizi sanitari regionali sono stati individuati in tutta Italia gli ospedali coinvolti nel progetto, scelti in base al potenziale miglioramento in base ai volumi d’intervento; sono stati consultati i rispettivi direttori delle singole UOC – Unità operative complesse di chirurgia, ed i direttori generali di alcune Asl allo scopo di stilare un accordo per rendere esecutiva l’Academy. I direttori hanno poi individuato i discenti con la maggiore predisposizione alla acquisizione della metodica. Sono stati inoltre selezionati 9 centri ad alti volumi ed alte percentuali di attività laparoscopica per poter garantire una adeguata fase di tirocinio ed il 20 Luglio ci sarà l’avvio delle attività. La Colon MIS Academy è un passo avanti per la chirurgia italiana, a beneficio dei pazienti”.
Il percorso formativo durerà un anno e comprenderà sia lezioni teoriche, sia esercitazioni pratiche integrate da prove intermedie di valutazione. Al superamento del percorso verrà rilasciata da ACOI una certificazione che attesterà le competenze acquisite dagli allievi durante l’anno.
Epatite C, il virus silenzioso che colpisce il fegato
PrevenzioneSe non avete alcun sintomo potreste avere l’epatite C. E? chiaramente una provocazione, ma serve a trasmettere un messaggio importante: più spesso di quanto si possa credere l’epatite colpisce senza farsi sentire. Di solito, infatti, nelle fasi iniziali non ci sono sintomi evidenti, per cui la persona che è entrata in contatto con il virus HCV non percepisce alcun allarme che giustifichi una visita specialistica e i test necessari alla diagnosi. E’ solo quando l’infezione progredisce che si possono manifestare sintomi quali: affaticamento, dolore articolare, febbre, nausea, inappetenza, vomito, dolore addominale, urine di colore giallo scuro, ittero, oltre ad un importante aumento delle transaminasi. Quando l’epatite C diventa cronica (dopo 6 mesi dal contagio), si prova di solito fatica e stanchezza (astenia) o malessere persistente. Molti pazienti possono manifestare anche dolori muscolari o alle articolazioni, annebbiamento mentale e turbe della memoria che incidono, in modo diverso, su qualità della vita, lavoro e relazioni interpersonali. In alcune persone si riscontrano anche depressione e ansia
Screening
In Franci, le Università Paris Diderot e Paris 13, oltre che dell’Inserm, l’Istituto nazionale francese per la salute e la ricerca medica, hanno condotto una ricerca (pubblicata sul Journal of Hepatology) che mette in evidenza come uno screening generale sull’epatite C faccia risparmiare risorse e migliora l’aspettativa di vita nelle persone colpite dal virus. Nel 2014, secondo alcune stime, sono state circa 75mila le persone tra i 18 e gli 80 anni colpite dal virus dell’epatite C in Francia senza che fossero consapevoli della loro condizione. Un modello analitico basato su una combinazione di dati e di caratteristiche delle persone infette, messo a punto dal gruppo di ricerca francese, indica come lo screening generale sia legato a una migliore aspettativa di vita rispetto a quello mirato, che invece è conveniente se i pazienti che vengono sottoposti al test vengono trattati rapidamente dopo la diagnosi. Nel mondo, secondo stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) del 2016, sono circa 80 milioni le persone affette da epatite C. Nello stesso anno sono stati contati 700mila decessi proprio per questa patologia
Disuguaglianza
L’obiettivo eliminazione dell’infezione da virus HCV, curando 80.000 pazienti l’anno nel triennio 2017-2019, appare ancora lontano. A un anno esatto dalla rimozione delle restrizioni per l’accesso ai farmaci antivirali innovativi garantiti a tutti i pazienti con epatite C cronica, in Italia meno di un malato su due è stato avviato alle cure. Il Fondo per i farmaci innovativi non viene utilizzato a sufficienza dalle Regioni, non c’è un PDTA condiviso e mancano all’appello decine di strutture autorizzate alla prescrizione e distribuzione degli antivirali. Questa la situazione, segnata da evidenti differenze regionali, che emerge dal dossier “Epatite C – Indagine conoscitiva sull’accesso ai farmaci nelle regioni italiane”, realizzato da EpaC Onlus, grazie a un contributo liberale di MSD, da oggi disponibile online sul sito dell’Associazione (www.epac.it)
Olio di palma, perché fa paura?
AlimentazioneAlcune aziende hanno anche iniziato a scrivere sull’etichetta dei prodotti “non contiene olio di palma” per rassicurare i consumatori. Ma da quando quest’olio è diventato il male assoluto e perché ? L’olio di palma e quello di palmisto contengono grandi quantità di acidi grassi saturi, pericolosi per la salute di arterie e cuore. Uno studio pubblicato nel 2016 dall’EFSA dice anche che a temperature superiori ai 200 °C questi olii sviluppano sostanze (2 e 3-3- e 2-monocloropropanediolo, MCPD, e relativi acidi grassi) che, ad alte concentrazioni, sono genotossiche, ovvero possono mutare il patrimonio genetico delle cellule. Tuttavia l’EFSA non ha mai chiesto il bando dell’olio di palma, perché è difficile raggiungere concentrazioni pericolose con la normale alimentazione; inoltre nello stesso studio si nota che negli ultimi anni il contenuto di queste sostanze nei prodotti industriali è drasticamente diminuito poiché le industrie hanno appunto modificato i propri processi produttivi. Nel gennaio del 2018 l’EFSA ha pubblicato un aggiornamento della sua valutazione del 3-MCPD, innalzandone la soglia tollerabile da 0,8 microgrammi per chilo al giorno a 2 microgrammi per chilo al giorno. Anche altri olii vegetali sviluppano le stesse sostanze nocive, anche se in concentrazioni minori, con effetti negativi per altri aspetti della salute non legati ai tumori. L’olio di palma ha anche un impatto sull’ambiente e la sua coltivazione (così come quella di altre piante da olio che potrebbero sostituirlo), infatti è considerata poco sostenibile. In conclusione, secondo gli esperti, è consigliabile non abusare di cibi contenenti olio di palma, ma non c’è alcun motivo valido per eliminarli del tutto.
Aggressioni, i medici diventeranno pubblici ufficiali
News PresaI medici potrebbero diventare pubblici ufficiali. La notizia arriva da Roma, alla Camera dei Deputati è infatti approdata una proposta di legge per l’attribuzione della qualifica di pubblico ufficiale ai medici e al personale sanitario nell’esercizio delle loro funzioni. Non è ovviamente un vezzo quello dei medici, bensì l’esigenza di arginare in qualche modo l’ondata di violenza che arriva dai territori più difficili. A Napoli, dall’inizio del 2018 sono addirittura cinquanta le aggressioni registrate a danno dei camici bianchi.
Un passo importante
La proposta porta le firme degli onorevoli Michela Rostan, Federico Conte, Giuseppina Occhionero, Rossella Muroni, Paolo Siani, Federico Fornaro e Roberto Speranza e arriva dopo numerose sollecitazioni da parte degli ordini professionali in seguito ai casi di violenza contro i camici bianchi. «Abbiamo raggiunto un risultato importante, dopo le battaglie portate avanti per accendere un faro sul tema della violenza nei confronti dei medici», commenta il Segretario nazionale della Federazione italiana medici di medicina generale e presidente dell’Omceo (Ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri) di Napoli Silvestro Scotti.
Denuncia d’ufficio
Lo status di pubblico ufficiale consente che, nel caso di aggressioni, la magistratura proceda automaticamente e non dietro denuncia come avviene attualmente. Dopo la presentazione della proposta di legge, “soddisfazione” è stata espressa dall’associazione Nessuno Tocchi Ippocrate. «Abbiamo portato avanti un percorso condiviso – sottolineano – e lo abbiamo fatto con impegno e con tutta l’autorevolezza del presidente Scotti, che prima di ogni altra cosa, da medico, non ha mai avuto paura di metterci la faccia». Dal canto suo, Scotti ringrazia per l’impegno in particolare la prima firmataria della proposta, Michela Rostan (vicepresidente della Commissione Sanità e Affari Sociali) e Paolo Siani, che da medico conosce bene il problema delle aggressioni.
ISPRA e RSE: patto per migliorare salute e ambiente
Ricerca innovazioneMonitoraggio di gas serra, mobilità urbana sostenibile, confronti tra laboratori ed addestramento sulle misure di emissioni in atmosfera: sono alcuni dei temi individuati nell’accordo, della durata di tre anni, firmato dall’Amministratore Delegato della Società Ricerca Sistema Energetico (RSE) Stefano Besseghini e dal Presidente dell’Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione Ambientale (ISPRA) Stefano Laporta, con il coinvolgimento del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA).
“La definizione dell’accordo di collaborazione con ISPRA”, ha dichiarato l’Amministratore Delegato di RSE Stefano Besseghini, “è un bell’esempio di come dovrebbero configurarsi le collaborazioni tra strutture di ricerca di interesse pubblico. Esso giunge non a dichiarare una volontà di collaborazione ma a certificare un’ attività su più fronti che va progressivamente consolidandosi nell’ambito delle reciproche competenze. La soddisfazione è anche maggiore alla luce del fatto che molti degli ambiti progettuali derivano dall’ applicazione e finalizzazione di temi di ricerca sviluppati nel settore elettrico che vanno progressivamente aprendosi all’approccio multisistema che caratterizzerà sempre di più l’ambito energetico. L’approccio multidisciplinare al grande disegno di decarbonizzazione che il nostro paese supporta ne è forse l’esempio più chiaro e in questo ambito l’accordo siglato saprà dispiegare il massimo del suo potenziale anche nella prospettiva delle prossime importanti scadenze che ci attendono a partire dal piano clima energia.”
“Il protocollo”, ha affermato il Presidente dell’ISPRA Stefano Laporta, “conferma un rapporto di collaborazione, di interscambio e di confronto che è già prassi costante per i tecnici e i ricercatori che, nei due enti, lavorano sui temi delle emissioni in atmosfera, della decarbonizzazione dell’economia e della mobilità urbana sostenibile. Sono dunque comuni la volontà e l’impegno di garantire un livello di analisi sempre più qualificato e integrato, che possa costituire un riferimento per i decisori e per i cittadini. Tale sinergia rappresenterà un ulteriore impulso alla capacità di ISPRA e di RSE di supportare, ciascuno nell’ambito delle proprie competenze, le politiche future, nazionali e dell’Unione Europea, di tutela ambientale e di promozione di nuovi modelli di sviluppo ed economici, opportunamente orientati alla logica della circolarità e del più efficace utilizzo delle risorse”.
ISPRA
Svolge attività di controllo, monitoraggio, valutazione, ma anche di informazione, divulgazione, educazione e formazione in materia ambientale. Tra gli obiettivi ci sono: la tutela delle acque, dell’ambiente atmosferico, del suolo, del sottosuolo, della biodiversità marina e terrestre e delle rispettive colture. Con la Legge 132 del 2016 è stato istituito il Sistema Nazionale a rete per la Protezione dell’Ambiente (SNPA) – del quale fanno parte l’ISPRA e le Agenzie Regionali e delle Province Autonome di Trento e Bolzano.
RSE
È una Società a totale partecipazione pubblica (il cui socio unico è Gestore dei Servizi Energetici GSE s.p.a.) che svolge attività di ricerca per l’innovazione e il miglioramento delle prestazioni del sistema elettro- energetico per l’economicità, per la sicurezza e per la compatibilità ambientale. Le ricerche riguardano il monitoraggio e misura delle emissioni di inquinanti in atmosfera, dei gas ad effetto serra e della mobilità sostenibile.
Casco obbligatorio in bici: per Fiab sicurezza deriva da un altro fattore
SportSi è tornati a parlare di casco obbligatorio per i ciclisti con l’arrivo di una nuova proposta in Parlamento. Ma per lo studio Safety in numbers la sicurezza deriva piuttosto dal numero dei ciclisti in circolazione.
A chi vorrebbe una norma del Codice della Strada che imponga l’utilizzo dell’elmetto per chi pedala, da tempo la Federazione Italiana Amici della Bicicletta dice sì, ma non in forma obbligatoria. Nonostante sia un dispositivo di sicurezza, consigliato soprattutto ai più piccoli, già nel 2008 in un documento il Consiglio Nazionale aveva espresso posizione contraria all’obbligatorietà, perchè la misura non avrebbe fatto altro che scoraggiare sempre più persone dalla scelta della bici per gli spostamenti quotidiani.
Secondo i dati, infatti, non sarebbero i ciclisti a rischiare maggiori ferite al capo in caso di incidente. Nel documento si citano studi che mostrano come siano soprattutto gli automobilisti a subire urti alla testa (40%), seguiti da pedoni (39%), motocilisti (12%) e infine dai ciclisti (8%).
In Parlamento intanto la nuova legislatura ha già visto battezzata un’altra proposta di obbligatorietà del casco per i ciclisti. Alberto Gusmeroli, già sindaco di Arona e neodeputato della Lega, ha infatti rilanciato questa “soluzione” che si dovrebbe estendere a tutti i pedalatori. Soluzione inconciliabile, dunque, con quella avanzata da sempre da Fiab, convinta piuttosto della bontà di misure che stimolino la diffusione della mobilità ciclistica nelle città, allargando lo spazio dedicato a pedoni e ciclisti, sottraendolo dunque alle automobili.
Sull’uso consapevole e non obbligatorio del casco si era espressa anche l’European Cyclists’ Federation (Ecf), la Federazione europea bike friendly con sede a Bruxelles di cui Fiab fa parte esprimendone fra l’altro il vicepresidente Alessandro Tursi, eletto pochi mesi fa. A livello europeo ci sono stati in effetti alcuni paesi, come Malta e Bosnia Erzegovina, che in passato avevano prescritto l’utilizzo del casco. Salvo poi abrogare il tutto perché si erano convinti che la misura aveva soltanto disincentivato la mobilità ciclistica allontanando le persone dalla bicicletta.
Insomma per la sicurezza dei ciclisti, il casco non è determinante, come mostra Safety in numbers, la campagna inglese promossa in collaborazione con il ministero dei Trasporti dalla CTC, associazione bike friendly d’Oltremanica, che Fiab sostiene in pieno. Lo studio si riassume così: più ciclisti circolano nelle città, e più aumenterà il livello di sicurezza stradale per tutti.
Questo perché, scrive il responsabile sicurezza Fiab Edoardo Galatola: «all’aumentare dei ciclisti i conducenti di mezzi motorizzati fanno maggiore attenzione alla loro presenza e cercano di anticiparne i comportamenti». E i numeri non mancano. «In Olanda – riporta Galatola – nel periodo 1980-2005 è stato registrato un incremento di ciclisti del 45% a fronte di una riduzione del 58% della mortalità».
Allarme Klebsiella dalla Spagna
News PresaE’ allarma da parte del Centro europeo per il controllo delle malattie (Ecdc) per un batterio che rischierebbe di diffondersi dalle Canarie ad altre città europee. Al momento, a quanto si apprende, sarebbero 13 i cittadini svedesi e norvegesi colpiti, tra gennaio e aprile, da un batterio resistente agli antibiotici, che tutti hanno contratto durante il loro ricovero nell’ospedale di Gran Canaria, nelle isole Canarie. Come detto, a rilevarlo è il Centro europeo per il controllo delle malattie (Ecdc), che spiega anche come vi sia un alto rischio che questo batterio si diffonda in Europa una volta che i turisti tornino e vengano ricoverati negli ospedali del loro paese d’origine e non siano prese le necessarie misure di prevenzione.
I rischi
Le analisi genetiche hanno confermato che il batterio – il Klebsiella pneumoniae St392 che di solito si contrae proprio nelle strutture sanitarie – è stato preso nello stesso luogo, l’ospedale di Gran Canaria. La probabilità di rimanere contagiati è molto bassa per chi non entra in contatto con la struttura sanitaria, ma, avverte l’Ecdc, c’è un alto rischio che si diffonda e di focolai epidemici se il viaggiatore lo prende, ma non gli viene rilevato, e viene ricoverato in ospedale una volta tornata a casa. Dato l’alto numero di turisti nell’isola (più di 15 milioni solo nel 2016), c’è il rischio di un’epidemia che viaggi per tutta Europa se i pazienti vengono trasferiti da un paese all’altro. Per questo l’Ecdc suggerisce agli ospedali di tutti i paesi europei di verificare, al momento del ricovero, dove hanno viaggiato e dove sono stati ricoverati prima i pazienti. Tutti coloro che sono stati trasferiti direttamente o sono stati ricoverati in un paese straniero nei 12 precedenti il ricovero nel paese d’origine devono essere controllati per questo batterio.
Klebsiella
La Klebsiella pneumoniae è la principale infezione causata da questo batterio e può portare a numerose complicazioni. Solitamente nei confronti di persone già indebolite da patologie croniche, il che causa la sottovalutazione dei sintomi che passano in secondo piano sopraffatti da quelli della malattia in corso. Fra le patologie che derivano dall’infezione ci sono la polmonite (con le sintomatiche classiche quali febbre, dolore toracico, brividi, difficoltà di respirazione) la bronchite (con sintomi simili alla polmonite ma meno gravi) e infezioni alle vie urinarie (che causano sintomi bruciori, stimolo alla minzione frequente, urine scure e dense spesso con presenza di sangue e dolore al basso ventre). Il sintomo più caratteristico dell’infezione batterica da Klebsiella pneumoniae è l’emottisi, ovvero la tosse con sangue.
Colpi di calore, ecco come difendersi
PrevenzioneColpi di calore in agguato anche quest’anno, ora che la colonnina del termometro ha iniziato a restare in maniera stabile sopra i 30 gradi. Ovviamente i rischi maggiori li corre chi (anziani o bambini) deve necessariamente uscire di casa o non ha condizionatori per tenersi al fresco. Per godersi l’estate in sicurezza invece bisogna fare attenzione, seguendo alcune regole precise. E il discorso vale sia per gli adulti che per i bambini. I consigli arrivano dal provider Ecm 2506 Sanità in-Formazione e da Serena Missori, endocrinologa e nutrizionista, in collaborazione con Consulcesi Club.
Bere spesso
La prima regola riguarda l’idratazione: aggiungere succo di limone e menta fresca all’acqua serve per reintegrare i sali minerali. Per rinfrescarsi (con l’effetto combinato di combattere al tempo stesso la cellulite), è utile un drink drenante all’anguria e menta: per 2 persone basta frullare 400 grammi di anguria, il succo di un limone, 5-6 foglioline di menta fresca e 200 ml di acqua. Per quanto allettanti, i succhi di frutta confezionati sono troppo concentrati rispetto alla quantità di liquidi che abbiamo all’interno del nostro corpo e possono farci disidratare ulteriormente creando problemi gastro-intestinali. Se proprio vogliamo berli, è bene diluirli con acqua.
Abiti freschi
Anche i vestiti che indossiamo hanno il loro peso. Bisogna evitare abiti in fibre sintetiche, poliestere e nylon e prediligere abiti in cotone e lino, ma anche la viscosa, che lasciano traspirare meglio la pelle e non fanno aumentare la temperatura corporea. Il miglior modo per proteggere la testa è quello di bagnare un cappello di cotone con la tesa rigida che deve essere indossato quando si fanno camminate sotto il sole o se ci si espone in spiaggia.
Mangiare leggero
Contro i sintomi di insolazione e colpi di calore è utile mangiare poco e spesso. È bene non abbuffarsi perché la digestione diventa impegnativa e quindi richiama più sangue all’interno dell’apparato digerente privandone gli altri organi. La tentazione di refrigerarsi con alimenti e bevande a bassissime temperature è inevitabile, ma può rivelarsi molto pericolosa. Questo non significa che non possiamo mangiare il gelato, ma che lo dobbiamo stemperare in bocca prima di deglutire per evitare uno shock termico.
Occhio ai più piccoli
Particolare attenzione va prestata ai bambini, che dopo un anno di scuola o asilo hanno solo voglia di giochi all’aperto, nonostante il caldo e l’afa. I genitori devono fare particolare attenzione al loro benessere e alla loro idratazione: bisogna evitare di esporli al sole e fargli praticare attività fisica o sportiva nelle ore più calde, bagnargli spesso la testa e rinfrescare tutto il corpo, senza dimenticare di aumentare l’apporto idrico per reintegrare i liquidi persi con la sudorazione, privilegiando un’alimentazione ricca di frutta e verdura.
Disability Pride: “In piazza per i diritti di tutti”. Polemiche assenza Fontana
Associazioni pazientiPer la prima volta nella Capitale, in contemporanea con Brighton e New York, ormai alla quarta edizione, il Disability Pride ha sfilato per le vie del centro di Roma. Da piazza Venezia, lungo via del Corso, il corteo è giunto a piazza del Popolo.
“Sfiliamo per i diritti di tutti e per ogni tipo di disabilità – ha detto Dario Dongo del direttivo del Disability Pride Onlus. Dai trasporti pubblici al diritto di manifestare (“tanti hanno avuto problemi a raggiungerci in piazza oggi”), dal diritto alla salute e all’assistenza a quello al lavoro, “la società italiana deve mettersi al livello della civiltà – continua – e la civiltà è quella affermata nella Convenzione Onu per i diritti dei disabili 12 anni fa”. Tra gli invitati all’iniziativa anche il ministro della Disabilità Lorenzo Fontana, che però non era presente.
Anche Marco Gentili, co-presidente dell’ Associazione Luca Coscioni e politico malato di Sla, attivo nella difesa dei diritti delle persone con disabilità ha rivolto un videoappello alla politica e alla società. «Tutte le persone dovrebbero poter accedere alle cure, al lavoro, alla mobilità e a una vita indipendente, all’espressione e alla costruzione di una famiglia. Vi chiediamo di fare di più, dal dovere di garantire a tutti pari diritti, all’accessibilità delle città, fino al consentire l’espressione della volontà, e al fornire a tutti le protesi e gli strumenti necessari per condurre una vita indipendente»
La manifestazione
Contro le barriere architettoniche e culturali che limitano l’autonomia delle persone con disabilità (1 su 6 in Italia), si è celebrato ieri, 15 luglio a Roma il Disability Pride, un corteo che tra suoni e colori ha sfilato per il centro storico di Roma per raggiungere Piazza del Popolo, alternando momenti di gioco e di riflessione politica. L’iniziativa, patrocinata da Parlamento Europeo e Anci, si è svolta nel giorno in cui ricorre la firma della Convenzione Onu sui diritti delle persone disabili.