Tempo di lettura: 2 minutiSono state riprodotte in laboratorio le cellule della corteccia cerebrale, incluse quelle della corteccia anteriore, responsabili dei movimenti dei muscoli. I neuroni di specifiche aree della corteccia sono stati creati in vitro, con gli stessi segnali chimici utilizzati dall’embrione. Sostituendo le cellule cerebrali morte con cellule cerebrali nervose prodotte in laboratorio si potrà dunque intervenire per la cura dell’ictus e il recupero completo della capacità motoria di braccia o gambe.
Un team di ricerca coordinato da Federico Cremisi del Laboratorio di Biologiadella Scuola Normale Superiore (Bio@SNS) e da Michèle Studer dell’Università francese di Nizza è riuscito a “pilotare” in laboratorio la trasformazione di cellule staminali embrionali di topo in cellule nervose tipiche di aree della corteccia cerebrale più anteriori, con funzione motoria, o più posteriori, a funzione sensoriale. Questa trasformazione, che in natura si svolge spontaneamente, ma di cui si ignoravano i meccanismi, adesso invece può essere “guidata” in laboratorio modulando la concentrazione del Fattore di Crescita dei Fibroblasti (FGF) all’interno della capsula petri di coltura delle cellule.
La ricerca è parte di un programma coordinato da Federico Cremisi finalizzato a riprodurre in vitro i differenti tipi di cellule nervose che costituiscono il nostro cervello: “a brain in a dish”.
Lo studio, i cui primi firmatari sono Marco Terrigno e Michele Bertacchi, rispettivamente allievo perfezionando e dottore di ricerca del dottorato in Neuroscienze della Scuola Normale Superiore, è pubblicato sulla rivista “Stem Cell Reports”.
La possibilità di ottenere un tipo specifico di cellule cerebrali nervose in una capsula Petri a partire da cellule embrionali staminali (ES) è da alcuni anni una delle mete più ambite della ricerca biomedica. Infatti, il tipo di cellula nervosa prodotta è essenziale per la sua integrazione ed il suo corretto funzionamento nella rete neuronale, sia in un cervello embrionale sia in esperimenti di trapianto cellulare. In questo studio i ricercatori hanno scoperto il segnale chimico (l’FGF) e il tempo di azione necessari affinché la trasformazione potesse avvenire, in modo da istruire le cellule nervose derivate dalle cellule ES a diventare specifici neuroni della corteccia cerebrale più anteriore o posteriore.
Inoltre i ricercatori hanno scoperto che un piccolo RNA di 22 basi, il microRNA miR-21, è il responsabile dell’azione del’FGF sui geni che determinano le regioni più anteriori o posteriori della corteccia cerebrale, introducendo un nuovo livello di regolazione dei geni che determinano l’identità della corteccia cerebrale.
I risultati ottenuti dal team di Federico Cremisi aprono le porte all’utilizzo delle colture cellulari per la produzione di tipi molto specifici di cellule nervose che potranno essere utilizzate in futuro in programmi di terapia cellulare del sistema nervoso, in screening di molecole per uso terapeutico e per studi sui meccanismi di patologie del sistema nervoso.
Cellule cerebrali riprodotte in vitro. Si potrà curare ictus
Ricerca innovazioneSono state riprodotte in laboratorio le cellule della corteccia cerebrale, incluse quelle della corteccia anteriore, responsabili dei movimenti dei muscoli. I neuroni di specifiche aree della corteccia sono stati creati in vitro, con gli stessi segnali chimici utilizzati dall’embrione. Sostituendo le cellule cerebrali morte con cellule cerebrali nervose prodotte in laboratorio si potrà dunque intervenire per la cura dell’ictus e il recupero completo della capacità motoria di braccia o gambe.
Un team di ricerca coordinato da Federico Cremisi del Laboratorio di Biologiadella Scuola Normale Superiore (Bio@SNS) e da Michèle Studer dell’Università francese di Nizza è riuscito a “pilotare” in laboratorio la trasformazione di cellule staminali embrionali di topo in cellule nervose tipiche di aree della corteccia cerebrale più anteriori, con funzione motoria, o più posteriori, a funzione sensoriale. Questa trasformazione, che in natura si svolge spontaneamente, ma di cui si ignoravano i meccanismi, adesso invece può essere “guidata” in laboratorio modulando la concentrazione del Fattore di Crescita dei Fibroblasti (FGF) all’interno della capsula petri di coltura delle cellule.
La ricerca è parte di un programma coordinato da Federico Cremisi finalizzato a riprodurre in vitro i differenti tipi di cellule nervose che costituiscono il nostro cervello: “a brain in a dish”.
Lo studio, i cui primi firmatari sono Marco Terrigno e Michele Bertacchi, rispettivamente allievo perfezionando e dottore di ricerca del dottorato in Neuroscienze della Scuola Normale Superiore, è pubblicato sulla rivista “Stem Cell Reports”.
La possibilità di ottenere un tipo specifico di cellule cerebrali nervose in una capsula Petri a partire da cellule embrionali staminali (ES) è da alcuni anni una delle mete più ambite della ricerca biomedica. Infatti, il tipo di cellula nervosa prodotta è essenziale per la sua integrazione ed il suo corretto funzionamento nella rete neuronale, sia in un cervello embrionale sia in esperimenti di trapianto cellulare. In questo studio i ricercatori hanno scoperto il segnale chimico (l’FGF) e il tempo di azione necessari affinché la trasformazione potesse avvenire, in modo da istruire le cellule nervose derivate dalle cellule ES a diventare specifici neuroni della corteccia cerebrale più anteriore o posteriore.
Inoltre i ricercatori hanno scoperto che un piccolo RNA di 22 basi, il microRNA miR-21, è il responsabile dell’azione del’FGF sui geni che determinano le regioni più anteriori o posteriori della corteccia cerebrale, introducendo un nuovo livello di regolazione dei geni che determinano l’identità della corteccia cerebrale.
I risultati ottenuti dal team di Federico Cremisi aprono le porte all’utilizzo delle colture cellulari per la produzione di tipi molto specifici di cellule nervose che potranno essere utilizzate in futuro in programmi di terapia cellulare del sistema nervoso, in screening di molecole per uso terapeutico e per studi sui meccanismi di patologie del sistema nervoso.
Processi intellettuali ostacolati dallo smartphone. La ricerca
Ricerca innovazioneÈ attraverso la lettura che il nostro cervello elabora alcuni dei più importanti processi intellettuali e affettivi, come la conoscenza interiorizzata, il ragionamento analogico e l’inferenza. La lettura digitale questi processi li sta portando via, scrive il Guardian.
Il digitale infatti sta cambiando il nostro cervello: da un lato lo abitua ad immagazzinare una quantità di informazioni maggiore rispetto a prima, dall’altro però la continua lettura di testi tramite uno schermo sta modificando l’approccio logico verso ciò che viene appreso, nello stesso modo in cui la lettura ha cambiato ai tempi il modo di approcciare la realtà. Sherry Turkle, studiosa del MIT, ha scritto: “non erriamo come società quando innoviamo, ma quando ignoriamo ciò che interrompiamo o diminuiamo mentre innoviamo”.
Per il Guardian Maryanne Wolf ha sviluppato una ricerca su quella che lei chiama “lettura profonda”. Ciò che stiamo perdendo, giorno dopo giorno, per colpa di una realtà, virtuale e non, che ci bombarda di input e informazioni, è la capacità di approfondire e creare empatia con ciò che apprendiamo. “La mia ricerca – sostiene la Wolf – spiega come il cervello attualmente consente tramite la lettura lo sviluppo di alcuni dei nostri più importanti processi intellettuali e affettivi: conoscenza interiorizzata, ragionamento analogico e inferenza; presa di prospettiva ed empatia; analisi critica e generazione di intuizioni”, queste capacità vengono meno nella lettura digitale.
Sempre al Guardian, Mark Edmundson, studioso e insegnante di letteratura inglese, ha detto che i suoi allievi non riescono più a leggere classici del 19esimo e 20esimo secolo perché troppo lunghi e impegnati. A Stavanger, in Norvegia, la psicologa Anne Mangen e i suoi colleghi hanno studiato come un gruppo di alunni possa recepire in maniera diversa lo stesso testo se letto con due supporti diversi. Il gruppo di Mangen ha proposto la lettura del romanzo Jenny, Mon Amour consegnando a metà classe il testo per Kindle, e all’altra metà l’edizione economica cartacea.
Ne è emerso che gli studenti che hanno letto su carta erano molto più preparati rispetto ai compagni che hanno letto il romanzo sullo schermo, in particolare è stata di molto superiore la loro capacità di ricostruire i dettagli e la trama in ordine cronologico.
Partner depresso influenza l’altro, anche nel declino cognitivo
PrevenzioneNella vita di coppia capita spesso di influenzarsi a vicenda, anche nelle emozioni. A dirlo è la scienza, infatti se un partner è depresso anche nell’altro possano aumentare i sintomi depressivi e il declino cognitivo in età avanzata. A rilevarlo è la ricerca della Yale School of Public Health, pubblicata sull’American Journal of Geriatric Psychiatry. Analizzando i dati del Cardiovascular Health Study, che raggruppano 1.028 coppie sposate dai 60 anni in su, il team di ricercatori ha esaminato i cambiamenti nel tempo e le correlazioni che riguardano i sintomi depressivi tra i partner e i punteggi di 3MS, una misura clinica comune del funzionamento cognitivo, in tre visite condotte nel corso di 7 anni.
Anche se nei risultati la forza delle correlazione tra sintomi depressivi dei coniugi e il declino cognitivo era relativamente bassa, secondo i ricercatori è importante documentare le influenze anche minime dei partner sul lungo periodo, perché sommandosi potrebbero diventare qualcosa di più grande.
“Questi risultati – spiega Joan Monin, autrice principale dello studio – suggeriscono che non solo è importante monitorare, prevenire e trattare i problemi di salute mentale e cognitiva negli individui, ma anche nei loro partner in un eventuale rapporto di coppia”. Il compagno o il marito depresso mette a rischio l’altro, ecco perché vanno coinvolti entrambi nella diagnosi e nel percorso terapeutico.
Pillole dell’amore, abusarne può essere letale
FarmaceuticaFare l’amore fa bene alla salute del cuore e non solo, ciò che invece può essere letale è abusare di farmaci che aiutano a combattere la disfunzione erettile. La notizia incredibile è che diciannove persone sono morte in Gran Bretagna, nel solo 2017, a causa di un abuso della “Pillola dell’amore”. Mentre dall’inizio del 2018, il bilancio è di 7 decessi. A svelarlo è l’agenzia nazionale britannica di regolamentazione dei prodotti Medicines & Healthcare (MHRA). Per la maggior parte si trattava di uomini tra i 50 e i 60 anni e sono deceduti per problemi cardiaci. La notizia, che domina sui principali giornali d’Oltremanica, potrebbe esser collegata, secondo gli esperti, ad un abuso di pillole dell’amore, farmaci che sono preziosissimi per per gli uomini con disfunzione erettile, ma che devono sempre essere assunti in maniera coscienziosa.
Chi non la può prendere
Dal 1998 al 2016, oltre 64 milioni di uomini in tutto il mondo sono stati trattati, ma è sconsigliata a chi ha avuto ictus, infarto, o ha la pressione bassa. Dall’introduzione ad oggi, si legge nel report online, in Gran Bretagna sono state 166 le morti collegate ad uso smodato (in media 8 l’anno), e 824 sono stati i casi di gravi effetti collaterali registrati. Il più alto tasso di mortalità è stato nel 1999, quando morirono 44 persone. Lo scorso anno con 19 morti, c’è stato il terzo più alto numero di decessi. La Gran Bretagna, a marzo 2018, è stato il primo Paese a permetterne l’acquisto senza ricetta in farmacia da parte di chiunque abbia compiuto 18 anni e che fosse ritenuto appropriato assumerlo. Decisione che ha fatto balzare le vendite con un aumento del 60% ma che è successiva al boom di decessi registrato nell’anno precedente. Un consiglio? Se decidete di usare questi farmaci fatelo sempre sotto consiglio del vostro medico e tenetevi ben lontani da prodotti a basso costo acquistati on line, medicinali che spesso non sono per niente affidabili.
Rachel Bland è morta, ha raccontato il tumore in diretta
News PresaNessun tono drammatico, anzi, traspariva quasi dell’ironia nella voce di Rachel Bland, mentre annunciava qualche giorno che le restavano solo pochi giorni di vita. Un messaggio coraggioso quello della reporter, speaker popolare della BBC, anche all’ultimo ha trovato la forza per dare un saluto agli amici e al pubblico: “Temo sia venuto il momento, mi dicono che mi restano pochi giorni”. Rachel Bland, aveva 40 anni, se n’è andata ieri, sconfitta da un cancro al seno rivelatosi incurabile, ma affrontato a occhi aperti e raccontato quasi in presa diretta. La notizia della morte, ormai attesa, è stata confermata dal marito Steve, che in un messaggio l’ha ricordata come “una giornalista d’incredibile talento”, ma soprattutto come “una figlia, sorella, zia, nipote, moglie e, ciò che più contava per lei, una madre meravigliosa del piccolo Freddie”. “Noi siamo schiacciati dal dolore, ma come lei avrebbe voluto non posso non ringraziare tutti coloro che hanno partecipato alla sua storia o mandato messaggi di sostegno: non potrete mai sapere quanto abbia significato per lei”, ha aggiunto. La giornalista era conduttrice di punta di Radio 5 Live, il tumore le era stato diagnosticato due anni fa. Dopo le prime cure positive aveva trovato la speranza, ma poi la malattia è ritornata, più estesa, fino a diventare incurabile. Durante la malattia Rachel non ha mai perso la forza e lo spirito, è stata un grande simbolo di coraggio per molti, continuando a lavorare e restare al microfono fino all’ultimo. Ha inaugurato un blog sulla sfida con il male e un podcast intitolato – con spirito tutto britannico – ‘You, Me and Big C“. Dove C stava ovviamente per ‘cancer’: un diario pubblico trasformatosi una macchina di solidarietà umana: nelle ultime ore, il più seguito dell’intero Regno Unito. Un grande simbolo di lotta e di speranza per tutti i malati di cancro, per i loro familiari e amici e per tutto il mondo intero.
Sedentarietà, il killer del terzo millennio
SportL’attività fisica fa bene, non è certo una novità. Ciò che spesso sottovalutiamo è quanto possa far male essere sedentari. L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha reso noti i nuovi dati pubblicati su The Lancet Global Health che mostrano lo stato di sedentarietà a livello globale. Più di un adulto su quattro nel mondo (il 28% o 1,4 miliardi di persone, uno su tre nelle zone migliori) sono fisicamente inattivi.
Lo studio
Realizzato da quattro esperti dell’Organizzazione mondiale della sanità, questa ricerca riporta dati che aggiornano le stime del 2008 sui livelli di attività e, per la prima volta, riporta anche delle analisi di tendenza che dimostrano come nel complesso il livello globale di inattività negli adulti resta sostanzialmente invariato dal 2001. Le donne, in particolare, sono meno attive rispetto agli uomini, con una differenza di oltre l’8% a livello globale (32% uomini contro 23% donne). Non c’è da meravigliarsi che i paesi ad alto reddito siano i più inattivi (37%) rispetto ai paesi a reddito medio (26%) e a basso reddito (16%). Questi dati mostrano la necessità per tutti i paesi di aumentare la priorità data alle azioni nazionali e sub-nazionali per fornire gli ambienti che supportano l’attività fisica e aumentare le opportunità per le persone di tutte le età e abilità, di essere attivi ogni giorno. Il nuovo piano d’azione globale sull’attività fisica stabilisce l’obiettivo di ridurre l’inattività fisica del 10% entro il 2025 e del 15% entro il 2030.
La salute del cuore
Il muscolo per eccellenza che beneficia dell’attività fisica è il cuore, camminare o fare attività fisica ogni giorno può aiutare a mantenere il nostro “motore” in salute, prevenendo l’insorgenza di insufficienza cardiaca. Stando ad una ricerca pubblicata sul Journal of the American College of Cardiology: Heart Failure, 30-45 minuti di attività fisica giornaliera possono ridurre del 9% il rischio di sviluppare insufficienza cardiaca.
L’insufficienza cardiaca
L’insufficienza cardiaca è un problema molto comune in età anziana; si può sviluppare sia in seguito a un infarto, a causa del danno al muscolo cardiaco, sia in concomitanza di altre malattie come la pressione alta o il diabete. Può essere più o meno grave a seconda dei casi, ma il risultato è che il cuore non pompa bene il sangue e ciò può portare a diversi rischi nel tempo.
Dose dipendente
Gli esperti hanno visto che essere fisicamente attivi protegge dall’insufficienza cardiaca, con un effetto cosiddetto dose-dipendente, ovvero più ci si muove più il cuore risulta protetto dallo scompenso. Non è importante, infine, l’intensità dell’esercizio fisico ma solo l’ammontare di esso, quindi basta anche solo camminare e più si cammina, meglio è in difesa del cuore.
Vaccini, retromarcia sulle autocertificazioni
News PresaSul tema dei vaccini, o meglio sulla proroga all’obbligatorietà e sulla possibilità di presentare semplici autocertificazioni, da Roma arriva una netta retromarcia. La maggioranza infatti ci ripensa: è pronto un emendamento per confermare l’obbligo per la frequenza scolastica. Nel governo si sta valutando una serie di emendamenti presentati da diversi gruppi parlamentari che abroga dal decreto Milleproroghe il comma che rende non obbligatori i vaccini per i bambini di materne e asili. I relatori delle Commissioni Bilancio e Affari costituzionali, Giuseppe Buompane e Vittoria Baldino, che stanno esaminando il provvedimento, potrebbero dare parere positivo.
Soddisfazione dei pediatri
La confusione dei genitori
I Dem
«La maggioranza M5s-Lega della Commissione Affari sociali – dice ha il capogruppo Dem in commissione Affari sociali, Vito De Filippo – ha proposto la soppressione del comma 3 dell’articolo 6 del decreto legge che prevede la proroga dell’obbligo di vaccinazione per l’iscrizione scolastica. Si tratta di una clamorosa retromarcia e di una straordinaria vittoria della buona politica, della scienza e del buon senso. Ieri, durante le audizioni, i medici, i pediatri e gli esperti degli Istituti superiori di Sanità, avevano contestato nel merito le ragioni di una scelta che metteva a rischio la salute dei bambini. E’ un successo importante ottenuto anche grazie al contributo decisivo dei parlamentari del Partito democratico».
Dopo i tragici eventi. Superare il trauma: la giustizia sola non basta
News Presa, Psicologia“Innanzitutto è riconoscere e accettare il proprio senso di rabbia e di impotenza che è del tutto umano e legittimo, senza tenere tutto dentro ma parlarne per evitare che gli incubi proseguano nel tempo. Chi ha visto il ponte crollare e chi ha perso i propri familiari in questa tragedia, continuerà a rivivere questa realtà giorno dopo giorno e, per molti mesi, rivivrà questa realtà sia ad occhi aperti che nei sogni.Condividere l’angoscia aiuta a superare il dolore. Penso che chiunque sia stato colpito dalla tragedia del 14 agosto ma anche molti dei miei pazienti manifesteranno ansia e terrore nel dover attraversare altri ponti autostradali, soprattutto se costruiti più di mezzo secolo fa e non adeguatamente controllati e regolarizzati. Dobbiamo tutti affrontare questo trauma di massa a partire dalle nostre famiglie, parlandone con i gruppi delle persone che rappresentano i nostri affetti oltre ad ascoltare il parere e i consigli degli esperti. E’ fondamentale che tutti noi impariamo ad accogliere la sofferenza e le nostre emozioni reciprocamente”
Oltre all’angoscia del lutto, perchè esprimiamo spesso sensi di colpa davanti alle tragedie?
“E’ come se il nostro inconscio ci dicesse: “prima che succedesse la tragedia tu potevi intervenire, potevi prevenire, non sei stato lungimirante, non hai anticipato la tragedia e ti sei comportato come chi doveva intervenire per tempo e non lo ha fatto” Sappiamo bene che questi pensieri non sono razionali e possono essere considerati assurdi ma, il nostro inconscio, non si lascia condizionare dalla razionalità e ci fa arrivare quello che genera autonomamente. Così quando succede una tragedia agli altri potremmo incorrere in sentimenti di angoscia e colpa anche per quel che ci propina il nostro inconscio e cercare di difenderci da questi meccanismi del profondo sviluppando l’appetito alla ricerca del colpevole. Questo però non ci permette di superare il trauma e spesso lo aggrava ancor di più quando viene individuato il colpevole perché si prende atto che tra umani non siamo solidali come altre popolazioni di mammiferi viventi e non siamo in grado di amarci e rispettarci come dovremmo e come io vorrei che accadesse”.
Wonder Giusy è in libreria: la supereroina con le gambe alate
Bambini“Grazie a loro ho capito che la disabilità sta solo negli occhi di chi guarda”: il nuovo libro illustrato per ragazzi di Giusy Versace è dedicato a “tutti i bambini che mi hanno regalato un sorriso e che, a volte, hanno visto in me un punto di riferimento”.
E’ uscito in questi giorni, si intitola Wonder Giusy ed è edito da Mondadori. Giusy Versace, da campionessa paralimpica nell’atletica leggera diventa paladina per l’inclusione sociale dei bambini disabili grazie allo sport nel libro illustrato dedicato ai più piccoli. La protagonista supereroina è dotata del potere del sorriso e di un paio di gambe alate, sempre pronta ad aiutare il prossimo e a salvare chi si trova in difficoltà. A 41 anni l’atleta calabrese, amputata a entrambe le gambe dopo un incidente d’auto nel 2005, intraprende una nuova strada. Nipote di Donatella e Gianni, simboli italiani della moda nel mondo, dopo essere diventata una campionessa paralimpica, nel 2018 ha iniziato l’avventura politica come deputata di Forza Italia, presentando una proposta di legge sulla disabilità e lo sport. E poi, il nuovo personaggio di Wonder Giusy.
Come era stato per il primo libro della Versace “Con la testa e con il cuore si va ovunque”, anche in questo caso il messaggio è quello di non scoraggiarsi di fronte alle avversità della vita e ricercare sempre nuove risorse per trasformare il dolore e la rabbia in speranza e voglia di vivere. E questa volta il pubblico al quale Giusy si rivolge è quello dei giovani.
“Sono loro, i giovani – commenta Giusy – che con la loro innocenza e curiosità mi hanno spinto a mettere nero su bianco un progetto che ho tenuto nel cassetto per due anni. L’idea me l’ha data un bimbo di 10 anni mentre mi allenavo al campo di atletica a Vigevano. L’ho visto domandare all’amico dove fosse il telecomando per far funzionare così bene le mie protesi e correre così veloce. Quest’episodio mi ha fatto sorridere e riflettere su come la curiosità, l’innocenza e la spontaneità siano gli ingredienti principali della felicità”.
Attorno alla storia di WonderGiusy gravitano due personaggi: Hater, il disabile rancoroso che dopo aver perso il braccio decide di prendersela col mondo ed è sempre pronto a sabotare le “missioni sorriso” di WonderGiusy. Poi c’è Chris, un bimbo emarginato dai suoi amici da quando, a causa di un incidente, è costretto su una sedia a rotelle. Grazie all’aiuto di WonderGiusy, Chris riuscirà a cancellare il passato e a guardare il presente con occhi nuovi e speranzosi: “prima potevo, oggi posso!”
Vaccini, la polemica dei dirigenti scolastici
News PresaA pochi giorni dalla prima campanella la polemica sui vaccini entra nel vivo, e non potrebbe essere altrimenti vista la confusione (anche normativa) degli ultimi tempi. A lamentarsi, su tutti, sono a questo punto i presidi, anche perché sono proprio loro ad essere chiamati in causa nel vigilare sulle autocertificazioni.
L’allarme
In particolare, la richiesta dei dirigenti scolastici è che venga ritirato l’emendamento che rinvia l’applicazione dell’esclusione della frequenza per i bambini non vaccinati: «se passa – dicono – abbiamo per questo anno scolastico un rischio di insicurezza per la salute». L’allarme è stato lanciato in audizione alla Camera dal presidente dell’Associazione presidi, Antonello Giannelli. «Ci sono 10mila bambini che non possono vaccinarsi per varie ragioni. E assegnare questi bambini a classi particolari non è possibile sia dal punto di vista organizzativo sia perché significa che è una forma di segregazione che ripugna».
Rischio caos
Mario Rusconi, presidente dell’Associazione Nazionale Presidi del Lazio, spiega che «secondo la legge Lorenzin i bimbi per poter accedere a nidi e scuole dell’infanzia devono portare la certificazione dei vaccini fatti, secondo la circolare ministeriale è sufficiente l’autocertificazione. Questo crea una situazione di grande confusione all’avvio dell’anno scolastico». Secondo Rusconi la situazione di incertezza crea ‘«molti problemi alle scuole in quanto si attribuiscono enormi responsabilità, che si sarebbero potute evitare, ai dirigenti scolastici. Che, paradossalmente, aggiunge il presidente dell’Associazione nazionale Presidi del Lazio, rischiano denunce sia se il bambino viene ammesso a scuola solo con l’autocertificazione sia se non viene ammesso. Servono indicazioni più chiare e precise – conclude – altrimenti la confusione è inevitabile e a farne le spese sono presidi e famiglie».