Tempo di lettura: 4 minutiL’ultimo rapporto Svimez ha ricordato a tutti quanto sia pesante e quanto stia crescendo (soprattutto al Sud) il fenomeno della povertà sanitaria: vale a dire la difficoltà crescente di molti italiani, anche giovani e giovanissimi, di potersi curare.Purtroppo non suona come una novità che le regioni dalle quali si muovono più pazienti, per andarsi a curare fuori, sono Calabria, Campania e Sicilia. Al contrario quelle maggiormente attrattive sono la Lombardia e l’Emilia Romagna.
La malattia e la povertà sanitaria
Spesso, alla base della crescita della spesa sostenuta dalle famiglie con il conseguente impatto sui redditi ci sono lunghi tempi di attesa per le prestazioni specialistiche e ambulatoriali e l’esaurimento dei fondi regionali destinati a sostenere gli esami svolti in centri privati accreditati. Tutto questo incide sul fenomeno dilagante della “povertà sanitaria”. Oggigiorno, purtroppo, la diagnosi di una grave malattia è tra le cause principali di un impoverimento delle famiglie, il peso nelle regioni meridionali di questo fattore è del 3,8% in Campania, del 2,8% in Calabria, del 2,7% in Sicilia. All’estremo opposto la Lombardia con lo 0,2% e la Toscana con lo 0,3%.
Le iniziative
Se da un lato aumenta la povertà sanitaria, nel Mezzogiorno d’Italia la famiglia e le reti sociali sono molto solide e in diversi ospedali c’è grande attenzione all’umanizzazione delle cure. In vista delle festività sono moltissime le iniziative di solidarietà in favore dei pazienti, soprattutto (ma non solo) dei più piccoli.In questo senso, il Santobono di Napoli (con il sostegno della Fondazione e delle tante associazioni) è certamente un faro. Almeno 2 le iniziative interne all’ospedale che si terranno di qui aNatale: il 19 dicembre divertentissima tombolata con cabarettisti e, addirittura, Babbo Natale in persona. Tanta musica, dolci e premi in giocattoli per tutti. Il 22 dicembre il coro gospel napoletano (St. Peter’s Gospel choir) canterà musiche natalizie a cappella. Tantissime le iniziative all’esterno dell’ospedale. Per citarne alcune: il 14 dicembre si terrà ne, che per il secondo anno rinnova il suo sostegno alla Fondazione, scegliendo di devolvere una parte del ricavato delle vendita dei panettoni e promuovendo una raccolta fondi diretta in occasione del Gala dinner che si terrà il 19 dicembre presso il Museo Mann. Il 22 dicembre tradizionale Concerto di Natale al Teatro San Carlo. Per il sesto anno il Massimo cittadino destinerà al Santobono il ricavato della vendita dei biglietti del concerto.
Edenlandia for children
Degno di nota è di Raffaele Nespoli Il focus anche il progetto «Edenlandia for children». Il parco divertimento di Napoli ha già un rapporto con l’ospedale dei piccoli pazienti, facendo beneficenza già dal giorno della sua apertura. E così anche per il periodo di Natale i piccoli degenti potranno visitare la grande casa di Babbo Natale ed essere passeggeri del famoso trenino. Per l’anno nuovo,i personaggi dell’Edenlandia ricambieranno la visita andando a trovare i bambini ricoverati. Spazio alla solidarietà e alla valorizzazione dei rapporti umani anche al Cardarelli, dove il pranzo di Natale e il cenone di Capodanno avranno un sapore speciale. «Essere costretti a trascorrere il Natale o il Capodanno in ospedale – dice il direttore generale Ciro Verdoliva – è di per sé molto duro. Per questo faremo in modo che i nostri pazienti, quelli per i quali non ci sono indicazioni mediche contrarie, possano avere un pranzo o una cena almeno simili a quelli che avrebbero scelto se fossero stati a casa». Lo stesso trattamento sarà riservato anche ai familiari, che potranno richiedere in reparto un ticket gratuito con il quale pranzare il giorno di Natale e di capodanno alla mensa ospedaliera. «È solo un piccolo gesto che l’azienda vuole dedicare ai propri utenti – aggiunge il direttore sanitario Franco Paradiso – un modo per cercare di trasmettere un po’ di conforto a chi non potrà trascorrere il Natale o la fine dell’anno a casa».Una bella iniziativa, che torna di anno in anno, è il Natale solidale di For Life, l’associazione senza scopo di lucro che in diversi Paesi dell’Africa (ma anche in Italia) da tempo realizza progetti umanitari rivolti soprattutto ai bambini che vivono in condizioni di estrema povertà. La vendita dei gadget natalizi servirà quest’anno a finanziare un progetto tutto leccese: l’apertura di un Centro medico sociale (in via Adriatica) nei locali di proprietà del Centro italiano femminile (Cif). Il poliambulatorio è destinato ai poveri della città. A quelli che avranno bisogno di visite specialistiche e che magari non hanno nemmeno la possibilità di sostenere il costo del ticket o peggio ancora non ne hanno diritto per motivi strettamente burocratici e non possono permettersi una visita medica privata.
Sul web
La solidarietà sfrutta i canali del web all’ospedale Garibaldi di Catania. Palloncini, mongolfiere colorate, giocolieri alle prese con capriole, buffi animali in equilibrio tra creatività e immaginazione e una simpatica combriccola di clown. Una fiaba circense immaginata e raccontata ogni giorno dai medici e dai volontari dell’associazione catanese Children’s Agorà ai bambini del reparto di chirurgia pediatrica del nosocomio «Sorrisi & Allegria, il circo in corsia» è la nuova campagna lanciata sulla piattaforma crowd funding siciliana Laboriusa.it che permette, attraverso il finanziamento dal basso, di decorare e rivestire di fantasia le pareti del reparto catanese. Un’avventura digitale che richiede un budget totale di 2.300 euro; fondi che saranno destinati all’acquisto dei materiali e all’allestimento dell’istallazione artistica. Con le donazioni effettuate sulla piattaforma sarà possibile trasformare i lunghi corridoi del reparto in una giostra in compagnia di leoni acrobati e orsi in bicicletta: le pareti diventeranno un circo divertente e la porta d’ingresso dei dottori verrà aperta da simpatici clown con giacche a doppio petto. Visto che il legame con il proprio territorio non può prescindere dall’aiutareipiù deboli: con il consueto spirito solidale torna infine l’iniziativa di Despar Centro-Sud, con la quarta edizione de «Il tuo sorriso, il dono più prezioso». Un percorso che terminerà con una grande cena natalizia che coinvolgerà poveri, senza tetto e richiedenti asilo, di 11 comuni in Abruzzo, Campania, Basilicata, Puglia e Calabria. Regalare un sorriso e trasmettere, attraverso l’atmosfera tipica del Natale, un momento di gioia e di serenità a chi è meno fortunato.
Il destino del cuore si decide alla nascita
PrevenzioneOccuparsi della propria salute, fare prevenzione, è sempre una buona idea; farlo da genitori, prima ancora che il bimbo nasca, è la chiave vincente. Almeno per il cuore. A quanto pare, infatti, i giochi si fanno prima della nascita, o quantomeno da bambini e adolescenti: essere sedentari prima dei 18 anni si associa a un maggior rischio di malattie cardiovascolari da adulti ma anche nascere da mamme che non hanno prestato attenzione a dieta, movimento e salute durante la gravidanza può compromettere il benessere cardiaco futuro. Così i cardiologi puntano alla prevenzione iper-primaria, dal concepimento ai 18 anni, e in occasione del 79° Congresso Nazionale della Società Italiana di Cardiologia (SIC), a Roma dal 14 al 17 dicembre, sottolineano che l’esercizio fisico è il metodo migliore per proteggere il cuore fin da bambini, aderendo alle raccomandazioni delle recenti linee guida statunitensi sull’attività fisica secondo cui la “dose” di movimento è di almeno 3 ore al giorno fra 3 e 5 anni e di almeno 60 minuti quotidiani dai 6 ai 17 anni. Purtroppo, stando alle stime appena il 3% dei bambini e ragazzini raggiunge l’obiettivo, con possibili ripercussioni negative nel lungo termine.
Lo sport? Meglio dei farmaci
“L’attività fisica – spiega Giuseppe Mercuro, Presidente SIC professore ordinario di cardiologia all’Università di Cagliari – ha un ruolo importante e in molti casi addirittura superiore alla terapia farmacologica nella prevenzione e trattamento delle malattie cardiovascolari, che in larga parte sono provocate proprio dalla sedentarietà: il 9% delle morti premature è attribuibile all’inattività fisica, un “peso” simile a quello del fumo. Chiaramente lo sport non deve e non può sostituire una terapia prescritta da un medico, ma aiuta.
Il cuore
L’esercizio fisico ha un effetto fortemente benefico sul cuore e sulla salute in generale, praticato in modo regolare riduce fino al 30% la mortalità; tuttavia l’Italia è un Paese di pigri e anche i giovanissimi non si discostano dalla media, anzi. Gli studi scientifici indicano che solo il 30% dei bambini e adolescenti raggiunge nell’arco della settimana una media di 60 minuti di attività fisica giornaliera, grazie ai giorni in cui si pratica sport per più di un’ora consecutiva; tuttavia, se si va a vedere quanti fanno almeno 60 minuti di esercizio moderato ogni giorno, la percentuale crolla al 3% con i maschi un po’ più attivi (5,5%) e le femmine molto sedentarie, visto che solo l’1,2% si muove quotidianamente a sufficienza. I bambini con meno di 6 anni – continua Mercuro – sono in una fase di rapido sviluppo e 3 ore di movimento al giorno, di qualsiasi intensità, possono migliorare la crescita e contribuire all’apprendimento di importanti capacità motorie. Il periodo fra 6 e 17 anni è altrettanto critico per sviluppare le capacità motorie ma soprattutto imparare stili di vita sani, da mantenere nell’arco di tutta la vita successiva: per questo è importante che bambini e adolescenti si impegnino in attività intense e che rinforzino muscoli e ossa almeno 3 giorni alla settimana, meglio se un’ora tutti i giorni. Fattori di rischio come l’obesità, l’iperinsulinemia, l’ipertensione, l’aumento dei grassi nel sangue possono instaurarsi anche nell’infanzia e nell’adolescenza, minando la salute cardiovascolare futura: un regolare esercizio è fondamentale per la prevenzione”.
Gravidanza
I cardiologi sottolineano però che la salute di cuore e vasi si decide anche prima di venire al mondo e per questo è giunto il momento di parlare di prevenzione iper-primaria o primordiale, rivolta alle future mamme. “In gravidanza è essenziale mantenere uno stile di vita sano, fatto di dieta adeguata, esercizio fisico, astensione da fumo e alcol: le cattive abitudini materne possono portare a modifiche nell’espressione dei geni del figlio che si associano a un aumentato rischio cardiovascolare successivo – continua Ciro Indolfi, Presidente Eletto SIC, professore ordinario di Cardiologia all’Università Magna Graecia di Catanzaro –. Non è mai troppo presto per pensare alla salute del cuore dei propri figli e un modo per farlo è senz’altro scongiurare una nascita prematura: i bimbi nati prima della 37° settimana e con un basso peso alla nascita hanno un maggior rischio di sviluppare successivamente patologie di vario genere, fra cui le malattie cardiovascolari. Vanno perciò evitate le condizioni materne che favoriscono la prematurità o il basso peso, come una dieta materna insufficiente o un basso peso della mamma, le disfunzioni della placenta, il fumo, la dipendenza da sostanze o farmaci: già oggi gli adolescenti nati prematuri o di basso peso sono il 5-10% della popolazione e la percentuale è destinata a salire grazie agli avanzamenti clinici e tecnologici che consentono di far sopravvivere neonati sempre più piccoli. L’impatto di tutto ciò sulla prevalenza delle malattie cardiovascolari sarà visibile appieno in futuro, ma consapevoli dei rischi dobbiamo fin d’ora considerare la prematurità come un fattore di rischio cardiovascolare, proteggere mamma e feto e occuparci di più dei nati pretermine, annotando i dati di nascita nelle schede cliniche e seguendo i prematuri con controlli cardiologici specifici anche in adolescenza e quando saranno giovani adulti”.
Fibrosi cistica modifica il microbiota intestinale dei bambini
BambiniC’è un rapporto diretto tra fibrosi cistica e alterazione del microbiota intestinale. La proteina “difettosa” della malattia, infatti, influisce sulle comunità batteriche dell’intestino dei bambini che ne sono affetti. La scoperta è stata fatta dai ricercatori dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, del Consiglio Nazionale delle Ricerche e delle Università Sapienza e Federico II che, per la prima volta, hanno disegnato la mappa funzionale del microbiota di pazienti da 1 a 6 anni con fibrosi cistica, facendo luce sui meccanismi che lo regolano. Lo studio, appena pubblicato sulla rivista scientifica PLOS ONE, apre la strada a nuovi modelli di trattamento per le patologie intestinali associate alla fibrosi cistica e per la prevenzione di complicanze gravi come, ad esempio, i tumori.
Le complicanze della fibrosi cistica
La fibrosi cistica è la patologia più diffusa tra le malattie genetiche rare. Colpisce circa 1 neonato su 2.500. È scatenata dalle mutazioni del gene CFTR che producono una proteina difettosa che non riesce a controllare il passaggio di acqua e di alcuni sali all’interno e all’esterno delle cellule. L’alterazione della proteina porta l’organismo a produrre un muco troppo denso che ostruisce l’apparato respiratorio, le vie aeree, l’apparato riproduttivo, il pancreas, il fegato e l’intestino. I pazienti, quindi, sono esposti a continue infezioni e, nel tempo, anche a gravi complicanze gastrointestinali e nutrizionali.
Lo studio
Un team multidisciplinare composto da clinici, microbiologi, chimici e bioinformatici ha studiato 31 bambini di età compresa tra 1 e 6 anni affetti da fibrosi cistica in condizioni cliniche stabili. I pazienti pediatrici sono stati quindi confrontati con un gruppo, comparabile per numero ed età, di bambini sani. Dopo aver analizzato i dati di metagenomica (analisi dell’intero corredo genetico e delle funzioni potenziali di un campione) e metabolomica (analisi dei metaboliti prodotti dai processi cellulari) è stato definito il profilo del microbiota dei bambini con fibrosi cistica: come è composto, come funziona, in che modo interagisce col metabolismo del paziente. Per la prima volta è stato dimostrato che il microbiota intestinale è modulato prioritariamente dal difetto della proteina CFTR e che è condizionato solo marginalmente dall’età del paziente (almeno nei primi anni di vita), dalla presenza di infezioni e dal trattamento antibiotico cronico, fattori che in altri modelli di microbiota umano sono, invece, causa primaria di squilibrio tra comunità batteriche e loro metabolismo.
Il microbiota alterato
Per effetto diretto della proteina difettosa, il microbiota intestinale dei bambini con fibrosi cistica nasce con una struttura e con funzioni alterate. Lo studio ha evidenziato la diminuzione di alcuni batteri (Eggerthella, Eubacterium, Ruminococcus, Dorea, Faecalibacterium prausnitzii), sovrabbondanze batteriche (Propionibacterium, Staphylococcus, Clostridiaceae, Clostridium difficile) e alterati livelli di alcuni prodotti del metabolismo. In particolare, composti organici come alcoli ed esteri possono essere considerati indicatori dell’attività microbica alterata, mentre le molecole GABA e colina (delle quali è stata rilevata una sovrabbondanza) specifici indicatori di malattia di origine umana, poiché riflettono direttamente – a livello dell’intestino – le alterazioni del trasporto di acqua e dei componenti che regolano l’osmosi.
La terapia in futuro
La scoperta dei principali “attori” del microbiota responsabili delle alterazioni delle funzioni dell’intestino dei pazienti con fibrosi cistica, apre la strada a potenziali nuovi modelli di trattamento per le patologie intestinali legate alla malattia e ad azioni di prevenzione di alcune complicanze gravi, come i tumori, in particolare quelli intestinali che dimostrano una maggiore incidenza con l’aumento della sopravvivenza dei pazienti. Tra le possibilità terapeutiche, la somministrazione di probiotici mirati (ad esempio il Faecalibacterium prausnitzii) per il ripristino di alcune funzionalità del microbiota e il miglioramento delle condizioni cliniche in caso di deficit digestivi e nutrizionali.
Colleghi maleducati causano disturbi del sonno che coinvolgono il partner
PsicologiaIl lavoro impegna buona parte della nostra giornata e se un collega è maleducato le conseguenze si manifestano anche a casa. Tra i risvolti ci sono i disturbi del sonno, che arrivano a influenzare anche il partner. Lo dimostra il risultato di uno studio condotto dai ricercatori della Portland State University e della Università dell’Illinois, pubblicato sulla rivista Occupational Health Science. In pratica, se nella coppia uno dei due ha che fare con colleghi incivili, tende a casa a rimuginare di più e manifesta questo suo malessere attraverso l’insonnia. La conseguenza è che non riesce ad addormentarsi oppure si trova a svegliarsi nel cuore della notte.
I risvolti nella coppia
La ricerca, però, è andata ben oltre, esaminando anche i disturbi del sonno nel partner. È emerso che anche l’altro è direttamente interessato, ma soltanto se la coppia lavora nella stessa azienda o se fa la stessa professione. Questo probabilmente perché entrambi conoscono il contesto in cui sono costretti a lavorare con le persone maleducate e potrebbero essere maggiormente coinvolti nel processo di risoluzione dei problemi. Lo studio è stato coordinato dalla ricercatrice Charlotte Fritz.
Cosa fare secondo gli esperti
Per risolvere il disturbo del sonno i ricercatori propongono alle aziende di fare il possibile per promuovere politiche basate sulla tolleranza, anche attraverso una formazione. Tuttavia l’inciviltà altrui non è sempre controllabile, d’altronde i colleghi il più delle volte non li scegliamo noi. Il consiglio è quindi quello di distaccarsi mentalmente dal lavoro durante le ore non lavorative, trascorrendo tempo con la famiglia e gli amici e praticando qualche hobby. Tra le attività che, secondo molti studi, aiutano ad allontanare lo stress e ritrovare il benessere c’è la meditazione.
In linea e in salute con il protocollo «ME»
AlimentazioneUn lavoro in sinergia tra il nutrizionista e il counselor (che letteralmente sarebbe un “consulente”) per raggiungere il giusto equilibrio tra esigenze nutrizionali e piaceri della tavola. Una premessa è d’obbligo: niente formule magiche o scorciatoie per tenersi in linea. Soprattutto, niente soluzioni standard, perché ciascun individuo ha le proprie caratteristiche fisiche, metaboliche e il proprio stile di vita. Ciò che bisogna comprendere è che, con il giusto metodo, ottenere i risultati sperati può essere più facile del previsto. Gli specialisti chiamano questo metodo innovativo «percorso ME» e in sostanza si tratta di un protocollo studiato per guidare il paziente verso il proprio equilibrio alimentare: perdere peso, aumentarlo o semplicemente imparare a scegliere gli alimenti giusti per le proprie esigenze e per sentirsi sani e in forma. A differenza di altri metodi, l’obiettivo è quello di rendere il paziente autonomo e indipendente, dalle diete e dai nutrizionisti.
Come funziona
Il nutrizionista individua le “esigenze del corpo”, una guida che suggerisce ciò che serve per soddisfare i propri fabbisogni energetici in considerazione dello stile di vita. Il counselor aiuta a scoprire i meccanismi che regolano il rapporto tra corpo e mente, permettendo di individuare le motivazioni di una scelta alimentare piuttosto che un’altra. Infine, il counselor aiuta a riportare l’attenzione su sé stessi per concentrarsi sul proprio percorso, aiutando ad eliminare ansie e stress. Si procede per step. Il primo è un vero e proprio reset metabolico, fisico e mentale. Poi si inizia con la fase di «new education», un percorso indirizzato verso un nuovo equilibrio. Terzo ed ultimo step: «the fix», che serve a fissare tutte le competenze acquisite.
Purificarsi
«La prima fase – spiega Fabrizia Lellero, biologa nutrizionista e ideatrice del protocollo ME – è di preparazione per corpo e mente: purificarli, detossificarli e creare un terreno fertile andare avanti. Nella seconda fase si individuano le risorse intrinseche del paziente, ma anche i suoi limiti». Si tratta di una fase intensiva, che dura 5 giorni e che di fatto consiste nell’introdurre esclusivamente i nutrienti necessari al sostentamento. Per riuscirci sono previsti due incontri con il counselor. «Questo processo combinato – aggiunge Lellero – permetterà di avere un fisico detossificato e avere più lucidità mentale e miglior consapevolezza rispetto alle errate abitudini».
Fissare i risultati
Resettato l’organismo è importante iniziare con l’introduzione dei cibi con i quali si vuole costruire le nuove abitudini, potenziando le risorse e superando i limiti. Grazie al protocollo realizzato dalla dottoressa Lellero ciascun paziente impara ad ascoltare i segnali del proprio corpo. «L’obiettivo è ancora una volta quello di rendere autonoma la persona, anche nel comprendere che esistono alcuni cibi “amici” e altri “nemici”, cioè che sono una minaccia per il benessere». Dunque, non si tratta di seguire un programma standard, adatto a tutti, ma farsi cucire addosso un abito su misura e diventare padroni delle proprie scelte. Imparerai a gestire situazioni quotidiane in modo autonomo ed indipendente. L’ultima fase, forse quella più importante, è quella che consente di rendere permanenti i risultati e che spesso nelle diete è molto sottovalutata, dando vita al cosiddetto “effetto yo-yo”. «Fissare nella mente e nel corpo tutto ciò che si è imparato e costruito nella fase di new education permette di vivere la vita libero dai vecchi schemi mentali, di essere autonomo e indipendente. Non servirà più avere affianco qualcuno che dica cosa fare per essere in armonia con il proprio corpo, né serviranno visite specialistiche di “controllo”». Questo è solo un piccolo assaggio di un metodo che da Napoli sta suscitando interesse in tutta Italia, un metodo che presuppone un lavoro su se stessi per far sì che la tavola sia un piacere e non più un incubo.
Cellulari non causano tumore al cervello. Lo studio australiano
Ricerca innovazioneSe ne discute da anni e oggi finalmente uno studio li scagiona: i cellulari non provocano il tumore al cervello. La notizia che assolve i telefonini, diventati ormai un oggetto al quale è sempre più difficile rinunciare, è una nuova analisi su 16.800 casi di cancro cerebrale in Australia, registrati a partire dall’inizio degli anni 1980. La ricerca è stata coordinata dall’Australian Radiation and Nuclear Safety Agency (Arpansa) e pubblicata sulla rivista BMJ Open. Dalle indagini emerge una totale esclusione di legame fra la rapida diffusione della telefonia mobile e l’incidenza dei tumori al cervello. “I tassi di tumori cerebrali sono rimasti piuttosto stabili nei decenni e non sono aumentati tipi specifici di tumori cerebrali”, scrive il responsabile della ricerca, l’esperto di radiologia Ken Karipidis dell’Arpansa. Il lavoro è stato finanziato dal National Health and Medical Research Council.
Lo studio
I risultati confermano che l’incidenza di cancro al cervello è rimasta stabile tra il 1982 e il 2013. Durante l’analisi dei 16.800 pazienti australiani fra i 20 e i 59 anni, i ricercatori hanno tenuto conto del tipo e posizione del tumore. È stato identificato un aumento nei casi di glioblastoma, il sottotipo più comune, fra il 1993 e il 2002, ma si ritiene che ciò sia dovuto a miglioramenti diagnostici grazie alla tecnologia MRI. Non vi sono stati aumenti in alcun tipo di tumore, inclusi il glioma e il glioblastoma, durante il periodo di sostanziale uso dei cellulari dal 2003 al 2013. Come ha sottolineato Karipidis: non vi è stato aumento di gliomi del lobo temporale, che è la posizione più esposta, durante il periodo di uso sostanziale di telefoni mobili. Nel frattempo i cellulari stanno diventando sempre più potenti e le reti si sono evolute negli ultimi cinque anni, ma secondo lo studioso i risultati dello studio rimangono di grande rilevanza perché la quantità di radiazioni emesse dai telefoni cellulari rimane all’incirca la stessa.
Inoltre, secondo gli esperti, l’esposizione più forte si è verificata alcuni anni fa con i telefoni analogici, perché non vi erano in giro molte antenne di telefonia mobile. Le reti di quinta generazione (5G) che si stanno estendendo in molti paesi, promettendo maggiori velocità, non devono quindi essere causa di preoccupazione, sottolinea lo studioso.
Lavoro e salute, rivedere le norme
AnzianiOggi più che mai quello tra lavoro e salute (dove per salute si deve leggere anche prevenzione primaria) è un rapporto imprescindibile. In una società che impone un’anzianità produttiva quale unica possibilità sostenibile, conservarsi in salute è l’imperativo universale. Andrea Magrini (ordinario di Medicina del lavoro all’Università Tor Vergata di Roma) sottolinea come il rapporto tra salute e lavoro sia sempre attuale, ma evidenzia anche l’esigenza di «rivedere le norme in funzione dei cambiamenti intervenuti negli ultimi 15 anni». Perché, «se è vero che in linea generale le condizioni di lavoro sono migliorate, è altrettanto vero che i rischi e le forme stesse del lavoro sono molto cambiati». Insomma, nonostante ci sia un’attenzione costante sul tema, il pericolo è che il legislatore non riesca ad aggiornare la propria azione rispetto ad un mondo che è sempre più fluido e mutevole.
I nuovi rischi
«Il decreto 81 del 2008 – aggiunge Magrini – è molto completo e corposo, ma si riferisce in gran parte a rischi e modalità di esposizione che devono essere aggiornati.». Banalizzando: oggi che gli smartphone hanno sostituito in molti casi la chiave inglese o la saldatrice sono cambiati anche i rischi ai quali i lavoratori possono essere esposti. «Esempi tipici sono lo stress da lavoro legato alle nuove modalità di organizzazione del lavoro, l’esposizione ai vdteai nuovi strumenti di lavoro o anche a sostanze chimiche in dosi molto ridotte. Serve è una nuova modalità d’approccio al problema, che sia sostenibile per le aziende ma anche efficace per i lavoratori. Il decreto 81 ha oltre 300 articoli e un numero smisurato di allegati – aggiunge Magrini – ha un enorme valore, ma si adatta poco alle piccole e medie imprese, o anche ai contratti di oggi». Chi pensa che il problema delle tutele sia solo relativo ai giovani ha ragione solo in parte. I ragazzi devono svolgere spesso più lavori e molto “flessibili”. In questo senso, solo in parte, il legislatore ha già fatto passi in avanti. Si pensi alla legge sullo smart working, esistono modalità di tutela che si stanno aggiornando, ma serve uno sforzo un più.
I lavoratori della terza età
Altra questione è quella dei lavoratori anziani, per i quali le certezze di ieri non sono più applicabili e lo saranno sempre meno in futuro. Magrini è convinto che in questo senso anche la medicina del lavoro debba evolvere, cambiare la “lente” attraverso la quale si legge la realtà che ci circonda. «Con una platea di lavoratori sempre più in là negli gli anni, anche noi da medici dobbiamo abituarci a conoscere le vulnerabilità e le esigenze di questi “lavoratori anziani”. Dobbiamo porci una serie di domande che possano aiutarci ad indagare una suscettibilità che, inevitabilmente, si modifica con l’età. Bisogna saper interpretare il cambiamento nel rapporto tra saluteelavoro». Tutto questo non elimina però la responsabilità dell’individuo. Perché mantenersi in buona salute non è solo un diritto ma anche un dovere. Oggi che molto si sa su stili di vita e buone abitudini, un contributo essenziale deve arrivare dai comportamenti individuali. Che certamente hanno bisogno di essere favoriti e incentivati sul luogo di lavoro. «L’ufficio, la fabbrica deve essere sempre più il luogo della prevenzione. Ciascuno ha il proprio piccolo carico di responsabilità da sostenere. Forse il passo successivo – conclude Magrini – potrebbe essere quello di definire per legge alcuni incentivi per le aziende che dimostrano di tutelare il proprio “capitale umano” e premialità per i lavoratori che mostrano di adottare comportamenti coscienziosi. Il decreto 81 lascia intuire l’importanza di queste tutele e di questo impegno, ma è essenziale che la volontà, ancorché embrionale, diventi azione».
Un Natale buono, anche in corsia
News PresaL’ultimo rapporto Svimez ha ricordato a tutti quanto sia pesante e quanto stia crescendo (soprattutto al Sud) il fenomeno della povertà sanitaria: vale a dire la difficoltà crescente di molti italiani, anche giovani e giovanissimi, di potersi curare.Purtroppo non suona come una novità che le regioni dalle quali si muovono più pazienti, per andarsi a curare fuori, sono Calabria, Campania e Sicilia. Al contrario quelle maggiormente attrattive sono la Lombardia e l’Emilia Romagna.
La malattia e la povertà sanitaria
Spesso, alla base della crescita della spesa sostenuta dalle famiglie con il conseguente impatto sui redditi ci sono lunghi tempi di attesa per le prestazioni specialistiche e ambulatoriali e l’esaurimento dei fondi regionali destinati a sostenere gli esami svolti in centri privati accreditati. Tutto questo incide sul fenomeno dilagante della “povertà sanitaria”. Oggigiorno, purtroppo, la diagnosi di una grave malattia è tra le cause principali di un impoverimento delle famiglie, il peso nelle regioni meridionali di questo fattore è del 3,8% in Campania, del 2,8% in Calabria, del 2,7% in Sicilia. All’estremo opposto la Lombardia con lo 0,2% e la Toscana con lo 0,3%.
Le iniziative
Se da un lato aumenta la povertà sanitaria, nel Mezzogiorno d’Italia la famiglia e le reti sociali sono molto solide e in diversi ospedali c’è grande attenzione all’umanizzazione delle cure. In vista delle festività sono moltissime le iniziative di solidarietà in favore dei pazienti, soprattutto (ma non solo) dei più piccoli.In questo senso, il Santobono di Napoli (con il sostegno della Fondazione e delle tante associazioni) è certamente un faro. Almeno 2 le iniziative interne all’ospedale che si terranno di qui aNatale: il 19 dicembre divertentissima tombolata con cabarettisti e, addirittura, Babbo Natale in persona. Tanta musica, dolci e premi in giocattoli per tutti. Il 22 dicembre il coro gospel napoletano (St. Peter’s Gospel choir) canterà musiche natalizie a cappella. Tantissime le iniziative all’esterno dell’ospedale. Per citarne alcune: il 14 dicembre si terrà ne, che per il secondo anno rinnova il suo sostegno alla Fondazione, scegliendo di devolvere una parte del ricavato delle vendita dei panettoni e promuovendo una raccolta fondi diretta in occasione del Gala dinner che si terrà il 19 dicembre presso il Museo Mann. Il 22 dicembre tradizionale Concerto di Natale al Teatro San Carlo. Per il sesto anno il Massimo cittadino destinerà al Santobono il ricavato della vendita dei biglietti del concerto.
Edenlandia for children
Degno di nota è di Raffaele Nespoli Il focus anche il progetto «Edenlandia for children». Il parco divertimento di Napoli ha già un rapporto con l’ospedale dei piccoli pazienti, facendo beneficenza già dal giorno della sua apertura. E così anche per il periodo di Natale i piccoli degenti potranno visitare la grande casa di Babbo Natale ed essere passeggeri del famoso trenino. Per l’anno nuovo,i personaggi dell’Edenlandia ricambieranno la visita andando a trovare i bambini ricoverati. Spazio alla solidarietà e alla valorizzazione dei rapporti umani anche al Cardarelli, dove il pranzo di Natale e il cenone di Capodanno avranno un sapore speciale. «Essere costretti a trascorrere il Natale o il Capodanno in ospedale – dice il direttore generale Ciro Verdoliva – è di per sé molto duro. Per questo faremo in modo che i nostri pazienti, quelli per i quali non ci sono indicazioni mediche contrarie, possano avere un pranzo o una cena almeno simili a quelli che avrebbero scelto se fossero stati a casa». Lo stesso trattamento sarà riservato anche ai familiari, che potranno richiedere in reparto un ticket gratuito con il quale pranzare il giorno di Natale e di capodanno alla mensa ospedaliera. «È solo un piccolo gesto che l’azienda vuole dedicare ai propri utenti – aggiunge il direttore sanitario Franco Paradiso – un modo per cercare di trasmettere un po’ di conforto a chi non potrà trascorrere il Natale o la fine dell’anno a casa».Una bella iniziativa, che torna di anno in anno, è il Natale solidale di For Life, l’associazione senza scopo di lucro che in diversi Paesi dell’Africa (ma anche in Italia) da tempo realizza progetti umanitari rivolti soprattutto ai bambini che vivono in condizioni di estrema povertà. La vendita dei gadget natalizi servirà quest’anno a finanziare un progetto tutto leccese: l’apertura di un Centro medico sociale (in via Adriatica) nei locali di proprietà del Centro italiano femminile (Cif). Il poliambulatorio è destinato ai poveri della città. A quelli che avranno bisogno di visite specialistiche e che magari non hanno nemmeno la possibilità di sostenere il costo del ticket o peggio ancora non ne hanno diritto per motivi strettamente burocratici e non possono permettersi una visita medica privata.
Sul web
La solidarietà sfrutta i canali del web all’ospedale Garibaldi di Catania. Palloncini, mongolfiere colorate, giocolieri alle prese con capriole, buffi animali in equilibrio tra creatività e immaginazione e una simpatica combriccola di clown. Una fiaba circense immaginata e raccontata ogni giorno dai medici e dai volontari dell’associazione catanese Children’s Agorà ai bambini del reparto di chirurgia pediatrica del nosocomio «Sorrisi & Allegria, il circo in corsia» è la nuova campagna lanciata sulla piattaforma crowd funding siciliana Laboriusa.it che permette, attraverso il finanziamento dal basso, di decorare e rivestire di fantasia le pareti del reparto catanese. Un’avventura digitale che richiede un budget totale di 2.300 euro; fondi che saranno destinati all’acquisto dei materiali e all’allestimento dell’istallazione artistica. Con le donazioni effettuate sulla piattaforma sarà possibile trasformare i lunghi corridoi del reparto in una giostra in compagnia di leoni acrobati e orsi in bicicletta: le pareti diventeranno un circo divertente e la porta d’ingresso dei dottori verrà aperta da simpatici clown con giacche a doppio petto. Visto che il legame con il proprio territorio non può prescindere dall’aiutareipiù deboli: con il consueto spirito solidale torna infine l’iniziativa di Despar Centro-Sud, con la quarta edizione de «Il tuo sorriso, il dono più prezioso». Un percorso che terminerà con una grande cena natalizia che coinvolgerà poveri, senza tetto e richiedenti asilo, di 11 comuni in Abruzzo, Campania, Basilicata, Puglia e Calabria. Regalare un sorriso e trasmettere, attraverso l’atmosfera tipica del Natale, un momento di gioia e di serenità a chi è meno fortunato.
OMS: 80% disturbi occhi evitabile. Italiani: 50% mai controlli
PrevenzioneOltre l’80% dei deficit visivi potrebbe essere prevenuto o curato. Il dato arriva dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e secondo le stime senza interventi decisi, l’84% di tutti i casi di cecità e ipovisione riguarderà gli ultracinquantenni. Nel nostro Paese, invece, i numeri sulla prevenzione dicono che la metà (il 50%) non fa mai controlli della vista. Inoltre, tra il 30% che ha effettuato negli ultimi 12 mesi una visita oftalmologica, 1 su 5 si sente tranquillo per la salute dei propri occhi, perché l’ha fatta dall’ottico e .
Il sondaggio
Un sondaggio online svolto da OSVI, Osservatorio per la Salute della Vista, ha indagato, attraverso nove domande, sulle abitudini di uomini e donne tra i 45 e i 60 anni, per capire quanta cura dedicano gli italiani alla prevenzione e alla difesa della vista. Su 300 questionari compilati correttamente, l’84% delle risposte arrivano da donne, il che conferma che il sesso femminile è il più attento ai temi della salute. Quasi il 70% degli intervistati risiede nel Nord Italia. Il 56% appartiene alla fascia di età 40-50 anni e il 25% a quella dai 51 ai 60 anni. I numeri dicono che solo il 50% degli intervistati ha effettuato negli ultimi 12 mesi un controllo della vista e tra questi soltanto il 30% si è recato dall’oculista mentre gli altri sono andati direttamente dall’ottico. Eppure “sottoporsi ad una visita oculistica periodica è di estrema importanza ed altrettanto fondamentale è rivolgersi alla figura professionale corretta per non incorrere in possibili rischi per la nostra vista”, dichiara Carlo Nucci, Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Oculistica presso il Policlinico Universitario di Roma Tor Vergata. “L’oculista è il medico specialista qualificato per diagnosticare e curare le malattie degli occhi, eseguire interventi chirurgici, prescrivere occhiali ed applicare lenti a contatto”.
La prevenzione occhi
Un altro aspetto su cui ha voluto indagare il sondaggio riguarda le motivazioni delle visite. Il 30% lo ha fatto perché gli serviva una revisione degli occhiali da vista, il 10% perché aveva un disturbo, l’8% per un controllo periodico e solo il 6% per fare prevenzione. Il 95% degli intervistati non ha ricevuto diagnosi di una patologia oculare negli ultimi 12 mesi, ma in questa percentuale sono ricomprese anche le risposte di chi si è recato soltanto dall’ottico e potrebbe non avere effettuato un controllo completo e approfondito esponendosi al rischio di un ‘falso negativo’. “La prevenzione, in oculistica, è fondamentale e va fatta in modi e tempi diversi in ogni fase della vita: dai 3 ai 6 anni, sempre e comunque per prevenire l’ambliopia, cioè l’occhio pigro. Dopo i 40, secondo il consiglio dello specialista e tenendo conto anche della familiarità per alcune specifiche malattie della vista come il glaucoma” dichiara Stefano Gandolfi, Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Oculistica dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma.
Un altro dato è quello relativo alle gocce oculari. Il 62% degli intervistati le utilizza solo per risolvere problemi occasionali agli occhi, il 28% non li utilizza affatto ma il 10% vi ricorre per condizioni croniche (per esempio, il glaucoma o la sindrome dell’occhio secco). Tra le problematiche che limitano il ricorso ai colliri, il 14% segnala che la goccia esce dall’occhio, il 9% ha difficoltà a mantenere l’occhio aperto e un altro 9% (uno su 10) dichiara di aver bisogno necessariamente di qualcuno che l’aiuti, con il rischio di abbandonare la terapia o non seguirla correttamente. La scarsa aderenza dei pazienti alla terapia a base di gocce oculari è stata anche evidenziata da uno studio condotto dall’Università del Michigan su 190 adulti affetti da glaucoma. Lo studio ha preso in considerazione 11 possibili barriere che impediscono un’aderenza ottimale al trattamento farmacologico nei pazienti affetti da glaucoma. Il 27% del campione ha riferito scarsa aderenza. Il 61% di tutti i partecipanti ha citato molteplici problemi e il 10% ha citato un unico impedimento come ostacolo ad un’aderenza ottimale: tra i più citati ci sono la dimenticanza e le difficoltà di somministrazione delle gocce da soli.
“L’aderenza alla terapia è senz’altro uno dei problemi più importanti nel trattamento del paziente con glaucoma”, dichiara Carlo Nucci. “Solitamente i pazienti devono somministrare più colliri più volte al giorno e spesso non sono in grado di instillarli correttamente. Questo li porta a dimenticanze o ad errori di somministrazione. Gli effetti collaterali di una terapia ipotonizzante locale sono inoltre sovente causa dell’abbandono della terapia. E’ pertanto compito del medico oculista sensibilizzare il paziente sull’importanza del corretto uso della terapia locale e valutare l’eventuale ricorso alla chirurgia per ottenere, qualora necessario, un maggiore effetto terapeutico”.
Ecco perché nel sondaggio Osvi, un intervistato su 5 (il 21%) dichiara che la situazione ideale sarebbe poter assumere una compressa anziché mettere le gocce. Anche la ricerca sta prendendo atto di queste esigenze e, soprattutto nell’ambito del glaucoma, sta cercando di trovare nuove modalità di somministrazione sia per le terapie ipotonizzanti sia per quelle di supporto ad azione anti-ossidante. E’ il caso del coenzima Q10 (sostanza ad azione neuroprotettiva) ora disponibile anche sotto forma di compresse. “Certamente – spiega il professor Gandolfi – il CoQ10, assunto per bocca, è un modo per affrontare il problema della difficoltà nella somministrazione dei colliri ed è una opportunità in più, soprattutto nel paziente che già segue una multiterapia topica con gocce”.
C’è un ormone che non ci fa resistere alle tentazioni del cibo
AlimentazioneNatale è alle porte e aumentano le tentazioni a tavola, tra panettoni e pietanze tipiche delle feste. Ma se è così difficile resistere al profumo della pasta al ragù o a quello degli struffoli ricoperti di miele è colpa di un ormone. Proprio così: d’ora in poi, per ogni assaggio goloso, si potrà incolpare la Grelina, un ormone che si trova nello stomaco ed è capace di renderci più vulnerabili ai profumi del cibo, incoraggiando anche gli eccessi. A rilevarlo è una ricerca canadese, del Montreal Neurological Institute e dell’ Hospital of McGill University, pubblicata su Cell Reports.
Lo studio
I ricercatori hanno somministrato a 38 persone della grelina (attraverso un’iniezione). Subito dopo li hanno esposti a una varietà di odori, non solo alimentari, mostrando contemporaneamente delle immagini neutre di oggetti casuali, in modo da far associare nel tempo le immagini agli odori. Attraverso una risonanza magnetica funzionale, hanno registrato l’attività in aree del cervello note per essere coinvolte nella risposta in termini di ricompensa. Hanno scoperto che l’attività era maggiore in coloro che avevano ricevuto la grelina, ma solo in risposta a immagini associate agli odori del cibo.
In altre parole, l’ormone controlla l’entità alla quale il cervello associa la ricompensa con l’odore del cibo. I partecipanti allo studio hanno anche valutato la piacevolezza delle immagini associate all’odore di cibo: i risultati hanno mostrato che la grelina riduceva i tempi di risposta e aumentava la piacevolezza percepita, ma non aveva alcun effetto sulla reazione alle immagini associate agli odori non alimentari. Questo studio sottolinea come le persone con obesità abbiano spesso una reattività anormale agli indizi legati al cibo che sono abbondanti nell’ambiente quotidiano (ad esempio la pubblicità dei fast food). La grelina, quindi, può essere un fattore importante legato alla maggiore risposta agli stimoli.
«Caduceo d’oro», a Napoli la cerimonia dell’Ordine dei farmacisti
FarmaceuticaL’Ordine dei Farmacisti della provincia di Napoli, presieduto da Vincenzo Santagada, celebrerà domenica 16 dicembre 2018 alle 18 al Teatro e Auditorium Mediterraneo della Mostra d’Oltremare di Napoli la VII edizione della cerimonia del Caduceo d’Oro. Verranno premiati i decani della professione con la consegna delle medaglie d’oro al merito professionale agli iscritti con 70, 60 e 25 anni di laurea e delle medaglie d’argento agli iscritti con 40 e 25 anni. L’evento saluterà anche i neo-laureati appena iscritti all’Albo, i giovani che presteranno il giuramento di Galeno impegnandosi a rispettare i principi deontologici della professione. Parteciperanno: il cardinale Crescenzio Sepe, la vicepresidente della Camera Mara Carfagna, il sindaco Luigi de Magistris, il presidente dell’Anac Raffaele Cantone, il presidente Fofi Andrea Mandelli, il presidente di Federfarma nazionale Marco Cossolo. Nel corso della cerimonia verranno assegnati anche il premio Caduceo d’oro 2018 a Lorenzo Cantone e il premio Sanità 2018 che quest’anno andrà al professore Francesco Corcione, chirurgo di fama internazionale. Un riconoscimento viene dato al giovane farmacista Pietro Carraturo per l’impegno sul territorio.