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PreSa – Prevenzione e Salute
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Disclaimer: Le informazioni contenute in questo sito sono di carattere informativo e generico, non intendono sostituirsi al parere di un medico, e pertanto devono solamente essere usate a scopo didattico e non per diagnosi su se stessi o su terzi, né per scopi terapeutici, né per automedicazione.
Alcol, è allarme sul consumo smodato
Stili di vitaL’alcol resta, e purtroppo è destinato ad essere anche negli anni a venire, una piaga per la salute pubblica a livello globale. L’allarme sul consumo smodato di superalcolici e non solo arriva da una ricerca pubblicata sulla rivista Lacet, secondo la quale al 2030 metà della popolazione mondiale consumerà alcol e il 23% lo farà in modo eccessivo almeno una volta al mese. Lo studio dell’università di Dresda, che si basa sui dati dell’Oms e del Global Burden of Diseases, ha calcolato che globalmente il consumo di alcol negli adulti è salito da 5,9 litri l’anno del 1990 a 6,5 litri del 2017, mentre nel 2030 arriverà a 7,6 litri. A determinare il trend sono soprattutto i paesi ad alto e medio reddito, il cui consumo cresce all’aumentare del tenore di vita.
L’ITALIA
Gli aumenti maggiori nel periodo si sono registrati in India e Vietnam, mentre Russia, Gran Bretagna e Perù hanno mostrato i cali più significativi. L’Italia secondo i dati presentati era tra i paesi che consumavano di più, tra 10 e 12 litri pro capite, nel 1990, ma il trend in calo l’ha portata nella media globale, tra 6 e 7,9. «Sulla base di questi dati – scrivono gli autori -, l’obiettivo dell’Oms di ridurre l’uso di alcol del 10% entro il 2025 non sarà raggiunto a livello globale. Al contrario l’uso di alcol rimarrà uno dei fattori di rischio principali per la salute nel futuro prossimo, e anzi il suo impatto probabilmente crescerà»
I GIOVANISSIMI
Uno degli aspetti che maggiormente preoccupano nel nostro paese riguarda il consumo di alcol tra i giovanissimi. Non solo si beve sempre di più, ma a farlo sono ragazzi e ragazze sempre più giovani. Secondo le ultime stime disponibili il consumo di alcol tra i giovani avviene già a partire dai 12 anni e spesso si associa nel tempo al consumo di droghe.
COSA FARE
Ecco 10 consigli ai genitori e ai familiari, 10 spunti di riflessione proposti dall’Osservatorio su fumo, alcol e droga dell’Istituto Superiore di Sanità (sul sito internet si trova la versione estesa).
L’ avocado al posto dei carboidrati riduce fame e fa dimagrire. Lo studio USA
AlimentazioneMangiare l’avocado fresco al posto dei carboidrati raffinati aumenta il senso di sazietà negli adulti in sovrappeso e obesi. Lo afferma uno studio del Center for Nutrition Research dell’Illinois Institute of Technology, pubblicato sulla rivista scientifica Nutrients.
L’avocado nasce come frutto esotico, ma è ormai molto diffuso in tutto il mondo. Il frutto, infatti, si presta a vari utilizzi in cucina ma non è certamente povero di calorie: 100 grammi, considerando solo la parte edibile, ne contengono 231. Il problema è che tale valore energetico deriva per l’80% da grassi.
Gli scienziati hanno analizzato 31 adulti con problemi di peso, facendo mangiare loro il frutto fresco come sostituto dei carboidrati. La dieta ha provocato una riduzione dei picchi di insulina e glicemia, riducendo ulteriormente il rischio di diabete e malattie cardiovascolari e aggiungendo grassi e fibre sane a una dieta quotidiana regolare.
La ricerca ha messo in luce il ruolo dell’avocado nel provocare una riduzione significativa della fame e un aumento del modo in cui i partecipanti si sentivano soddisfatti del loro pasto. In altre parole, gli studiosi statunitensi hanno sottolineato come semplici cambiamenti nella dieta, possono avere un impatto importante sulla gestione della fame e sul controllo metabolico, soprattutto nelle persone che hanno problemi legati all’obesità e al sovrappeso.
Carcinoma prostatico, ecco come affrontarlo
Prevenzione«Ogni anno 35mila uomini ricevono una diagnosi di neoplasia della prostata. Quindi, se tralasciamo il melanoma, quello prostatico è il tumore più comune tra gli uomini. Tutt’altra storia se guardiamo alla mortalità, perché oggi abbiamo le armi per combatterlo». Walter Artibani, Segretario Generale della Società Italiana di Urologia, già direttore della Clinica Urologica dell’Università di Verona, chiarisce anche la maggior parte di questi tumori sono a basso rischio, caratterizzati da un’evoluzione lenta.
Professor Artibani, quali sono i maggiori progressi ottenuti nell’ultimo decennio?
«Sotto il profilo diagnostico l’impiego della risonanza magnetica multiparametrica, che si aggiunge agli esami tradizionali (PSA, esplorazione rettale e biopsia). In alcuni casi ci consente di evitare la biopsia, o di eseguirla con un target preciso».
Cos’è la sorveglianza attiva?
«Alle volte il rapporto costi-benefici suggerisce la di non intervenire. Il tumore diventa un “sorvegliato speciale”, grazie al PSA ripetuto nel tempo, risonanza e biopsie si interviene solo quando realmente serve. Nei pazienti che hanno una malattia “organo confinata” con rischio intermedio o elevato si procede invece ad una terapia attiva».
Quindi, chirurgia o radioterapia.
«Esatto. Oggi si opera quasi sempre con il robot (in laparoscopica), così il chirurgo ha una precisione prima impensabile».
La radioterapia è l’alternativa alla chirurgia?
«Solo in alcuni casi, e comunque ne esistono varie forme. Si può procedere con la brachiterapia (quindi interna, ndr) oppure con una radioterapia esterna. Sono decisioni che vanno prese a seconda del caso da trattare attraverso una discussione multidisciplinare dei casi».
Quando si perde la continenza è possibile recuperare?
«Nella maggior parte dei casi lo si può fare con la fisiokinesiterapia pelvi perineale, nelle condizioni più gravi si può ricorrere a fionde sottouretrali o ad uno sfintere artificiale».
Alcol, il mondo beve sempre di più, nel 2030 metà popolazione
Stili di vitaIl mondo beve sempre più alcolici e le indicazioni di riduzione dell’Oms sembrano lontane. I dati mostrano come il consumo di alcol aumenterà almeno fino al 2030. I numeri emergono da uno studio pubblicato dalla rivista Lancet, secondo cui al 2030 metà della popolazione mondiale consumerà alcol e il 23% lo farà in modo eccessivo almeno una volta al mese.
Lo studio
La ricerca è stata realizzata dall’università di Dresda e si basa sui dati dell’Oms e del Global Burden of Diseases. I ricercatori hanno calcolato che a livello globale il consumo di alcol negli adulti è salito da 5,9 litri l’anno del 1990 a 6,5 litri del 2017, mentre nel 2030 arriverà a 7,6 litri. Il trend riguarda soprattutto i paesi ad alto e medio reddito, il consumo di alcol, infatti, cresce all’aumentare del tenore di vita. Gli aumenti maggiori nel periodo si sono registrati in India e Vietnam. Invece, i Paesi con un significativo calo sono Russia, Gran Bretagna e Perù.
Il nostro Paese
L’Italia era tra i paesi che consumavano di più, tra 10 e 12 litri pro capite, nel 1990, ma il trend di chi beve è in calo e l’ha portata nella media globale, tra 6 e 7,9. Gli autori dello studio spiegano che, sulla base dei dati della ricerca, l’obiettivo dell’Oms di ridurre l’uso di alcol del 10% entro il 2025 non sarà raggiunto a livello globale. Di conseguenza, l’uso di alcol rimarrà uno dei fattori di rischio principali per la salute nel futuro prossimo. Non solo, il suo impatto potrebbe addirittura crescere.
Salute al maschile, cosa è cambiato
Economia sanitaria«Vivo in prima persona il problema dell’incontinenza che è devastante e che, purtroppo, non mi permette di condurre una vita normale». È la testimonianza, coraggiosa e drammatica, che Francesco Diomede (presidente della Federazione italiana incontinenti e disfunzioni del pavimento pelvico) ha portato in occasione del workshop “Salute al maschile: qualità di vita dopo le cure”, promosso dal network Presa – Prevenzione e Salute per fare il punto sulla medicina di genere. In particolare per discutere di salute maschile, tra oncologia, urologia e trattamenti innovativi. Diomede denuncia che «sono due anni che mancano i finanziamenti previsti nei nuovi livelli essenziali di assistenza (LEA) contenuti nel “patto per la salute”, che inizialmente prevedeva l’istituzione di una cabina di regia per l’avvio di un nuovo percorso diagnostico terapeutico. In realtà – dice – nulla di tutto ciò si è concretizzato, noi pazienti riscontriamo tutt’ora una mancanza di attenzione da parte delle Istituzioni che incide negativamente sulla dignità delle nostre vite».
COMPLICANZE
Incontinenza e disfunzione erettile sono l’altra faccia della medaglia in un campo che ha fatto negli anni enormi progressi. Infatti, se quella contro il tumore della prostata è una battaglia che oggi in molti casi si vince, non sono rare le complicanze funzionali. Lo evidenzia Roberto Carone, direttore della struttura complessa di Neuro-Urologia e del dipartimento delle Mielolesioni dell’Azienda ospedaliera Città della Salute e della Scienza di Torino. «Per questo – dice – è necessario istituire una rete regionale di centri di riferimento per il trattamento dell’incontinenza urinaria che rendano le cure più omogenee da nord a sud Italia».
I COSTI
Oltre al danno si aggiunge poi la beffa di una spesa enorme per lo stato. Beffa, perché rendendo accessibili le tecnologie innovative si avrebbe un risparmio per il Sistema sanitario nazionale. Ne abbiamo parlato con il professor Francesco Saverio Mennini, Research Director, EEHTA del CEIS della Facoltà di Economia dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata.
Professor Mennini, quanto si potrebbe risparmiare con approcci più adeguati?
«Nel caso dell’incontinenza urinaria maschile grave post prostatectomia radicale per tumore prostatico la nostra stima è di 1milione e 500mila in 5 anni. Semplicemente facendo ricorso, e quindi rendendo accessibile a tutti i pazienti, una tecnologia già riconosciuta come gold standard in questi casi».
Si riferisce ad un device in particolare?
«Sì, allo sfintere artificiale AMS800. In termini di spesa, lo studio (Budget Impact Model) evidenzia come, grazie all’utilizzo di questo dispositivo, si viene a determinare una notevole riduzione dei costi complessivi. Un milione e mezzo di euro in 5 anni è una bella somma».
Quali voci concorrerebbero a questo risultato?
«Sarebbe la conseguenza della riduzione degli eventi avversi, del raggiungimento dello stato di continenza totale e del miglioramento della qualità di vita dei pazienti rispetto alla terapia conservativa attualmente utilizzata».
Dunque si risparmierebbe e si avrebbe un miglioramento della qualità di vita?
«Non sono un clinico, ma è evidente. Anche per questo è lampante che servirebbe un’attenta riflessione dei deciosion maker, per adottare policy mirate all’efficientamento del sistema. In questo modo sarebbe possibile garantire una maggiore sostenibilità, e quindi standard di cura sempre più alti».
Nas, 52 centri di medicina estetica chiusi. PRP: sangue manipolato senza permessi
Benessere, Medicina estetica, News PresaUn’operazione eseguita in tutta Italia su 607 centri ha portato alla chiusura di 52 studi medici e cliniche fuori norma. Oltre ai farmaci scaduti, mancavano titoli per esercitare in ben 172 strutture (28% del campione). Inoltre sono decine di migliaia le confezioni di prodotti non a norma sequestrate dal Comando Carabinieri per la Tutela della Salute in due operazioni in Puglia ed Emilia Romagna. Il Nas di Bari, in un’azienda pugliese, ha sequestrato 40mila confezioni di cosmetici, del valore di circa 150mila euro, privi di registrazione sul portale europeo, necessaria per la commercializzazione.
Gli illeciti riguardano anche un tipo di prestazione, chiamata ‘PRP‘ (plasma ricco di piastrine), effettuate in dermatologia illegalmente e senza autorizzazioni. In tutto si tratta di 341 violazioni penali ed amministrative. Sono stati deferiti all’Autorità Giudiziaria 222 medici e professionisti sanitari, mentre altri 77 sono stati sanzionati per infrazioni amministrative, per un ammontare di 193 mila euro. Gli interventi dei NAS hanno portato al sequestro di 1.915 confezioni di medicinali scaduti o defustellati e apparecchiature e dispositivi medici non regolari, per un valore di oltre 103 mila euro. In particolare a Milano, Bologna e Firenze i NAS hanno individuato 6 strutture sanitarie private che effettuavano trattamenti di “PRP” non autorizzati. Sono state sequestrate 7 centrifughe del sangue, 300 kit di provette ed aghi e denunciati 10 medici. Questa tecnica, infatti, senza una corretta preparazione, può portare seri rischi biologici e infezioni nei pazienti. A Roma sono stati invece individuati e deferiti alla Procura della Repubblica di Roma 11 medici chirurghi ortopedici per aver effettuato, in regime privatistico, illeciti interventi chirurgici di “lipofilling articolare”.
A Salerno, per mancanza di autorizzazioni, è stata sequestrata una struttura che effettuava interventi di medicina estetica, mentre a Palermo è stato scoperto un centro polidiagnostico, convenzionato anche con il SSR, senza i minimi requisiti sanitari necessari. Infine ad Ancona e Firenze sono stati trovati studi di medicina estetica che erogavano prestazioni di chirurgia estetica.
Festa della mamma, nelle piazze l’Azalea della ricerca AIRC
News PresaDomenica, in occasione della Festa della Mamma, ventimila volontari della Fondazione AIRC distribuiranno in tutta Italia l’Azalea della Ricerca. Il fiore è il simbolo della battaglia contro i tumori femminili. Da trentacinque anni le piante di azalea danno nuova linfa al lavoro dei ricercatori impegnati a rendere il cancro sempre più curabile.
Dai grandi centri urbani ai piccoli comuni di provincia, i volontari AIRC scenderanno in circa 3.700 piazze. A fronte di una donazione di 15 euro, durante la giornata di festa, insieme a ogni pianta verrà consegnata una Guida con informazioni sui più recenti progressi della ricerca, commenti degli esperti e indicazioni sull’importanza di adottare abitudini e comportamenti salutari.
Nell’ultimo triennio AIRC ha messo a disposizione dei ricercatori più di 32 milioni di euro per studi sulla prevenzione, la diagnosi e la cura del cancro al seno e agli organi riproduttivi. Queste neoplasie solamente lo scorso anno in Italia si stima abbiano colpito 68.300 donne (fonte dei dati: “I numeri del cancro in Italia 2018”, di AIOM, AIRTUM, Fondazione AIOM, PASSI).
I numeri del cancro
Il cancro al seno è il più diffuso, con circa 52.300 nuove diagnosi: di fatto tocca una donna su otto. È però anche il tumore per il quale, negli ultimi due decenni, la ricerca ha ottenuto i migliori risultati, portando la sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi a crescere fino all’87%. Un progresso costante, frutto del lavoro dei ricercatori che hanno saputo migliorare i trattamenti, sia in termini di efficacia, sia di tollerabilità, offrendo alle donne una sempre migliore qualità di vita. Un traguardo importante che però non può bastare. Ci sono infatti ancora tante pazienti che aspettano risposte per alcune delle forme più aggressive. Fra queste, il tumore al seno triplo negativo, che colpisce soprattutto in giovane età e contro il quale non sono disponibili terapie mirate, e il carcinoma mammario metastatico, che dalla sede primaria si è diffuso in altri organi.
I tumori ginecologici interessano circa 16.000 pazienti. Per i tumori dell’endometrio e della cervice uterina la sopravvivenza a cinque anni ha registrato una crescita costante, arrivando rispettivamente al 77% e al 74%. Più complessa invece la situazione per il tumore dell’ovaio che risulta difficile da diagnosticare precocemente e spesso presenta un alto tasso di recidiva e di resistenza ai farmaci. Per superare questi problemi i ricercatori AIRC stanno sperimentando nuove combinazioni terapeutiche per ridurre la resistenza ai farmaci. Inoltre stanno focalizzando la loro attenzione anche sull’immunoterapia, in modo da individuare nuovi farmaci capaci di stimolare le risposte immunitarie delle pazienti.
Malattia rara La Ptt, nemico insidioso e spesso sconosciuto
FarmaceuticaQuando il tema è quello delle malattie rare c’è sempre da abbattere uno scoglio in più. Non basta concentrarsi sui sintomi e discutere delle possibili cure, prima ancora bisogna superare il muro della solitudine. Si deve arrivare ad una diagnosi. E questo è certamente il caso di quanti lottano contro la Porpora trombotica trombocitopenica, che colpisce circa 1 persona su 700mila – 1milione e nella maggior parte dei casi si tratta di donne (il rapporto è 1 a 3). Tra le maggiori esperte in questo campo c’è Flora Peyvandi, ordinario di Medicina interna all’Università degli Studi di Milano e direttore del reparto di Medicina Generale – Emostasi e Trombosi del Policlinico di Milano, Centro Angelo Bianchi Bonomi. È lei a spiegare che si tratta di «una grave malattia acuta del sangue, che porta alla formazione patologica di aggregati di piastrine (trombi) che, ostruendo i vasi sanguigni, provocano una pericolosa diminuzione dell’apporto di ossigeno a diversi organi». È una malattia autoimmune che nella maggior parte dei casi si manifesta tra i 30 e i 40 anni, in una fase della vita solitamente molto delicata, perché quella in cui si inizia a mettere su famiglia o a realizzare le proprie ambizioni. Per comprendere cosa significa essere malato di Porpora trombotica trombocitopenica si deve familiarizzare con qualche termine un po’ complesso. Andiamo con ordine.
ANTICORPI
«Semplificando – dice Peyvandi – si ha una produzione di anticorpi che attaccano un enzima chiamato ADAMTS-13. Il problema è che questo enzima ha il compito di tagliare la molecola chiamata fattore di von Willebrand, e così si mantiene il sangue fluido. Se ADAMTS13 non riesce a fare questo lavoro, il fattore di von Willebrand non tagliato si lega molto più efficacemente alle piastrine creando dei microtrombi in circolo e inizia a creare danni. I pazienti iniziano a sviluppare una piastrinopenia, con i segni di sanguinamenti cutanei come petecchie o lividi, ma si può arrivare addirittura a vere e proprie emorragie cerebrali con stato comatoso. Altro problema serio è rappresentato dai coaguli che, come detto, possono creare gravi danni, anche a lungo termine, agli organi con importanti conseguenze».
TERAPIE
«Gli approcci – chiarisce l’esperta – sono due. Esiste una procedura che si chiama plasma exchange, letteralmente “scambio di plasma”, tramite la quale possiamo “depurare” il sangue del paziente tramite l’accesso ad una vena centrale. Ma è un processo molto faticoso per chi lo subisce e anche rischioso. Altro approccio è l’immunosoppressione, che però ha bisogno di almeno sette giorni per essere efficace». Il fattore tempo è sempre cruciale. Un’arma in più è un nuovo farmaco, non ancora in commercio in Italia, che si chiama caplacizumab. «Una molecola che in sostanza si inserisce tra fattore di von Willebrand e piastrine e – conclude Peyvandi – ne evita il legame. Non cura la malattia, ma ci offre il tempo necessario ad intervenire tramite plasma exchange o immunosoppressione». La speranza di molti è che il farmaco arrivi presto anche in Italia. Al di là di questa possibilità, molto c’è ancora da fare sullo sviluppo di centri specializzati ai quali i pazienti possano fare riferimento. Quello di Milano è un’eccellenza regionale, ma la situazione in alcune regioni d’Italia si muove ancora tra luci e ombre. Sarà anche fondamentale, come spesso accade per le malattie rare, riuscire ad abbreviare i tempi della diagnosi. Difficile, vista la genericità dei sintomi e il numero ridotto di pazienti. In questo senso si sta cercando di mettere a punto test più rapidi e semplici per il dosaggio di ADAMTS-13, strumenti che sarebbero estremamente utili.
Raffaele Nespoli
Sanità: spesa privata cresciuta del 10% in 5 anni
Ricerca innovazioneAumenta la spesa privata per la salute e i cittadini mettono sempre più mano al proprio portafoglio. In 5 anni, dal 2013 al 2018, l’investimento privato per le cure mediche è aumentato del 10 per cento, passando da circa 36 miliardi di euro annui a quasi 40 miliardi. I numeri sono illustrati nel volume di Marco Vecchietti “La Salute è un Diritto. Di tutti“, presentato alla Camera dei Deputati.
La spesa
Più di 7 italiani su 10 ogni anno pagano di tasca propria almeno una prestazione sanitaria. Secondo i calcoli basati su dati della Ragioneria Generale dello Stato e della Corte dei Conti, se il trend dovesse continuare, nel 2025 la spesa sanitaria privata aumenterebbe di ulteriori 20 miliardi, arrivando a quota 60. “La spesa sanitaria privata – ha sottolineato Vecchietti durante la presentazione del volume – è la più grande forma di disuguaglianza in sanità perché diversifica le possibilità̀di cura esclusivamente in base all’entità del reddito disponibile da parte di ciascun cittadino”.
Ci sono importanti sfide in campo demografico, economico e sociale che attendono il nostro Paese nei prossimi anni. In questa prospettiva, sottolinea Vecchietti, amministratore delegato e direttore generale di RBM Assicurazione Salute, “è cruciale pianificare un ‘robusto tagliando’ del Servizio Sanitario Nazionale (Ssn) che affronti strutturalmente i temi del finanziamento, della qualità e dell’accessibilità delle cure per recuperare le ‘quote di universalismo perdute’ in questi anni”. Bisogna, quindi, aggiunge, “promuovere una cultura del Secondo Pilastro anche in sanità, da aggiungere al Ssn, per realizzare un sistema sanitario più sostenibile, più equo e più inclusivo in grado di garantire una risposta sicura per la nostra salute e per quella delle generazioni future”.
Ipertensione polmonare, esperti da tutto il mondo si ritrovano a Capri
News PresaI maggiori esperti internazionali si ritroveranno a Capri, da oggi sino a sabato, per discutere dello stato dell’arte e delle nuove frontiere dell’ Ipertensione arteriosa polmonare. A rendere possibile questo rendez-vous di esperti è ancora una volta il lavoro di Michele D’Alto, responsabile del Centro per l’Ipertensione Polmonare della Cardiologia universitaria dell’Ospedale Monaldi di Napoli, coadiuvato da Emanuele Romeo e Paola Argiento. «Combattiamo un nemico subdolo e per molti aspetti ancora sconosciuto – spiega D’Alto –, ma in questi anni abbiamo portato a casa importanti vittorie. Parliamo di una malattia rara, che statisticamente colpisce in Campania dai 250 ai 300 pazienti. Una malattia che purtroppo ancora oggi viene diagnosticata con anni di ritardo, riducendo così le aspettative di vita di quanti ne sono affetti».
HUB AND SPOKE
In questo senso la Campania è però una regione all’avanguardia. Il Centro diretto da Michele D’Alto è uno dei primi in Italia, con pazienti che arrivano da tutto il territorio nazionale. «Trattandosi di una malattia rara – spiega il cardiologo – la strategia è quella di avere sul territorio nazionale una rete Hub and Spokes, questo ci permette di curare meglio i pazienti e garantire le migliori prestazioni oggi disponibili». L’Hub and Spokes, detto in maniera più semplice, è un modello organizzativo preso in prestito dall’aviazione civile americana, che parte dal presupposto per cui determinate condizioni e malattie complesse hanno bisogno di competenze specialistiche. Non possono quindi essere assicurate in modo diffuso e capillare su tutto il territorio. Per questo motivo l’organizzazione ottimale prevede la concentrazione della casistica più complessa in un limitato numero di sedi (Hub, o centri di eccellenza come quello del Monaldi), collegati a centri periferici (Spokes) dai quali vengono inviati i casi sospetti.
LA MALATTIA
L’ Ipertensione arteriosa polmonare è però un nemico insidioso, perché «presenta al principio sintomi molto generici come l’affanno o una stanchezza inspiegabile, sintomi che possono essere facilmente associati ad altre patologie cardiache e respiratorie. La malattia può colpire tutti, ma preferenzialmente compare nelle donne tra i 20 e i 50 anni. Esistono poi delle forme familiari che hanno un esordio in età pediatrica e che sono particolarmente aggressive». Ma in cosa consiste la malattia? «Le arteriole polmonari – dice D’Alto – si restringono, il ventricolo destro trova così un ostacolo molto importante e dunque si dilata. Questo porta inevitabilmente ad uno scompenso. Non sappiamo cosa determini la malattia, ma negli anni siamo riusciti a migliorare di molto la sopravvivenza dei pazienti». Fino a 10 anni fa l’emivita (aspettativa di vita media) era molto bassa, oggi ad un anno è del 96% e a 5 anni ci si avvicina all’80%. Per D’Alto la sfida contro l’ Ipertensione polmonare è ora quella di «mettere in condizione i medici dei centri Spoke di sospettare la malattia e quindi di inviare i pazienti per ulteriori controlli e per una eventuale diagnosi. «Per i medici di famiglia è un compito molto difficile – dice – perché ogni medico ha una probabilità nella vita di vedere al massimo uno o due pazienti con questa patologia». Se nei primi anni del 2000 la rivoluzione è stata rappresentata dalle nuove molecole, la conquista dei giorni nostri è stata quella di comprendere che la vera differenza è nell’approccio terapeutico. Il Congresso di Capri servirà anche e soprattutto a mettere a confronto i maggiori esperti del mondo e ad implementare così il network che consente lo scambio di conoscenze e la collaborazione internazionale. «L’unica possibilità di vincere la sfida – conclude D’Alto – quella di unire le forze e lavorare in squadra»