Tempo di lettura: 3 minutiChe ci fa Francesco Paolantoni in una miniserie web a parlare di tumore della prostata? Se lo sono chiesti molti dei suoi fan, è il mistero è presto svelato. L’istrionico attore partenopeo è il protagonista di una nuova campagna informativa con la quale si punta a convincere il “sesso forte” a non aver paura della visita urologica. L’obiettivo, a dirla tutta, è quello di riuscire ad incrementare il numero degli uomini che fanno prevenzione per il tumore della prostata, terza causa di morte (per tumore) per gli uomini. La web sitcom in 5 puntate tratta con ironia e leggerezza l’imbarazzo degli uomini adulti nel prendersi cura in generale della propria salute e in particolare di quella urogenitale. Eppure un semplice dosaggio del PSA (antigene prostatico specifico) e, in caso di valori alterati, una visita dall’urologo potrebbero contribuire a ridurre l’impatto del tumore della prostata che tuttora rappresenta la terza causa di morte per tumore nella popolazione maschile. Questo tumore colpisce ogni anno in Europa circa 500.000 persone ma, se diagnosticato precocemente, può essere trattato in maniera efficace con buone probabilità di guarigione. È fondamentaleperò superare la vergogna, non sottovalutare i fattori di rischio, come l’età e la familiarità, parlarne con la propria compagna e rivolgersi al medico per i controlli.
UNITI PER LA VITA
La web sitcom, in cinque episodi, è il fulcro della campagna di sensibilizzazione QUI PRO QUO Salute della prostata: stop agli equivoci, sì alla prevenzione”, promossa da Europa Uomo Italia Onlus e ONDA – Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere, con il patrocinio di Fondazione AIOM, SIU – Società Italiana di Urologia, SIUrO – Società Italiana di Urologia Oncologica, AIRO – Associazione Italiana Radioterapia e Oncologia clinica, AURO – Associazione Urologi Italiana, FFO – Fondazione per la Formazione Oncologica e il contributo incondizionato di Astellas. Per parlare del tumore della prostata e sfatarne i falsi miti, la web sitcom diretta da Alessandro Bardani e Paola Pessotracconta le vicende di una coppia di mezza età in stile “Sandra e Raimondo”: Francesco, interpretato da Francesco Paolantoni, ed Emanuela (Emanuela Rossi) sono una coppia di mezza età che vive gli alti e bassi di una relazione di lunga data. Il tema della prevenzione della salute maschile si inserisce nelle dinamiche di una coppia litigiosa, ma l’affetto che li unisce sarà la chiave per spingere lui a fare i passi giusti verso la prevenzione.
ABBATTERE I TABÙ
«Parlare di temi così delicati non è semplice, ma indispensabile, e la campagna QUI PRO QUO, con la sit comdiffusa sui canali social, è uno dei modi più attuali ed efficaci per informare gli uomini sulla prevenzione del tumore prostatico e stimolarli a sottoporsi a periodici controlli. – dichiara Maria Laura De Cristofaro, Presidente Europa Uomo Italia Onlus –In questa campagna, uomini e donne si sono alleati perché la donna è portatrice di cultura della buona salute e del prendersi cura del proprio corpo, dentro e fuori le mura domestiche e trasmette queste conoscenze ai figli, femmine e maschi».
MAI SOTTOVALUTARE I SINTOMI
I sintomi non vanno mai sottovalutati: difficoltà a urinare, in particolare ad iniziare la minzione, stimolo frequente ad urinare specie di notte, difficoltà a mantenere un flusso costante (getto debole o intermittente), sensazione di non riuscire a svuotare del tutto la vescica, dolore quando si urina o durante l’eiaculazione, sangue nelle urine o nello sperma. Campanelli d’allarme che possono essere intercettati meglio grazie al supporto della partner. «La donna, nella sua veste di caregiver (9 donne su 10 ogni giorno assistono un familiare malato), riveste una funzione determinante nel promuovere la prevenzione di certi problemi di salute che possono colpire il partner, come il tumore della prostata – spiega Francesca Merzagora, Presidente di Fondazione ONDA – La donna è abituata a parlare in modo aperto e libero di problemi riguardanti la salute dell’apparato uro-genitale e con altrettanta libertà e delicatezza puòavvicinare il compagno a queste tematiche suggerendogli ad esempio di confidare i propri timori e di recarsi insieme dal medico per un controllo alla prostata, magari facendo leva sul desiderio di invecchiare insieme e in salute e di rimanere anche sessualmente attivi».
37MILA NUOVI CASI
Il cancro della prostata è il più diagnosticato tra gli uomini over 50, con circa 37.000 nuovi casi nel 2019 (AIRTUM AIOM 2019). Si calcola che ogni italiano con più di 65 anni abbia circa il 3% di probabilità di morire a causa della malattia tumorale prostatica. «Si tratta di un tumore a lenta crescita nella maggior parte dei casi, con una sintomatologia spesso assente nelle fasi iniziali, il cui principale fattore di rischio è la familiarità per tumore prostatico – dice Pietro Acquati, Dirigente Medico Urologo IRCCS San Donato di San Donato Milanese e Membro dell’Ufficio Ricerca della SIU – La prevenzione prevede il semplice dosaggio del marcatore PSA e la visita urologica ogni due anni dopo i 50 anni di età. L’urologo è la figura di riferimento insieme al medico di base e il ‘regista’ dei possibili approfondimenti diagnostici successivi».
Zafferano frena malattia di Stargardt, grave patologia della vista. Lo studio
Ricerca innovazionePer molti lo zafferano è solo un ottimo ingrediente per il risotto. Non per gli scienziati del Policlinico Gemelli e dell’Università Cattolica, i quali hanno scoperto le proprietà di questa sostanza, capace di curare pazienti con una grave malattia degenerativa della vista, la sindrome di Stargardt. Si tratta di una rara malattia genetica e questo trattamento è semplice e senza effetti collaterali. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista “Nutrients” ed è stato coordinato dal professor Benedetto Falsini, professore associato dell’Istituto di Oftalmologia all’Università Cattolica e specialista presso l’UOC di Oculistica della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli, insieme alla professoressa Silvia Bisti dell’Università degli Studi dell’Aquila.
La malattia di Stargardt e la cura con lo zafferano
Si tratta di una degenerazione ereditaria della ‘macula’, il centro della retina. I sintomi consistono nella riduzione della visione centrale (quella che consente di riconoscere i visi, leggere, guidare etc), che inizia durante l’adolescenza o, comunque, in giovane età (prima e seconda decade di vita). Inoltre, i pazienti possono avere disturbi nella percezione dei colori (discromatopsia), macchie nere nel campo visivo (scotomi centrali) e intolleranza alla luce (fotofobia). La malattia è causata da ‘errori’ (mutazioni) del gene chiamato ABCA4, il cui malfunzionamento provoca disfunzione e perdita delle cellule retiniche (i cosiddetti fotorecettori coni e bastoncelli). La malattia compare quando l’individuo ha entrambe le copie del gene con le mutazioni. La progressione della malattia è legata a fenomeni neuroinfiammatori indotti dal crescente stress ossidativo (i radicali liberi).
In questo trial clinico, il primo in assoluto, sono stati coinvolti 31 pazienti con Stargardt trattati con 20 milligrammi al giorno di zafferano (Repron, brevetto internazionale) in compresse. I pazienti hanno assunto lo zafferano per sei mesi e poi una sostanza placebo per i successivi sei.
La funzione visiva si è mantenuta stabile durante i sei mesi di trattamento mentre tendeva a deteriorarsi durante l’assunzione del placebo.
Si tratta di una nuova dimostrazione dei potenti effetti terapeutici dello zafferano, in studio da anni, all’inizio su modelli animali di degenerazione retinica in cui è stato dimostrato che lo zafferano riduceva la morte cellulare, l’attivazione di processi neuro-infiammatori e manteneva la funzione visiva più a lungo: in altre parole rallentava la progressione del processo neurodegenerativo della retina.
Nell’uomo l’efficacia del trattamento con zafferano è stata dimostrata in pazienti con degenerazione maculare legata all’età (DMLE) in fase iniziale o mediamente avanzata non essudativa, dal professor Falsini e confermata in trial clinici di altre università e Paesi.
“Studi condotti presso altri centri, non solo presso il Gemelli, mostrano che l’integrazione per bocca con zafferano nella fase della DMLE iniziale o intermedia ha un effetto benefico sulla funzione visiva e sulla progressione della malattia”, conclude Falsini.
Tumore della prostata, una web serie per la prevenzione
PrevenzioneChe ci fa Francesco Paolantoni in una miniserie web a parlare di tumore della prostata? Se lo sono chiesti molti dei suoi fan, è il mistero è presto svelato. L’istrionico attore partenopeo è il protagonista di una nuova campagna informativa con la quale si punta a convincere il “sesso forte” a non aver paura della visita urologica. L’obiettivo, a dirla tutta, è quello di riuscire ad incrementare il numero degli uomini che fanno prevenzione per il tumore della prostata, terza causa di morte (per tumore) per gli uomini. La web sitcom in 5 puntate tratta con ironia e leggerezza l’imbarazzo degli uomini adulti nel prendersi cura in generale della propria salute e in particolare di quella urogenitale. Eppure un semplice dosaggio del PSA (antigene prostatico specifico) e, in caso di valori alterati, una visita dall’urologo potrebbero contribuire a ridurre l’impatto del tumore della prostata che tuttora rappresenta la terza causa di morte per tumore nella popolazione maschile. Questo tumore colpisce ogni anno in Europa circa 500.000 persone ma, se diagnosticato precocemente, può essere trattato in maniera efficace con buone probabilità di guarigione. È fondamentaleperò superare la vergogna, non sottovalutare i fattori di rischio, come l’età e la familiarità, parlarne con la propria compagna e rivolgersi al medico per i controlli.
UNITI PER LA VITA
La web sitcom, in cinque episodi, è il fulcro della campagna di sensibilizzazione QUI PRO QUO Salute della prostata: stop agli equivoci, sì alla prevenzione”, promossa da Europa Uomo Italia Onlus e ONDA – Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere, con il patrocinio di Fondazione AIOM, SIU – Società Italiana di Urologia, SIUrO – Società Italiana di Urologia Oncologica, AIRO – Associazione Italiana Radioterapia e Oncologia clinica, AURO – Associazione Urologi Italiana, FFO – Fondazione per la Formazione Oncologica e il contributo incondizionato di Astellas. Per parlare del tumore della prostata e sfatarne i falsi miti, la web sitcom diretta da Alessandro Bardani e Paola Pessotracconta le vicende di una coppia di mezza età in stile “Sandra e Raimondo”: Francesco, interpretato da Francesco Paolantoni, ed Emanuela (Emanuela Rossi) sono una coppia di mezza età che vive gli alti e bassi di una relazione di lunga data. Il tema della prevenzione della salute maschile si inserisce nelle dinamiche di una coppia litigiosa, ma l’affetto che li unisce sarà la chiave per spingere lui a fare i passi giusti verso la prevenzione.
ABBATTERE I TABÙ
«Parlare di temi così delicati non è semplice, ma indispensabile, e la campagna QUI PRO QUO, con la sit comdiffusa sui canali social, è uno dei modi più attuali ed efficaci per informare gli uomini sulla prevenzione del tumore prostatico e stimolarli a sottoporsi a periodici controlli. – dichiara Maria Laura De Cristofaro, Presidente Europa Uomo Italia Onlus –In questa campagna, uomini e donne si sono alleati perché la donna è portatrice di cultura della buona salute e del prendersi cura del proprio corpo, dentro e fuori le mura domestiche e trasmette queste conoscenze ai figli, femmine e maschi».
MAI SOTTOVALUTARE I SINTOMI
I sintomi non vanno mai sottovalutati: difficoltà a urinare, in particolare ad iniziare la minzione, stimolo frequente ad urinare specie di notte, difficoltà a mantenere un flusso costante (getto debole o intermittente), sensazione di non riuscire a svuotare del tutto la vescica, dolore quando si urina o durante l’eiaculazione, sangue nelle urine o nello sperma. Campanelli d’allarme che possono essere intercettati meglio grazie al supporto della partner. «La donna, nella sua veste di caregiver (9 donne su 10 ogni giorno assistono un familiare malato), riveste una funzione determinante nel promuovere la prevenzione di certi problemi di salute che possono colpire il partner, come il tumore della prostata – spiega Francesca Merzagora, Presidente di Fondazione ONDA – La donna è abituata a parlare in modo aperto e libero di problemi riguardanti la salute dell’apparato uro-genitale e con altrettanta libertà e delicatezza puòavvicinare il compagno a queste tematiche suggerendogli ad esempio di confidare i propri timori e di recarsi insieme dal medico per un controllo alla prostata, magari facendo leva sul desiderio di invecchiare insieme e in salute e di rimanere anche sessualmente attivi».
37MILA NUOVI CASI
Il cancro della prostata è il più diagnosticato tra gli uomini over 50, con circa 37.000 nuovi casi nel 2019 (AIRTUM AIOM 2019). Si calcola che ogni italiano con più di 65 anni abbia circa il 3% di probabilità di morire a causa della malattia tumorale prostatica. «Si tratta di un tumore a lenta crescita nella maggior parte dei casi, con una sintomatologia spesso assente nelle fasi iniziali, il cui principale fattore di rischio è la familiarità per tumore prostatico – dice Pietro Acquati, Dirigente Medico Urologo IRCCS San Donato di San Donato Milanese e Membro dell’Ufficio Ricerca della SIU – La prevenzione prevede il semplice dosaggio del marcatore PSA e la visita urologica ogni due anni dopo i 50 anni di età. L’urologo è la figura di riferimento insieme al medico di base e il ‘regista’ dei possibili approfondimenti diagnostici successivi».
Vaccini, in Campania raggiunto l’effetto gregge
PrevenzioneIl tema dei vaccini crea sempre tante discussioni, contrapponendo favorevoli e contrari. Intanto con cinque morti e quindici casi gravi, il bilancio 2018 – 2019 dell’influenza di stagione in Campania è pesante, ma non è nulla rispetto a quanto avvenuto in passato o in altre regioni. Si pensi che nel anni precedenti si era arrivati a 16 decessi, e il dato medio italiano non è migliore. Ad esempio la Lombardia ha contato 132 casi gravi e 21 decessi. Numeri che dicono essenzialmente due cose: in primis che l’impegno profuso in Campania sta dando i suoi frutti, in secondo luogo che l’influenza non va sottovalutata. Soprattuto da parte di chi ha già altre patologie o ha problemi di salute.
GRATIS PER GLI OVER 65
In Campania il vaccino antinfluenzale è gratuito e attivamente proposto a tutti gli ultrasessantacinquenni e alle persone definite “a rischio”. Per essere vaccinati basta rivolgersi al medico di famiglia che provvederà gratuitamente. E sono proprio i medici di famiglia a giocare un ruolo centrale nella strategia vaccinale. Ma quali sono i vantaggi della vaccinazione? Certamente una riduzione dei ricoveri in pronto soccorso e in terapia intensiva per complicanze legate alla sindrome influenzale. Un minor utilizzo improprio degli antibiotici, che non servono a niente nelle sindromi influenzali notoriamente di origine virale.
EFFETTO GREGGE
Grazie al lavoro dei Medici di Medicina generale, dei Pediatri di libera scelta e dei Centri vaccinali aziendali, la Campania ha raggiunto per lil secondo anno l’obiettivo di per il Vaccino Esavalente di andate oltre una copertura del 95% (effetto gregge: vaccino almeno 95 bambini per avere un effetto di protezione su 100) e raggiungendo con il tetravalente (Morbillo, Parotite, Rosolia e Varicella) il 93,90%. Il monitoraggio continuo di tutte le attività vaccinali è garantito dalla nuova piattaforma dell’Anagrafe Vaccinale Regionale, che dialoga con tutte le Aziende sanitarie e con i singoli medici, ma anche con l’Anagrafe Vaccinale Nazionale. Va detto che ancora oggi in molti nutrono diffidenza verso i vaccini, retaggio di fake news che si moltiplicano sul web e che ci inducono a scelte sbagliate. L’unico vero consiglio da seguire è quello di non esitare e di affidarsi alle cure del medico di famiglia, che più di tutti ci conosce e ci aiuta a restare in salute.
Demenze: un centro diagnosi su 5 aperto solo un giorno, al Sud inesistenti
News PresaSono ancora drastiche le differenze tra le Regioni nella rete di assistenza ai pazienti con demenza e ai loro familiari. Un CDCD (Centro per i Disturbi Cognitivi e le Demenze) su cinque è aperto un solo giorno a settimana, circa il 23% di queste strutture hanno tempi di attesa pari o superiori ai 3 mesi e il 30% delle strutture ha ancora un archivio cartaceo. È il quadro che emerge dai risultati dell’ultimo aggiornamento della Survey dei servizi condotto dall’Osservatorio Demenze dell’Istituto Superiore di Sanità e illustrati durante il XIII Convegno Il Contributo dei Centri per i disturbi cognitivi e le Demenze nella gestione integrata dei pazienti.
Demenze. I dati delle Regioni
Vi sono Regioni come la Calabria e la Basilicata dove non risultano esserci Centri Diurni pubblici o convenzionati per assistere pazienti con demenza. La Campania, ad esempio, ha un numero di Centri Diurni inadeguato rispetto al numero dei casi con demenza stimati in quel territorio. Per quanto riguarda le strutture residenziali anche per alcune grandi Regioni del Nord manca un numero sufficiente di servizi presenti nel territorio rispetto ai casi stimati. Non solo. Al problema della carenza di strutture si aggiunge quello della qualità della diagnosi: intervistando 501 referenti di queste strutture è stato possibile calcolare che nell’Italia del Sud e Isole viene effettuata una valutazione neuropsicologica completa (attenzione, linguaggio, memoria) con una frequenza inferiore al 44% rispetto alle strutture del Nord Italia e in metà delle strutture manca la figura professionale dello psicologo.
“L’aggiornamento della mappa online con la collaborazione delle Regioni – dichiara Silvio Brusaferro, Presidente dell’ISS – è uno strumento fondamentale per capire come e dove si deve intervenire per garantire innanzitutto diagnosi appropriate e poi percorsi assistenziali adeguati”.
La Survey, infatti, ha permesso di conoscere l’organizzazione, la dotazione del personale e le attività di 577 Centri per i Disturbi Cognitivi e le Demenze censiti (97.6% del totale), di 495 Centri Diurni (81.5% del totale) e di 628 Strutture Residenziali (48.1% del totale).
“I dati della Survey – spiega Nicola Vanacore, ricercatore del Centro Nazionale Prevenzione e Promozione della Salute dell’ISS e responsabile scientifico dell’Osservatorio Demenza – hanno fatto emergere questa disomogeneità nell’organizzazione dei servizi dedicati alle demenze nei diversi territori. Per questo l’ISS ha proposto dei Report regionali dell’Osservatorio Demenze da inviare ai responsabili del settore nelle diverse regioni dove verrà indicato la stima dei casi, il quadro della rete dei servizi, una Survey sui migranti, le attività di formazione e la stima della prevalenza dei fattori di rischio prevenibili”.
Attualmente in Italia il Piano Nazionale Demenze, documento strategico per governare il fenomeno delle demenze nei territori è stato recepito ad oggi da 11 regioni e dalla provincia autonoma di Trento.
Allo studio condotto dall’ISS, per valutare l’accordo dei Percorsi Diagnostici Terapeutici ed Assistenziali (PDTA) con le “Linee di Indirizzo Nazionale sui PDTA per le Demenze” prodotto dal Tavolo per il monitoraggio e l’implementazione del PND promosso dal Ministero della Salute, hanno aderito solo 6 Regioni e 5 ASL su 101 a cui era stata richiesta l’adesione.
Antibioticoresistenza in Italia: valori ancora oltre la media europea
News PresaIn Italia, nel 2018, le percentuali di resistenza alle principali classi di antibiotici restano più alte rispetto alla media europea. Non solo, gli oltre 2.000 casi di infezioni nel sangue causate da enterobatteri produttori di carbapenemasi (CPE), ovvero di enzimi che distruggono i carbapenemi (una classe di antibiotici ad ampio spettro) mostrano la diffusione nel nostro Paese di queste batteriemie. Sono questi i dati aggiornati, pubblicati in vista dell’imminente European Antibiotic Awareness Day (18 novembre 2019) e della World Antibiotic Awareness Week (18–24 novembre 2019), della Sorveglianza Nazionale dell’antibiotico-resistenza(AR-ISS) e della Sorveglianza delle CPE, coordinate entrambe dall’Istituto Superiore di Sanità. “Purtroppo, il nostro Paese detiene il triste primato, nel contesto europeo, della mortalità per antibioticoresistenza – dichiara Annalisa Pantosti, Responsabile della Sorveglianza AR-ISS – Infatti, dei 33.000 decessi che avvengono in Europa ogni anno per infezioni causate da batteri resistenti agli antibiotici, oltre 10.000 succedono in Italia”.
“Gli ultimi dati disponibili – continua l’esperta – mostrano che i livelli di antibioticoresistenza e di multi-resistenza delle specie batteriche sotto sorveglianza sono ancora molto alti, nonostante gli sforzi notevoli messi in campo finora, come la promozione di un uso appropriato degli antibiotici e di interventi per il controllo delle infezioni nelle strutture di assistenza sanitaria. In questo contesto, il “Piano Nazionale di Contrasto dell’Antibiotico-Resistenza (PNCAR) 2017-2020”, rappresenta un’occasione per migliorare e rendere più incisive le attività di contrasto del fenomeno a livello nazionale, regionale e locale”.
Patogeni super resistenti
Le percentuali di resistenza alle cefalosporine di terza generazione (29%) e ai fluorochinoloni (42%) in Escherichia coli si sono confermate di gran lunga maggiori rispetto alla media europea, anche se in leggero calo rispetto agli ultimi anni.
Vi è una diminuzione significativa nella percentuale di isolati di Klebsiella pneumoniae resistenti ai carbapenemi, che sono passati dal 37% nel 2016 al 30% nel 2018, mentre per E. coli, anche se il valore si è confermato molto basso (0,6%), è risultato in leggero aumento rispetto agli anni precedenti. La resistenza ai carbapenemi è risultata frequente, anche se in diminuzione, nelle specie Pseudomonas aeruginosa (16%) e Acinetobacter (82%).
Per Staphylococcus aureus, la percentuale di isolati resistenti alla meticillina (MRSA) si è mantenuta stabile intorno al 34%, mentre incrementi significativi si sono riscontrati nella percentuale di isolati di Enterococcus faecium resistenti alla vancomicina, passata dal 6% nel 2012 al 19% nel 2018. Per Streptococcus pneumoniae si è osservata una tendenza alla diminuzione sia per la percentuale di isolati resistenti alla penicillina che per quelli resistenti all’eritromicina.
Antibioticoresistenza e batteriemie
Secondo i dati della Sorveglianza Nazionale dedicata alle batteriemie causate da Enterobatteri produttori di carbapenemasi (CPE), gli oltre 2.000 casi diagnosticati e segnalati nel 2018 evidenziano la larga diffusione in Italia delle CPE, soprattutto in pazienti ospedalizzati. In particolare:
Trapianto di microbiota, svolta contro epidemia di infezione da Clostridium difficile
News PresaUno studio senza precedenti attesta in via definitiva l’efficacia del trapianto di microbiota intestinale (FMT) da donatori sani contro l’infezione da Clostridium difficile. Aumenta, di conseguenza, la sopravvivenza di oltre un terzo rispetto alla terapia antibiotica e dimezza i giorni di degenza necessari al paziente, riducendo il rischio di gravi complicanze come la sepsi. Lo studio è stato condotto in Italia presso la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e l’Università Cattolica del Sacro Cuore, campus di Roma. Il verdetto finale favorevole alla nuova terapia è stato reso noto sulla prestigiosa rivista “Annals of Internal Medicine” e si deve al gruppo del professor Antonio Gasbarrini, Direttore dell’Area Medicina Interna, Gastroenterologia e Oncologia medica della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e ordinario di Gastroenterologia all’Università Cattolica, campus di Roma.
Trapianto di microbiota contro infezione da Clostridium difficile
L’infezione da Clostridium difficile è diventata epidemica negli ultimi anni, complice l’abuso di antibiotici, specialmente in pazienti anziani e fragili. Basti pensare che, secondo recenti casistiche, ogni anno negli USA muoiono circa 29.000 persone per tale patologia, per una spesa complessiva di 5 miliardi di dollari/anno. I sintomi di tale patologia possono variare da una semplice diarrea a un quadro clinico severo, che può essere mortale. Tuttavia, il C. difficile è un batterio che risiede in forma latente nell’intestino di una quota consistente (circa il 30%) delle persone (portatori sani), e l’infezione si manifesta solo quando il microbiota intestinale sano del soggetto viene debilitato, come in caso di massicce e ripetute terapie antibiotiche. “Sappiamo che l’infezione da C. difficile ha un enorme peso sui sistemi sanitari”, afferma il professor Antonio Gasbarrini, “e che, nelle sue estrinsecazioni cliniche più violente, ovvero nel quadro di infezione severa, può avere complicanze mortali (come la setticemia, il megacolon tossico – ovvero un’abnorme distensione del colon -, oppure un’insufficienza multi-organo)”.
Lo studio
“Il trapianto di microbiota ha cambiato la storia naturale di tale patologia”, sostiene il professor Gasbarrini. “Infatti, vi è un gran numero di evidenze (da numerosissimi studi in aperto e trial randomizzati a diverse meta-analisi) che dimostra come il trapianto di microbiota intestinale sia più efficace degli antibiotici nel curare definitivamente l’infezione ricorrente da C. difficile”.
“I nostri precedenti studi avevano già dimostrato che il trapianto di microbiota intestinale è significativamente più efficace degli antibiotici nel curare non solo le forme ricorrenti, ma anche i quadri clinici severi di infezione da C. difficile”, commenta il professor Giovanni Cammarota, responsabile del Day Hospital di Gastroenterologia e Trapianto di Microbiota presso il Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS. “Tuttavia, si sapeva ancora poco circa l’utilità di tale metodica nel prevenire le complicanze legate all’infezione. Con questo studio abbiamo aggiunto un tassello importante a favore di tale procedura in termini di evidenze scientifiche”.
Infezioni e super batteri, la Campania entra in “Icarete”
FarmaceuticaNel 2017 negli ospedali Campani si sono registrati circa 50 mila casi d’infezioni, la cui maggior parte è causata da batteri che presentano antibiotico resistenza di vario tipo. I reparti a rischio sono le Terapie intensive, le Medicine interne e le Chirurgie. Infezioni in parte prevenibili ed evitabili attraverso corretti comportamenti dei medici e del personale e attraverso un controllo costante dell’epidemiologia di ogni ospedale e con un uso appropriato degli antibiotici. Quest’ultima attività appare tanto più rilevante in Campania, dove l’assunzione media di dosi quotidiane di antibiotico è tuttora la più alta d’Italia. I dati, scioccanti, sono emersi da una tavola rotonda per la presentazione del progetto interregionale Icarete sull’emergenza globale delle infezioni contratte in ospedale.
LOTTA SENZA QUARTIERE
Le infezioni correlate all’assistenza sono un grave problema da considerarsi a livello nazionale e per questo la Campania è impegnata a promuovere un più appropriato utilizzo degli antibiotici sia ad uso umano che veterinario promuovendo anche la ricerca di nuovi antibiotici, creando anche partnership pubblico/privato. Molto potrebbe essere fatto con le nuove terapie antibiotiche, rendendole disponibili ai pazienti sia a livello Nazionale che regionale-locale, secondo le indicazioni appropriate. La Campania dopo due anni di interventi della struttura commissariale è oggi diventata una delle Regioni più attente al sistema di controllo delle infezioni ospedaliere con dati progressivamente migliori anche se si è in attesa del report di monitoraggio e controllo dei flussi prescrittivi dei medici di famiglia.
INTELLIGENZA ARTIFICIALE
In Italia circa l’8% dei pazienti ospedalizzati contrae un’infezione associata alle procedure assistenziali (Ica). Infezioni che pagano lo scotto di essere contratte in luoghi in cui si fa massiccio uso di antibiotici e quindi spesso forme resistenti ai farmaci antibatterici con risvolti molto impegnativi per l’assistenza. Nel nostro paese si stimano circa 10 mila casi di decessi all’anno per infezioni resistenti ai comuni antibiotici, pari al doppio delle morti legate agli incidenti stradali i cui il 10% dicrca in Campania. Per far fronte a questo scenario preoccupante, nel 2017 il Ministero della Salute ha pubblicato il Piano nazionale di contrasto dell’Antimicrobico-resistenza (PNCAR) 2017-2020, fissando il percorso che le istituzioni nazionali, regionali e locali, devono compiere per un miglior controllo delle infezioni. Intanto, a Napoli, la cattedra di Igiene del dipartimento di Sanità pubblica dell’Università Federico II diretta da Maria Triassi ha messo a punto un dispositivo di controllo e monitoraggio delle infezioni ospedaliere, basato sulla informatizzazione della raccolta dei dati clinici e della gestione dei pazienti ricoverati e sull’intelligenza artificiale, un sistema che mira a ridurre l’impatto economico delle infezioni contratte in ospedale e per ottimizzare la gestione dei budget regionali basato sull’analisi computerizzata di tutti i dati clinici e diagnostici del paziente dalla data della prima visita al trattamento durante il ricovero offrendo al medico una più rapida valutazione dello stato clinico del paziente, della riduzione delle infezioni correlate all’assistenza e dei risultati delle azioni terapeutiche perseguite e da perseguire.
Prematuri, prima indagine nazionale: fondamentale continuità assistenziale
News PresaÈ stata presentata oggi in ISS la prima indagine nazionale presentata, durante il Convegno sul Follow-up dei neonati prematuri. Emerge un quadro complessivo di Follow-up neonatale positivo e consolidato, nonostante la carenza di indicazioni specifiche regionali e nazionali.
I dati, raccolti grazie alla collaborazione tra Istituto Superiore di Sanità (ISS), Società Italiana di Neonatologia (SIN) e Società Italiana di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’Adolescenza (SINPIA), rivelano che in oltre 85% dei reparti di Terapia Intensiva Neonatale (TIN) italiani si riesce a seguire più di 50 bambini ad alto grado di complessità all’anno e il Follow-up risulta essere garantito nella maggior parte dei Centri Italiani fino ai 2-3 anni di vita.
I neonati prematuri, spiegano gli esperti, sono ad elevato rischio di esiti a distanza (neurosensoriali, cognitivi, respiratori) ed è pertanto necessario un attento monitoraggio dello sviluppo attraverso specifici protocolli di follow-up.
Attualmente, purtroppo solo il 22% delle TIN riesce a prolungarlo fino all’ingresso del bambino a scuola mentre risulta fondamentale assicurare ai bambini nati prematuri continuità assistenziale ed accertamenti ripetuti nel tempo fino all’età scolare. Finora le aree di valutazione del bambino incluse nel Follow-up dalla quasi totalità dei centri sono quella neuromotoria (99%) e quella della crescita e nutrizione (95%). Quasi sempre incluse anche la valutazione della vista (86%) e dell’udito (80%), delle capacità comunicative e linguistiche (65%), della funzionalità respiratoria (59%). Infine, in un terzo dei centri viene valutata la qualità della vita (30%).
La valutazione di queste aree di rischio storiche e ampiamente note e approfondite in letteratura è ormai diffusa capillarmente fino ai 2-3 anni di vita. Meno capillare è la valutazione delle aree emergenti, quali i disturbi dello spettro autistico, i disturbi di linguaggio e di comportamento, rispetto alle quali i servizi si stanno attivamente attrezzando e che è tra gli obiettivi che l’ISS sta perseguendo in forte sinergia con il Ministero della Salute tramite l’Osservatorio Nazionale Autismo (www.osservatorionazionaleautismo.it) e in collaborazione con le Società Italiane di Neonatologia, di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza e le principali Società Scientifiche dell’area pediatrica. Lo scopo è quello di sviluppare e implementare i protocolli di sorveglianza e di valutazione dello sviluppo nelle popolazioni ad alto rischio.
Un’altra area di criticità è la strutturazione di un network stabile tra servizi di follow up e con gli altri servizi e professionisti che entrano nel percorso di presa in carico dei bambini che manifestano conseguenze dalla nascita prematura.
Diabete, nel Dna le speranza di una nuova terapia
Ricerca innovazioneIn un gene che protegge dal diabete di tipo 2 potrebbe celarsi la chiave per lo sviluppo di nuovi farmaci e di nuove strategie preventive contro la malattia. A rivelarlo è uno studio pubblicato sulla rivista Nature Genetics e coordinato da ricercatori dell’Università di Helsinki nell’ambito di una folta collaborazione internazionale. Gli scienziati sono partiti dall’analisi del metabolismo degli zuccheri di individui imparentati tra loro (e quindi simili per stili di vita e corredo genetico), alcuni dei quali, però, presentavano nel proprio Dna una mutazione del gene “SLC30A8” che serve a produrre una proteina trasportatrice di zinco, una sorta di veicolo molecolare che trasporta questo importante minerale nel pancreas. I portatori di questa mutazione hanno un basso rischio di ammalarsi di diabete, anche in presenza di stili di vita insalubri e pericolosi per il metabolismo degli zuccheri. Gli esperti hanno visto che i portatori della mutazione sono più efficienti nel rilasciare insulina e quindi nel regolare la quantità di zuccheri nel sangue. In seguito, con studi di laboratorio, gli esperti hanno anche visto che la molecola trasportatrice di zinco di questi individui lavora in modo più efficiente. Infine hanno compreso che lo zinco è un elemento fondamentale sia per potenziare la funzione delle cellule produttrici di insulina (beta-cellule), sia nella trasformazione del precursore dell’ormone (pro-insulina) in ormone attivo. Secondo loro è questa la chiave dell’azione protettiva antidiabete offerta dalla mutazione.
SPERIMENTAZIONE
«I nostri risultati suggeriscono che questo trasportatore dello zinco sia un ottimo e sicuro bersaglio terapeutico per nuovi farmaci antidiabete – ha riferito in conclusione lo scienziato che ha diretto lo studio, Leif Groop delle Universita’ di Helsinki e Lund-. Se sarà sviluppato un farmaco che mimi l’effetto protettivo della mutazione, la funzione delle beta-cellule potrà essere preservata e la capacita’ di rilasciare insulina mantenuta nei pazienti diabetici». Da diversi anni è noto che lo zinco è l’elemento essenziale perché all’interno delle cellule pancreatiche beta l’insulina possa essere assemblata correttamente prima di essere rilasciata nel sangue. E’ necessario ricordare che una produzione inadeguata di insulina e’ alla base della forma più diffusa di diabete, il diabete di tipo 2. Questo studio adesso apre delle prospettive assolutamente nuove, e rende possibile identificare questa proteina come possibile target di farmaci che ne potenzino il funzionamento, esattamente così come avviene negli individui che in questo studio sono portatori dalla mutazione genetica nel proprio Dna. Non sarebbe la prima volta che da modelli esistenti in natura la ricerca scientifica ha tratto spunto per lo sviluppo di farmaci efficaci. Ovviamente un valore aggiunto di questo studio è rappresentato dal fatto che i risultati sono stati ottenuti nell’uomo, e non su modelli animali.
Talenti in corsia: al via progetto per gli adolescenti con patologie complesse
Adolescenti, News Presa, PediatriaCi sono molti adolescenti con patologie complesse. Il percorso della malattia comporta lunghe degenze in ospedale, controlli frequenti, percorsi di riabilitazione, implicazioni cliniche e psicologiche. Proprio a loro è dedicato “Talenti in corsia”, il progetto della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, finanziato da Fondazione Pfizer, che mira a valorizzare le capacità e le attitudini dei ragazzi attraverso attività come la fotografia, la pittura, la scrittura e la recitazione da realizzare in ospedale e selezionate sulla base delle loro passioni.
“Le esperienze in adolescenza sono essenziali per la formazione della personalità – spiega il professor Eugenio Mercuri, Direttore Area Salute del Bambino della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS – e la valorizzazione di interessi e talenti è fondamentale a gettare le basi per una vita piena, ricca di significato e non etichettata da una patologia. Queste esperienze possono realizzarsi in molti contesti e vogliamo svilupparle anche in ospedale dove i ragazzi trascorrono molto del loro tempo”.
Talenti in corsia. Il progetto
Ai preadolescenti e agli adolescenti con patologie complesse, come le malattie rare, ma anche ai loro fratelli e amici che condividono con loro spazi e tempi e di cura, verranno dati nuovi strumenti di espressione e verranno potenziate le loro risorse attraverso azioni ed esperienze positive.
“Il Gemelli – considera il Presidente della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS Giovanni Raimondi – ha a cuore non solo la salute del paziente ma della persona nella sua integralità e nel pieno rispetto della sua umanità. È proprio per questa sua vocazione che il Gemelli promuove e sostiene sempre con grande favore quelle iniziative e progettualità che sono opportunità di crescita e socializzazione soprattutto per quei giovani pazienti che attraversano una fase delicata della loro vita, anche dal punto di vista psicologico, come l’adolescenza”.
Obiettivo di “Talenti in corsia” è anche sensibilizzare la società sul tema dei giovani in ospedale e sulla delicata fase della “transizione” dall’infanzia all’adolescenza e dall’adolescenza alla vita adulta.
“La Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS offre ai ragazzi ricoverati un’occasione davvero unica: mettere a frutto i propri talenti e passare il tempo in ospedale in maniera più piacevole e creativa, per quanto possibile”, dichiara Barbara Capaccetti, Presidente Fondazione Pfizer. “Noi siamo da sempre convinti che non ci possa essere crescita senza investire sul futuro, che è rappresentato dai più giovani e che non può essergli negato quando ci sono condizioni di fragilità. Per questo sosteniamo progetti mirati alla loro formazione e qui ne abbiamo un esempio eccellente”.