Tempo di lettura: 3 minutiDelegati, stakeholder, esperti, rappresentanti istituzionali e associativi si sono confrontati sullo stato dell’arte, le nuove tecnologie e le prospettive del settore dei dispositivi medici nel corso di uno degli eventi più attesi dell’anno dagli addetti ai lavori. La Conferenza Nazionale sui Dispositivi Medici – giunta quest’anno alla II edizione – si è tenuta a Roma lo scorso 9 luglio, promossa ancora una volta dalla Fondazione Mesit – Medicina Sociale e Innovazione Tecnologica.
Un evento per addetti ai lavori, certo, ma anche un confronto di alto profilo per un settore che ha importanti ricadute sulla salute dei cittadini e sul tessuto imprenditoriale del nostro Paese e a livello globale. I dispositivi medici, infatti, sono essenziali nella fornitura di assistenza sanitaria in tutto il mondo e costituiscono uno dei settori più dinamici, innovativi ed economicamente significativi, anche in Italia, con un mercato di 18,3 miliardi di euro tra export e mercato interno, 4.641 aziende e 117.607 dipendenti occupati.
Regolamenti
Un tessuto industriale eterogeneo, altamente innovativo e specializzato, dove piccole aziende convivono con grandi gruppi, e che svolgerà senza dubbio un ruolo ancora più importante in futuro: basti pensare alle sfide tecnologiche offerte dai dispositivi personalizzati, dalla sicurezza informatica e dall’intelligenza artificiale. A questa centralità consegue, ovviamente, una sempre maggiore attenzione da parte delle istituzioni pubbliche, internazionali e nazionali, per una riorganizzazione del settore e un’ottimizzazione delle risorse impiegate.
In particolare, i nuovi regolamenti europei sui DM 2017/45 e sui diagnostici in vitro 2017/46 contengono modifiche molto impattanti che si rende necessario intercettare, al fine di offrire un servizio migliore ai pazienti, accelerando la convergenza normativa internazionale, promuovendo un modello normativo più efficace per l’intero comparto. È proprio da queste premesse che ha preso il via la Conferenza Nazionale sui Dispositivi Medici promossa dalla Fondazione Mesit (Medicina Sociale e Innovazione Tecnologica), conferenza che si propone ormai come uno dei principali eventi di settore.
Promuovere il dialogo
Dopo la prima edizione nel 2023, che ha visto la partecipazione di oltre 500 tra delegati, stakeholder ed esperti, anche questo secondo appuntamento è stato l’occasione per riunire i principali attori del sistema: Ministero della Salute, Regioni Associazioni di pazienti, Confindustria Dispositivi Medici ed altre rappresentanze associative delle imprese al fine di individuare le possibili proposte che coniughino lo sviluppo del settore con l’accesso precoce all’innovazione, e di garantire la salute e la sicurezza dei cittadini. Un dibattitto dal quale nascerà ora un documento, già inaugurato nella scorsa edizione, contenente un’analisi dello stato dell’arte e delle prospettive future per il settore.
«L’innovazione tecnologica continua a essere un pilastro fondamentale per il miglioramento del benessere dei cittadini, trasformando profondamente la nostra vita quotidiana», dice il presidente della Fondazione Mesit, Marco Trabucco Aurilio.
Innovazione e nuove tecnologie
«Tuttavia, le persistenti criticità del nostro sistema sanitario nazionale, aggravate da un’attività regolatoria che nel settore dei dispositivi medici si è concentrata principalmente sulla riduzione dei costi, hanno ostacolato l’avanzamento tecnologico nel nostro Paese. Questa seconda edizione della conferenza mira a riunire tutti gli attori del sistema, con l’obiettivo dare continuità ad un dibattito che punta a immaginare soluzioni innovative e proporre interventi concreti per superare queste sfide».
Sulla stessa linea il pensiero di Francesco Saverio Mennini, capo del dipartimento della programmazione, dei dispositivi medici, del farmaco e delle politiche in favore del Servizio sanitario nazionale. «È fondamentale stabilire regole chiare e condivise per definire e tutelare l’innovazione», dice. «Queste regole devono essere accompagnate da nuovi modelli organizzativi e finanziari, e soprattutto sostenute da una governance lungimirante e propositiva. In questo momento storico così complesso, occorre valutare anticipatamente le condizioni ottimali affinché un’innovazione e le nuove tecnologie possano integrarsi nei sistemi pubblici, misurandone la capacità di generare valore».
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Articolo pubblicato su IL MATTINO il giorno 14 luglio 2024 a Firma di Piero Speno con la collaborazione del network editoriale PreSa – Prevenzione Salute
Astenia, ecco come combatterla con l’alimentazione
Alimentazione, NewsL’astenia, o più semplicemente la stanchezza, può essere causata da vari fattori fisiologici e psicofisici. Un fenomeno particolarmente accentuato durante i mesi invernali, quando la riduzione della luce solare porta a una diminuzione della produzione di serotonina (l’ormone che regola l’umore) e un aumento della produzione di melatonina (l’ormone che favorisce il sonno). Ma l’astenia può anche essere causata dal grande caldo. Per combattere la stanchezza, l’alimentazione può diventare un alleato prezioso, purché si presti attenzione a non eccedere con zuccheri e caffeina. Questi, infatti, offrono un rapido sollievo ma, a lungo termine, possono aumentare la sensazione di fatica e la fame. Vediamo allora come adeguare la dieta per combattere la stanchezza e quali alimenti preferire.
Gli alimenti che combattono l’astenia
I tre macronutrienti principali che contribuiscono alle nostre riserve energetiche sono carboidrati, proteine e grassi. Le proteine, in particolare se associate ai carboidrati, forniscono energia di lunga durata. Le fonti proteiche animali includono carne, pesce, latticini e uova, mentre le fonti vegetali comprendono legumi, frutta secca e i loro derivati. I cereali, ricchi di carboidrati, favoriscono una ripresa veloce delle energie. I nutrizionisti consigliano di solito l’assunzione regolare di grano integrale, farina d’avena e riso bianco. In generale, consumare prodotti di stagione è sempre una scelta saggia, poiché contengono una maggiore concentrazione di nutrienti come sali minerali e vitamine.
Vitamine e minerali: micronutrienti essenziali
Le vitamine e i minerali non forniscono energia diretta ma sono fondamentali per il mantenimento dei processi biologici ed energetici. La frutta e la verdura sono ricche di questi micronutrienti e dovrebbero essere consumate fresche per evitare l’eccesso di zuccheri presente nei succhi e nelle centrifughe. Tra i frutti più nutrienti troviamo:
Per quanto riguarda le verdure, si distinguono:
L’importanza delle vitamine
Le vitamine A ed E hanno funzioni antiossidanti, mentre quelle del gruppo B, in particolare la B5 e la B7, sono cruciali per il metabolismo energetico. La vitamina C facilita l’assorbimento del ferro, e la vitamina D sostiene l’apparato osseo e riduce l’affaticamento muscolare. Alimenti ricchi di vitamina D includono il tuorlo d’uovo, il salmone e lo sgombro.
Come suddividere i pasti?
Una buona qualità del sonno è essenziale per avere energia durante il giorno, e l’alimentazione gioca un ruolo cruciale nel mantenere un ritmo sonno-veglia regolare. È consigliato consumare una colazione abbondante, un pranzo soddisfacente e una cena leggera, distanziata dal momento di andare a dormire.
Colazione
È unanime l’idea che la colazione sia il pasto più importante della giornata. Una colazione ideale potrebbe includere:
Spuntini, pranzo e cena
Per lo spuntino di metà mattina, si consigliano frutta secca, cioccolato fondente e frutta fresca. Invece, per pranzo e cena servono altri alimenti. A pranzo e cena, zuppe e minestre con verdure in inverno, cereali e legumi – più in estate – sono ottime per l’assunzione di sali minerali e vitamine. Questi alimenti sono anche ricchi di fibre, che aiutano a ridurre l’assorbimento di grassi e zuccheri. Le proteine animali dovrebbero essere consumate a rotazione settimanale.
Idratazione
Mantenersi idratati è fondamentale per avere energia e prevenire la dispersione dei sali minerali. È consigliato bere 8-10 bicchieri d’acqua al giorno, preferibilmente a temperatura ambiente. Se la stanchezza persiste senza cause apparenti, è importante consultare un medico per escludere patologie sottostanti. Una volta confermato che lo stato di salute è normale, un nutrizionista può aiutare a modificare l’alimentazione per combattere la stanchezza. In alcuni casi, il medico potrebbe prescrivere integratori di vitamina D, vitamina C o vitamina B, specialmente per chi segue una dieta vegetariana o vegana. Gli sportivi potrebbero aver bisogno di integratori di sali minerali come potassio e magnesio. È sempre meglio chiedere consiglio al medico ed evitare l’assunzione autonoma di integratori.
Dunque, un’alimentazione equilibrata e ricca di nutrienti, insieme a una buona idratazione e a un adeguato ritmo sonno-veglia, può aiutare a combattere la stanchezza e a mantenere alti i livelli di energia durante tutto l’anno.
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Dieta occidentale accorcia la vita del 10%
Alimentazione, Benessere, Medicina Sociale, Prevenzione, Stili di vitaUna dieta sbagliata, sia per eccesso che per difetto, impatta sulla salute degli europei. Eppure la gestione clinica della malnutrizione non ha ancora un percorso ben definito.
“Le conseguenze negative della malnutrizione sono numerose e gravi: aumenta il rischio di patologie nei soggetti sani, il rischio di complicazioni nelle persone con patologie croniche, allunga la degenza ospedaliera, riduce la durata e la qualità della vita. Purtroppo, la gestione della malnutrizione nell’ambito sanitario è spesso inadeguata” sottolinea il Professor Maurizio Muscaritoli, Presidente SINuC, la Società Italiana di Nutrizione Clinica e Metabolismo che aggiunge: “La SINuC sottolinea l’enorme importanza di un fondo sanitario dedicato alla prevenzione delle malattie proprio con approcci nutrizionali improntati a corretti stili di vita sin dalla prima infanzia e per tutta la durata della vita”.
Incriminata dieta con troppi grassi e cibi ultraprocessati
Lo studio della Fondazione Aletheia, patrocinato dal ministero della Salute, ha evidenziato che per coprire i costi di sovrappeso e obesità, ogni Italiano paga quasi 300 euro di tasse l’anno il che comporta una contrazione del PIL del 2,8%. Pesano nel calcolo l’adozione di una dieta di tipo ‘western’ ricca di carne e cibi pronti o ultra-processati che influisce sullo sviluppo di sovrappeso e obesità anche nei giovani. Negli ultimi venti anni in Italia, c’è stato un aumento del 7,1% delle persone in sovrappeso e del 36,4% di quelle obese.
“Uno studio presentato all’ultimo meeting dell’American Society for Nutrition ha sottolineato proprio l’impatto di bevande analcoliche e carni lavorate: secondo l’indagine, assumere quantità elevate di cibo ultra-processato può ridurre la durata della vita di oltre il 10%. Il rischio di mortalità sale al 15% per gli uomini e al 14% per le donne” afferma il Professor Alessio Molfino, del Dipartimento di Medicina Traslazionale e di Precisione Sapienza Università di Roma.
“Quando parliamo di malnutrizione dobbiamo considerare entrambe le facce della medaglia, la malnutrizione per eccesso, ma anche quella per difetto con obesità e perdita di massa muscolare – condizione nota come obesità sarcopenica, in grado di aumentare il rischio di fragilità, peggiorando i quadri clinici”.
Dieta mediterranea fa risparmiare e previene 688 mila malattie croniche
Il rapporto realizzato da Fondazione Aletheia indica che una riduzione del 20% delle calorie assunte da alimenti ad alto contenuto di zucchero, sale e grassi saturi potrebbe prevenire in Italia 688 mila malattie croniche entro il 2050 e far risparmiare 278 milioni di euro l’anno di spesa sanitaria.
Mentre l’aderenza alla dieta mediterranea ha mostrato vantaggi a lungo termine: maggiore longevità, invecchiamento in salute, diminuzione dell’infiammazione e migliore immunità grazie anche al miglior profilo del microbiota intestinale e dei parametri metabolici.
Ragno violino, è allarme
NewsNegli ultimi giorni si è creato un vero e proprio allarme sul web per la possibile pericolosità del ragno violino. Un allarme, diciamolo subito, che in realtà è più una psicosi, visto che il ragno violino è comunemente presente in Italia e il suo morso (benché pericoloso) non è letale. Tant’è, dopo che del ragno violino se n’è parlato come possibile causa di morte di un carabiniere 52enne a Palermo, il web è come impazzito.
Aumento delle segnalazioni
In particolare, con il clamore suscitato dalla vicenda di Palermo, le chiamate ai centri antiveleni dei principali ospedali italiani sono aumentate a dismisura. Tutte chiamate, è bene ricordarlo, che si sono concluse con un nulla di fatto o con semplici raccomandazioni. Molte le domande su come comportarsi e come fare a capire se in casa abbiamo il temutissimo aracnide. In realtà il ragno violino è presente in moltissime case, soprattutto nelle regioni del Nord Italia. È un ragno che non ama la presenza dell’uomo, non a caso viene anche chiamato ragno eremita. Per questo, tendenzialmente se ne sta in posti dove non viene disturbato e morde solo se in qualche modo si sente attaccato.
Le caratteristiche del morso del ragno violino
Benché non ci sia alcun allarme per questo aracnide, questo non significa che il suo morso – che non è letale – vada sottovalutato. Il morso del ragno violino ha delle caratteristiche peculiari che lo rendono particolarmente insidioso. Inizialmente, il morso è asintomatico e indolore, senza alcuna alterazione visibile nell’area interessata. Tuttavia, nelle ore successive, la situazione può cambiare significativamente. Certo, va detto che in letteratura né in medicina, così come nella casistica dei centri antiveleni, non risultano decessi da morso di ragno violino.
Sintomi e sviluppo della lesione
Dopo qualche ora dal morso, può comparire una lesione arrossata accompagnata da prurito, bruciore e formicolii. Nel corso delle 48-72 ore successive, la lesione può evolvere, diventando necrotica e potenzialmente ulcerandosi. Oltre all’iniezione del veleno, il ragno violino può introdurre nei tessuti batteri anaerobi, microrganismi che proliferano in assenza di ossigeno, complicando ulteriormente il decorso della lesione. L’azione di questi batteri provoca la liquefazione dei tessuti colpiti, aggravando la gravità della ferita.
Complicazioni severe
Molto di rado, in situazioni particolarmente gravi, il morso del ragno violino può causare sintomi sistemici come febbre, rash cutaneo ed ecchimosi. L’evoluzione da semplice morso a lesione necrotica è molto rara e solo meno dell’1% di questi casi evolve ulteriormente comportando sintomi simil-influenzali, febbricola, dolori articolari. Se accade, i danni possono estendersi ai muscoli, ai reni, e in casi estremi, possono verificarsi emorragie. In questi casi la gravità di questi sintomi richiede un trattamento specifico, come la terapia in camera iperbarica. Ma si tratta di situazioni veramente al limite.
Cosa fare in caso di puntura del ragno violino?
In caso di puntura è fondamentale agire rapidamente e con precisione:
Mai sottovalutare il morso
Quindi, benché non ci sia ragione di finire in una psicosi collettiva, è bene non sottovalutare mai il morso di un ragno violino. In caso di peggioramento dei sintomi locali nelle ore successive, o se compare una lesione con una zona centrale inizialmente arrossata che diventa più scura, è cruciale contattare immediatamente il Centro Antiveleni più vicino per ottenere assistenza medica appropriata.
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Nuovi criteri per obesità: BMI superato e attenzione al grasso addominale
Alimentazione, Associazioni pazienti, Prevenzione, Ricerca innovazione, Stili di vitaLa distribuzione del grasso corporeo ha molto più valore dell’indice di massa corporeo. Quest’ultimo, infatti, non è più considerato un parametro affidabile. Con il nuovo schema, molte più persone potrebbero beneficiare dal trattamento dell’obesità anche se si trovano al di sotto del livello di soglia di BMI di 30.
Diagnosticare e curare l’obesità
Il sistema per diagnosticare e gestire l’obesità non può più basarsi solo sull’indice di massa corporea (BMI), che esclude molte persone che trarrebbero beneficio dal trattamento dell’obesità. La diagnosi, la stadiazione e la gestione negli adulti seguirà un nuovo schema. Lo ha stabilito l’European Association for the Study of Obesity (EASO). Lo studio è stato pubblicato su Nature Medicine e propone di modernizzare la diagnosi e il trattamento della patologia tenendo conto di tutti gli ultimi sviluppi nel campo, compresa la nuova generazione di farmaci.
Malattia multifattoriale
L’obesità è una malattia multifattoriale, cronica, recidivante e non trasmissibile, caratterizzata da un accumulo anormale e/o eccessivo di grasso corporeo. Tuttavia la diagnosi è ancora in molti contesti basata esclusivamente sui valori di soglia del BMI e non riflette il ruolo della distribuzione e della funzione del tessuto adiposo nella gravità della malattia.
Il Gruppo di Lavoro EASO, composto da esperti tra cui gli attuali e i precedenti Presidenti dell’Associazione, ha redatto una serie di dichiarazioni sulla diagnosi, la stadiazione e il trattamento dell’obesità che allineeranno la gestione della condizione con le più recenti conoscenze e sviluppi scientifici.
Grasso addominale fattore di rischio
Gli autori affermano: “Una novità importante del nostro schema riguarda la componente antropometrica della diagnosi. La base di questo cambiamento è il riconoscimento che il solo BMI è insufficiente come criterio diagnostico e che la distribuzione del grasso corporeo ha un effetto sostanziale sulla salute. Più specificamente, l’accumulo di grasso addominale è associato ad un aumento del rischio di sviluppare complicazioni cardiometaboliche ed è un determinante più forte dello sviluppo della malattia rispetto al BMI, anche in individui con un livello di BMI inferiore ai valori di soglia standard per la diagnosi di obesità (BMI di 30).”
Il nuovo schema chiarisce che l’accumulo di grasso addominale (viscerale) è un importante fattore di rischio per il deterioramento della salute, anche in persone con BMI basso e ancora prive di manifestazioni cliniche evidenti. Il nuovo schema include persone con BMI basso (≥25–30 kg/m2) ma accumulo di grasso addominale aumentato e presenza di eventuali compromissioni mediche, funzionali o psicologiche nella definizione di obesità, riducendo quindi il rischio di sottotrattamento in questo particolare gruppo di pazienti rispetto all’attuale definizione di obesità basata sul BMI.
Trattamento e linee guida
Gli autori chiariscono che i pilastri del trattamento delle persone con obesità nelle loro raccomandazioni aderiscono sostanzialmente alle linee guida attualmente disponibili. Le modifiche comportamentali, inclusa la terapia nutrizionale, l’attività fisica, la riduzione dello stress e il miglioramento del sonno, sono stati concordati come i principali capisaldi della gestione dell’obesità, con la possibile aggiunta di terapia psicologica, farmaci per l’obesità e procedure metaboliche o bariatriche (chirurgiche ed endoscopiche).
Tuttavia, per queste ultime due opzioni, il comitato direttivo ha discusso il fatto che le attuali linee guida si basano su evidenze cliniche derivanti da studi clinici, in cui i criteri di inclusione erano per lo più basati su valori di soglia antropometrici piuttosto che su una valutazione clinica completa. Nella pratica attuale, l’applicazione rigorosa di questi criteri basati su evidenze preclude l’uso di farmaci per l’obesità o procedure metaboliche/bariatriche in pazienti con un sostanziale carico di malattia da obesità ma valori di BMI bassi.
Farmaci
I membri del comitato direttivo hanno proposto che, in particolare, l’uso di farmaci dovrebbe essere considerato in pazienti con BMI di 25 kg/m2 o superiore e un rapporto vita-altezza superiore a 0,5 e la presenza di compromissioni o complicazioni mediche, funzionali o psicologiche, indipendentemente dai valori di soglia di BMI attuali.
Gli autori affermano: “Questa dichiarazione può anche essere vista come un appello alle aziende farmaceutiche e alle autorità regolatorie a utilizzare criteri di inclusione più aderenti alla stadiazione clinica dell’obesità e meno ai tradizionali cut-off di BMI quando si progettano futuri studi clinici con farmaci per l’obesità.”
Concludono: “Questa dichiarazione avvicinerà la gestione dell’obesità a quella di altre malattie croniche non trasmissibili, in cui l’obiettivo non è rappresentato da esiti intermedi a breve termine, ma da benefici per la salute a lungo termine. Definire obiettivi terapeutici personalizzati a lungo termine dovrebbe informare la discussione con i pazienti dall’inizio del trattamento, considerando lo stadio e la gravità della malattia, le opzioni terapeutiche disponibili e i possibili effetti collaterali e rischi concomitanti, le preferenze del paziente, i fattori individuali che determinano l’obesità e le possibili barriere al trattamento. Si sottolinea la necessità di un piano di trattamento globale a lungo termine o per tutta la vita piuttosto che di una riduzione del peso corporeo a breve termine.”
Tumore prostata colpisce 564mila italiani, 5% metastatico. L’iniziativa
News, PrevenzioneIl carcinoma prostatico è il tumore più frequente nella popolazione maschile nei Paesi occidentali e, in Italia, rappresenta il 19,8% di tutti i tumori maschili, con 41 mila nuove diagnosi nel 2023. Ad oggi, sono 564 mila gli Italiani che convivono con una diagnosi di tumore della prostata e di questi oltre il 5%, come dato di prevalenza, soffre della sua forma più grave, il tumore
della prostata metastatico.
L’iniziativa contro il tumore alla prostata metastatico
La Campagna “MEN’S PRO” sfrutta il parallelismo con il gioco del rugby tradizionalmente legato alla salute uro-genitale maschile, con l’obiettivo di sensibilizzare il grande pubblico sui rischi di questo big killer. L’iniziativa si rivolge soprattutto ai pazienti e ai loro caregivers per aiutarli a superare le barriere e il senso di isolamento che ancora troppo spesso sono legate a questa patologia, facendoli sentire veramente parte di una grande squadra.
Un pallone da rugby, firmato da un pool di specialisti diversi – dall’oncologo
all’urologo, fino ad arrivare allo psicoterapeuta, il sessuologo e il nutrizionista – rappresenta il
patto di alleanza tra professionisti, impegnati a favorire il più corretto percorso diagnostico,
terapeutico e assistenziale del paziente con tumore della prostata metastatico.
In campo, c’è quindi una squadra, diretta verso una meta comune: sensibilizzare sui fattori che ostacolano la prevenzione e la diagnosi tempestiva del tumore della prostata. Infatti è grazie alla disponibilità di strumenti diagnostici sempre più precisi e nuove strategie terapeutiche che, oggi, questa neoplasia è tra le più trattabili. L’iniziativa, inoltre, intende fornire un sostegno concreto ai pazienti e a coloro che se ne prendono cura. La campagna è promossa da Pfizer Italia in collaborazione con Europa Uomo e la
Federazione Italiana di Rugby (FIR)
Gambe al sicuro dalle varici
News, RubrichePer molte donne le gambe sono la parte più importante del corpo, dedicano attenzione e tempo per tenerle sempre in perfetta forma, ma a volte non bastano creme e scrub ed è necessario ricorrere alla medicina. Tra i maggiori esperti per il benessere delle gambe c’è il chirurgo vascolare Lanfranco Scaramuzzino, con i suoi figli Luca (chirurgo e flebologo) e Lorenzo (specializzando in dermatologia). Ed è proprio Lanfranco Scaramuzzino a spiegare che «la malattia venosa cronica colpisce tra il 10 e il 50% degli uomini e il 50 e il 55% delle donne. L’aspetto sociale è ancora più evidente se si considera che la patologia cresce con l’avanzare dell’età secondo una relazione quasi lineare: dal 7 al 35% negli uomini e dal 20 al 60% nelle donne fra i 35 e i 40 anni, dal 15 al 55% negli uomini e dal 40 al 78% nelle donne oltre i 60 anni».
Routine di benessere per le gambe
Dunque, cosa fare per prendersi cura delle proprie gambe? «La routine di benessere deve comprendere terapie specifiche e persino il respiro», conclude Lanfranco Scaramuzzino. Ma, andiamo con ordine. Una delle cause di malessere e inestetismi è l’insufficienza venosa, una condizione medica in cui le vene delle gambe non riescono a riportare adeguatamente il sangue al cuore. «Questo problema può verificarsi a causa di valvole venose danneggiate o indebolite che non chiudono correttamente e consentono al sangue di fluire all’indietro e accumularsi nelle vene», chiarisce Luca Scaramuzzino. Le vene possono dilatarsi e diventare varicose, causando una serie di sintomi. «Il trattamento dell’insufficienza venosa – prosegue – può variare a seconda della gravità della condizione e può includere cambiamenti dello stile di vita (come l’esercizio fisico e la perdita di peso), l’uso di calze a compressione, farmaci, procedure minimamente invasive come la scleroterapia, l’ecosclerosi con schiuma, il laser transdermico o interventi chirurgici in casi più gravi.
Salute è bellezza
Fortunatamente, la ripresa è immediata e se ci si affida a specialisti del settore anche dal punto di vista estetico i risultati possono essere molto soddisfacenti». Del resto, quando si parla di gambe, si può dire che quasi sempre bellezza e salute coincidono. «Il benessere delle gambe non solo contribuisce alla loro bellezza esteriore ma anche alla nostra salute generale», spiega Lorenzo Scaramuzzino che mette l’accento su 6 punti chiave. In primis: esercizio fisico regolare. Bastano attività semplici come una passeggiata regolare, o anche il nuoto e la bici, veri toccasana per la circolazione sanguigna e la il tono muscolare. Fondamentale anche l’idratazione: «Bere molta acqua aiuta a mantenere la pelle delle gambe elastica e sana». E proprio la cura della pelle è uno degli elementi su cui focalizzare l’attenzione.
Il ruolo delle scarpe
«Usare creme idratanti, esfolianti e protezione solare può prevenire problemi cutanei come secchezza e danni causati dai raggi UV». Lorenzo Scaramuzzino ricorda anche i danni della sedentarietà: «Stare troppo a lungo seduti o in piedi senza muoversi può causare problemi di circolazione e dare origine alle odiose vene varicose. Massaggi linfodrenanti o altri trattamenti professionali possono migliorare la circolazione e ridurre gonfiori». Inoltre, le scarpe. «Indossare scarpe comode e adeguate evita dolori e problemi ai piedi che possono influire sul benessere delle gambe. Mantenere il benessere attraverso queste routine non solo contribuisce a un aspetto più bello, ma supporta anche la nostra salute generale e il nostro benessere quotidiano».
Attenzione al respiro
Anche la respirazione è cruciale, perché il sistema respiratorio e il sistema circolatorio lavorano insieme per garantire un adeguato trasporto di ossigeno e nutrienti ai tessuti, nonché per il ritorno del sangue al cuore. «Quando si respira usando il diaframma l’addome si espande durante l’inspirazione e si contrae durante l’espirazione. Questo tipo di respirazione – conclude Lorenzo Scaramuzzino – favorisce il ritorno venoso dagli arti inferiori. Si deve inspirare lentamente attraverso il naso, riempiendo completamente i polmoni, e poi espirare lentamente attraverso la bocca».
Sistema immunitario
Problemi a vene ed i vasi sanguigni possono anche essere la prima spia di una patologia sistemica immunitaria. «La banale visibilità del reticolo venoso superficiale potrebbe essere il primo segnale di un’attività anomala del sistema immunitario», la dottoressa Michela Williams, specializzanda in Immunologia e Reumatologia. «Bisogna rivolgersi al proprio immunologo di fiducia per effettuare uno screening in grado di escludere il coinvolgimento immunologico che si verifica in circa il 20% delle trombosi venose profonde, e nel 30% degli infarti arteriosi nei soggetti al di sotto dei 50 anni.
Lavoro di squadra
La semplice visita immunologica seguita da un pannello di esami sanguigni e strumentali permette di individuare precocemente i segnali di malattia ed intraprendere efficaci terapie per prevenire possibili complicanze e ridurre i rischi. La stretta collaborazione tra flebologo ed immunologo permette – conclude la Williams – di identificare processi immunomediati iniziali e di bloccarne l’evoluzione in quanto il coinvolgimento flebologico può essere primo sintomo spesso sottovalutato».
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Articolo pubblicato su IL MATTINO il giorno 14 luglio 2024 a Firma di Renato Belotti con la collaborazione del network editoriale PreSa – Prevenzione Salute
Tecnologie e medicina, stop alla stagione dei tagli
RubricheDelegati, stakeholder, esperti, rappresentanti istituzionali e associativi si sono confrontati sullo stato dell’arte, le nuove tecnologie e le prospettive del settore dei dispositivi medici nel corso di uno degli eventi più attesi dell’anno dagli addetti ai lavori. La Conferenza Nazionale sui Dispositivi Medici – giunta quest’anno alla II edizione – si è tenuta a Roma lo scorso 9 luglio, promossa ancora una volta dalla Fondazione Mesit – Medicina Sociale e Innovazione Tecnologica.
Un evento per addetti ai lavori, certo, ma anche un confronto di alto profilo per un settore che ha importanti ricadute sulla salute dei cittadini e sul tessuto imprenditoriale del nostro Paese e a livello globale. I dispositivi medici, infatti, sono essenziali nella fornitura di assistenza sanitaria in tutto il mondo e costituiscono uno dei settori più dinamici, innovativi ed economicamente significativi, anche in Italia, con un mercato di 18,3 miliardi di euro tra export e mercato interno, 4.641 aziende e 117.607 dipendenti occupati.
Regolamenti
Un tessuto industriale eterogeneo, altamente innovativo e specializzato, dove piccole aziende convivono con grandi gruppi, e che svolgerà senza dubbio un ruolo ancora più importante in futuro: basti pensare alle sfide tecnologiche offerte dai dispositivi personalizzati, dalla sicurezza informatica e dall’intelligenza artificiale. A questa centralità consegue, ovviamente, una sempre maggiore attenzione da parte delle istituzioni pubbliche, internazionali e nazionali, per una riorganizzazione del settore e un’ottimizzazione delle risorse impiegate.
In particolare, i nuovi regolamenti europei sui DM 2017/45 e sui diagnostici in vitro 2017/46 contengono modifiche molto impattanti che si rende necessario intercettare, al fine di offrire un servizio migliore ai pazienti, accelerando la convergenza normativa internazionale, promuovendo un modello normativo più efficace per l’intero comparto. È proprio da queste premesse che ha preso il via la Conferenza Nazionale sui Dispositivi Medici promossa dalla Fondazione Mesit (Medicina Sociale e Innovazione Tecnologica), conferenza che si propone ormai come uno dei principali eventi di settore.
Promuovere il dialogo
Dopo la prima edizione nel 2023, che ha visto la partecipazione di oltre 500 tra delegati, stakeholder ed esperti, anche questo secondo appuntamento è stato l’occasione per riunire i principali attori del sistema: Ministero della Salute, Regioni Associazioni di pazienti, Confindustria Dispositivi Medici ed altre rappresentanze associative delle imprese al fine di individuare le possibili proposte che coniughino lo sviluppo del settore con l’accesso precoce all’innovazione, e di garantire la salute e la sicurezza dei cittadini. Un dibattitto dal quale nascerà ora un documento, già inaugurato nella scorsa edizione, contenente un’analisi dello stato dell’arte e delle prospettive future per il settore.
«L’innovazione tecnologica continua a essere un pilastro fondamentale per il miglioramento del benessere dei cittadini, trasformando profondamente la nostra vita quotidiana», dice il presidente della Fondazione Mesit, Marco Trabucco Aurilio.
Innovazione e nuove tecnologie
«Tuttavia, le persistenti criticità del nostro sistema sanitario nazionale, aggravate da un’attività regolatoria che nel settore dei dispositivi medici si è concentrata principalmente sulla riduzione dei costi, hanno ostacolato l’avanzamento tecnologico nel nostro Paese. Questa seconda edizione della conferenza mira a riunire tutti gli attori del sistema, con l’obiettivo dare continuità ad un dibattito che punta a immaginare soluzioni innovative e proporre interventi concreti per superare queste sfide».
Sulla stessa linea il pensiero di Francesco Saverio Mennini, capo del dipartimento della programmazione, dei dispositivi medici, del farmaco e delle politiche in favore del Servizio sanitario nazionale. «È fondamentale stabilire regole chiare e condivise per definire e tutelare l’innovazione», dice. «Queste regole devono essere accompagnate da nuovi modelli organizzativi e finanziari, e soprattutto sostenute da una governance lungimirante e propositiva. In questo momento storico così complesso, occorre valutare anticipatamente le condizioni ottimali affinché un’innovazione e le nuove tecnologie possano integrarsi nei sistemi pubblici, misurandone la capacità di generare valore».
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Articolo pubblicato su IL MATTINO il giorno 14 luglio 2024 a Firma di Piero Speno con la collaborazione del network editoriale PreSa – Prevenzione Salute
Malattia PTT, fattore tempo e innovazione
News, RubricheChiazze rosso-violacee sulla pelle e sulle mucose, una forte anemia e un calo vertiginoso delle piastrine. Il più delle volte anche sintomi neurologici, cardiaci e renali correlati ad un’ischemia. È la firma, spesso molto difficile da individuare, di una malattia ultra-rara (l’incidenza è di 1-6 casi su un milione ogni anno) chiamata porpora trombotica trombocitopenica PTT, o anche sindrome di Moschcowitz. «La forma acquista riguarda il 95% dei pazienti, solo il 5% restante manifesta una forma ereditaria», spiega Mariano Carafa, direttore dell’U.O.C. di Medicina Interna del Dipartimento Emergenza e Accettazione del Cardarelli di Napoli.
Anticorpi fuori controllo
«Si tratta di una malattia autoimmune che favorisce la formazione incontrollata di trombi nel microcircolo e colpisce prevalentemente le donne giovani, l’età media alla diagnosi è di circa 40 anni». Ma cos’è che innesca questa malattia? Il dottor Carafa spiega che all’origine della patologia c’è un’alterazione del sistema immunitario. Il paziente produce anticorpi che attaccano l’enzima ADAMTS13 e inibiscono così la sua capacità di tagliare una macromolecola, il fattore di von Willembrand, rendendola inadatta a fissare le piastrine circolanti per formare il trombo piastrinico. «Semplificando – dice Carafa – si formano dei trombi che ostruiscono i piccoli vasi del microcircolo che irrorano i diversi organi. Questo porta a condizioni quali trombocitopenia grave e anemia emolitica microangiopatica (distruzione meccanica dei globuli rossi). Nei casi più gravi a conseguenze che spesso si rivelano fatali, quali insufficienza renale, ictus o infarto».
Patologia tempo-dipendente
Ecco perché è fondamentale, Carafa lo ribadisce più volte che si tratta di una patologia tempo-dipendente, riuscire a diagnosticare la malattia nelle sue fasi iniziali. L’Azienda Ospedaliera Cardarelli di Napoli affronta la questione a partire dal Pronto soccorso. Grazie ad un PDTA specifico, i pazienti che arrivano in Ps con una diagnosi, o quelli per i quali si ha un sospetto diagnostico, vengono trasferiti in reparto dove sono trattenuti sino a che le condizioni sono ormai stabili. «Affrontiamo la malattia con tre linee d’attacco: immunosoppressione a base di cortisone, plasmaferesPi (sostituzione del plasma del paziente con quello di soggetto sano) e terapia con anticorpi monoclonali».
Cambio di paradigma
Ed è proprio quest’ultima la novità che ha cambiato il paradigma della malattia: ora è possibile mettere in sicurezza il paziente in tempi molto rapidi somministrando una molecola che consente a immunosoppressori e plasmaferesi di agire. L’anticorpo monoclonale impedisce che le piastrine aderiscano ai recettori del fattore di von Willembrand e quindi evita la formazione e l’accumulo dei micro-coaguli nel microcircolo. Una volta stabilizzato, il paziente è affidato al setting ambulatoriale ematologico, dove si prosegue la terapia sia immunosoppressiva con l’anticorpo monoclonale fino ad una decisa remissione con il ripristino dell’attività fisiologica dell’ADAMTS 13.
Arrivare ad una diagnosi
Breve parentesi, nella gestione successiva al ricovero resta da affrontare in Campania il tema di un esame necessario alla verifica dell’attività dell’enzima ADAMTS13, esame che a quanto pare non sempre è possibile eseguire nel pubblico o in regime di convenzione. Al di là di questo, resta un fattore critico la capacità stessa dei clinici, in particolare nelle piccole strutture periferiche che non sempre possono contare su un reparto di Ematologia, di individuare i segnali della malattia. «Ogni paziente con PTT acquisita è diverso e può manifestare una vasta gamma di sintomi, non specifici e non chiaramente indicativi di una forma di microangiopatia trombotica», chiarisce Carafa.
Indicatori di malattia
«Anche le alterazioni di laboratorio sono varie e per molti versi non specifiche (anemia, piastrinopenia, aumento LDH, aumento creatinina). Nel corso della vita gli episodi di PTT possono essere singoli oppure ripetuti: circa il 30-35% dei pazienti sperimenta nuovi episodi, che possono verificarsi anche dopo anni dall’evento precedente. Il nostro obiettivo è, e deve sempre essere, quello di individuare la malattia precocemente, solo così si può evitare che si producano dei danni che altrimenti diventano irreversibili».
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Articolo pubblicato su IL MATTINO il giorno 14 luglio 2024 a Firma di Marcella Travazza con la collaborazione del network editoriale PreSa – Prevenzione Salute
Editoria: Speciale Salute e Prevenzione di Luglio
SpecialiAncora una volta il Network editoriale PreSa ha scelto di promuovere la prevenzione e l’informazione sui temi della salute e lo ha fatto dalle pagine autorevoli de Il Mattino. In questo numero un approfondimento su una malattia poco conosciuta, che ha però un forte impatto sulla vita delle persone che ne sono colpite: la Porpora trombotica trombocitopenica. Ne abbiamo parlato con il dottor Mariano Carafa, direttore dell’Unità Operativa Complessa di Medicina Interna (Dipartimenti di Emergenza e Accettazione) dell’Azienda Ospedaliera Antonio Cardarelli di Napoli. Spazio anche ad un evento di estrema importanza: La Conferenza Nazionale sui Dispositivi Medici – giunta quest’anno alla II edizione. L’evento si è tenuta a Roma lo scorso 9 luglio, promosso ancora una volta dalla Fondazione Mesit – Medicina Sociale e Innovazione Tecnologica. Non meno interessante, il focus sulla salute delle gambe e quello sulla chirurgia urologica laparoscopica. Uno speciale tutto da leggere, insomma. Scritto come sempre in modo chiaro e diretto.
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Obesità, 70% della popolazione entro 2030: “sia un tema del prossimo G7”
Alimentazione, Associazioni pazienti, Economia sanitaria, PrevenzioneIn Italia, sei milioni di cittadini soffrono di obesità e oltre 23 milioni di persone sono in eccesso di peso, potenziali futuri pazienti. Inoltre, l’Italia svetta tristemente nelle classifiche sull’obesità infantile con la percentuale più elevata, pari al 42 per cento, di bambini in sovrappeso o con obesità nella fascia di età 5-9 anni. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha lanciato l’allarme “Globesità” per i tassi vertiginosi di crescita del fenomeno e per le proiezioni che stimano una diffusione che raggiungerà il 70 per cento della popolazione entro il 2030.
Obesità tra i temi del prossimo G7
La sfida dell’obesità sia fra i temi in agenda del prossimo G7 Salute di ottobre: è questa la richiesta rivolta al Ministro della Salute Orazio Schillaci in una lettera inviata di recente e firmata da sette organizzazioni rappresentative della comunità scientifica, dei pazienti e del mondo politico-istituzionale. Una richiesta che, come già peraltro previsto da un ordine del giorno a firma dell’On. Roberto Pella approvato in legge di bilancio a dicembre scorso alla Camera, nasce dalla constatazione dell’obesità come una delle grandi sfide di salute globale.
L’appello è firmato dai Presidenti dell’Intergruppo parlamentare Obesità, diabete e malattie croniche non trasmissibili, On. Roberto Pella e Sen. Daniela Sbrollini, dalla Presidente di Amici Obesi, Iris Zani, dal Presidente di Ibdo Foundation, Paolo Sbraccia, dal Presidente di IO-Net Italian Obesity Network, Giuseppe Fatati, dal Presidente di OPEN Italy, Andrea Lenzi, dal Presidente Sid – Società italiana di diabetologia, Angelo Avogaro, dal Presidente Sio – Società italiana dell’obesità, Rocco Barazzoni.
“È motivo d’orgoglio – sottolinea la lettera – che l’Italia abbia assunto la Presidenza del G7, e il G7 Salute del prossimo ottobre offrirà al nostro Paese un’opportunità unica per farsi capofila nell’ambito delle più importanti sfide che minacciano la salute globale. Fra queste la sicurezza alimentare, che comprende il tema della malnutrizione, ma anche quello della sovralimentazione, un problema complesso, che va ben oltre l’aspetto dell’alimentazione coinvolgendo anche gli stili di vita, la prevenzione, gli aspetti genetici, che portano allo sviluppo di patologie ad alto impatto di salute pubblica come l’obesità. Proprio l’assenza dell’obesità dai lavori, prosegue la lettera, “ci colpisce, segnalando il rischio di affrontare solo parzialmente le sfide della sicurezza alimentare.
L’obesità, parte del più ampio paradosso della nutrizione secondo cui si contrappongono, e in parte si possono addirittura sovrapporre, denutrizione e sovralimentazione, è infatti una patologia cronica, progressiva e recidivante con tassi di crescita che raggiungono proporzioni epidemiche in Italia e nel mondo, anche a livello infantile. Comporta un profondo impatto sulla salute pubblica in quanto fattore di rischio delle patologie croniche più diffuse e pericolose tra la popolazione, prima fra tutte il diabete mellito di tipo 2, ma anche patologie cardiovascolari e tumori, nonché tutte le principali malattie non trasmissibili, causando 4 milioni di decessi annui nel mondo, di cui 1,2 milioni solo in Europa”.
Globesità, impatto economico nel mondo
L’obesità genera un importante impatto negativo sull’economia globale. La World Obesity Federation, di cui tutti i firmatari dell’appello sono membri, prevede che l’impatto economico globale del sovrappeso e dell’obesità raggiungerà i 4,32 trilioni di dollari all’anno entro il 2035 se le misure di prevenzione e trattamento non miglioreranno. Si tratta di un valore pari a quasi il 3 per cento del PIL mondiale, paragonabile all’impatto del COVID-19 nel 2020.
Il problema colpisce sia i Paesi industrializzati che quelli in via di sviluppo, dove già oltre 115 milioni di persone ne soffrono, e si prevede che entro il 2035 il 79 per cento degli adulti con obesità o sovrappeso vivrà nei Paesi a basso e medio reddito. L’urgenza di una strategia e un piano d’azione e di cooperazione internazionale è l’unica risposta plausibile che guarda ad un futuro sostenibile per i cittadini e per i sistemi sanitari nazionali.
Numeri preoccupanti che motivano l’appello. “Chiediamo quindi – conclude la lettera – che il Ministero che Lei ha l’onore di guidare condivida il senso di responsabilità e lo sguardo al futuro della salute e della sostenibilità globale inserendo la sfida dell’obesità tra i temi oggetto di discussione del prossimo G7 salute. L’Italia potrebbe finalmente guidare un cambio di paradigma globale senza precedenti su questa patologia, affrontando in tutta la sua complessità anche il tema della sicurezza alimentare attraverso l’approccio della salute pubblica, considerando la sovralimentazione e gli stili di vita come elementi caratterizzanti dell’obesità e portando l’Italia ad essere promotore di soluzioni innovative e capofila di un piano d’azione globale di contrasto a questa patologia cronica, progressiva e recidivante”.