Tempo di lettura: 6 minutiIl carcinoma mammario è il tumore più diffuso al mondo ed è una delle principali cause di morte per cancro. Nel 2020 sono stati diagnosticati più di due milioni di casi di carcinoma al seno, con quasi 685.000 decessi a livello globale. L’anticorpo monoclonale farmaco-coniugato Trastuzumab deruxtecan di Daiichi Sankyo e AstraZeneca ha dimostrato un miglioramento statisticamente e clinicamente significativo sia della sopravvivenza libera da progressione (PFS) che della sopravvivenza globale (OS) rispetto alla chemioterapia a scelta del medico, ovvero l’attuale standard di cura nelle pazienti affette da carcinoma mammario non resecabile e/o metastatico con bassi livelli di HER2 (HER2low), a prescindere dallo status del recettore ormonale (HR). A dimostrarlo sono i primi risultati dello studio registrativo di Fase 3 DESTINY-Breast04, in cui tutte le pazienti arruolate sono state sottoposte a test HER2 e i risultati sono stati confermati a livello centrale. Uno status di HER2Low è definito da un valore di immunoistochimica (IHC) 1+ o IHC2+ con test di ibridazione in situ (ISH) negativo.
L’espressione di HER2 è attualmente definita come positiva o negativa. I tumori HER2 positivi sono definiti come IHC 3+ o IHC 2+/ISH+ e i tumori HER2 negativi come IHC 0, IHC 1+ o IHC 2+/ISH-.1 Fino al 55% di tutte le pazienti con cancro al seno hanno tumori con valore HER2 IHC 1+, o HER2 IHC 2+ in combinazione con un test ISH negativo, un livello di espressione di HER2 considerato al momento non idoneo alla terapia target anti-HER2. Una bassa espressione di HER2 si verifica sia nella malattia ormono-positiva (HR+) che in quella negativa.
Il test per HER2 è uno strumento ben consolidato per determinare una strategia di trattamento appropriata nel cancro al seno metastatico. Usare come bersaglio anche livelli più bassi di espressione di HER2 può offrire un altro approccio per ritardare la progressione della malattia e prolungare la sopravvivenza dei pazienti. Attualmente, la chemioterapia rimane l’unica opzione sia per pazienti con malattia HR-positiva in progressione di malattia a seguito della terapia endocrina sia per coloro che risultano HR-negativi.
Tumore al seno metastatico, lo studio
Lo studio DESTINY-Breast04 ha raggiunto il suo endpoint primario con trastuzumab deruxtecan che ha dimostrato una PFS superiore rispetto allo standard di cura (chemioterapia), in pazienti precedentemente trattate per carcinoma mammario metastatico HR-positivo HER2 Low. Lo studio ha anche soddisfatto l’endpoint secondario di PFS in pazienti con carcinoma mammario metastatico HER Low, indipendentemente dallo stato di HR (HR positivo o HR negativo). Il trial ha inoltre raggiunto altri endpoint secondari quali la sopravvivenza globale (OS) nelle pazienti con malattia ormono-positiva e nelle pazienti indipendentemente dallo stato HR all’analisi ad interim.
Il profilo di sicurezza di trastuzumab deruxtecan è risultato in linea con gli studi clinici precedenti, senza nuovi segnali di sicurezza identificati. I tassi complessivi di malattia polmonare interstiziale (ILD) sono stati coerenti con quelli osservati negli studi di trastuzumab deruxtecan sul carcinoma mammario HER2-positivo in fase avanzata, con un tasso inferiore di ILD di grado 5 osservato, come determinato da un comitato di aggiudicazione indipendente.
“Trastuzumab deruxtecan continua a ridefinire il trattamento dei tumori a bersaglio HER2. DESTINY-Breast04 è il primo studio di fase 3 di una terapia anti-HER2 che mostra un beneficio statisticamente e clinicamente significativo nella sopravvivenza libera da progressione e globale rispetto al trattamento standard in pazienti con carcinoma mammario metastatico con bassi livelli di espressione di HER2. – Ha dichiarato Ken Takeshita, MD, Capo globale del dipartimento R&D di Daiichi Sankyo. – Non vediamo l’ora di condividere nel dettaglio i risultati dello studio DESTINY-Breast04 con la comunità medica e le agenzie regolatorie a livello globale, con il potenziale obiettivo di offrire trastuzumab deruxtecan a pazienti con tumore mammario metastatico finora considerato HER2-negativo“.
“I risultati dello studio DESTINY-Breast04 potrebbero ridefinire il modo in cui il tumore al seno è classificato e trattato. – Ha affermato Susan Galbraith, MBBChir, PhD, Vice Presidente esecutivo dell’R&D Oncologia di AstraZeneca. – Una terapia anti-HER2 non aveva mai mostrato prima un beneficio in pazienti con cancro al seno metastatico con bassi livelli di HER2. Questi risultati di trastuzumab deruxtecan rappresentano un enorme passo avanti e potrebbero potenzialmente espandere la nostra capacità di colpire l’intero spettro di espressione di HER2, convalidando la necessità di cambiare il modo di classificare e trattare il cancro al seno”.
I dati dello studio DESTINY-Breast04 saranno presentati ad uno dei prossimi congressi di oncologia e condivisi con le autorità regolatorie di tutto il mondo.
Il Carcinoma mammario con bassi livelli di HER2 (HER2Low)
HER2 è un recettore di membrana tirosin-chinasico che favorisce la crescita cellulare ed è espresso sulla superficie delle cellule di molti tipi di tumore, tra cui quello mammario, gastrico, polmonare e colorettale. E’ uno dei molti biomarcatori espressi nei tumori al seno.1
L’espressione di HER2 è attualmente definita come positiva o negativa, ed è determinata da un test di IHC che misura la quantità di proteina HER2 in una cellula tumorale, e/o da un test ISH, che conta le copie del gene HER2 nelle cellule tumorali. I tumori HER2 positivi sono definiti come IHC 3+, IHC 2+/ISH+ e i tumori HER2 negativi sono definiti come IHC 0, IHC 1+ o IHC 2+/ISH-.
Fino al 55% di tutte le pazienti affette da carcinoma mammario hanno tumori con un valoreHER2 IHC 1+ o un valore HER2 IHC di 2+ in combinazione con un test ISH negativo, un livello di espressione attualmente considerato non idoneo alla terapia mirata anti-HER2. 2,3 Una bassa espressione di HER2 si verifica sia nella malattia ormono-positiva (HR+) che in quella negativa.4
Il test per HER2 è uno strumento ben consolidato per determinare una strategia di trattamento appropriata, e usare come bersaglio livelli più bassi di espressione di HER2 può offrire un altro approccio per ritardare la progressione della malattia e prolungare la sopravvivenza nelle pazienti con carcinoma mammario metastatico. Attualmente, la chemioterapia rimane l’unica opzione sia per pazienti con malattia HR-positiva che progrediscono dopo la terapia endocrina sia per coloro che risultano HR-negativi.
DESTINY-Breast04
DESTINY-Breast04 è uno studio globale di fase 3, randomizzato, in aperto, che valuta l’efficacia e la sicurezza di trastuzumab deruxtecan (5.4mg/kg) rispetto alla chemioterapia a scelta del medico (capecitabina, eribulina, gemcitabina, paclitaxel o nab-paclitaxel) in pazienti con tumore mammario HR positivo (n=480) o HR negativo (n=60) non resecabile e/o metastatico con bassi livelli di HER2, precedentemente trattato con una o due linee di chemioterapia. Le pazienti sono state randomizzate 2:1 per ricevere trastuzumab deruxtecan o la chemioterapia. L’endpoint primario di DESTINY-Breast04 è la sopravvivenza libera da progressione (PFS) in pazienti con malattia HR positiva basata sulla revisione centrale indipendente in cieco (BICR). Gli endpoint secondari chiave includono la PFS basata sulla BICR in tutte le pazienti randomizzate (indipendentemente dallo status di HR), la sopravvivenza globale (OS) nelle pazienti con malattia HR positiva, e la OS in tutte le pazienti randomizzate (indipendentemente dallo status di HR). Altri endpoint secondari includono la PFS basata sulla valutazione dello sperimentatore, il tasso di risposta obiettiva basato sul BICR e sulla valutazione dello sperimentatore, la durata della risposta basata sulla BICR e la sicurezza.
DESTINY-Breast04 ha arruolato circa 540 pazienti in diversi centri sperimentali in Asia, Europa e Nord America. Per ulteriori informazioni sullo studio, visita.ClinicalTrials.gov.
Trastuzumab deruxtecan è un anticorpo monoclonale farmaco-coniugato (ADC) specifico per il recettore HER2. Realizzato con l’impiego della tecnologia DXd brevettata da Daiichi Sankyo, trastuzumab deruxtecan è l’ADC leader del portfolio oncologico di Daiichi Sankyo e il programma più avanzato nella piattaforma scientifica degli ADC di AstraZeneca. È costituito da un anticorpo monoclonale coniugato con un legame stabile ad un inibitore della topoisomerasi I, un derivato dell’exatecano, tramite un linker tetrapeptidico clivabile in maniera selettiva all’interno della cellula tumorale.
Trastuzumab deruxtecan (5,4 mg /kg) è approvato in più di 40 Paesi, per il trattamento di pazienti adulte con carcinoma mammario HER2-positivo non resecabile o metastatico, le quali hanno ricevuto due o più precedenti regimi di trattamento anti-HER2. L’approvazione si basa sui dati dello studioDESTINY-Breast01.
Trastuzumab deruxtecan (6,4 mg /kg) è anche approvato in diversi Paesi per il trattamento di pazienti adulti affetti da adenocarcinoma gastrico HER2-positivo localmente avanzato o adenocarcinoma della giunzione gastroesofagea, precedentemente trattati con regimi a base di trastuzumab. L’approvazione si basa sui risultati del trial DESTINY-Gastric01.
Trastuzumab deruxtecan è approvato negli USA con un warning box per malattia polmonare interstiziale e tossicità embrio-fetale. Per maggiori informazioni, visita la Medication Guide.
Il Programma di Sviluppo Clinico di Trastuzumab deruxtecan
Un ampio e completo programma di sviluppo è attualmente in corso per valutare l’efficacia e la sicurezza di Trastuzumab deruxtecan in monoterapia per il trattamento di diversi tumori che esprimono HER2, inclusi il carcinoma mammario, gastrico, polmonare e colorettale. Sono anche in corso ulteriori studi clinici con trastuzumab deruxtecan in associazione con altri trattamenti anti-tumorali, quali l’immunoterapia.
Le domande di autorizzazione per trastuzumab deruxtecan sono attualmente in fase di revisione in Europa, Giappone, USA e in diversi altri Paesi, per il trattamento di pazienti adulti con carcinoma mammario HER2 positivo non resecabile o metastatico che hanno ricevuto un precedente regime anti-HER2, sulla base dei risultati dello studio DESTINY-Breast03. Trastuzumab deruxtecan è anche attualmente in fase di revisione in Europa per il trattamento di pazienti adulti con adenocarcinoma gastrico o GEJ localmente avanzato o metastatico HER2 positivo che hanno ricevuto un precedente regime anti-HER2, sulla base dei trial DESTINY-Gastric01e DESTINY-Gastric02.
Glaucoma, il nemico silenzioso della vista
AnzianiCon la diffusione della variante Omicron l’assistenza ospedaliera ha subito un’inevitabile contraccolpo, almeno per le prestazioni considerate “differibili”. Ma fortunatamente i segnali di ripresa non mancano e ci sono reparti dove l’organizzazione messa in campo dalla direzione generale dell’ASL e l’abnegazione di medici, infermieri e operatori socio sanitari ha permesso di non fermare gli interventi urgenti. Uno dei reparti simbolo di questo lavoro è quello di oculistica del Santa Maria delle Grazie, diretto dal dottor Mario Sbordone, dove interventi per glaucomi, maculopatie e malattie della retina non si sono mai fermati. Alla base della scelta, la consapevolezza che rimandare queste operazioni avrebbe causato a decine e decine di pazienti un danno al quale non sarebbe stato possibile rimediare. Ecco perché, con il sostegno della direzione dell’ASL e con il lavoro che tutto il personale ha messo in campo, si è riusciti a fare un piccolo miracolo. Chiaramente anche l’attività del reparto di oculistica ha risentito dell’impressionante ondata di contagi, ma resta la certezza per i pazienti con gravi problemi oculari di poter trovare risposte anche in questa fase. Una sicurezza non da poco, considerando ad esempio il costo sociale e di qualità di vita di un glaucoma non trattato in tempo. E proprio per il glaucoma il Santa Maria delle Grazie può essere considerato tra le eccellenze regionali. Nel reparto diretto da Mario Sbordone vengono infatti realizzati interventi basati su tecniche di chirurgica mini-invasiva, che possono aiutate i pazienti affetti da glaucoma a preservare la vista senza dover sopportare gli effetti collaterali degli interventi tradizionali. Quindi, una chirurgia “light” ma efficace, che è preferibile ad un uso prolungato di colliri.
IL GLAUCOMA
Non meraviglia che tra le patologie indifferibili sia stato inserito anche il nemico silenzioso della vista, il glaucoma, che è la seconda causa di disabilità visiva e cecità in Italia. A causare il glaucoma è l’aumento della pressione interna dell’occhio e in alcuni casi la riduzione dell’apporto di sangue al nervo ottico (il nervo responsabile della trasmissione delle informazioni visive al cervello). Come accorgersi se c’è un problema? Spesso il primo sintomo è quello di una perdita del campo visivo che inizia nelle porzioni più periferiche, coinvolgendo progressivamente le porzioni centrali e compromettendo notevolmente la vista. Dunque è spesso la visione laterale, superiore e inferiore, non quella centrale, a essere la prima a danneggiarsi. Non è un deficit del quale ci si accorge in modo veloce. Il campanello d’allarme è che si inizia ad urtare contro gli oggetti e ad avere difficoltà alla guida, ma senza accorgersi che sta perdendo porzioni laterali di campo visivo. Tuttavia la progressione dei sintomi non è lineare e quando la malattia si aggrava si arriva a perdere anche la visione centrale modo rapidamente. In questa fase terminale le possibilità terapeutiche sono ridotte ed è per questo che i controlli oculistici periodici preventivi sono molto importanti. Purtroppo, quando ci si accorge di avere un problema spesso è già tardi. Ecco perché servirebbe una visita periodica dall’oculista nel segno della prevenzione.
Violenza di genere: al via progetto #IpaziaCCM2021
PsicologiaPrevenire la violenza e formare operatori in grado di riconoscerne i segnali. Sono questi i principali obiettivi del progetto “#IpaziaCCM201 – Strategie di prevenzione della violenza contro le donne e i minori, attraverso la formazione di operatrici e operatori di area sanitaria e socio-sanitaria con particolare riguardo agli effetti del COVID-19”. L’iniziativa è promossa e finanziata dal Ministero della Salute, coordinata dalla Regione Toscana in collaborazione con l’Iss e altri Enti. L’Istituto Superiore di sanità, a partire dal 2014, ha sviluppato percorsi di formazione blended e FAD, (promossi e finanziati dal Ministero della Salute) attraverso l’Unità Operativa Ricerca psico-socio-comportamentale, Comunicazione, Formazione (UO RCF) del Dipartimento Malattie Infettive e il Servizio Formazione – Presidenza (SF).
Questi percorsi hanno permesso di formare oltre 18.000 operatrici ed operatori sanitari e sociosanitari dei Pronto Soccorso italiani.
“L’Istituto Superiore di Sanità – commenta Silvio Brusaferro, presidente dell’ISS – ha sviluppato percorsi di formazione blended e FAD sul tema della prevenzione e del contrasto della violenza di genere. Grazie ai corsi sono stati raggiunti tutti i 651 Pronto Soccorso italiani. Questa inclusione massiva dei PS ha evidenziato con forza la necessità di coinvolgere, con le medesime metodologie formative, i servizi territoriali, in quanto rappresentano nodi cruciali della rete di prevenzione e contrasto della violenza su donne e minori. Pertanto, con il Progetto #IpaziaCCM2021”, il metodo formativo del Problem Based Learning si amplia ulteriormente. Si orienta sulle competenze, così come proposto dall’ISS nel corso dei lavori del G-20-2021 guidato dal nostro Paese, per offrire una visione comune a partecipanti con diverso background formativo. L’obiettivo è quello di accrescerne le capacità di individuazione, diagnosi, gestione e trattamento della violenza di genere, prevenire i casi di re-vittimizzazione e favorire la costituzione di Reti territoriali tra i Pronto Soccorso e le strutture sociosanitarie, gli Enti, le Associazioni, i Centri Anti Violenza presenti sul territorio”.
I Progetti condotti dall’Istituto Superiore di Sanità per il contrasto alla violenza di genere hanno permesso di creare e formare un network di persone impegnate in tutto il territorio italiano, stakeholder e istituzioni. Le attività di formazione incluse nei Progetti, in un lungo arco temporale attraverso complesse e articolate metodologie, hanno consentito di mettere a punto una strategia formativa ad hoc per le equipe dei PS, basata sulle metodologie formative attive del Problem Based Learning, già dimostratasi ampiamente efficace per le professioniste e i professionisti coinvolti nei settori di sanità pubblica.
Tra guerra e pandemia, rischi enormi per la salute mentale
PsicologiaAnsia, attacchi di panico e difficoltà a dormire. Sono alcuni degli effetti di due anni di pandemia, oggi aggravati dallo shock di una guerra nel cuore dell’Europa che sino ad un mese fa nessuno avrebbe mai immaginato di dover vivere. A mettere in guardia su di una situazione che rischia veramente di andare fuori controllo, come detto, anche a causa dei vanti di guerra, sono gli psicologi, che hanno visto aumentare esponenzialmente i disturbi del comportamento in questi due anni e che ora vedono sommarsi al disagio anche le paure legate appunto alle tensioni internazionali. Ad analizzare la situazione è un lavoro svolto dal Cnr-Irib di Messina in collaborazione con le Università della Calabria e della Magna Graecia di Catanzaro. Le più colpite sono risultate le donne, impiegate, con bassa scolarità, tra i 26 e i 45 anni, non sposate. Dalle indagini condotte nei mesi per indagare il disagio mentale indotto dalla pandemia emergono molti comportamenti problematici, sia in chi è stato contagiato dal virus, sia in chi, invece, è stato vittima di fattori indiretti come: lunghi periodi di quarantena, perdita del sostegno sociale e sovraesposizione a fenomeni di infodemia. Tutte le ricerche scientifiche svolte nell’ultimo anno sono concordi nell’indicare che la pandemia e le misure di quarantena stanno seriamente impattando la salute mentale. Questo ha sopraffatto i sistemi sanitari di molti paesi e, naturalmente, ha colpito gli operatori sanitari che combattono in prima linea.
FASCE VULNERABILI
«Quando Covid-19 ha colpito per la prima volta, i professionisti della salute come psicologi e psicoterapeuti – afferma Antonio Cerasa, neuroscienziato del l’Istituto per la ricerca e l’innovazione biomedica del Consiglio nazionale delle ricerche di Messina (Cnr-Irib) – non erano considerati servizi essenziali. Questo significava che gli psicologi non erano autorizzati a vedere i clienti faccia a faccia, e tutte le sessioni dovevano essere spostate su piattaforme di telemedicina. D’altra parte, l’aumento dei problemi di salute mentale durante l’epidemia di Covid-19 – continua – ha ulteriormente rafforzato il bisogno generale di assistenza. In questo contesto, si è entrati, forzatamente e velocemente, in una nuova era di telepsicologia, senza però avere dati scientifici e una reale guida metodologica su come traslare gli interventi di persona in interventi online». Un dato interessante che gli psicologi hanno rilevato durante il sondaggio riguarda la tipologia di pazienti che faceva ricorso a nuove cure post-pandemia. Il profilo più vulnerabile alle nuove forme di disturbi psicologi sono le donne, impiegate, con bassa scolarità, di età tra i 26 e i 45 anni, non sposate.
BONUS PSICOLOGO
A supporto di questo disagio il Governo ha stanziato fondi per il cosiddetto bonus psicologo. Nel Milleproroghe l’emendamento sul bonus psicologo ci è entrato anche grazie ad una petizione online che ha raccolto 400mila firme. L’emendamento era già stato presentato senza successo nella legge di bilancio per il 2022. Incostanza il bonus psicologo si concretizza in un contributo per le spese di sessioni di psicoterapia a disposizione degli italiani stressati dai lunghi lockdown, dai cambiamenti nella vita di tutti i giorni imposti dalla pandemia e dalle conseguenze economiche della crisi socio-economica. Una misura che sarà di grande aiuto per superare il trauma della pandemia e, ancor più oggi, anche il clima di estrema tensione che si è venuto a creare.
Covid, per la virologa Capua ci saranno altre varianti
News PresaOmicron non sarà l’ultima delle varianti con le quali dovremo avere a che fare, dunque la lotta contro il Covid non è finita e potremmo anche vivere momenti nuovamente difficili, ma saremo sempre più capaci di affrontare queste varianti. In stretta sintesi sono queste le parole della virologa Ilaria Capua, direttore One Health Center of Excellence, Università della Florida, negli Stati Uniti che sottolinea, pronunciate ad Agorà (trasmissione di Rai Tre). La Capua spiega che «oggi abbiamo un armadio pieno di strumenti per combattere il virus, quindi credo bisognerebbe parlare meno del Covid e iniziare a trattarlo come una situazione di convivenza forzata ma anche abbastanza naturale, perché conviviamo con tantissimi agenti patogeni». Lo scenario al quale dobbiamo essere pronti è evidentemente quello di una convivenza, anche se decisamente più semplice di quella già vissuta, con il virus del Covid. «Bisogna tener presente – ha spiegato Capua – che il virus non andrà via e che probabilmente a novembre bisognerà rimettersi mascherine, ma solo per un paio di mesi, e bisognerà fare un richiamo vaccinale. Io lo farò sicuramente appena disponibile».
GREEN PASS
Gli italiani, ha proseguito Capua, «sono per lo più vaccinati e sanno quali sono le regole per proteggersi dal Covid. Alcuni fanno fatica a rispettare queste regole e sono diventati la componente fragile della popolazione». Il Sars-Cov-2, ha concluso, «non andrà via e dovremo imparare a conviverci, ma non credo accadranno altre situazioni drammatiche come quelle viste nel 2020. La scienza ci ha dato degli strumenti, siamo armati di vaccini, monoclonali, antivirali e protocolli terapeutici». Secondo la virologa il Green Pass potrebbe tornare utile in autunno, mentre sembra decisamente più scettica sull’utilità in primavera ed estate. Proprio su questo, è bene ricordarlo, il premier Mario Draghi ha nei giorni scorsi annunciato che lo stato d’emergenza non proseguirà oltre il 31 marzo e «non sarà più in vigore il sistema delle zone colorate». Il piano del Governo è quello di mettere gradualmente fine all’obbligo di utilizzo del certificato verde rafforzato, a partire dalle attività all’aperto. Inoltre, da aprile stop alle quarantene da contatto e alle mascherine Ffp2 a scuola. «L’obiettivo è riaprire del tutto, al più presto. Continueremo a monitorare con attenzione la situazione pandemica, pronti a intervenire».
Tumore della prostata, l’eccellenza del Cardarelli
Associazioni pazientiPer la prima volta in assoluto gli ospedali d’Italiani hanno ricevuto il bollino azzurro, ma solo quelli che possono garantire un approccio multiprofessionale e interdisciplinare dei percorsi diagnostici e terapeutici per le persone con tumore della prostata. In Campania, tra le strutture premiate c’è il Cardarelli di Napoli. «Grazie ad una spiccata capacità di lavoro in team – spiega Paolo Fedelini, direttore dell’Unità Operativa Complessa di Urologia – il nostro reparto si occupa di chirurgia per il tumore della prostata e dell’apparato urogenitale, di calcolosi renale, di pronto soccorso, di iperplasia prostatica benigna, di andrologia e di ricostruzione mini invasiva dell’apparato urogenitale. Il nostro approccio multidisciplinare ci consente oggi di rappresentare un’eccellenza nell’ambito della chirurgia mininvasiva robotica e laparoscopica. Offriamo disponibilità ai malati uro-oncologici per gli interventi di elezione e siamo l’unico centro in Campania dedicato a queste urgenze. Grazie alla disponibilità di tecnologie avanzate quali robotica, laparoscopia laser, offriamo possibilità di guarigione a tanti pazienti affetti da patologia uro-oncologica». In tutta Italia sono 91 le strutture sanitarie premiate oggi da Fondazione Onda, Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere, nel quadro della prima edizione del Bollino Azzurro (2022-2023). L’iniziativa è patrocinata da AIRO (Associazione Italiana di Radioterapia ed Oncologia Clinica), CIPOMO (Collegio Italiano dei Primari Oncologi Medici Ospedalieri), Fondazione AIOM (Associazione Italiana Oncologia Medica), ROPI (Rete Oncologica Pazienti Italia) e SIUrO (Società Italiana di Uro-Oncologia), con il contributo incondizionato di Bayer. Si tratta del primo riconoscimento, tra quelli promossi da Fondazione Onda, che ha come oggetto la salute dell’uomo.
NUOVO CONCETTO DI ASSISTENZA
«L’assistenza al paziente oncologico è molto cambiata negli ultimi anni», chiarisce Ferdinando Riccardi, direttore dell’Unità Operativa Complessa di Oncologia. «Mettere il paziente al centro non è solo uno slogan, è il modo di vedere la nuova assistenza in oncologia. Ogni settimana si riunisce il Gruppo Oncologico Multidisciplinare, costituito dal chirurgo, dall’oncologo, dal radioterapista, dal radiologo, dall’edonscopista e dall’anatomopatologo. Questi professionisti mettono assieme le loro conoscenze e competenze e decidono in modo collegiale quella che è la diagnosi. Non è più il paziente a girare tra gli specialisti, sono gli specialisti a tenere assieme tutto ciò che occorre per offrire assistenza». Il tumore alla prostata è, infatti, una tra le malattie più diffuse negli uomini: in Italia sono circa 564.000 le persone con una pregressa diagnosi di tumore della prostata, pari al 19 per cento dei casi di tumore nei maschi e ogni anno si contano circa 36.000 nuove diagnosi. Tra gli scopi del Bollino Azzurro vi è quello di segnalare le strutture che favoriscono un approccio multidisciplinare nel trattamento di questa malattia, attraverso trattamenti personalizzati e innovativi e tramite la collaborazione tra diversi specialisti, quali
urologo, radioterapista, oncologo medico, patologo, radiologo, medico nucleare, psicologo. Gli obiettivi: migliorare l’accessibilità ai servizi erogati dai centri, potenziare il livello di offerta terapeutica e diagnostica, migliorare la qualità della vita delle persone con tumore alla prostata e promuovere un’informazione consapevole tra la popolazione maschile sui centri in grado di garantire una migliore presa in carico del paziente.
GLI OSPEDALI
A valutare gli ospedali è una commissione multidisciplinare di esperti istituita da Fondazione Onda, fra cui figurano i nomi di Giario Conti, Segretario SIURO, Orazio Caffo, Direttore oncologia medica, APSS Trento Presidio Ospedaliero S. Chiara e Rolando Maria D’Angelillo, Direttore U.O.C. Radioterapia del Dipartimento di Oncoematologia, Policlinico Tor Vergata di Roma. La partecipazione all’iniziativa era aperta a tutti gli ospedali partendo da quelli del network Bollini Rosa di Fondazione Onda. La valutazione delle 155 strutture ospedaliere candidate e la conseguente assegnazione del Bollino Azzurro si sono basate sulla compilazione di un questionario di mappatura articolato su 10 domande, volte a misurare la qualità e la multidisciplinarità dei servizi. Tra queste, 5 fanno riferimento a requisiti definiti essenziali dalla commissione, ovvero: il numero medio di nuovi casi di tumore alla prostata trattati dalla struttura che deve essere superiore a 100, l’offerta di un approccio multidisciplinare per la gestione della malattia, il core team composto da urologo, oncologo medico e oncologo radioterapista, a cui devono aggiungersi anatomo patologo e specialista in diagnostica per immagini. Infine, risulta fondamentale la partecipazione a sessioni e programmi di aggiornamento in tema di tumore alla prostata. Sulla base di questi criteri, 94 strutture hanno ottenuto il riconoscimento. Inoltre, 33 strutture sono state insignite di una menzione speciale, pur non avendo tutti i requisiti per l’ottenimento del Bollino Azzurro, in prospettiva di un miglioramento futuro del percorso multidisciplinare nel trattamento del tumore alla prostata.
Tumore al seno metastatico: anticorpo monoclonale migliora sopravvivenza. Nuovi dati
Ricerca innovazioneIl carcinoma mammario è il tumore più diffuso al mondo ed è una delle principali cause di morte per cancro. Nel 2020 sono stati diagnosticati più di due milioni di casi di carcinoma al seno, con quasi 685.000 decessi a livello globale. L’anticorpo monoclonale farmaco-coniugato Trastuzumab deruxtecan di Daiichi Sankyo e AstraZeneca ha dimostrato un miglioramento statisticamente e clinicamente significativo sia della sopravvivenza libera da progressione (PFS) che della sopravvivenza globale (OS) rispetto alla chemioterapia a scelta del medico, ovvero l’attuale standard di cura nelle pazienti affette da carcinoma mammario non resecabile e/o metastatico con bassi livelli di HER2 (HER2low), a prescindere dallo status del recettore ormonale (HR). A dimostrarlo sono i primi risultati dello studio registrativo di Fase 3 DESTINY-Breast04, in cui tutte le pazienti arruolate sono state sottoposte a test HER2 e i risultati sono stati confermati a livello centrale. Uno status di HER2Low è definito da un valore di immunoistochimica (IHC) 1+ o IHC2+ con test di ibridazione in situ (ISH) negativo.
L’espressione di HER2 è attualmente definita come positiva o negativa. I tumori HER2 positivi sono definiti come IHC 3+ o IHC 2+/ISH+ e i tumori HER2 negativi come IHC 0, IHC 1+ o IHC 2+/ISH-.1 Fino al 55% di tutte le pazienti con cancro al seno hanno tumori con valore HER2 IHC 1+, o HER2 IHC 2+ in combinazione con un test ISH negativo, un livello di espressione di HER2 considerato al momento non idoneo alla terapia target anti-HER2. Una bassa espressione di HER2 si verifica sia nella malattia ormono-positiva (HR+) che in quella negativa.
Il test per HER2 è uno strumento ben consolidato per determinare una strategia di trattamento appropriata nel cancro al seno metastatico. Usare come bersaglio anche livelli più bassi di espressione di HER2 può offrire un altro approccio per ritardare la progressione della malattia e prolungare la sopravvivenza dei pazienti. Attualmente, la chemioterapia rimane l’unica opzione sia per pazienti con malattia HR-positiva in progressione di malattia a seguito della terapia endocrina sia per coloro che risultano HR-negativi.
Tumore al seno metastatico, lo studio
Lo studio DESTINY-Breast04 ha raggiunto il suo endpoint primario con trastuzumab deruxtecan che ha dimostrato una PFS superiore rispetto allo standard di cura (chemioterapia), in pazienti precedentemente trattate per carcinoma mammario metastatico HR-positivo HER2 Low. Lo studio ha anche soddisfatto l’endpoint secondario di PFS in pazienti con carcinoma mammario metastatico HER Low, indipendentemente dallo stato di HR (HR positivo o HR negativo). Il trial ha inoltre raggiunto altri endpoint secondari quali la sopravvivenza globale (OS) nelle pazienti con malattia ormono-positiva e nelle pazienti indipendentemente dallo stato HR all’analisi ad interim.
Il profilo di sicurezza di trastuzumab deruxtecan è risultato in linea con gli studi clinici precedenti, senza nuovi segnali di sicurezza identificati. I tassi complessivi di malattia polmonare interstiziale (ILD) sono stati coerenti con quelli osservati negli studi di trastuzumab deruxtecan sul carcinoma mammario HER2-positivo in fase avanzata, con un tasso inferiore di ILD di grado 5 osservato, come determinato da un comitato di aggiudicazione indipendente.
“Trastuzumab deruxtecan continua a ridefinire il trattamento dei tumori a bersaglio HER2. DESTINY-Breast04 è il primo studio di fase 3 di una terapia anti-HER2 che mostra un beneficio statisticamente e clinicamente significativo nella sopravvivenza libera da progressione e globale rispetto al trattamento standard in pazienti con carcinoma mammario metastatico con bassi livelli di espressione di HER2. – Ha dichiarato Ken Takeshita, MD, Capo globale del dipartimento R&D di Daiichi Sankyo. – Non vediamo l’ora di condividere nel dettaglio i risultati dello studio DESTINY-Breast04 con la comunità medica e le agenzie regolatorie a livello globale, con il potenziale obiettivo di offrire trastuzumab deruxtecan a pazienti con tumore mammario metastatico finora considerato HER2-negativo“.
“I risultati dello studio DESTINY-Breast04 potrebbero ridefinire il modo in cui il tumore al seno è classificato e trattato. – Ha affermato Susan Galbraith, MBBChir, PhD, Vice Presidente esecutivo dell’R&D Oncologia di AstraZeneca. – Una terapia anti-HER2 non aveva mai mostrato prima un beneficio in pazienti con cancro al seno metastatico con bassi livelli di HER2. Questi risultati di trastuzumab deruxtecan rappresentano un enorme passo avanti e potrebbero potenzialmente espandere la nostra capacità di colpire l’intero spettro di espressione di HER2, convalidando la necessità di cambiare il modo di classificare e trattare il cancro al seno”.
I dati dello studio DESTINY-Breast04 saranno presentati ad uno dei prossimi congressi di oncologia e condivisi con le autorità regolatorie di tutto il mondo.
Il Carcinoma mammario con bassi livelli di HER2 (HER2Low)
HER2 è un recettore di membrana tirosin-chinasico che favorisce la crescita cellulare ed è espresso sulla superficie delle cellule di molti tipi di tumore, tra cui quello mammario, gastrico, polmonare e colorettale. E’ uno dei molti biomarcatori espressi nei tumori al seno.1
L’espressione di HER2 è attualmente definita come positiva o negativa, ed è determinata da un test di IHC che misura la quantità di proteina HER2 in una cellula tumorale, e/o da un test ISH, che conta le copie del gene HER2 nelle cellule tumorali. I tumori HER2 positivi sono definiti come IHC 3+, IHC 2+/ISH+ e i tumori HER2 negativi sono definiti come IHC 0, IHC 1+ o IHC 2+/ISH-.
Fino al 55% di tutte le pazienti affette da carcinoma mammario hanno tumori con un valoreHER2 IHC 1+ o un valore HER2 IHC di 2+ in combinazione con un test ISH negativo, un livello di espressione attualmente considerato non idoneo alla terapia mirata anti-HER2. 2,3 Una bassa espressione di HER2 si verifica sia nella malattia ormono-positiva (HR+) che in quella negativa.4
Il test per HER2 è uno strumento ben consolidato per determinare una strategia di trattamento appropriata, e usare come bersaglio livelli più bassi di espressione di HER2 può offrire un altro approccio per ritardare la progressione della malattia e prolungare la sopravvivenza nelle pazienti con carcinoma mammario metastatico. Attualmente, la chemioterapia rimane l’unica opzione sia per pazienti con malattia HR-positiva che progrediscono dopo la terapia endocrina sia per coloro che risultano HR-negativi.
DESTINY-Breast04
DESTINY-Breast04 è uno studio globale di fase 3, randomizzato, in aperto, che valuta l’efficacia e la sicurezza di trastuzumab deruxtecan (5.4mg/kg) rispetto alla chemioterapia a scelta del medico (capecitabina, eribulina, gemcitabina, paclitaxel o nab-paclitaxel) in pazienti con tumore mammario HR positivo (n=480) o HR negativo (n=60) non resecabile e/o metastatico con bassi livelli di HER2, precedentemente trattato con una o due linee di chemioterapia. Le pazienti sono state randomizzate 2:1 per ricevere trastuzumab deruxtecan o la chemioterapia. L’endpoint primario di DESTINY-Breast04 è la sopravvivenza libera da progressione (PFS) in pazienti con malattia HR positiva basata sulla revisione centrale indipendente in cieco (BICR). Gli endpoint secondari chiave includono la PFS basata sulla BICR in tutte le pazienti randomizzate (indipendentemente dallo status di HR), la sopravvivenza globale (OS) nelle pazienti con malattia HR positiva, e la OS in tutte le pazienti randomizzate (indipendentemente dallo status di HR). Altri endpoint secondari includono la PFS basata sulla valutazione dello sperimentatore, il tasso di risposta obiettiva basato sul BICR e sulla valutazione dello sperimentatore, la durata della risposta basata sulla BICR e la sicurezza.
DESTINY-Breast04 ha arruolato circa 540 pazienti in diversi centri sperimentali in Asia, Europa e Nord America. Per ulteriori informazioni sullo studio, visita.ClinicalTrials.gov.
Trastuzumab deruxtecan è un anticorpo monoclonale farmaco-coniugato (ADC) specifico per il recettore HER2. Realizzato con l’impiego della tecnologia DXd brevettata da Daiichi Sankyo, trastuzumab deruxtecan è l’ADC leader del portfolio oncologico di Daiichi Sankyo e il programma più avanzato nella piattaforma scientifica degli ADC di AstraZeneca. È costituito da un anticorpo monoclonale coniugato con un legame stabile ad un inibitore della topoisomerasi I, un derivato dell’exatecano, tramite un linker tetrapeptidico clivabile in maniera selettiva all’interno della cellula tumorale.
Trastuzumab deruxtecan (5,4 mg /kg) è approvato in più di 40 Paesi, per il trattamento di pazienti adulte con carcinoma mammario HER2-positivo non resecabile o metastatico, le quali hanno ricevuto due o più precedenti regimi di trattamento anti-HER2. L’approvazione si basa sui dati dello studioDESTINY-Breast01.
Trastuzumab deruxtecan (6,4 mg /kg) è anche approvato in diversi Paesi per il trattamento di pazienti adulti affetti da adenocarcinoma gastrico HER2-positivo localmente avanzato o adenocarcinoma della giunzione gastroesofagea, precedentemente trattati con regimi a base di trastuzumab. L’approvazione si basa sui risultati del trial DESTINY-Gastric01.
Trastuzumab deruxtecan è approvato negli USA con un warning box per malattia polmonare interstiziale e tossicità embrio-fetale. Per maggiori informazioni, visita la Medication Guide.
Il Programma di Sviluppo Clinico di Trastuzumab deruxtecan
Un ampio e completo programma di sviluppo è attualmente in corso per valutare l’efficacia e la sicurezza di Trastuzumab deruxtecan in monoterapia per il trattamento di diversi tumori che esprimono HER2, inclusi il carcinoma mammario, gastrico, polmonare e colorettale. Sono anche in corso ulteriori studi clinici con trastuzumab deruxtecan in associazione con altri trattamenti anti-tumorali, quali l’immunoterapia.
Le domande di autorizzazione per trastuzumab deruxtecan sono attualmente in fase di revisione in Europa, Giappone, USA e in diversi altri Paesi, per il trattamento di pazienti adulti con carcinoma mammario HER2 positivo non resecabile o metastatico che hanno ricevuto un precedente regime anti-HER2, sulla base dei risultati dello studio DESTINY-Breast03. Trastuzumab deruxtecan è anche attualmente in fase di revisione in Europa per il trattamento di pazienti adulti con adenocarcinoma gastrico o GEJ localmente avanzato o metastatico HER2 positivo che hanno ricevuto un precedente regime anti-HER2, sulla base dei trial DESTINY-Gastric01e DESTINY-Gastric02.
Lgbtqi+, gli psicologi adattano le linee guida
PsicologiaUna società ancora fortemente discriminatoria, ma soprattutto nella quale esiste una forte tendenza alla violenza da parte del partner quando ci si identifica come trans. Lo dicono a chiare lettere gli psicologi campani che, primi in Italia, hanno adattato al nostro paese le linee guida American psychiatric association. I dati dicono che le persone trans hanno quasi il doppio delle probabilità di subire violenza da partner negli spazi pubblici rispetto alle persone che non si identificano come trans. Le persone trans di colore hanno 3,69 volte maggiori probabilità di subire comportamenti di violenza negli spazi pubblici rispetto alle persone di colore che non si identificano come trans. Le persone bisessuali riportano una probabilità di due volte superiore di subire violenze sessuali rispetto alle persone non bisessuali. Sono solo alcune statistiche, ricavate dai pochi studi disponibili, che certificano l’incidenza del fenomeno.
SURVIVOR
Come detto, l’American psychiatric association ha elaborato delle linee guida per il trattamento dei pazienti Lgbtqi+ vittime di violenza intima tra partner, già nel 2019. Oggi le linee guida sono state adattate per il nostro Paese dal Comitato pari opportunità e cura delle relazioni dell’Ordine degli Psicologi della Campania. Un lavoro che è stato presentato nel corso di un webinar organizzato dall’Ordine e che vuole essere anche un supporto per gli operatori che operano nei Centri antiviolenza e nei Centri per il recupero degli autori maltrattanti, considerata anche l’assenza di riferimenti normativi e leggi specifiche a tutela delle persone Lgbtqi+ vittime di violenza da partner, che nelle linee guida vengono denominati “survivor”. «I metodi utili per determinare se una persona sta subendo o perpetrando violenza nell’ambito della sua relazione intima – si legge nell’adattamento delle linee guida – dovrebbero concentrarsi non sul sesso, sull’identità di genere o sull’espressione di genere della persona, bensì su un’approfondita valutazione dell’empatia, del senso di autoefficacia e del diritto». Si suggerisce inoltre l’utilizzo di un linguaggio “inclusivo e non giudicante”, di pianificare strategie di protezione per garantire la sicurezza dei soggetti coinvolti, favorire la connessione dei ‘sopravvissuti’ con agenzie e organizzazioni che lavorano in particolare con la comunità Lgbtqi+, creare materiale informativo inclusivo anche per accrescere il livello di consapevolezza della popolazione sul «Il Comitato pari opportunità e cura delle relazioni sta lavorando intensamente nel portare avanti un lavoro scientifico e culturale – spiega Liliana D’Acquisto, vicepresidente dell’Ordine e coordinatrice del Comitato – consapevoli della necessità di rafforzare saperi e competenze operative rivolte al contrasto alle diseguaglianze e discriminazioni. Queste linee guida rispondono alla volontà di lavorare alla sensibilizzazione, formazione e informazione al tema della violenza nelle relazioni intime Lgbtqi+».
Infertilità da Covid, un rischio da non sottovalutare
News PresaA due anni dall’inizio della pandemia arriva un allarme molto preoccupante che riguarda l’infertilità da Covid. A mettere in guardia le coppie è il professor Fabrizio Iacono, associato della Federico II, che parla di «una grande difficoltà ad avere figli, soprattutto a causa di una minore fertilità maschile». Urologo e andrologo, Iacono fa riferimento ad un dato che «sta emergendo con sempre maggior chiarezza dalla letteratura scientifica, ma anche dalla pratica clinica». In particolare, il professor Iacono spiega che «il virus può generare, anche se non in tutti i pazienti colpiti, un’infiammazione – spesso asintomatica – dei testicoli. Si può avere quindi un coinvolgimento del tessuto testicolare che può distruggere i tubuli seminiferi che producono spermatozoi – dice – alterando così i parametri seminali e incrementando la frammentazione del DNA. Ed è proprio questo danno al DNA a rendere gli spermatozoi incapaci di fecondare».
Il professor Fabrizio Iacono
Di qui una ridotta fertilità o addirittura un’infertilità da Covid. A preoccupare è oggi la diffusione sempre più spesso endemica della malattia, con un’infezione certamente meno problematica sotto il profilo delle ospedalizzazioni, ma anche molto pericolosa per quella che ormai viene comunemente definita come sindrome di “Long Covid”. «L’attenzione da parte della comunità scientifica riguardo gli aspetti della riproduzione maschile – dice il chirurgo – deve essere alta più che mai, dobbiamo essere in grado di prevenire eventuali alterazioni e problematiche sulla possibilità di un successivo concepimento».
UN TEMA DIBATTUTO
Ecco perché i giovani colpiti da Covid, anche se asintomatici, una volta guariti dovrebbero sottoporsi ad una visita specialistica che possa valutare i rischi di infertilità. «Una delle teorie più accreditate riguardo il virus – prosegue Iacono – è che utilizzi un enzima chiamato ACE2 come recettore per entrare nelle cellule dell’organismo. E proprio questo recettore è presente nei testicoli, in particolare in quelle che si definiscono cellule di Leydig e Sertoli». Questo tipo di rischio del Covid è comunque ancora molto dibattuto. Iacono fa riferimento a diversi studi clinici, 6 per la precisione, in cui si è indagata la presenza del virus a livello del liquido seminale in soggetti colpiti da infezione da Covid. Un solo studio ha analizzato l’impatto del virus ed eventuali alterazioni dello spermiogramma. Gli autori tedeschi hanno arruolato 20 pazienti che sono stati colpiti dal virus e confrontati con 14 volontari sani. Inoltre, gli stessi autori hanno classificato i pazienti in base alla gravità della malattia che li ha colpiti. «I pazienti con infezione moderata avevano una più bassa concentrazione spermatica e una motilità degli spermatozoi inferiore rispetto a soggetti che erano stati colpiti da una infezione lieve e paucisintomatica». Per contro, uno studio italiano del 2021 pubblicato su Journal of Basic and Clinical Physiology and Pharmacology, non ha riscontrato la presenza del virus nel liquido seminale né è stata rilevata alcuna differenza nella qualità dello sperma tra i pazienti con Covid lieve e moderato. Ma come fare a trattare i casi nei quali il Covid incide sulla fertilità? «Al momento – spiega Iacono – non sono presenti in letteratura studi riguardanti eventuali farmaci o sostanze da assumere per prevenire gli effetti deleteri dell’infezione da Covid sulla fertilità maschile. Ovviamente, così come per tutte le altre affezioni virali che colpiscono lo sperma, vi si immagina un aumento dello stress ossidativo nei tubuli seminali e quindi si potrebbe ipotizzare un concreto effetto protettivo di alcuni antiossidanti. Un falso mito da sfatare è che il vaccino possa causare alterazioni della fertilità, notizia del tutto falsa. Lo stesso ministero della Salute e l’Organizzazione mondiale della sanità sottolineano che non vi sono al momento evidenze e correlazioni fra il vaccino a mRNA e l’insorgenza di infertilità negli uomini. L’unico rischio arriva dal contagio ed è un rischio che le giovani coppie non dovrebbero mai sottovalutare».
Tumori pediatrici: cure a due velocità in Europa
News PresaLa buona riuscita delle terapie nei bambini affetti da tumore in Europa è molto influenzata dalle disuguaglianze economiche presenti. Lo certifica il report dell’OMS/Europa, dal titolo “Disuguaglianze del cancro infantile nella regione europea dell’OMS”, diffuso in occasione della Giornata internazionale contro il cancro infantile del 15 febbraio. L’Organizzazione Mondiale della Sanità mette in luce il diverso approccio nella diagnosi e nella cura dei tumori in età pediatrica e adolescenziale nei diversi paesi del Continente. Il principale fattore determinante è la differenza di reddito all’interno del territorio europeo. Negli ultimi decenni la scienza ha realizzato enormi progressi nella sopravvivenza del cancro infantile. «Oggi possiamo curare fino all’80% dei tumori infantili, rispetto al 30% degli anni Sessanta», ha spiegato il dottor Nino Berdzuli, Direttore della Divisione Salute del Paese Programmi, OMS/Europa. Tuttavia, se «nei paesi ad alto reddito, il cancro non è più una condanna a morte per bambini e adolescenti. Sfortunatamente, questo non è però vero in tutte le zone d’Europa». Lo dimostra l’enorme differenza sui dati che riguardano la sopravvivenza a cinque anni di distanza dalla diagnosi.
Tasso di mortalità dei tumori pediatrici varia nei diversi continenti
Il tasso di mortalità dei bambini affetti da tumore cambia in base al reddito della propria nazione: varia infatti dal 9% di alcuni Paesi al 57% di altri. All’interno dell’Europa esistono enormi disuguaglianze nell’approccio alla malattia e alla cura, non solo tra i paesi a reddito più alto e quelli a basso reddito, ma anche all’interno di uno stesso Paese, tra aree geografiche e differenti gruppi socioeconomici o anche in base al genere. Il rapporto è il frutto di un importante lavoro di raccolta analisi di fonti pubblicate, compresi gli studi dei 53 Stati membri della regione europea dell’OMS, dall’Islanda a ovest al Kirghizistan a est. Tra questi stati, 34 sono considerati paesi ad alto reddito, 14 paesi a reddito medio-alto e 5 paesi a reddito medio-basso. Emerge come talvolta gli ospedali non dispongano di medicinali sufficienti e i genitori debbano procurarsi i farmaci da soli, sono state inserite le esperienze vissute dei bambini malati di cancro e delle loro famiglie per sottolineare il grave impatto delle disuguaglianze sull’approccio terapeutico. Inoltre, la mancanza di consapevolezza di che cosa è il cancro infantile e la conoscenza dei protocolli standardizzati di trattamento del tumore in età pediatrica possono determinare una diagnosi mancata, ritardata o imprecisa. Quando mancano le strutture, invece, i bambini vengono curati in reparti per adulti. La pandemia da COVID-19 ha reso queste situazioni ancora più difficili e complesse.
Il rapporto elenca una serie di raccomandazioni per ridurre le disuguaglianze nella cura del del cancro infantile, come: investire nella raccolta e nell’analisi dei dati, garantire diagnosi e cure gratuite, finanziare la formazione professionale di medici e infermieri e sostenere i guariti, anche con aiuti finanziari. Nel frattempo l’OMS e il St. Jude Children’s Research Hospital (USA) hanno annunciato lo scorso dicembre la creazione di una piattaforma che aumenterà notevolmente l’accesso ai farmaci contro il cancro infantile in tutto il mondo.
Expo Dubai: CREA e Mipaaf per l’innovazione in agrifood
News PresaSostenibilità, resilienza e digitalizzazione: sono gli elementi necessari per l’innovazione in agrifood. A parlarne è il Ministro delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli all’Expo di Dubai, oggi alle ore 8 italiane, (in diretta streaming su YouTube) dall’Anfiteatro del Padiglione Italia, accompagnato dalla rappresentanza del CREA, ente italiano di ricerca dedicato all’agroalimentare. Ne fanno parte: il Direttore Generale Stefano Vaccari, la direttrice del CREA Politiche e Bioeconomia Alessandra Pesce, il direttore del CREA Agricoltura e Ambiente Giuseppe Corti, la ricercatrice Alejandra Navarro-Garcia che coordina un importante progetto europeo sulle serre e il dirigente di ricerca Guido Bonati.
Agrifood, tra sostenibilità economica e ambientale
L’appuntamento “PEOPLE – PLANET – PROSPERITY”, è una conferenza dedicata alla promozione delle best practices e delle esperienze condivise tra Italia ed Emirati Arabi Uniti per l’affermazione di un’agricoltura sostenibile attraverso lo sviluppo delle moderne tecnologie digitali, dell’economia circolare, della sicurezza alimentare e del mantenimento di alti standard di qualità nel quadro di regole globali.
Inoltre è presente una delegazione di 15 Gruppi di Azione Locale (GAL), accompagnata da diversi ricercatori del CREA, portavoce di 200 comunità territoriali italiane che partecipano al progetto CREA Rete L.E.A.D.E.R., vero e proprio incubatore di progetti e strategie innovative che mettono al centro i territori rurali, coniugando coesione sociale e sostenibilità economica e ambientale.
Rete L.E.A.D.E.R è un progetto, cofinanziato dall’UE e sostenuto dal MiPAAF e con il Programma “Rete Rurale Nazionale 2014-2023”, ideato per accompagnare e rafforzare il sistema della conoscenza di quanti sono impegnati in azioni a favore delle zone rurali del nostro Paese. Solo negli ultimi cinque anni, i 200 GAL presenti in tutte le Regioni italiane, hanno coinvolto oltre 12 mila partner e dato vita ad oltre 15 mila progetti.