Tempo di lettura: 3 minutiL’acqua pulita e salubre è un elemento fondamentale per la salute umana. Siamo l’acqua che assumiamo bevendo o attraverso i cibi che la contengono. L’80% circa dell’organismo di un neonato è fatto di acqua mentre di circa il 70% è la parte di acqua in un individuo adulto (con l’avanzare dell’età questa percentuale tende a ridursi).
Assumere acqua contaminata (per esempio da pesticidi, metalli pesanti, microrganismi patogeni, tossine, sostanze perfluoroalchiliche, microplastiche – etc.) rappresenta un grave rischio per la salute.
Secondo i dati dell’ultimo rapporto dell’Agenzia europea dell’ambiente (Aea), le falde acquifere italiane sono inquinate e sono sotto la media europea. In Europa il 74% delle acque sotterranee è in buono stato dal punto di vista chimico, in Italia lo è solo il 58%. Per quanto riguarda le acque di superficie, invece, la situazione è migliore rispetto agli altri Paesi europei. In Italia il 41% dei bacini analizzati ha uno status ecologico buono o elevato, contro il 39% della media Ue.
L’acqua è indispensabile per la vita e l’agricoltura, ma è una risorsa fortemente a rischio, proprio per l’uso eccessivo globale che ne viene fatto. Si stima che l’agricoltura rappresenti oltre il 70% dell’utilizzo idrico e che con la crescente domanda di cibo, l’uso aumenterà ulteriormente. L’ultimo rapporto della FAO (SOFA, 2020), riporta che, negli ultimi vent’anni, in tutto il mondo le riserve di acqua dolce sono diminuite di oltre il 20% e che continueranno a diminuire in relazione ai cambiamenti climatici, che causano l’assenza di precipitazioni invernali, che creano riserve d’acqua per le successive irrigazioni, e alla siccità (il Po ad esempio sta registrando valori di secca come in estate). Intanto la ricerca sta studiando nuove strategie in ambito agricolo per l’uso razionale di questa preziosa risorsa.
Acqua, i progetti per monitorare gli sprechi
PON Water4AgriFood – “Miglioramento delle produzioni agroalimentari mediterranee in condizioni di carenza di risorse idriche” è il progetto, coordinato dal CREA Agricoltura e Ambiente che nasce dallo sforzo di ripensare la carenza d’acqua disponibile per le aziende agricole in chiave innovativa e resiliente. Il Centro, infatti, sta studiando gli effetti del biochar (il carbone vegetale che si ottiene dalla pirolisi – ossia dalla decomposizione termochimica – di diverse biomasse vegetali), che, se applicato ai suoli, è in grado di migliorarne le proprietà fisiche e idrauliche. In generale, l’addizione di biochar al suolo aumenta la sua porosità e favorisce la ritenzione idrica e quella degli elementi nutritivi, che rimangono più a lungo disponibili per le piante. È stato evidenziato che l’aggiunta di biochar alla concentrazione del 20 o del 40% (in volume) a tre suoli medio sabbiosi, ne ha incrementato il contenuto idrico volumetrico alla capacità di campo (field capacity), in media del 10 o del 20%.
Uno degli obiettivi del progetto PON Water4AgriFood – Politiche economiche per migliorare l’efficienza d’uso dell’acqua e salvaguardare le risorse idriche, coordinato dal CREA Politiche e Bioeconomia, approfondisce il tema dell’introduzione di politiche dei prezzi, finalizzate a promuovere l’uso razionale dell’acqua, con un adeguato recupero, nella tariffa finale, anche di eventuali costi ambientali derivanti dal suo prelievo: “chi inquina/usa, paga”. Inoltre, grazie ad attrezzature e sensori installati in un’area campione (l’azienda di Bonifiche Ferraresi SPA presso la sede di Bonifiche in Sardegna, provincia dell’Oristanese), vengono monitorati i volumi di acqua prelevati, distribuiti e restituiti al reticolo superficiale e in falda, alla scala di Consorzio e di azienda, e la qualità delle acque restituite all’ambiente.
Supporto tecnico-scientifico al Mipaaf e per il PNRR. Nell’ambito di due accordi operativi, il CREA ha sviluppato due banche dati, SIGRIAN (Sistema informativo nazionale per la gestione delle risorse idriche in agricoltura) e DANIA (Database nazionale degli investimenti per l’irrigazione e l’ambiente). L’uso congiunto di queste due banche dati è stato fondamentale per il PNRR (l’investimento 4.3, “Investimenti nella resilienza dell’agrosistema irriguo per una migliore gestione delle risorse idriche” della M2C4).
Genitori e figli, ecco le regole della salute
Bambini, Genitorialità, PediatriaNon è mai facile essere buoni genitori. Mille dubbi, tante difficoltà e il timore costante di fare scelte sbagliate, in particolare sulle abitudini alimentari e gli stili di vita c’è da stare attenti. Noi di PreSa Prevenzione Salute, con l’obiettivo di trasferire qualche buon consiglio, abbiamo provato a stilare una lista di domande e di suggerimenti che possono essere un primo passo verso un’infanzia in salute. La prima domanda che ci siamo posti è: quanto pesano i bambini? «Incredibile ma vero più di 3 alunni di scuola primaria su 10 sono in eccesso di peso. Tra gli alunni della scuola primaria 3 bambini su 10 sono in eccesso di peso. Chiaramente questo può dipendere da molti fattori, anche di costituzione, ma un punto critico per moltissime famiglie è la colazione. Secondo gli esperti, il pasto del mattino è il più importante della giornata. Ecco allora la nostra ricetta per renderlo equilibrato: basta una tazza di latte con 4 biscotti (meglio se ai cereali) e un buon frutto di stagione. Solo 3 bambini su 5 fanno una colazione sana e 2 su 5 fanno una merenda leggera a metà mattina. Il consiglio è di consumare uno yogurt a metà mattina, o un frutto o ancora una premuta d’arancia. Uno dei grandi problemi è che i genitori stessi, il più delle volte, non percepiscono la condizione nutrizionale dei propri figli, minimizzando problemi di sovrappeso o addirittura obesità. Per questo bisogna affidarsi alla valutazione del pediatra fi famiglia, che potrà impostare anche una corretta alimentazione dove necessario. La seconda domanda è quella che riguarda lo sport, i bambini si muovono abbastanza? La risposta è: quasi mai!. È fondamentale che i bambini facciano attivano attività fisica quasi ogni giorno. Vanno bene tutte le attività motorie e il gioco in movimento, meglio ancora se all’aria aperta. Poi il capitolo Tv e videogiochi. Toglierli del tutto non sarebbe né giusto né produttivo. I genitori riferiscono che 2 bambini su 5 trascorrono più di 2 ore al giorno davanti alla TV, videogiochi, tablet o cellulare. In realtà quello delle due ore dovrebbe essere il limite massimo oltre il quale non andare mai. E, cosa che spesso si sottovaluta, la Tv in camera andrebbe sempre evitata.
Alpaca-terapia: l’allevamento nel grossetano, dall’esperienza USA
PsicologiaGià da moltissimi anni a Portland (Oregon – USA) e Vancouver (Canada), alpaca e lama vengono utilizzati all’interno di Ospedali e Centri per l’Infanzia. L’interazione tra animali addestrati e gli ospiti delle strutture fa riscontrare un effetto motivazionale che risulta rilassante, specie per i bambini con autismo. L’esperienza pone ai piccoli nuovi obbiettivi, riduce lo stress e abbassa la pressione sanguigna.
In Germania, ad esempio, gli alpaca vengono utilizzati regolarmente presso un centro anziani riscontrando un notevole effetto antidepressivo e motivazionale nei confronti degli ospiti che si impegnano a dare da mangiare agli animali, accudirli ed interagire con loro.
Da qui nasce l’idea di Cecilia Scheggi, allevatrice di alpaca, che ha deciso di mettere a disposizione alcune ore settimanali per erogare servizi gratuiti di alpaca-terapia ad utenti con disabilità. La struttura si trova a Sasso d’Ombrone di Cinigiano (Grosseto). L’iniziativa è appena partita e ad oggi è disponibile nei giorni infrasettimanali e nel weekend la mattina presto, ma l’obiettivo dell’imprenditrice è quello di ingrandire il servizio per accogliere più persone possibili da tutta Italia.
Medici ucraini possono esercitare in Italia. Il nuovo decreto
News PresaI medici e i sanitari ucraini possono esercitare la professione nel nostro Paese in via temporanea. Lo prevede il decreto ‘Misure urgenti’ per l’Ucraina pubblicato nella Gazzetta del 21/3.
È autorizzato, si legge nel decreto, “l’esercizio temporaneo delle qualifiche professionali sanitarie e della qualifica di operatore socio-sanitario ai professionisti cittadini ucraini residenti in Ucraina prima del 24/2/22 che intendono esercitare nel territorio nazionale, in strutture sanitarie pubbliche o private, una professione sanitaria o socio sanitaria in base a qualifica conseguita all’estero regolata da direttive Ue”. In base all’Articolo 34 del decreto (‘Deroga alla disciplina del riconoscimento delle qualifiche professionali sanitarie per medici ucraini’), pubblicato in Gazzetta Ufficiale “a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 4 marzo 2023, in deroga al regolamento del decreto del 1999, n. 394, e alle disposizioni del decreto del 2007, è consentito l’esercizio temporaneo delle qualifiche professionali sanitarie e della qualifica di operatore socio-sanitario ai professionisti cittadini ucraini residenti in Ucraina prima del 24 febbraio 2022 che intendono esercitare nel territorio nazionale, presso strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche o private, una professione sanitaria o la professione di operatore socio-sanitario in base a una qualifica professionale conseguita all’estero regolata da specifiche direttive dell’Unione europea”.
Alla luce di ciò, le strutture sanitarie che desiderano inserire temporaneamente professionisti sanitari ucraini, muniti del Passaporto europeo con qualifiche per i rifugiati, possono offrire contratti a tempo determinato o con incarichi libero professionali, anche di collaborazione coordinata e continuativa, in deroga all’articolo 7 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Inoltre, come sottolinea il decreto: “le strutture sanitarie forniscono alle regioni e alle province autonome, nonchè ai relativi Ordini professionali, i nominativi dei professionisti sanitari reclutati ai sensi del presente articolo”.
Endometriosi, visite gratuite alla Federico II di Napoli
News PresaUna donna su dieci in età riproduttiva ne soffre e, solo in Italia, le donne con diagnosi conclamata sono almeno 3 milioni. Parliamo di endometriosi, una patologia infiammatoria cronica in grado di compromettere la qualità della vita e la fertilità delle donne che ne sono affette e la cui scarsa conoscenza è ancora oggi causa di gravi ritardi diagnostici che avvengono troppo spesso dopo un percorso lungo e doloroso. Per accendere i riflettori su questa patologia e fornire l’opportunità alle donne di ricevere una diagnosi precoce, mercoledì 30 marzo dalle 9.00 alle 16.30 al Policlinico Federico II, presso il Centro Endometriosi e Adenominosi dell’UOC di Ginecologia e Ostetricia (Edificio 9, Piano terra, Stanza 4, Via Pansini,5), è prevista una giornata di visite gratuite. Per accedere è necessaria la prenotazione da effettuare telefonicamente allo 081 746 29 25 (dal lunedì al venerdì, dalle 9.00 alle 13.00) o inviando una e-mail all’indirizzo info@centroendometriosinapoli.it. Le visite potranno essere prenotate fino ad esaurimento dei posti disponibili riservati all’iniziativa. «Le donne affette da endometriosi – spiega il direttore del Dipartimento Materno Infantile dell’AOU Federico II Giuseppe Bifulco – spesso soffrono di dolori cronici e persistenti nell’area addominale e pelvica che aumentano durante il periodo mestruale. È importante sapere che le donne che hanno la madre o una sorella affette da endometriosi hanno un rischio di svilupparla sette volte maggiore. Lo stadio avanzato di questa patologia oltre a pregiudicare seriamente la fertilità della donna può compromettere gravemente altri organi essenziali, come l’intestino, l’apparato urinario o addirittura organi extrapelvici. Per questo una diagnosi precoce ed un trattamento tempestivo possono migliorare la qualità della vita e prevenire l’infertilità». Un invito alla prevenzione arriva anche dalla direttrice generale della Federici II di Napoli Anna Iervolino. «Al Policlinico Federico II possiamo garantire un’assistenza completa e multispecialistica alle pazienti. Le aree di ginecologia, chirurgia mininvasiva, ecografia ginecologica specialistica collaborano insieme in un team integrato che svolge un ruolo chiave nel percorso terapeutico, caratterizzato da un’alta personalizzazione basata sulle singole caratteristiche di ogni paziente. Siamo orgogliosi di poter rappresentare un punto di riferimento per le donne con endometriosi, ed il mio appello va a coloro che, pur avvertendo sintomi e disturbi, rinviano il momento della visita, voglio invece invitarle a prendersi cura di sé perché una diagnosi precoce è fondamentale».
Mieloma, nuovi scenari terapeutici per una migliore qualità di vita
News Presa, PartnerUn bicchiere non fa bene al cuore, il falso mito sull’alcol
PrevenzioneSe bere in misura eccessiva è ritenuto dannoso per la salute, assumere qualche bicchiere viene percepito come qualcosa di non pericoloso. Anche il Parlamento europeo, sulla spinta dei produttori di alcolici, ha reintrodotto, tra le critiche della comunità oncologica, l’idea che un consumo moderato di alcol possa non essere nocivo. Tuttavia si tratta di un falso mito diffuso. Gli studi scientifici confermano che non esistono dosaggi di alcol esenti da rischi, nemmeno per il cuore. L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) ha classificato l’alcol come agente cancerogeno fin dal 1988. Nel frattempo, la classificazione IARC è stata rafforzata negli ultimi anni dalle ricerche che si sono aggiunte a conferma della chiara associazione tra alcol e numerose forme tumorali. Eppure, “stando ai risultati di alcune ricerche scientifiche, qualcuno potrebbe persino pensare di trarre da un consumo moderato di alcolici un vantaggio per la propria salute, in particolare per il cuore, tuttavia – spiega l’Airc – i risultati di uno studio inglese pubblicati sulla rivista Clinical Nutrition mettono in luce come questa conclusione sia errata, per importanti inesattezze nel metodo di analisi.
L’effetto dell’alcol sul cuore e sui vasi sanguigni. La smentita
Molti studi hanno analizzato l’effetto dell’alcol sul cuore e sui vasi sanguigni. Alcuni si sono concentrati sul rischio di ictus, infarto o morte in relazione al numero di bevande alcoliche consumate ogni giorno. Nel grafico cartesiano in cui sono stati sintetizzati i dati si osserva una curva che parte a una certa altezza, quindi scende e poi risale in modo deciso. L’andamento della curva, che ricorda la lettera J, sembra dire che chi non beve avrebbe un certo livello di rischio, più alto rispetto a chi consuma quantità modeste di alcol. Via via però che la quantità di alcol assunta ogni giorno aumenta, il rischio diventerebbe poi sempre più elevato. La conclusione non ha però mai veramente convinto gli esperti. I ricercatori dell’Anglia Ruskin University e dell’University College di Londra hanno così deciso di analizzare il database dell’UK Biobank Study (una raccolta di dati epidemiologici, iniziata nel 2006-2010, a cui partecipano su base volontaria mezzo milione di cittadini britannici). Le informazioni mediche e i campioni clinici di queste persone sono stati messi a disposizione (in forma anonima) dei ricercatori che ne hanno fatto domanda, allo scopo di studiare come prevenire, diagnosticare e curare gravi malattie, tra cui il cancro, le malattie cardiovascolari e molte altre ancora. Nella parte di analisi focalizzata su alcol e rischio cardiovascolare, i ricercatori hanno preso in esame circa 350.000 partecipanti. Ai partecipanti era stato chiesto quanto alcol consumavano settimanalmente, e di che tipo. In base alle risposte le persone che avevano dichiarato di assumere meno di 14 unità alcoliche alla settimana sono state inserite nella categoria di consumo moderato, mentre quelle che ne assumevano più di 14 unità nella categoria di consumo elevato. Un’unità alcolica (UA) corrisponde a 12 grammi di etanolo; una lattina di birra (330 ml), un bicchiere di vino (125 ml) e un bicchierino di liquore (40 ml) contengono mediamente un’unità alcolica ciascuno. Le linee guida raccomandano di non superare due unità alcoliche giornaliere per gli uomini e una unità alcolica per le donne. Una volta distinti i partecipanti, i ricercatori sono andati a vedere quanti ricoveri dovuti a eventi cardiovascolari c’erano stati nei due gruppi durante il periodo di osservazione di circa sette anni. Tuttavia, i non bevitori inclusi nello studio risultavano essere meno attivi fisicamente, con indice di massa corporea e pressione sanguigna più elevati. È probabile dunque che molti di loro non consumassero bevande alcoliche perché non erano in buone condizioni di salute. A supporto di questa interpretazione gli autori dell’articolo citano uno studio in cui si era osservato che le persone che soffrivano già di una malattia cronica dall’età di 20-30 anni avevano alte probabilità di non consumare alcolici neanche negli anni successivi. Confrontare il rischio cardiovascolare dei bevitori con quello dei non bevitori introdurrebbe quindi un errore sistematico (quello che nelle analisi statistiche è chiamato in gergo “bias” o distorsione) che porta a sottostimare l’effetto dell’alcol o addirittura a vedervi un effetto protettivo per la salute.
Anche poco alcol non fa bene
Una seconda distorsione sarebbe stata introdotta considerando il consumo di unità alcoliche in generale, senza distinguere da dove derivano. “Anche se chi beve vino potrebbe avere una probabilità più bassa di sviluppare patologie delle coronarie, i nostri dati rivelano che il rischio per queste persone di andare incontro ad altri eventi cardiovascolari non è ridotto” sottolineano gli autori della ricerca. La conclusione degli autori è: “Abbiamo mostrato che, se consideriamo queste due distorsioni nell’analisi del rischio cardiovascolare generale, l’alcol non ha nessun effetto protettivo sulla salute e anzi è associato a un aumento del rischio cardiovascolare anche quando si consumano 14 unità alcoliche o meno alla settimana.”
Incredibile cosa può succedere durante il sonno
Stili di vitaUn buon sonno è indispensabile per aiutarci ad affrontare al meglio le giornate e ci fortifica anche nel benessere mentale. Questo secondo aspetto, in particolare, viene spesso sottovalutato da chi ha l’abitudine di andare a dormire tardi, magari tenendo la tv accesa in camera da letto. Niente di più sbagliato. Quando dobbiamo affrontare giornate emotivamente impegnative, la nostra mente è più forte e preparata se veniamo da una notte ristoratrice e se ci concediamo poi il giusto riposo. Quello che il nostro cervello mette in atto grazie al sonno è infatti un vero e proprio meccanismo di desensibilizzazione, sia a ricordare questi eventi sia a rimuovere i sentimenti associati. Questo accade in una fase del sonno nota come sonno Rem in cui l’attività nella maggior parte delle regioni del cervello è simile a quando siamo svegli. Riattivando i ricordi, i sentimenti associati possono essere rimossi dal contenuto della memoria. Di qui la raccomandazione di “dormirci sopra”, che è fondamentale per sentirci meglio al mattino.
MENTE E CORPO
Non solo il sonno influenza anche le nostre risposte diurne agli eventi emotivi. Dormire poco ci rende più propensi a scegliere modi meno efficaci di gestire le nostre emozioni che potrebbero avere un effetto a catena sulla nostra salute mentale. Dormire bene la notte può fare miracoli per migliorare la salute mentale e il benessere. Ma anche migliorare la cognizione e diversi aspetti della salute fisica. Non a caso di parla di “Quality Sleep, Sound Mind, Happy World”cioè “Sonno di qualità, mente sana, mondo felice” intendendo proprio che il sonno è un pilastro fondamentale della salute e la sua qualità può influire non solo sull’energia fisica al mattino, ma anche sulla salute mentale ed emotiva. Ci sono poi dei piccoli trucchi per un buon sonno: mantenere un orario di sonno e sveglia costante anche nei giorni liberi; cercare la luce naturale al mattino ed evitare quella blu dei dispositivi la sera, da mettere in modalità notturna un’ora prima di dormire; dire no, specie pomeriggio e sera, ad alcol, caffeina e nicotina. Infine, concedersi del tempo per rilassarsi prima di andare a letto, assicurandosi che la camera da letto sia comoda, fresca, silenziosa e buia e se non si riesce a dormire entro 30 minuti, alzarsi e fare qualcosa di bello. Evitare quindi di tornare a letto finché non ci si sente di nuovo assonnati.
Riserve di acqua dolce diminuite oltre il 20%. La Giornata Mondiale
News PresaL’acqua pulita e salubre è un elemento fondamentale per la salute umana. Siamo l’acqua che assumiamo bevendo o attraverso i cibi che la contengono. L’80% circa dell’organismo di un neonato è fatto di acqua mentre di circa il 70% è la parte di acqua in un individuo adulto (con l’avanzare dell’età questa percentuale tende a ridursi).
Assumere acqua contaminata (per esempio da pesticidi, metalli pesanti, microrganismi patogeni, tossine, sostanze perfluoroalchiliche, microplastiche – etc.) rappresenta un grave rischio per la salute.
Secondo i dati dell’ultimo rapporto dell’Agenzia europea dell’ambiente (Aea), le falde acquifere italiane sono inquinate e sono sotto la media europea. In Europa il 74% delle acque sotterranee è in buono stato dal punto di vista chimico, in Italia lo è solo il 58%. Per quanto riguarda le acque di superficie, invece, la situazione è migliore rispetto agli altri Paesi europei. In Italia il 41% dei bacini analizzati ha uno status ecologico buono o elevato, contro il 39% della media Ue.
L’acqua è indispensabile per la vita e l’agricoltura, ma è una risorsa fortemente a rischio, proprio per l’uso eccessivo globale che ne viene fatto. Si stima che l’agricoltura rappresenti oltre il 70% dell’utilizzo idrico e che con la crescente domanda di cibo, l’uso aumenterà ulteriormente. L’ultimo rapporto della FAO (SOFA, 2020), riporta che, negli ultimi vent’anni, in tutto il mondo le riserve di acqua dolce sono diminuite di oltre il 20% e che continueranno a diminuire in relazione ai cambiamenti climatici, che causano l’assenza di precipitazioni invernali, che creano riserve d’acqua per le successive irrigazioni, e alla siccità (il Po ad esempio sta registrando valori di secca come in estate). Intanto la ricerca sta studiando nuove strategie in ambito agricolo per l’uso razionale di questa preziosa risorsa.
Acqua, i progetti per monitorare gli sprechi
PON Water4AgriFood – “Miglioramento delle produzioni agroalimentari mediterranee in condizioni di carenza di risorse idriche” è il progetto, coordinato dal CREA Agricoltura e Ambiente che nasce dallo sforzo di ripensare la carenza d’acqua disponibile per le aziende agricole in chiave innovativa e resiliente. Il Centro, infatti, sta studiando gli effetti del biochar (il carbone vegetale che si ottiene dalla pirolisi – ossia dalla decomposizione termochimica – di diverse biomasse vegetali), che, se applicato ai suoli, è in grado di migliorarne le proprietà fisiche e idrauliche. In generale, l’addizione di biochar al suolo aumenta la sua porosità e favorisce la ritenzione idrica e quella degli elementi nutritivi, che rimangono più a lungo disponibili per le piante. È stato evidenziato che l’aggiunta di biochar alla concentrazione del 20 o del 40% (in volume) a tre suoli medio sabbiosi, ne ha incrementato il contenuto idrico volumetrico alla capacità di campo (field capacity), in media del 10 o del 20%.
Uno degli obiettivi del progetto PON Water4AgriFood – Politiche economiche per migliorare l’efficienza d’uso dell’acqua e salvaguardare le risorse idriche, coordinato dal CREA Politiche e Bioeconomia, approfondisce il tema dell’introduzione di politiche dei prezzi, finalizzate a promuovere l’uso razionale dell’acqua, con un adeguato recupero, nella tariffa finale, anche di eventuali costi ambientali derivanti dal suo prelievo: “chi inquina/usa, paga”. Inoltre, grazie ad attrezzature e sensori installati in un’area campione (l’azienda di Bonifiche Ferraresi SPA presso la sede di Bonifiche in Sardegna, provincia dell’Oristanese), vengono monitorati i volumi di acqua prelevati, distribuiti e restituiti al reticolo superficiale e in falda, alla scala di Consorzio e di azienda, e la qualità delle acque restituite all’ambiente.
Supporto tecnico-scientifico al Mipaaf e per il PNRR. Nell’ambito di due accordi operativi, il CREA ha sviluppato due banche dati, SIGRIAN (Sistema informativo nazionale per la gestione delle risorse idriche in agricoltura) e DANIA (Database nazionale degli investimenti per l’irrigazione e l’ambiente). L’uso congiunto di queste due banche dati è stato fondamentale per il PNRR (l’investimento 4.3, “Investimenti nella resilienza dell’agrosistema irriguo per una migliore gestione delle risorse idriche” della M2C4).
Perché la plastica può essere pericolosa per i bambini
BambiniUn consiglio ai genitori? Evitate di usare la plastica, o quantomeno riducete il più possibile il suo uso, per tutti gli oggetti che entrano in contatto con i bambini. Il motivo è che negli oggetti di plastica, pochi lo sanno, ci sono spesso degli additivi che si chiamano “ftalati” e che possono essere molto pericolosi per la salute. Giocattoli, contenitori, bottiglie… ognuno di questi oggetti, che i più piccoli spesso mettono in bocca, possono essere pericolosi per la salute a lungo termine. Bene, non è una novità che gli ftalati siano potenzialmente pericolosi per la salute, ma è invece del tutto nuovo uno studio che determina nel 20% il rischio aumentato che queste sostanze provochino il cancro. Notizia decisamente scioccante, che dovrebbe indurre i genitori a ripensare drasticamente le scelte d’acquisto. Lo studio in questione è stato ccoordinato dall’Università di Aarhus, in Danimarca, e pubblicato sul Journal of the National Cancer Institute.
OSTEOSARCOMA
La ricerca ha misurato il rapporto tra l’esposizione durante la gravidanza e l’infanzia agli ftalati e l’incidenza del cancro infantile in quasi 1,3 milioni di bambini nati tra il 1997 e il 2017 in Danimarca. I risultati dell’analisi dei 2.027 casi di cancro infantile osservato nel campione suggeriscono che l’esposizione durante l’infanzia, ma non durante la gestazione (in utero), aumenta di circa il 20% il rischio di sviluppare una qualche forma di cancro entro i 19 anni. L’aumento del rischio è particolarmente elevato per l’osteosarcoma (quasi tre volte più alto) e linfoma (due volte più alto). I ricercatori avvertono che, nonostante questo aumento, il rischio assoluto di malattia resta comunque contenuto.
COSA SONO
Entrando un po’ nello specifico di ciò che può essere pericoloso per la salute dei nostri bambini, gli ftalati sono additivi chimici che si usano per migliorare la durata o la consistenza della plastica e di moltissimi altri prodotti di uso comune. Gli effetti di questi additivi sono ampiamente documentati, in alcuni casi, agendo come xeno-estrogeni (sostanze in grado di alterare l’equilibrio ormonale) possono interagire con i recettori ormonali femminili o causare effetti anti-androgenici nell’uomo con abbassamento dei livelli di testosterone. Secondo studi recenti, inoltre, alte dosi di esteri dell’acido ftalico possono avere effetti avversi sul fegato e sui reni. Dunque, meglio fare scelte di materiali eco sostenibili o assicurarsi che nei prodotti in plastica non ci siano ftalati.
Covid: con Omicron più rischio reinfezioni, ma stabili al 3,2%
Ricerca innovazioneLa percentuale di reinfezioni dell’ultima settimana – sul totale dei casi segnalati – è pari a 3,2%. Un numero stabile nel nostro Paese rispetto alla settimana precedente (3,3%). Le reinfezioni riguardano in particolare persone con prima diagnosi di Covid-19 notificata da oltre 210 giorni e non vaccinati o vaccinati con almeno una dose da oltre 120 giorni; inoltre sono maggiori nelle femmine rispetto ai maschi (verosimilmente per la maggior presenza di donne in ambito scolastico dove viene effettuata una intensa attività di screening e per funzione di caregiver in ambito famigliare) e nelle fasce di età più giovani (dai 12 ai 49 anni) rispetto alle persone con prima diagnosi in età compresa fra i 50-59 anni. L’Iss nel suo ultimo rapporto spiega che “verosimilmente il maggior rischio di reinfezione nelle fasce di età più giovani è attribuibile a comportamenti ed esposizioni a maggior rischio, rispetto alle fasce d’età superiore ai 60 anni”. I rischi sono maggiori anche tra gli operatori sanitari rispetto al resto della popolazione. Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, dal 24 agosto 2021 al 16 marzo 2022 sono stati segnalati 264.634 casi di reinfezione, pari al 3% del totale dei casi notificati. A partire dal 6 dicembre 2021 (data considerata di riferimento per l’inizio della diffusione della variante Omicron) il report evidenzia “un aumento del rischio relativo aggiustato di reinfezione (valori significativamente maggiori di 1)”.