Tempo di lettura: 3 minutiSchiaffi, insulti, minacce di morte, richieste di mettersi in ginocchio per chiedere scusa: la cronaca ne ha raccontati tanti di episodi di bullismo. Quasi un ragazzo su cinque (19,8%) ne è vittima almeno una volta al mese, eventualità più ricorrente tra i giovanissimi (22,5%), con conseguente disagio sociale. Un fenomeno spesso documentato anche dal cinema e la letteratura. Il bullo agisce deliberatamente con l’intenzione di offendere, danneggiare o far del male alla sua vittima che è quasi sempre più debole dei suoi pari, magari anche solo perché più piccola di età; la vittima si sente isolata e spesso ha paura di riferire gli episodi subiti perché teme vendette. Il bullismo danneggia la società, logora l’autostima della vittima, costringendola a un disinvestimento dalla scuola e ad un progressivo isolamento. Nei casi più gravi si possono avere anche conseguenze nel medio e lungo termine come l’abbandono scolastico e lo sviluppo di patologie legate alla sfera psichica, a volte si arriva al peggio, non sono rari i casi di suicidio.
È su internet che il bullismo trova il terreno più fertile, secondo il 76,6% dei presidi interpellati nell’ultimo rapporto Censis. Ed è online che sono le ragazze a essere oggetto in misura maggiore degli attacchi dei coetanei cybernauti (24,9%)
Il 52,7% degli adolescenti tra gli 11 e i 17 anni nel 2016 ha subito comportamenti offensivi, non riguardosi o violenti da parte dei coetanei: quasi un ragazzo su cinque (19,8%) è oggetto di questo tipo di soprusi almeno una volta al mese, eventualità più ricorrente tra i giovanissimi (22,5%).
“È un problema esternamente diffuso tra i banchi di scuola” spiega Maura Manca, Psicoterapeuta e Presidente dell’ Osservatorio Nazionale Adolescenza, di recente in Rai nel programma “Mai più bullismo”, “per spiegare cosa vivono i ragazzi coinvolti nella dinamica perversa del bullismo”. Spesso si pensa erroneamente che “il bullo sia un ragazzo particolarmente violento, con evidenti problemi familiari e scolastici, un “deviato”, che magari ha subito violenza e quindi la ripropone sugli altri – continua Manca – in parte è vero, ma nella maggior parte dei casi il bullo viene anche dalle buone famiglie, da quelle che apparentemente non hanno problemi, sono ragazzi che possono avere tutto, ma che evidentemente non hanno niente”. Adolescenti, quindi, che possono anche risultare insospettabili agli occhi di un genitore. La psicologa fa un elenco per capire se il proprio figlio si comporta da bullo. Ma avverte: “non dimenticate che anche le ragazze si comportano molto di frequente da bulle”.
Comportamenti tipici del bullo:
1. Tende a divertirsi con scherzi di cattivo gusto, anche pesanti, magari rivolti a parenti, amici, fratelli o sorelle o animali. Si diverte anche se l’altro ci rimane male, non prova un senso di colpa e quando viene ripreso non capisce profondamente il senso del richiamo.
2. Fa spesso battute pesanti o dispregiative anche guardando la televisione o raccontando alcuni episodi che gli accadono a scuola o con gli amici o per la strada, per esempio sul peso, sull’orientamento sessuale, su modi di vestire, tendenzialmente rivolte a persone che identifica come “sfigate”.
3. Spesso ha le amicizie circoscritte solo a determinati ragazzi o ragazze, ad un piccolo gruppo, che di frequente lo o la prende come riferimento. Possono essere anche gruppetti che si formano solo dentro la scuola, che si rinforzano nelle chat e sui social.
4. Ha una modalità comunicativa eversiva ossia basata sul “sì, sì ora lo faccio”, “ sì, sì hai ragione” e poi non ascolta e non lo fa, oppure più aggressiva basata sulla volgarità, maleducazione e strafottenza anche nei confronti dei genitori.
5. Può anche mettere in atto altri tipi di comportamenti devianti come per esempio fumare, fare uso di alcolici, prendere tante multe per imprudenza o negligenza.
6. Ha difficoltà a rispettare le regole, gli stanno strette, tende a ribellarsi e a pretendere i suoi spazi e la libertà di movimento.
7. Può avere problemi a scuola, non solo di rendimento, ma anche e soprattutto legati al comportamento, come per esempio possono rispondere agli insegnanti, essere ripresi per il loro atteggiamento o comportamento in classe, prendono spesso note o vengono mandati dal Dirigente Scolastico.
8. Può essere anche manesco quando gioca, anche in casa con i fratelli o le sorelle. Spesso ha un atteggiamento spavaldo e tende a provocare. Si sente legittimato nei suoi comportamenti.
9. Talvolta tende a sottomettere anche i genitori, come per esempio se va in auto con la famiglia vuole stare per forza davanti, non lascia spazio agli altri fratelli, usa il “voglio quello e voglio quell’altro” e si impunta se non ottiene ciò che vuole, “facciamo come dico io altrimenti non vengo”. Ci sono spesso anche i ricatti e le minacce.
10. Non ama i gesti d’amore nei suoi confronti. Non dispensa affetto per gli esseri umani, ma lo può fare con un animale.
“Non ci si deve allarmare – sottolinea la psicologa – se ci sono 1 o 2 segnali. I figli vanno osservati nel loro insieme, non solo nei singoli comportamenti”. Insomma, ci deve essere una sistematicità, non singoli e sporadici episodi.
“Anche se è molto difficile – conclude Manca – si deve parlare con il ragazzo e cercare di tirare fuori da lui il maggior numero di informazioni possibili, ascoltandolo e cercando di comprendere ciò che dice, prima di intervenire sui suoi comportamenti”.
Occhio all’igiene: 10 regole per la salute degli occhi
PrevenzioneLa pandemia ha dimostrato che la nostra salute, oggi più che mai, dipende dai nostri comportamenti. La nuova normalità adottata con responsabilità dalla popolazione italiana, in risposta alla crisi sanitaria, ha rinforzato moltissimi comportamenti di igiene, offrendo un’opportunità per richiamare l’attenzione sulla salute degli occhi. Con questo proposito sono state diffuse le 10 regole da seguire per un utilizzo sicuro delle lenti a contatto promosse dalla società scientifica internazionale Tear Film & Ocular Surface Society (TFOS).
“Negli ultimi mesi gli oltre 2 milioni e mezzo di portatori di lenti a contatto in Italia hanno riscoperto quanto sia importante la ‘compliance’ ossia l’attenzione a quei comportamenti fondamentali per l’utilizzo sicuro dei loro dispositivi per la correzione dei difetti della vista” – ha dichiarato il Dr. Fabrizio Zeri, Ricercatore e docente presso il Dipartimento di Scienze dei Materiali dell’Università Bicocca di Milano e Visiting Research Fellow della School of Life and Health Sciences dell’Aston University, UK – “anche in questo caso l’attenzione è posta sul lavarsi le mani in modo corretto prima di manipolare le lenti a contatto.”
La campagna nazionale “Occhi Sani nelle Tue Mani“, progetto di sensibilizzazione dedicato alle lenti a contatto e al loro utilizzo in sicurezza, promossa dalla società scientifica internazionale TFOS, leader nell’educazione alla salute dell’occhio, e sostenuta da ASSOTTICA gruppo Contattologia, ha proprio l’obiettivo di promuovere le regole di corretta igiene e gestione delle lenti a contatto.
“Talvolta i portatori hanno la percezione di seguire comportamenti corretti per l’utilizzo in sicurezza delle lenti a contatto nella propria quotidianità. In realtà si possono commettere disattenzioni che sono semplicissimi da evitare. Oggi è fondamentale aumentare la condivisione di queste regole, per aiutare i portatori di lenti a contatto a comprendere i vantaggi di un comportamento adeguato.” sottolinea il Dott. Stefano Barabino, Responsabile del Centro Superficie Oculare e Occhio Secco dell’Ospedale L. Sacco di Milano e ambasciatore della TFOS.
Non possiamo dimenticarci della salute dei nostri occhi.” ha ribadito Amy Gallant Sullivan, Direttrice TFOS, Tear Film & Ocular Surface Society, Boston. ” La pandemia è di certo qualcosa che avremmo voluto evitare, ma ha reso la maggior parte delle persone consapevoli dell’importanza dell’igiene per mantenere uno stato di salute, come da recente indicazione dell’OMS1. Oggi più che mai dobbiamo richiamare le persone all’igiene e a salvaguardare la salute degli occhi.”
Le regole sono anche state riassunte nel video educazionale ‘”Occhi Sani nelle Tue Mani” in cui sono i bambini a dare agli adulti le indicazioni del comportamento corretto. Si tratta di lavare e asciugare le mani prima di maneggiare le lenti a contatto, non far mai entrare le lenti in contatto con l’acqua, non dormire con le lenti a contatto e disinfettarle con soluzione nuova dopo ogni utilizzo. Se si indossano lenti giornaliere monouso, è importante gettarle via dopo averle tolte e non riutilizzarle. Bisogna poi seguire le istruzioni del produttore e le indicazioni dello specialista. Il video, disponibile sul web (https://youtu.be/VdscomrqFsw) ha già raggiunto decine di migliaia di visualizzazioni.
“Le lenti a contatto hanno una lunga storia, naturalmente i materiali con cui sono costituite sono evoluti enormemente nel corso degli anni, e grazie ad una intensa ricerca scientifica oggi nuove tecnologie di sintesi hanno portato a materiali compatibili con la superficie oculare, raggiungendo elevati standard di sicurezza e di comfort.” Ha sottolineato la Prof.ssa Piera Versura, Responsabile Laboratorio Analisi Superficie Oculare e Ricerca Traslazionale, Alma Mater Studiorum Università di Bologna. “Da questa sicurezza purtroppo ci si allontana soprattutto a causa di comportamenti errati. La Campagna Occhi Sani nelle Tue Mani può aiutare a comprendere e a ricordare che le lenti a contatto sono un dispositivo medico che mettiamo negli occhi e hanno bisogno di cura e manutenzione.”
Tik Tok, guida all’uso consapevole per utenti e genitori
Genitorialità, Pediatria, PrevenzioneCon l’emergenza sanitaria, adolescenti e bambini sono stati costretti a rimanere a casa e a “occupare” spazi temporali come mai prima. Questo ha portato a trascorrere molto più tempo online: tutti i social sono cresciuti e diventati per molti di vitale importanza. Gli utenti TikTok italiani sono saliti a quota 4 milioni e varie stime confermano che c’è una quota di minorenni superiore rispetto ad altri social. L’età minima sarebbe 13 anni, ma come tutti i social non ci sono controlli. Inoltre, non c’è bisogno di un profilo per visualizzare i contenuti di TikTok.
Tuttavia ci sono molte funzioni che possono venire in aiuto, come impostare l’account come privato o attivare il collegamento famigliare. Di recente l’Unione Nazionale Consumatori, in collaborazione con TikTok, ha stilato dieci consigli contenuti nella guida “Insieme alla scoperta di Tik Tok- Guida all’uso sicuro dell’app più creativa del momento ”. Sono proprio i più giovani il pubblico privilegiato di quest’app per video brevi, il che se da una parte risponde alla voglia di creatività dei ragazzi, dall’altra genera più di qualche preoccupazione sui rischi online.
Tik tok, il social più usato dai giovanissimi
L’app Tik Tok ha avuto una crescita esponenziale nell’ultimo periodo ed è molto usata da adolescenti e giovani, ma è ormai diffusa anche tra gli adulti. E’ nata per condividere video brevi di taglio divertente con musica, balletti ed effetti “fumettati”, ma nel giro di poco tempo ha dimostrato di poter veicolare anche contenuti educativi. Seguendo l’hashtag #imparaconTikTok ad esempio si scoprono milioni di video con argomento letteratura, grammatica, arte, musica e anche educazione dei consumatori.
Dalla collaborazione con TikTok e la psicoterapeuta Maura Manca è nata la guida dedicata al “ben-essere digitale” dei ragazzi: “non può essere, infatti, l’uso del mezzo ad essere demonizzato, semmai l’abuso senza alcun controllo da parte dei genitori”. Questo è il nodo centrale che emerge dalla guida “Insieme alla scoperta di TikTok” che dà ai genitori la possibilità di orientarsi in un mondo digitale popolato dai giovanissimi e che può apparire spesso incomprensibile. La guida si pone come prontuario e punto di incontro tra generazioni per uno scambio. All’interno si trova anche un glossario delle parole più utilizzate sulla piattaforma e nelle pagine finali ci sono i dieci passi del vademecum – tutti gli strumenti e le opzioni inerenti privacy e interazione con la community da impostare per tutelare gli utenti più giovani.
Tumori della pelle non melanoma, rischi e nuove opportunità di cura
News Presa, Partner«Non è solo il melanoma a mettere a rischio la nostra pelle». Lo ha spiegato ai microfoni di Radio Kiss Kiss la professoressa Paola Queirolo, direttore della Struttura Complessa Melanoma – Sarcoma e Tumori Rari dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano. Intervenuta in occasione del consueto appuntamento organizzato dal network editoriale PreSa – Prevenzione e Salute, la professoressa ha chiarito che «i tumori della pelle non melanoma sono quelli che hanno la più alta incidenza in tutti i paesi occidentali». Ma cosa si intende per “tumori non melanoma”? I più diffusi sono il carcinoma basocellulare e il carcinoma squamocellulare. Queirolo ha spiegato anche che a differenza del melanoma, che è legato a scottature intermittenti e viene di solito diagnostica verso i 50 anni, i tumori non melanoma sono solitamente diagnosticati verso i 70 anni. Questo perché sono causati da quella che si definisce un’esposizione “cronica” al sole. In altre parole, ad essere pericolose non sono le occasioni di esposizione “ludica”, ad esempio la tintarella estiva o una passeggiata in montagna. «Nella maggior parte dei casi – ha detto Queirolo – i pazienti sono lavoratori che a causa della professione che svolgono, o che hanno svolto nel corso della loro vita professionale, sono stati costantemente esposti alla radiazione solare».
Benché i tumori non melanoma siano spesso meno pericolosi del melanoma stesso, circa il 5% dei pazienti sviluppa una forma avanzata della malattia. Questo significa che sviluppano tumori molto spesso deturpanti che in molti casi portano a rinunciare ad avere una vita sociale.
Fortunatamente, le nuove opportunità di cura sono molte. «Le nuove terapie – dice l’esperta – vanno dal melanoma al carcinoma squamoso della cute o al carcinoma basocellulare quando sono in fase avanzata. L’immunoterapia, che può essere fatta a qualsiasi età, ci consente oggi di aumentare le difese immunitarie nei confronti dei tumori, ottenendo una remissione in molti casi e aumentando la sopravvivenza a lungo termine.
“Contenuto realizzato da Radio Kiss Kiss in collaborazione con PreSa con il supporto di Sanofi”
Papillomavirus e sesso, a rischio i giovanissimi
PrevenzioneQuello del sesso è certamente un tema difficile da affrontare, molti genitori si sentono a disagio a parlarne con i propri figli. Tuttavia il dialogo e la prevenzione sono armi di salute insostituibili. Se sul modo della contraccezione e della prevenzione da malattie sessualmente trasmissibili i giovanissimi sono ormai ben informati, sul papillomavirus sono in pochi a saperne abbastanza.
LO STUDIO
In questo senso, l’ultimo allarme riguarda proprio la sessualità e i teenagers: il papillomavirus umano, o HPV, può infettare anche bocca e gola e provocare neoplasie del cavo orofaringeo, e il contagio può avvenire anche in caso di rapporti sessuali orali frequenti con diversi partner. A evidenziarlo uno studio, pubblicato sulla rivista Cancer, a cura dell’American Cancer Society, condotto dagli esperti della Johns Hopkins University, che hanno scoperto che un numero di partner di rapporti orali maggiore di dieci sembra associato a una probabilità 4,3 volte maggiore di sviluppare un cancro orofaringeo correlato all’HPV. «Praticare rapporti orali in giovane età – afferma Virginia Drake della Johns Hopkins University – e con un’intensità elevata, quindi con diversi partner in brevi periodi di tempo, potrebbe essere associato a un rischio maggiore di neoplasie del cavo orofaringeo». Il team ha condotto un sondaggio su 508 partecipanti, 163 dei quali affetti da cancro della bocca e della gola correlato all’HPV, chiedendo loro informazioni sull’intensità, la tempistica e la frequenza con cui avevano praticato rapporti «Dai risultati – riporta l’esperta – emerge che gli individui che avevano avuto partner più anziani da giovani e quelli che avevano avuto rapporti extraconiugali avevano maggiori probabilità di sviluppare un cancro orofaringeo correlato all’HPV. Il nostro studio si basa su ricerche precedenti per dimostrare che il solo numero di partner non è sufficiente a determinare l’incidenza di neoplasie, ma che esiste una serie di fattori precedentemente poco considerati che influenzano queste eventualità».
VACCINO
Contro il papillomavirus umano esiste oggi un’arma formidabile: il vaccino. L’OMS ha inizialmente consigliato la vaccinazione di tutte le ragazze prima dell’inizio dell’attività sessuale. Il momento critico per il contagio, infatti, è nell’adolescenza e nella prima giovinezza, anche se l’effetto mutageno del virus è lento, per cui i tumori possono comparire anche diversi decenni dopo. Dato che le statistiche dimostrano che un’alta percentuale di ragazze ha il primo rapporto sessuale intorno ai 13 anni, l’Italia, come molti Paesi europei, ha stabilito che la vaccinazione debba essere fatta nel dodicesimo anno di età. Ciò non significa che non si possa posticiparla, ma in quel caso si esce dal programma vaccinale pubblico e bisogna provvedere privatamente. Purtroppo questo tipo di vaccinazione è ancora oggi poco diffusa, ma grazie a campagne informative ad hoc sono sempre di più i genitori che la prendono in considerazione per i propri figli.
Tumori non melanoma: intervista alla Dott.ssa Queirolo
Podcast“Contenuto realizzato da Radio Kiss Kiss in collaborazione con PreSa, con il supporto di Sanofi”
Post partum: quando è depressione e perché. Parla l’esperta
Prevenzione, PsicologiaBaby blues o depressione post partum?
Spesso la depressione post partum viene interpretata erroneamente come Baby Blues. In realtà il Baby Blues è una forma lieve di depressione post partum che coinvolge il 60-80% delle nuove mamme e la causa è dovuta a un improvviso calo di estrogeni (e altri ormoni, ma principalmente estrogeni). Questo calo degli ormoni è simile a quello che succede nel periodo premestruale, ma questa volta il calo è 100 volte superiore e spiega lo shock per il corpo.
“Potresti sentirti ansiosa, confusa oppure lunatica come quando passi da uno stato di felicità a quello di un improvviso pianto. Può succedere dal 1° al 3° giorno dopo il parto e può durare da pochi giorni ad alcune settimane. Tutto questo è normale – precisa Alessandra BITELLI, woman empowering coach – e di solito scompare da solo e non è necessario alcun trattamento. Ma per il 20%, alcuni casi di baby blues possono progredire fino a una depressione post partum soprattutto quando manca il sostegno dei cari o se la donna non spiega cosa le sta succedendo. Ecco perché è fondamentale rimanere in contatto con i propri sentimenti, comunicarli e sapere quando far intervenire un aiuto esterno da un esperto”.
Ne soffre 1 donna su 7
Pavimento pelvico, prima e dopo il parto
Dai banchi di scuola ai social: un ragazzo su 5 è vittima di bullismo
Adolescenti, News Presa, Pediatria, Prevenzione, PsicologiaSchiaffi, insulti, minacce di morte, richieste di mettersi in ginocchio per chiedere scusa: la cronaca ne ha raccontati tanti di episodi di bullismo. Quasi un ragazzo su cinque (19,8%) ne è vittima almeno una volta al mese, eventualità più ricorrente tra i giovanissimi (22,5%), con conseguente disagio sociale. Un fenomeno spesso documentato anche dal cinema e la letteratura. Il bullo agisce deliberatamente con l’intenzione di offendere, danneggiare o far del male alla sua vittima che è quasi sempre più debole dei suoi pari, magari anche solo perché più piccola di età; la vittima si sente isolata e spesso ha paura di riferire gli episodi subiti perché teme vendette. Il bullismo danneggia la società, logora l’autostima della vittima, costringendola a un disinvestimento dalla scuola e ad un progressivo isolamento. Nei casi più gravi si possono avere anche conseguenze nel medio e lungo termine come l’abbandono scolastico e lo sviluppo di patologie legate alla sfera psichica, a volte si arriva al peggio, non sono rari i casi di suicidio.
È su internet che il bullismo trova il terreno più fertile, secondo il 76,6% dei presidi interpellati nell’ultimo rapporto Censis. Ed è online che sono le ragazze a essere oggetto in misura maggiore degli attacchi dei coetanei cybernauti (24,9%)
Il 52,7% degli adolescenti tra gli 11 e i 17 anni nel 2016 ha subito comportamenti offensivi, non riguardosi o violenti da parte dei coetanei: quasi un ragazzo su cinque (19,8%) è oggetto di questo tipo di soprusi almeno una volta al mese, eventualità più ricorrente tra i giovanissimi (22,5%).
“È un problema esternamente diffuso tra i banchi di scuola” spiega Maura Manca, Psicoterapeuta e Presidente dell’ Osservatorio Nazionale Adolescenza, di recente in Rai nel programma “Mai più bullismo”, “per spiegare cosa vivono i ragazzi coinvolti nella dinamica perversa del bullismo”. Spesso si pensa erroneamente che “il bullo sia un ragazzo particolarmente violento, con evidenti problemi familiari e scolastici, un “deviato”, che magari ha subito violenza e quindi la ripropone sugli altri – continua Manca – in parte è vero, ma nella maggior parte dei casi il bullo viene anche dalle buone famiglie, da quelle che apparentemente non hanno problemi, sono ragazzi che possono avere tutto, ma che evidentemente non hanno niente”. Adolescenti, quindi, che possono anche risultare insospettabili agli occhi di un genitore. La psicologa fa un elenco per capire se il proprio figlio si comporta da bullo. Ma avverte: “non dimenticate che anche le ragazze si comportano molto di frequente da bulle”.
Comportamenti tipici del bullo:
1. Tende a divertirsi con scherzi di cattivo gusto, anche pesanti, magari rivolti a parenti, amici, fratelli o sorelle o animali. Si diverte anche se l’altro ci rimane male, non prova un senso di colpa e quando viene ripreso non capisce profondamente il senso del richiamo.
2. Fa spesso battute pesanti o dispregiative anche guardando la televisione o raccontando alcuni episodi che gli accadono a scuola o con gli amici o per la strada, per esempio sul peso, sull’orientamento sessuale, su modi di vestire, tendenzialmente rivolte a persone che identifica come “sfigate”.
3. Spesso ha le amicizie circoscritte solo a determinati ragazzi o ragazze, ad un piccolo gruppo, che di frequente lo o la prende come riferimento. Possono essere anche gruppetti che si formano solo dentro la scuola, che si rinforzano nelle chat e sui social.
4. Ha una modalità comunicativa eversiva ossia basata sul “sì, sì ora lo faccio”, “ sì, sì hai ragione” e poi non ascolta e non lo fa, oppure più aggressiva basata sulla volgarità, maleducazione e strafottenza anche nei confronti dei genitori.
5. Può anche mettere in atto altri tipi di comportamenti devianti come per esempio fumare, fare uso di alcolici, prendere tante multe per imprudenza o negligenza.
6. Ha difficoltà a rispettare le regole, gli stanno strette, tende a ribellarsi e a pretendere i suoi spazi e la libertà di movimento.
7. Può avere problemi a scuola, non solo di rendimento, ma anche e soprattutto legati al comportamento, come per esempio possono rispondere agli insegnanti, essere ripresi per il loro atteggiamento o comportamento in classe, prendono spesso note o vengono mandati dal Dirigente Scolastico.
8. Può essere anche manesco quando gioca, anche in casa con i fratelli o le sorelle. Spesso ha un atteggiamento spavaldo e tende a provocare. Si sente legittimato nei suoi comportamenti.
9. Talvolta tende a sottomettere anche i genitori, come per esempio se va in auto con la famiglia vuole stare per forza davanti, non lascia spazio agli altri fratelli, usa il “voglio quello e voglio quell’altro” e si impunta se non ottiene ciò che vuole, “facciamo come dico io altrimenti non vengo”. Ci sono spesso anche i ricatti e le minacce.
10. Non ama i gesti d’amore nei suoi confronti. Non dispensa affetto per gli esseri umani, ma lo può fare con un animale.
“Non ci si deve allarmare – sottolinea la psicologa – se ci sono 1 o 2 segnali. I figli vanno osservati nel loro insieme, non solo nei singoli comportamenti”. Insomma, ci deve essere una sistematicità, non singoli e sporadici episodi.
“Anche se è molto difficile – conclude Manca – si deve parlare con il ragazzo e cercare di tirare fuori da lui il maggior numero di informazioni possibili, ascoltandolo e cercando di comprendere ciò che dice, prima di intervenire sui suoi comportamenti”.
Disfunzione erettile, un metodo nuovo può curarla
News PresaLa disfunzione erettile è un problema che molti uomini devono affrontare, ma del quale nessuno ha voglia di parlare. Neanche al proprio medico. E il limite culturale diventa così anche un limite alla possibilità di vivere una vita di coppia piena e soddisfacente. Proprio per questa resistenza al tema, da quando esistono le “pillole colorate” molti uomini hanno scelto di accontentarsi e di affrontare il sintomo, piuttosto che ricorrere ad una vera e propria cura. Questi significa anche esporsi a possibili effetti collaterali più o meno gravi. Alla Federico II di Napoli una nuova tecnica per risolvere i problemi di disfunzione erettile senza pillole colorate e senza i rischi connessi all’assunzione di questi farmaci. «Una vera e propria cura, non un trattamento dei sintomi», spiega Fabrizio Iacono, docente di ruolo di Urologia all’università di Napoli e specialista in Urologia ed in Andrologia.
METODO RISANI
Iacono è tra i maggiori esperti d’Italia dei meccanismi biochimici, istologici e microstrutturali alla base della funzione erettile. Ed è stato tra i primi a lavorare su protocolli terapeutici di riabilitazione funzionale non farmacologici e non sintomatici che riescono, oggi, a ridare la giusta energia anche agli uomini con maggiori difficoltà. «L’impiego combinato di onde d’urto a bassa (LISW) intensità in associazione ad integratori brevettati a base di Tradamixina – dice il professore – riescono a risolvere la disfunzione erettile nel 65-70% dei casi con effetti duraturi e non sintomatici (www.Risani.it). Il concetto di riabilitazione funzionale consente la liberazione del maschio dalla assunzione ad orari prestabiliti di pillole sintomatiche dai noti colori». La vera novità è che da qualche tempo ad integrare questo protocollo riabilitativo che non prevede, quindi, l’impiego di farmaci dai possibili effetti collaterali, è stato aggiunto l’impiego del PRP (Plasma Arricchito di Piastrine). Il PRP è impiegato da anni in altre specializzazioni come la dermatologia, l’ortopedia, la medicina estetica e oggi trova interessanti indicazioni anche in uro-andrologia per il trattamento della disfunzione erettile e della malattia di La Peyronie.
NO AGLI EFFETTI COLLATERALI
Iacono chiarisce che questa tecnica, la “PRP- Priapus shot”, e l’efficacia del trattamento si deve alla stimolazione rigenerativa sul microcircolo endocavernoso (neoangiogenesi) e sulla stimolazione dell’innervazione del pene. Le proteine bioattive contenute nelle piastrine, infatti, rilasciano fattori di crescita che stimolano la rigenerazione cellulare e la riparazione tissutale che si riflette su di una migliore funzione dell’organo». La tecnica è assolutamente sicura, priva di rischi ed indolore. Eseguita a livello ambulatoriale, prevede un ciclo di almeno 3 sedute distanziate da circa 15 giorni e consiste in un prelievo di sangue che viene centrifugato al fine di isolare la sola componente piastrinica. Il plasma cosi ricco di piastrine, viene poi iniettato in punti definiti del pene , nei corpi cavernosi, del paziente. In oltre 60mila procedure seguite non si sono verificati effetti collaterali in quanto si tratta dello stesso plasma del paziente che viene restituito in altra sede. I risultati ottenuti nel trattamento della disfunzione erettile e della Malattia di La Peyronie sono entusiasmanti e duraturi se in associazione con onde d’urto e integratori personalizzati. Riuscire a risolvere il problema è il modo migliore per eliminare tensioni dal rapporto di coppia e vivere a pieno la propria storia.
Occhiali da sole: a cosa fare attenzione
PrevenzioneIn estate i raggi del sole diventano più forti, specie sulle rive di specchi d’acqua che riflettono la luce, come i laghi, il mare o in alta montagna. In questo periodo dell’anno gli specialisti consigliano di indossare sempre gli occhiali da sole, per evitare rischi per gli occhi e la pelle che li circonda. Tuttavia per proteggere devono rispettare determinati standard.
Raggi UV: un pericolo per gli occhi
I raggi ultravioletti (UV) possono danneggiare la vista e concorrere allo sviluppo di tumore cutaneo nella zona circostante l’occhio. “La continua esposizione ai raggi ultravioletti può comportare nel corso degli anni l’insorgenza di diverse problematiche – spiega il professor Paolo Vinciguerra, Direttore del Centro Oculistico di Humanitas e professore ordinario di Humanitas University.
“Si va infatti dal melanoma cutaneo, che può insorgere su una pelle non adeguatamente protetta, a danni ai tessuti oculari e alla vista, anche piuttosto severi. Stiamo infatti parlando di malattie come la cataratta e la degenerazione maculare, il cui sviluppo può essere accelerato proprio dai raggi UV, o di ustioni della cornea e della congiuntiva, che abitualmente si presentano con una sintomatologia che va dall’arrossamento, all’eccessiva lacrimazione, a quella sensazione di prurito e fastidio che viene spesso evocativamente definita “sabbia negli occhi”. Se le ustioni di cornea e congiuntiva si possono risolvere velocemente con la somministrazione di una pomata oftalmica a effetto cicatrizzante, in caso di patologie importanti come la cataratta e la degenerazione maculare il percorso è più complicato e diventa necessario intervenire chirurgicamente”.
Occhiali da sole: quali rischi
Ci si può difendere dai raggi UV indossando sempre gli occhiali da sole, in particolare nelle ore centrali della giornata. Tuttavia, l’errore più comune è quello di acquistare occhiali da sole con lenti non certificate e di scarsa qualità che, oltre a essere inutili, possono anche rivelarsi dannose. Infatti, sono necessarie delle lenti in grado di bloccare il 100% dei raggi ultravioletti: schermare le radiazioni nocive alla vista, dunque, e filtrare solamente quelle che consentono di vedere bene. L’ottica è un posto sicuro dove acquistare prodotti certificati. Importante è anche controllare che le lenti abbiano il filtro anti luce blu, che aiuta a proteggere gli occhi dalla luce blu emessa sia dalla luce solare sia dagli schermi di smartphone, computer e tablet.
“Per quanto riguarda i materiali- spiega lo specialista – con cui sono fatte le lenti, tra i più validi tra cui scegliere figura l’NXT poliuretano, che garantisce la flessibilità e la resistenza della lente, oltre a una visione particolarmente nitida. In alternativa si possono scegliere lenti in vetro, sicuramente più pesanti, o in policarbonato, meno resistenti ma più economiche rispetto a quelle in NXT poliuretano che hanno un costo maggiore. Una lente per proteggere adeguatamente l’occhio non deve necessariamente essere scura: vi sono colori, infatti, che sono più idonei per determinate attività o problematiche visive rispetto ad altri. Le lenti marroni, per esempio, sono le più adatte per chi soffre di miopia, mentre quelle verdi sono indicate per chi è interessato da ipermetropia. Le lenti verdi, inoltre, con quelle grigie o color ambra, tendono ad aumentare il contrasto e si rivelano quindi molto utili per chi pratica attività come il golf. Le lenti con filtri polarizzanti, invece, aiutano a diminuire il riflesso delle superfici lisce e riflettenti, come i pavimenti o l’acqua. Sono quindi le più indicate da usare sia in piscina e al mare, sia quando si è alla guida di un veicolo. In generale le lenti a specchio sono consigliate per gli sport invernali, per esempio sulla neve, o in generale in luoghi dove la luminosità è particolarmente intensa, come l’alta montagna. Sconsigliate invece le lenti rosa e azzurre, poiché alterano eccessivamente i colori, e quelle gialle che, pur schermando i raggi UV, non proteggono l’occhio dall’intensità luminosa”. In generale gli oculisti consigliano sempre di utilizzare occhiali da sole dalla montatura larga e avvolgente, che riesca a schermare la luce anche lateralmente e proteggere dal vento.
Geni protettivi nel Dna dei centenari
Ricerca innovazioneCertamente gli stili di vita, ma a quanto pare la longevità è legata soprattutto a ragioni genetiche. A rivelarlo è uno studio pubblicato sulla rivista Nature Aging basato su una popolazione di ben 515 centenari. In particolare, il lavoro degli scienziati è servito a identificare delle rare varianti genetiche legate alla longevità: si tratta di geni che consentono all’organismo di restare in salute, che probabilmente mettono al riparo chi li possiede dalle malattie, comprese quelle tipiche dell’invecchiamento. Gli esperti hanno confrontato il Dna dei 515 centenari con il Dna di un campione di quasi 500 anziani tra i 70 e i 95 anni. Le ipotesi inizialmente in campo per spiegare la longevità erano due: o i centenari sono privi di geni che favoriscono le malattie tipiche dell’età anziana (dai tumori alle demenze); o viceversa posseggono rari geni protettivi che risultano invece assenti nel Dna degli individui con una normale aspettativa di vita.
SCUDO GENETICO
È risultata vera questa seconda ipotesi: nel Dna dei centenari sono presenti rare varianti genetiche protettive, che li mettono al riparo dalle malattie e che sono sempre assenti negli anziani senza il dono della longevità. Lo studio è stato condotto da Zhengdong Zhang dell’Albert Einstein College of Medicine di New York, che spiega: «Rare varianti genetiche influenzano l’aspettativa di vita di un individuo e costituiscono parte dell’architettura genetica della longevità umana». Se questi primi importanti risultato dovessero essere confermati nel tempo e successive ricerche si potrebbe arrivare a sviluppare veri e propri farmaci anti-età “ad ampio spettro”, farmaci che potrebbero colpire i meccanismi stessi dell’invecchiamento nel loro insieme, piuttosto che concentrarsi su singole malattie legate all’età per estendere l’aspettativa di vita.