Tempo di lettura: 2 minutiSi parla sempre più spesso di celiachia, ma l’attenzione sull’argomento non mette completamente al riparo da informazioni scorrette e dalla creazione di falsi miti e convenzioni.
Proviamo a fare un po’ di chiarezza.
Va precisato che la celiachia non è un’allergia alimentare: un soggetto allergico, in breve, produce particolari anticorpi, ovvero le immunoglobuline E, cosa che non per forza avviene nel soggetto affetto da celiachia, che consiste in una condizione permanente di intolleranza al glutine, la proteina contenuta da cereali come il frumento, la segale e l’orzo. Questo la differenzia anche dalle malattie autoimmuni. Potrebbe essere più corretto parlare di una patologia auto-infiammatoria cronica che incide sull’intestino tenie, ma può interessare anche altri organi.
Altra falsa convinzione è che esistano forme di celiachia più gravi di altre. In realtà sono i sintomi a poter essere differenti e più o meno importanti: alcune persone manifestano disturbi anche importanti pur assumendo piccole quantità di glutine e altri invece non presentano grossi problemi ingerendo pasta e pane.
La mucosa intestinale, che è la parte maggiormente interessata dal problema, potrebbe anche risultare più danneggiata in soggetti che manifestano sintomi blandi e lievi piuttosto che in quelli con sintomi più gravi.
Qualcuno pensa che, per arrivare a una diagnosi e verificare la propria eventuale intolleranza al glutine, sia sufficiente escludere la proteina eliminando dalla dieta gli alimenti che la contengono.
Un’operazione del genere però rischia di essere infruttuosa ed inutile: prendere una decisione del genere senza aver consultato il medico potrebbe portare a un risultato falsato e lasciarci addirittura con una diagnosi negativa pur trovandoci di fronte al disturbo. Basti pensare che l’esame effettuato per questa indagine comporta l’assunzione del glutine (anche in porzioni generose e per più volte al giorno) per studiare la reazione dell’organismo.
Si crede falsamente che la celiachia porti solo mal di stomaco. Purtroppo, anche se è vero che i disturbi più comuni sono quelli che interessano l’apparato digestivo, la celiachia può portare anche cefalee, disturbi alla pelle (psoriasi, alopecia, orticaria), stanchezza eccessiva e disturbi connessi all’ansia, ma anche disturbi connessi alla sfera riproduttiva e alla gestazione e al parto nelle donne; oppure interessare la tiroide e persino le ossa (osteopenia e osteoporosi).
Se è vero che ad oggi purtroppo non esistono farmaci per curarla, con una dieta concordata con un nutrizionista esperto e dosando alimenti ad hoc e cibi naturalmente privi di glutine, il soggetto celiaco può constatare grandi benefici e miglioramenti.
Lattosio, non un nemico ma un alleato della salute
AlimentazioneSi scrive lattosio, si legge intolleranza. O almeno questo vogliono le mode alimentari. Già, perché oggi come oggi essere intolleranti al lattosio è più una moda che una realtà. Certamente c’è chi ha una vera e propria intolleranza, e dunque deve evitare il lattosio, ma per la stragrande maggioranza della popolazione latte e yogurt sono alimenti preziosi per il mantenimento di un buono stato di salute ad ogni età. A raccomandarne l’assunzione sono le linee guida per una sana alimentazione e in questo senso anche le linee guida nazionali ne incoraggiano il consumo. Quanto? Tre porzioni di latte o di yogurt al giorno. Purtroppo, però, questa raccomandazione è spesso disattesa dagli italiani e il consumo quotidiano resta ben lontano da quello ottimale. Lo ricorda Assolatte, l’Associazione Italiana Lattiero Casearia. Del problema del basso consumo di latte e yogurt si è occupato il Tavolo Tecnico sulla Sicurezza Nutrizionale (TaSiN) che ha elaborato il “Decalogo per il corretto consumo di latte & yogurt nell’alimentazione quotidiana”.
NUTRIZIONE
Il TaSiN, di cui fanno parte esperti del Ministero della Salute, del CREA, delle Società scientifiche e del mondo accademico, ha funzioni di coordinamento delle iniziative legate alla sorveglianza nutrizionale e di orientamento dell’intera rete nazionale, anche attraverso la realizzazione di position statement che esprimono una visione concordata su argomenti considerati sensibili e impattanti sulla popolazione. In una forma semplice e immediata, Il Decalogo richiama l’attenzione sull’importanza di consumare ad ogni età e ogni giorno latte e yogurt, alimenti preziosi e unici per la ricchezza e la qualità dei loro nutrienti. Un utile approfondimento sui vantaggi legati al consumo di latte e yogurt è contenuto nel Razionale Scientifico predisposto dallo stesso Tavolo Tecnico, con un quadro delle più recenti evidenze scientifiche sul consumo di latte e yogurt e gli effetti sulla salute, e un focus sui consumi e le abitudini alimentari degli italiani. Ad accompagnare il decalogo, il position spot che rilancia il messaggio “Latte & Yogurt preziosi ad ogni età per cominciare la giornata, ma anche a merenda
Celiachia: tutti i falsi miti su questa patologia auto-infiammatoria cronica
AlimentazioneSi parla sempre più spesso di celiachia, ma l’attenzione sull’argomento non mette completamente al riparo da informazioni scorrette e dalla creazione di falsi miti e convenzioni.
Proviamo a fare un po’ di chiarezza.
Va precisato che la celiachia non è un’allergia alimentare: un soggetto allergico, in breve, produce particolari anticorpi, ovvero le immunoglobuline E, cosa che non per forza avviene nel soggetto affetto da celiachia, che consiste in una condizione permanente di intolleranza al glutine, la proteina contenuta da cereali come il frumento, la segale e l’orzo. Questo la differenzia anche dalle malattie autoimmuni. Potrebbe essere più corretto parlare di una patologia auto-infiammatoria cronica che incide sull’intestino tenie, ma può interessare anche altri organi.
Altra falsa convinzione è che esistano forme di celiachia più gravi di altre. In realtà sono i sintomi a poter essere differenti e più o meno importanti: alcune persone manifestano disturbi anche importanti pur assumendo piccole quantità di glutine e altri invece non presentano grossi problemi ingerendo pasta e pane.
La mucosa intestinale, che è la parte maggiormente interessata dal problema, potrebbe anche risultare più danneggiata in soggetti che manifestano sintomi blandi e lievi piuttosto che in quelli con sintomi più gravi.
Qualcuno pensa che, per arrivare a una diagnosi e verificare la propria eventuale intolleranza al glutine, sia sufficiente escludere la proteina eliminando dalla dieta gli alimenti che la contengono.
Un’operazione del genere però rischia di essere infruttuosa ed inutile: prendere una decisione del genere senza aver consultato il medico potrebbe portare a un risultato falsato e lasciarci addirittura con una diagnosi negativa pur trovandoci di fronte al disturbo. Basti pensare che l’esame effettuato per questa indagine comporta l’assunzione del glutine (anche in porzioni generose e per più volte al giorno) per studiare la reazione dell’organismo.
Si crede falsamente che la celiachia porti solo mal di stomaco. Purtroppo, anche se è vero che i disturbi più comuni sono quelli che interessano l’apparato digestivo, la celiachia può portare anche cefalee, disturbi alla pelle (psoriasi, alopecia, orticaria), stanchezza eccessiva e disturbi connessi all’ansia, ma anche disturbi connessi alla sfera riproduttiva e alla gestazione e al parto nelle donne; oppure interessare la tiroide e persino le ossa (osteopenia e osteoporosi).
Se è vero che ad oggi purtroppo non esistono farmaci per curarla, con una dieta concordata con un nutrizionista esperto e dosando alimenti ad hoc e cibi naturalmente privi di glutine, il soggetto celiaco può constatare grandi benefici e miglioramenti.
Cancro del testicolo: autopalpazione una volta al mese
PrevenzioneOttobre è il mese mondiale della prevenzione. Una volta al mese è quanto si raccomanda ai maschi riguardo alla palpazione dei testicoli, a partire dalla pubertà. Una pratica di prevenzione di molte condizioni urologiche e andrologiche ma praticamente sconosciuta per gli uomini. Il cancro del testicolo è comune nei maschi tra 20 e 40 anni ma non esiste una sensibilizzazione adeguata su questo tipo di prevenzione. Gli adolescenti dovrebbero fare una visita andrologica in occasione della pubertà (proprio come è consigliato alle donne) e in questa occasione andrebbe insegnato come fare la palpazione.
“Rigonfiamenti, volume aumentato e noduli da un solo lato devono essere portati all’attenzione dello specialista. Il cancro del testicolo infatti rappresenta circa 1-1.5% di tutti i tumori maschili. È la neoplasia più frequente tra i 15 e i 40 anni mentre diventa rara dopo i 50 (quando cede il passo alla prostata) con una incidenza da 3 a 6 casi ogni 100mila abitanti”– spiega il Professor Salvatore Sansalone, Specialista in Andrologia e Urologia.
“Usiamo un modello di scroto realistico con testicoli palpabili che presentano variazioni come palline, indurimenti, tipi di formazioni diverse. A seconda del modello usato si possono tastare due testicoli mobili, gli epididimi e i funicoli spermatici. Invitiamo quindi il paziente a toccarlo e indicarci se sentono qualcosa che non va in modo che sappiamo riconoscere eventuali anomalie in loro stessi. L’autopalpazione deve diventare una buona abitudine. Sì può iniziare durante la doccia o il bagno caldo poi si prosegue davanti allo specchio per verificare la presenza di gonfiore o varicosità” – prosegue lo specialista.
Grazie a questa semplice forma di screening è possibile fare una diagnosi precoce che, è stato calcolato, favorisce cure tempestive e una guarigione del 90%.
Soggetti più a rischio sono coloro che hanno sofferto di ‘criptorchidismo’ (la condizione in cui uno o entrambi i testicoli non sono scesi nello scroto), familiarità, sindromi genetiche, esposizione a sostanze che possono interferire con l’apparato ormonale come i pesticidi, il fumo (che ne raddoppia il rischio), sui traumi ci sono pareri contrastanti.
Cancro del testicolo: l’autopalpazione in 5 fasi:
“Si esamina un testicolo per volta – spiega lo specialista. Per prima cosa bisogna cercare il testicolo nel sacco scrotale e poi esaminarlo. L’autopalpazione si effettua toccando ogni testicolo con entrambe le mani, ponendo indice e medio nella zona inferiore e il pollice in quella superiore. Attraverso un movimento rotatorio delicato delle dita, si esplorano entrambi i testicoli prestando attenzione alla sensazione data dal tocco. La manovra, non dovrebbe causare alcun dolore. Un testicolo di dimensioni maggiori dell’altro è considerato normale. Viceversa è bene sottoporre all’attenzione medica la presenza di eventuali rigonfiamenti duri del testicolo (anche se indolori) o, al contrario, la netta perdita di volume di un testicolo. Così come un senso di pesantezza ai testicoli andrebbe sottoposto all’attenzione medica. Sopra e dietro al testicolo si trova l’epididimo, una morbida struttura a cui è affidato il compito di selezione, trasporto e arricchimento degli spermatozoi. La sua presenza è quindi normale – prosegue lo specialista – ed è bene accertare soltanto che non contenga cisti. Durante l’autopalpazione dei testicoli occorre prestare attenzione anche al cordone spermatico, alla ricerca di cisti o di varicoceli; queste ultime sono dilatazioni varicose soffici palpabili lungo il cordone posto sopra a ogni testicolo – conclude lo specialista.
Bullismo e autolesionismo: pericolose tendenze tra i più giovani
Associazioni pazienti, Bambini, News Presa, Nuove tendenze, Prevenzione, PsicologiaL’autolesionismo riguarda il 15% dei ragazzi intervistati nell’indagine della Società Italiana di Pediatria. “Un dato allarmante se si pensa che la presenza di questi comportamenti è descritta, in letteratura, come un fattore correlato ad un aumentato rischio di suicidalità in adolescenza – afferma Annarita Milone, Dirigente Neuropsichiatra Infantile presso IRCCS Stella Maris di Pisa -. La letteratura internazionale segnala come queste condotte disfunzionali tendano rapidamente a dilagare in contesti scolastici e in gruppi adolescenziali, a causa di fenomeni di imitazione di gruppo. Sono particolarmente frequenti in minori caratterizzati da fragilità emotiva e tratti depressivi e devono essere un segnale da accogliere rapidamente per permettere l’attivazione, in sede specialistica, di approfondimenti diagnostici e interventi terapeutici”.
Oltre all’autolesionismo, anche il Bullismo preoccupa: lo ha subito uno su tre (in silenzio), ma altrettanti lo hanno praticato. Nello specifico: il 12% del campione è stato vittima di cyberbullismo e al 33% è capitato di subire atti di bullismo (il 20% raramente, l’8,4% qualche volta, il 3,3% spesso e il 2,1% sempre) ma la risposta quasi sempre è stata il silenzio: il 68% delle vittime non ne ha parlato con nessuno. E altrettanto ampia (circa il 33%) è la percentuale di coloro che dichiarano di aver preso parte a episodi di bullismo verso i compagni e le compagne.
Inoltre tra gli altri dati diffusi da Sip, emerge che il 37% fuma sigarette (abitualmente o occasionalmente), circa il 40 dichiara di essere arrivato a star male in seguito all’uso di bevande alcoliche. Inoltre, il 62,3% non ha ricevuto educazione sessuale da parte degli adulti, uno su tre (tra coloro che hanno già avuto rapporti) non usa mai contraccettivi, più della metà ha visualizzato materiale pornografico in rete e circa il 15% ammette di aver ricevuto proposte sessuali da parte di adulti anche attraverso siti e app.
Miopia ko con le lenti “intelligenti”
Ricerca innovazioneLa miopia può essere non solo corretta, ma addirittura rallentata grazie a nuovissime lenti intelligenti. La notizia arriva dai massimi esperti italiani riuniti al convegno digitale Nuove Prospettive nell’Evoluzione della Progressione Miopica, alla luce dell’efficacia dei fatti registrata da uno studio della Polytechnic University di Hong Kong, centro di eccellenza per la miopia e pubblicati sul British Journal of Ophthalmology. In sostanza, queste lenti intelligenti per occhiali riescono a rallentare l’allungamento del bulbo oculare, rallentando quindi anche il progredire della malattia.
ISOLE
Ma come funziona il meccanismo di questi avveniristici occhiali? Le lenti con tecnologia D.I.M.S. sfruttano circa 400 “isole”, cioè microscopici segmenti capaci di generare una particolare sfocatura nella retina periferica, in modo da rallentare l’allungamento del bulbo oculare e la progressione della miopia. «La miopia è il disturbo della vista più comune e si verifica quando l’occhio è troppo lungo e la luce non si concentra correttamente sulla retina, che trasmette al cervello le impressioni luminose, facendo apparire sfocati gli oggetti distanti. Il maggior tempo trascorso durante questi mesi in attività ‘da vicino’ può aumentare il rischio di problemi agli occhi anche in chi non sarebbe portato a svilupparli per il continuo sforzo di accomodamento della vista per cui alla fine l’occhio non riesce più a trovare la messa a fuoco per vedere da lontano – spiega Paolo Nucci, Ordinario di Oftalmologia all’Università Statale di Milano – Quando si corregge la miopia con un occhiale o con una lente a contatto si porta a fuoco l’immagine che arriva alla parte centrale dell’occhio ma non si ottiene lo stesso grado di messa a fuoco sulle immagini della periferia. Il risultato di questa scarsa correzione periferica è l’invio di un messaggio al cervello che segnala come l’occhio sia troppo corto per vedere bene a sufficienza».
I DATI
I dati raccolti su 160 bambini dagli 8 ai 13 anni con miopia fino a – 5.00 diottrie, dimostrano in due anni una riduzione in media del 60% dello sviluppo della miopia in chi ha portato occhiali con queste lenti speciali. Tenere sotto controllo la miopia è un problema di salute pubblica in crescita esponenziale negli ultimi decenni, già denunciato dall’Oms secondo cui attualmente, sono un 1,5 miliardi le persone miopi in tutto il mondo che si stima possano salire a 2,5 miliardi da qui a 10 anni e a 5 miliardi entro il 2050. Numeri spaventosi che fanno già parlare di un’epidemia di miopia. Un pericolo serio in quanto il disturbo che compare in età scolare tende a peggiorare in età adulta, con il rischio di sviluppare possibili complicazioni come la cataratta, il glaucoma, il distacco di retina e la maculopatia.
Scoperta la proteina che blocca accumulo di grassi negli organi
News Presa, Ricerca innovazioneUna proteina potrebbe essere al centro dei futuri programmi di perdita di peso e controllo dell’obesità. Ad averla scoperta è il ricercatore italiano Davide Ruggero dell’Università della California a San Francisco. In uno studio condotto sui topi e appena pubblicato sulla rivista Nature Metabolism, ha dimostrato come basti diminuire la sua attività geneticamente o farmacologicamente, per ridurre i chili di troppo, anche adottando un’alimentazione ricca di grassi.
Questa proteina, la Elf4e, ha un ruolo principale nell’avvio della sintesi proteica e si trova in tutte le cellule dell’organismo. In sostanza aiuta a immagazzinare i grassi. Quando una persona consuma più energia di quanta ne spende, in un tempo variabile sviluppa l’obesità. In un regime alimentare ricco di grassi, sono proprio questi ultimi ad accumularsi in diversi organi, attraverso quelle che vengono chiamate le “goccioline lipidiche”. Un loro eccesso nel fegato, per esempio, porta a malattie come la steatosi epatica non alcolica (il fegato grasso).
La proteina che regola l’accumulo di grassi
Gli studiosi hanno notato che l’attività della proteina Elf4e è responsabile della formazione delle goccioline lipidiche e i topi che ne hanno meno non solo avevano un fegato normale nonostante la loro dieta ricca di grassi, ma erano anche più energicamente attivi. Durante l’esperimento, i topi con solo il 50% di questa proteina mangiavano molto ma non prendevano peso. Una delle principali cause di tumori, secondo gli studiosi, è l’incremento dell’attività di Elf4e. Per questo motivo il gruppo guidato da Ruggero aveva già sviluppato un farmaco che ora è in fase sperimentale per pazienti affetti da diverse forme di cancro. Questo nuovo studio dimostra anche che nei topi sottoposti a una dieta ricca di grassi questo farmaco diminuisce i livelli di obesità, dell’accumulo di grasso e di steatosi epatica.
Tecnologie fotoniche per indagare i meandri del cervello
Ricerca innovazioneFare diagnosi grazie a fasci di luce che si addentreranno nei meandri più profondi del cervello senza alcun rischio per il paziente. È l’essenza del progetto Deeper (Deep Brain Photonic Tools for Cell-Type Specific Targeting of Neural Diseases), che ha ricevuto un finanziamento di circa 5,7 milioni di euro per i prossimi 4 anni dall’Unione Europea. Coinvolge 12 istituti e Università partner, tra cui 2 aziende, in 8 diversi Paesi europei. Un progetto che, portato a termine, permetterà di diagnosticare alcuni disturbi e malattie cerebrali, come il morbo di Alzheimer, il dolore cronico, la depressione, la dipendenza da sostanze stupefacenti e la schizofrenia. Patologie che hanno origine da alterazioni che possono verificarsi nelle regioni profonde della materia grigia. Di qui l’idea di sviluppare tecnologie che sfruttano le proprietà della luce per accedere a quelle regioni e rivelare le disfunzioni molecolari e cellulari alla base dell’alterazione. I nuovi strumenti rappresenteranno una soluzione per studiare e trattare una serie di disturbi neurologici, in modo diretto, minimamente invasivo e altamente efficace. La ricaduta pratica sarà importante nel campo della salute, ma anche nel settore della biofotonica, in cui l’Europa potrà avere una posizione d’avanguardia nel mercato internazionale.
NEL PROFONDO
L’impatto di queste patologie sulla salute pubblica è significativo e si prevede che aumenterà notevolmente nel futuro, anche a causa dell’invecchiamento della popolazione. Il consorzio di ricerca ha l’obiettivo di migliorare la comprensione delle cause dei disturbi cerebrali, andando a guardare più in profondità, nelle aree del cervello solitamente di difficile accesso. I nuovi dispositivi fotonici permetteranno di evidenziare le alterazioni anatomiche e funzionali che avvengono a tali profondità. Per fare ciò, i ricercatori svilupperanno un’intera nuova classe di strumenti che sfruttano la luce per agire direttamente sul tessuto neuronale, sia per ottenere delle immagini ad alta risoluzione, sia per intervenire in modo preciso sull’attività neuronale. Il dettaglio raggiunto sarà a livello molecolare e cellulare. I nuovi strumenti saranno sensori ottici molecolari, sonde cerebrali minimamente invasive, microscopi ed endoscopi di nuova generazione.
CONSORZIO EUROPEO
Il consorzio Deeper utilizzerà le nuove tecnologie fotoniche in una serie di esperimenti rilevanti dal punto di vista clinico, così da svelare le alterazioni alla base di uno specifico disturbo. L’iniziativa è coordinata da Massimo De Vittorio, coordinatore del Centro per la Nanotecnologie Biomolecolari di IIT a Lecce, insieme ad altri 2 ricercatori di IIT con una forte competenza nel settore: Ferruccio Pisanello, responsabile del Laboratorio di Multifunctional Neural Interfaces with deep-brain regions di IIT a Lecce, e Tommaso Fellin, coordinatore dell’area di neuroscienze dell’IIT e responsabile del Optical Approaches to Brain function Lab di IIT a Genova. I tre ricercatori italiani hanno già esperienze in ambizioni progetti internazionali per lo studio del cervello, finanziati sia dall’Unione Europea che dai National Institutes of Health (NIH) statunitensi. Il Consorzio di ricerca è coordinato da IIT-Istituto Italiano di Tecnologia e comprende: Università di Zurigo (Svizzera), Università di Ginevra (Svizzera), Università di Strathclyde (Gran Bretagna), Università di Friburgo (Germania), Università di Amburgo (Germania), l’Institute of Scientific Instruments of the Czech Academy of Sciences (Repubblica Ceca), l’Università la Sorbona (Francia), il Weizmann Institute of Science (Israele), l’Institute for Bioengineering of Catalogna (Spagna) e le due aziende OptogeniX (Italia) e Atlas Neuroengineering (Belgio).
Diabete di tipo 2, la colpa è delle cellule “tartaruga”
Ricerca innovazioneIl diabete di tipo 2 dipende in gran parte dalle “cellule tartaruga”. Cosa significa questo? Che ciò che si è a lungo pensato sulla genesi del diabete di tipo 2 è probabilmente da rivedere e la cosa genetica potrebbe giocare un ruolo decisivo. Andiamo con ordine. Il diabete di tipo 2 è quello che viene nel corso degli anni ed è caratterizzato da un duplice difetto: non viene prodotta una quantità sufficiente di insulina per soddisfare le necessità dell’organismo (deficit di secrezione di insulina), oppure l’insulina prodotta non agisce in maniera soddisfacente (insulino-resistenza). Che si tratti del primo o del secondo caso, la conseguenza è sempre quella di ritrovarsi con livelli di glucosio nel sangue troppo alti (iperglicemia).
NUOVE SCOPERTE
La ricerca pubblicata su Journal of Clinical Investigation è il frutto di una collaborazione tra il gruppo del professor Andrea Giaccari, Responsabile del Centro per le Malattie Endocrine e Metaboliche e quello del professor Sergio Alfieri, entrambi del Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma. L’obiettivo era quello di seguire da vicino la traiettoria del diabete di tipo 2, per comprendere quale sia il fattore alla base della sua comparsa. Un tema di grande interesse, visto che il diabete di tipo 2 colpisce 700 milioni di persone nel mondo. Bene, la ricerca ha consentito di dimostrare che per lo sviluppo del diabete di tipo 2 è molto più importante una cattiva funzionalità delle cellule beta del pancreas (quelle che producono insulina), che non un’improvvisa riduzione del loro numero, come quella che si determina a seguito di un intervento di rimozione parziale del pancreas (pancreasectomia parziale), che dimezza il patrimonio di cellule beta. E la disfunzione che può determinare la comparsa di diabete è una rallentata secrezione di insulina in risposta all’aumento della glicemia da parte di cellule beta ‘tartaruga’, quella che gli esperti chiamano alterazione della prima fase di secrezione insulinica.
INSULINO-RESISTENZA
Un fattore fondamentale per il determinismo del diabete di tipo 2 è dunque l’incapacità delle cellule beta di secernere insulina in maniera veloce; chi ha cellule dai riflessi ‘rapidi’ (cellule ‘lepre’) è protetto dal diabete, chi invece è portatore di cellule beta ‘lente’ (cellule ‘tartaruga’) a rispondere alle variazioni di glicemia, più facilmente andrà incontro al diabete in caso di riduzione del numero delle cellule produttrici di insulina. E la pandemia di obesità che affligge il mondo è un grande ‘rivelatore’ dei soggetti portatori di queste cellule dai riflessi ‘lenti’, perché l’obesità mette in campo un altro importante fattore di rischio per il diabete di tipo 2, l’insulino-resistenza, cioè l’incapacità di tessuti e organi bersaglio dell’insulina di rispondere ai comandi di questo ormone, per superare la quale le cellule beta devono produrre sempre più insulina.
Melanoma: caffeina ha un effetto protettivo. Lo studio
Ricerca innovazioneLa caffeina ha un evidente effetto protettivo contro la crescita delle cellule di melanoma umano. A questa conclusione sono giunti i ricercatori dell’ISS in collaborazione con i colleghi di due IRCCS (l’IDI di Roma e il Neuromed di Pozzilli) e di due università italiane (l’Università di Ferrara e l’Università di Roma “Tor Vergata”) attraverso uno studio appena pubblicato sulla rivista internazionale Molecules.
L’effetto protettivo della caffeina
Lo studio si è focalizzato sull’identificazione dei meccanismi attraverso i quali la caffeina svolge un importante ruolo protettivo contro alcuni tipi di tumori, già descritto in molti lavori in letteratura, ma ancora non completamente caratterizzato a livello molecolare. “Utilizzando approcci in silico e in vitro, abbiamo identificato una proteina che probabilmente gioca un ruolo fondamentale in questa azione benefica della caffeina, cioè l’enzima tirosinasi che, come è noto, ha una funzione chiave nella sintesi della melanina e che svolgerebbe sia un’azione protettiva contro gli effetti del danno generato dai raggi UV, sia un’importante funzione di immunomodulazione. Infatti la melanina prodotta da cellule di melanoma umano esposte alla caffeina è risultata significativamente aumentata”, afferma il dr. Francesco Facchiano, coordinatore dello studio effettuato presso il Dipartimento di Oncologia e Medicina Molecolare dell’ISS.
“Molto importante è stata la scelta dei modelli cellulari, che in questo studio sono le ‘melanoma initiating cells’ che hanno interessanti caratteristiche di staminalità, tra le quali la capacità di conferire resistenza ai farmaci e la recidiva di un tumore: la caffeina ha significativamente ridotto la crescita di queste cellule. Abbiamo inoltre evidenziato il ruolo di molecole di segnale come IL-1β, IP-10, MIP-1α, MIP-1β e RANTES, la cui secrezione da parte di queste cellule in coltura è ridotta quando vengono esposte alla caffeina”, sottolinea il dr. Claudio Tabolacci, primo autore dell’articolo e ricercatore sostenuto dalla Fondazione Umberto Veronesi.
Come tutti i farmaci, anche la caffeina ha dei potenziali effetti collaterali, ma i risultati dello studio appena pubblicato aprono nuove ed interessanti prospettive nell’ambito della terapia differenziativa, finalizzata cioè a far differenziare le cellule per colpire solo quelle tumorali evitando la comparsa di recidive dopo il trattamento chemioterapico. Terapia che per tumori maligni come il melanoma cutaneo è considerata un promettente campo di studio.
Intolleranze alimentari, dieci regole per gestirle
AlimentazioneSempre più spesso viene data la responsabilità del sovrappeso e obesità o disturbi gastrici, come gonfiore addominale e scarsa digeribilità a possibili intolleranze alimentari. La diagnosi viene ricercata in molti casi attraverso test non validati, proposti da personale non ascrivibile all’ambito sanitario. Le diete che escludono alcuni alimenti, senza reale necessità, possono determinare carenze nutrizionali anche gravi negli adulti e soprattutto nei bambini durante la crescita. Per questo motivo è nato un decalogo allo scopo di stimolare l’attenzione della popolazione, attraverso 10 piccole regole, in modo da evitare di incorrere in errore di false diagnosi. Il Decalogo è il frutto della condivisione da parte delle maggiori Società Scientifiche, della Federazione dell’Ordine dei Medici e del Ministero della Salute.
Dieci regole per gestire le intolleranze alimentari