Tempo di lettura: 6 minutiAumentano le diagnosi dei tumori rispetto al 2020. I cinque carcinomi più frequenti sono quelli della mammella (55.700), colon-retto (48.100), polmone (43.900), prostata (40.500) e vescica (29.200). Sull’incidenza pesa lo stile di vita. Il 33% degli italiani è in sovrappeso, il 24% fuma e i sedentari sono passati dal 23% nel 2008 al 31% nel 2021. Pesano i ritardi nell’assistenza accumulati durante la pandemia, ma si registra una ripresa dei programmi di prevenzione secondaria e degli interventi chirurgici in stadio iniziale
Tumori, i numeri in Italia
Nel 2022, in Italia, sono stimate 390.700 nuove diagnosi di cancro (nel 2020 erano 376.600), 205.000 negli uomini e 185.700 nelle donne. In due anni, l’incremento è stato di 14.100 casi. Il tumore più frequentemente diagnosticato, nel 2022, è il carcinoma della mammella (55.700 casi, +0,5% rispetto al 2020), seguito dal colon-retto (48.100, +1,5% negli uomini e +1,6% nelle donne), polmone (43.900, +1,6% negli uomini e +3,6% nelle donne), prostata (40.500, +1,5%) e vescica (29.200, +1,7% negli uomini e +1,0% nelle donne). La pandemia ha determinato, nel 2020, un calo delle nuove diagnosi, legato in parte all’interruzione degli screening oncologici e al rallentamento delle attività diagnostiche, ma oggi si assiste alla ripresa dei casi di cancro come in altri Paesi europei.
Stili di vita scorretti fattore di rischio
Un dato che preoccupa gli esperti riguarda gli stili di vita. Il 33% degli adulti è in sovrappeso e il 10% obeso, il 24% fuma e i sedentari sono aumentati dal 23% nel 2008 al 31% nel 2021. Dall’altro lato, va letta positivamente la ripresa dei programmi di screening, tornati nel 2021 ai livelli prepandemici. In particolare quello mammografico raggiunge la copertura del 46%, per il colon-retto del 30% e per la cervice uterina del 35%. Alla riattivazione dei programmi di prevenzione secondaria corrisponde un incremento del numero di interventi chirurgici per cancro del colon-retto e della mammella, anche in stadio iniziale. Nell’assistenza oncologica assume un ruolo di primo piano la vaccinazione anti Covid. Il rischio di morte, tra le persone con storia di cancro e positività all’infezione da SARS-CoV-2, è 2-3 volte superiore tra quelle non vaccinate rispetto alle vaccinate.
I numeri emergono dal censimento ufficiale, giunto alla dodicesima edizione. Descrive gli aspetti relativi alla diagnosi e terapia delle neoplasie grazie al lavoro dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), AIRTUM (Associazione Italiana Registri Tumori), Fondazione AIOM, Osservatorio Nazionale Screening (ONS), PASSI (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia), PASSI d’Argento e della Società Italiana di Anatomia Patologica e di Citologia Diagnostica (SIAPeC-IAP). Il volume “I numeri del cancro in Italia 2022”, è stato presentato qualche giorno presso il Ministero della Salute.
La prevenzione primaria dei tumori
“L’aumento a 390.700 del numero assoluto dei casi nel 2022 pone interrogativi per i quali attualmente non ci sono risposte esaurienti – afferma Saverio Cinieri, Presidente AIOM -. Queste stime per l’Italia per il 2022 sembrano indicare un aumento del numero assoluto dei tumori, in gran parte legato all’invecchiamento della popolazione, in apparente contrasto con l’andamento decrescente dei tassi di incidenza osservato se, ipoteticamente, si considera invariata l’età dei cittadini. Questi dati aggiornati invitano sempre di più a rafforzare le azioni per contrastare il ritardo diagnostico e per favorire la prevenzione secondaria e soprattutto primaria, agendo sul controllo dei fattori di rischio a partire dal fumo di tabacco, dall’obesità, dalla sedentarietà, dall’abuso di alcol e dalla necessità di favorire le vaccinazioni contro le infezioni note per causare il cancro, come quella contro l’HPV”.
“Il volume costituisce un supporto di grande valore per il Servizio Sanitario Nazionale, per il Ministero della Salute e, indubbiamente, per i pazienti oncologici, ai quali, mai come adesso, è necessario offrire le pratiche migliori di prevenzione, cura e assistenza – spiega il Ministro della Salute, Prof. Orazio Schillaci, nella prefazione del libro -. Come emerge dall’analisi, a seguito di decenni caratterizzati da notevoli progressi, la pandemia di Covid-19 ha determinato una battuta d’arresto nella lotta al cancro, causando in Italia, nel complesso, un forte rallentamento delle attività diagnostiche in campo oncologico, con conseguente incremento delle forme avanzate della malattia. Questi ritardi sicuramente influiranno sull’incidenza futura delle patologie neoplastiche. Inoltre, per quanto riguarda i fattori di rischio comportamentali, i dati raccolti durante il biennio 2020-2021 segnano un momento di accelerazione per lo più in senso peggiorativo. Si tratta di un dato che non può non destare preoccupazione se si considera che il 40% dei casi e il 50% delle morti oncologiche possono essere evitati intervenendo su fattori di rischio prevenibili, soprattutto sugli stili di vita”.
Stile di vita peggiorato con pandemia
È infatti necessario sensibilizzare i cittadini sulle regole di prevenzione primaria. “I dati PASSI sugli stili di vita confermano la non ottimale aderenza dei cittadini ad uno stile di vita sano – afferma Maria Masocco, Responsabile scientifico dei sistemi di sorveglianza PASSI e PASSI d’Argento, coordinati dall’Istituto Superiore di Sanità -. Dall’analisi delle serie storiche dei fattori di rischio comportamentali, emerge che non ci sono stati grandi miglioramenti negli ultimi 15 anni e, ad eccezione dell’abitudine al fumo di sigaretta che continua la sua lenta riduzione da oltre un trentennio, il consumo di alcol a rischio, la sedentarietà e l’eccesso ponderale, complessivamente, peggiorano o restano stabili. Non solo. In piena pandemia, durante il biennio 2020-2021, questi trend hanno subito modifiche per lo più in senso peggiorativo. L’impatto della pandemia sugli stili di vita è più visibile nel 2020 e sembra, in parte, rientrare nel 2021. Ma gli sforzi per sensibilizzare i cittadini sull’importanza della prevenzione primaria non devono fermarsi”.
Come emerge dall’indagine che ha coinvolto 10 anatomie patologiche per i tumori della mammella e 12 per il colon-retto, il numero di carcinomi della mammella operati nel 2020 è risultato inferiore del 4,7% (-151 casi) rispetto al 2019, per poi risalire nel 2021 (+ 441 casi, +14,5%). Nel 2020, il numero di carcinomi del colon-retto operati è risultato inferiore del 10,8% (-238 casi) rispetto al 2019, mentre è cresciuto di 233 casi (+11,9%) nel 2021 rispetto al 2020. “Questa edizione contiene l’aggiornamento al 2021 dell’indagine contenuta nella scorsa edizione sull’impatto dell’infezione da SARS-CoV-2 sugli interventi chirurgici dei tumori della mammella e del colon-retto – evidenzia Guido Mazzoleni, Azienda Sanitaria di Bolzano, Registro Tumori di Bolzano, Referente SIAPeC-IAP -. I risultati aggiornati fanno emergere, in generale e per entrambi i tumori, un aumento dei casi operati nel 2021 rispetto al 2020 e un incremento della percentuale dei tumori pTis, cioè in stadio iniziale, nel 2021 rispetto agli anni precedenti, sia nella mammella che nel colon-retto, a conferma di una ripresa degli screening oncologici. Va, inoltre, segnalato un aumento in entrambe le neoplasie delle categorie N0 e N1a, verosimile indicatore di una presa in carico più precoce dei tumori diagnosticati”.
Nel 2021 si osserva, infatti, un ritorno ai dati pre-pandemici anche per quanto riguarda la copertura dei programmi di prevenzione secondaria. Per la mammografia il valore medio italiano, che nel 2020 si era attestato al 30%, nel 2021 ritorna in linea (46,3%) con i valori di copertura (cioè la proporzione di donne che hanno effettuato la mammografia sul totale della popolazione avente diritto) del periodo 2018-2019. Per lo screening colorettale (ricerca del sangue occulto nelle feci) il valore complessivo si attestava intorno al 30%, per ridursi al 17% nel 2020 e risalire al 30% nel 2021. Lo screening cervicale presentava valori pre-pandemici intorno al 38-39%, un calo al 23% nel 2020 e un livello di copertura del 35% nel 2021. “Questi dati ci consegnano un Paese a due, se non a tre velocità, ma anche con notevoli capacità di rispondere alle emergenze – sottolinea Paola Mantellini, Direttrice Osservatorio Nazionale Screening -. La maggior parte delle attività di screening non è stata ferma durante la pandemia, ma il Covid-19 ha messo in risalto ancora di più le fragilità di questi programmi, già evidenti in epoca pre-pandemica. L’obiettivo non è recuperare i ritardi indotti dall’emergenza sanitaria, ma ottenere livelli di copertura ottimali che, in determinate aree del Paese e per alcuni programmi, non si sono raggiunti nemmeno prima della pandemia. Perché più i livelli di copertura saranno elevati, maggiore sarà la nostra capacità di diagnosticare la malattia in fase precoce. È infatti importante segnalare che, all’interno di ogni singola macro-area, ci sono Regioni con maggiore capacità di ripresa ed altre in evidente difficoltà anche nel 2021”.
L’impatto del Covid sui pazienti
Un capitolo del libro è dedicato all’impatto del Covid sui pazienti con tumore. “In Italia, la pandemia ha causato un aumento della mortalità dei pazienti oncologici, soprattutto nei maschi, in età avanzata, con tumore diagnosticato da meno di 2 anni e nelle neoplasie ematologiche – spiegano Fabrizio Stracci, (Presidente AIRTUM) e Diego Serraino (Direttore, SOC Epidemiologia Oncologica e Registro Tumori del Friuli Venezia Giulia, Centro di Riferimento Oncologico, IRCCS, Aviano) -. È fondamentale che i pazienti fragili, tra cui rientrano quelli oncologici, si vaccinino. Infatti uno studio su tutti i residenti in Friuli Venezia Giulia e nella provincia di Reggio Emilia ha evidenziato che il rischio di morte tra gli individui con storia di cancro e di positività all’infezione da SARS-CoV-2 è 2-3 volte superiore tra i non vaccinati rispetto ai vaccinati”.
A fronte dei 2 milioni e mezzo di cittadini che vivevano in Italia nel 2006 con una pregressa diagnosi di tumore, si è passati a circa 3,6 milioni nel 2020, il 37% in più di quanto osservato solo 10 anni prima. L’aumento è stato particolarmente marcato per coloro che vivono da oltre 10 o 15 anni dalla diagnosi. Nel 2020, circa 2,4 milioni di persone (65% del totale) hanno ricevuto la diagnosi da più di 5 anni, mentre 1,4 milioni (39% del totale) da oltre un decennio. Sono oltre un quarto (27%) le persone guarite tra quelle che vivono dopo una diagnosi di tumore.
“Nella stragrande maggioranza dei casi, una persona libera da malattia oltre i 10 anni dal termine del trattamento può, in assenza di recidiva, essere considerata guarita – conclude Giordano Beretta, Presidente Fondazione AIOM -. Fanno eccezione a questa regola alcuni tumori in cui il tempo di guarigione è più lungo e le neoplasie insorte nell’età infantile e adolescenziale, in cui possono bastare 5 anni. Il fatto che una persona, a cui è stata diagnosticata una patologia oncologica, possa essere considerata guarita rappresenta un radicale cambiamento di paradigma, che diventa anche un elemento motivante per l’adesione agli screening, una volta che si sia compreso che la guarigione è tanto più facile quanto più precoce è la diagnosi. In Italia i pazienti oncologici guariti, però, rischiano ancora di incontrare concrete difficoltà quando, ad esempio, cerchino di stipulare un’assicurazione sulla vita o richiedano un mutuo o un finanziamento bancario. Ecco perché è fondamentale attuare, anche in Italia, una legge sul ‘Diritto all’Oblio’, seguendo l’esempio di altri Paesi europei”.
Fibre preservano la salute, contrastano l’infiammazione
Alimentazione, Benessere, Stili di vitaLe fibre aiutano a preservare e migliorare lo stato di salute e riducono il rischio di malattie. Si trovano quasi esclusivamente negli alimenti di origine vegetale, come la frutta, la verdura, i legumi, i cereali integrali, la frutta secca. La percentuale può variare in base alla cottura e alla maturazione del frutto o della pianta.
Le fibre non forniscono energia all’organismo, ma esercitano un’azione sinergica con vitamine, minerali, polifenoli e carotenoidi. Sono un valido ingrediente, spesso aggiunto in biscotti e altri prodotti per aumentarne il volume.
Perché sono così utili
Le fibre producono tanti effetti positivi sull’organismo. Grazie alle loro caratteristiche chimiche, trattengono l’acqua e formano degli aggregati che aumentano la densità dei succhi gastrici. Svolgono un’azione prebiotica, stimolando la crescita dei batteri “buoni” nell’intestino e riequilibrando la composizione della flora batterica. Inoltre, possiedono un potere saziante, poiché rallentano il passaggio del cibo all’interno del tubo digerente. Le fibre rallentano anche l’assorbimento di carboidrati e grassi, abbassando i livelli di glucosio e di colesterolo nel sangue. Favoriscono l’eliminazione del cibo non assorbito e migliorano la funzionalità intestinale, riducendo tutti i disturbi associati.
Le fibre sono in grado di legare i sali minerali, quindi favorire l’assorbimento di calcio, magnesio e ferro, come dimostrano gli studi. Un consumo adeguato diminuisce il rischio di malattie cronico-degenerative come il diabete di tipo 2, le malattie cardiovascolari e alcuni tumori, in particolare i tumori al colon-retto. Il suo potenziale è spiegato dalla capacità di facilitare l’eliminazione di eventuali sostanze cancerogene, riducendo il loro tempo di contatto con la mucosa intestinale.
Alcune fibre solubili come la pectina, sono molto usate nell’industria alimentare e delle bevande. La loro capacità di creare un gel, le rende ideali per esempio nella preparazione di marmellate.
Fibre contro il colesterolo
Le fibre, oltre a favorire il transito e la regolarità intestinali, fanno molto di più. Una recente ricerca pubblicata su Cell Host & Microbe lo ha dimostrato attraverso uno studio su 18 partecipanti. Tutti hanno consumato 10 grammi di fibre al giorno durante la prima settimana, 20 durante la seconda e 30 durante la terza. I risultati hanno rivelato risposte microbiche e sistemiche. È stata registrata una riduzione del colesterolo cattivo e dei livelli di infiammazione cronica. I dati variano da un individuo all’altro, in base al tipo di fibre, dalla loro quantità e dalla interazione con il microbiota, come chiariscono gli studiosi. Si tratta di un campione piccolo, ma dimostra come aumentando le fibre il microbiota riesca a cambiare in sole tre settimane.
Il legame fibre-microbiota
Le fibre sono prebiotici, il cibo preferito dai probiotici, i batteri “amici” dell’intestino. Sono importanti anche per la produzione di acidi grassi a catena corta che rendono le difese immunitarie più efficienti. Gli acidi grassi a catena corta preservano l’integrità della parete epiteliale intestinale. Attraverso un’azione di acceleratore-freno, regolano l’attività del sistema immunitario affinché si attivi contro le malattie infettive, senza eccedere e scatenare patologie allergiche o immunitarie.
Si tratta di metaboliti batterici con un ruolo importante nel circuito comunicativo tra il cervello e l’intestino. Attraverso il nervo vago che dall’intestino arriva al cervello, modulano il funzionamento del sistema nervoso centrale. Ciò produce benefici per il cervello, con maggiore lucidità e buon umore.
Ripuliscono dalle scorie
Le fibre ripuliscono anche dalle scorie. Sono, infatti, capaci di trattenere sulla propria superficie sostanze tossiche come i metalli pesanti che vengono così eliminati. Un microbiota abituato a mangiare fibre – che hanno una bassa densità calorica – produrrà più desiderio di alimenti che le contengono e meno di cibi raffinati, grassi o ricchi di zuccheri. In parte le fibre riducono anche l’assorbimento del colesterolo e dei trigliceridi, nemici delle malattie cardiovascolari.
L’obesità da adulti dipende dall’alimentazione da piccoli
Alimentazione, Bambini, Benessere, Stili di vitaIl rischio di obesità da grandi dipende dall’alimentazione nei primi due anni di vita. Soprattutto incide il tipo di svezzamento. Quest’ultimo è una fase delicata, in cui avviene il passaggio dal latte come alimento esclusivo agli altri cibi.
Pesa sulle scelte alimentari che riguardano il bambino anche la capacità economica della famiglia. Chi nasce da famiglie più agiate secondo i numeri viene svezzato meglio e ha una salute migliore da adulto.
Sullo svezzamento pesano differenze
L’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) la definisce: alimentazione complementare. Si tratta dello svezzamento o divezzamento, quel periodo della vita che va dai 4-5 mesi fino a circa un anno di età. In questo periodo, il latte materno o formulato smette di essere l’alimento esclusivo della dieta. Il bimbo, quindi, viene introdotto nell’alimentazione degli altri componenti della famiglia. Tuttavia, in ogni nucleo familiare ci sono differenze economiche e culturali. Diverso è il livello di istruzione, l’accesso all’informazione e anche il modo in cui si fa la spesa.
Durante l’ultimo congresso della Fimp, la Federazione dei medici di famiglia, gli esperti hanno sottolineato l’importanza dei primi 100 giorni di vita. Come ci si nutre, in termini di qualità e quantità, all’interno del nucleo familiare dal concepimento ai due anni di età, incide drammaticamente sul futuro stato di salute della persona – ha sottolineato il presidente Antonio D’Avino.
Obesità da piccoli incide sulla salute da grandi
In Italia sono 100mila i casi di obesità e sovrappeso in età pediatrica. Spesso il problema viene sottovalutato dagli stessi genitori. I numeri maggiori si registrano nel Sud del paese (dati di OKkio alla Salute, il sistema di sorveglianza del Ministero della Salute). Nell’ultimo report sul sovrappeso-obesità e sui fattori di rischio correlati nei bambini delle scuole primarie, su un campione di 50mila bambini di terza elementare il 20,4% era in sovrappeso e il 9,4% obeso.
Secondo le evidenze scientifiche, l’80% circa dei bambini obesi lo sarà anche da adulto. La conseguenza è una percentuale di rischio maggiore di ammalarsi di malattie cardiovascolari (in particolare infarto e ictus), ipertensione, diabete di tipo 2, sindrome metabolica e di alcune forme di cancro, tra cui alla mammella, alla tiroide, alle ovaie, al fegato e al pancreas.
Allattamento al seno è protettivo
L’allattamento al seno è invece un fattore protettivo dell’obesità. Molti studi hanno dimostrato che i bimbi allattati esclusivamente al seno tendono ad assumere meno peso nei primi anni di vita. La qualità dei cibi è un altro elemento che fa la differenza. Le famiglie meno agiate tendono a usare più cibi pronti, ad aggiungere zucchero e sale in cucina e ad andare più spesso al fast food.
Durante il congresso è stato presentato il documento realizzato da 4 società pediatriche (oltre a Fimp, da Sipps, Società italiana di pediatria preventiva e sociale, Sinupe, Società italiana di nutrizione pediatrica e SIDOHaD, Società italiana per lo sviluppo e le origini della salute e delle malattie). L’obiettivo del lavoro è offrire a tutti i pediatri di famiglia gli strumenti per indicare i passaggi corretti ai genitori, con indicazioni redatte su una solida base di evidenza scientifica.
Dieta mediterranea da piccoli contro il rischio di obesità e sovrappeso
Tra i modelli di alimentazione complementare quello mediterraneo risulta il migliore. I pediatri di Fimp di Napoli hanno pubblicato su Nutrients una ricerca che ha valutato l’efficacia di uno svezzamento di tipo mediterraneo. Si basa solo su cibi freschi, di stagione, con spezie ed erbe aromatiche. I bambini dello studio a 3 anni mangiavano più mediterraneo degli altri, e le loro madri avevano stili alimentari migliori. Inoltre, i dati preliminari indicano un effetto benefico sul microbiota intestinale.
Uno degli errori, per esempio, che predispone all’obesità futura, è un eccessivo apporto proteico durante lo svezzamento. Le tabelle nutrizionali consigliano 25-30 grammi di proteine fino ai 12 mesi, hanno spiegato gli esperti. Inoltre, l’obesità infantile, mettendo l’organismo in uno stato infiammatorio costante aumenta il rischio in età adulta e avanzata di malattie correlate con l’infiammazione, come il Chron e la colite ulcerosa e poi di malattie autoimmuni, di demenza.
Più casi di zoonosi in UE, in Italia salmonellosi al primo posto
News PresaNel 2021, nell’Unione Europea (UE) è aumentato il numero dei casi di zoonosi rispetto al 2020. La campilobatteriosi e la salmonellosi sono le più comuni. Al terzo posto c’è la yersiniosi, seguita dalle infezioni da Escherichia coli produttori di Shiga tossina (STEC)e da Listeria monocytogenes.
Salmonellosi in Italia al primo posto
In Italia la salmonellosi è la zoonosi con più casi notificati. Lo rivela il nuovo “European Union One-Health Zoonoses report 2021” pubblicato recentemente dall’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) e dal Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (ECDC), relativo ai dati raccolti nel 2021 dai 27 Stati membri UE, dall’Irlanda del Nord e da nove Paesi non-membri.
La Salmonella è un genere di batteri responsabile di una delle infezioni gastrointestinali più comuni nell’uomo: la salmonellosi. Il rischio di questa malattia è legato soprattutto al consumo di cibi contaminati durante la conservazione e la manipolazione. Gli alimenti come pollame, uova e derivati, la carne di maiale ed il pesce crudo, sono causa di salmonellosi. I sintomi delle infezioni variano, da semplici disturbi del tratto gastrointestinale (febbre, crampi addominali, vomito e diarrea) fino a forme più gravi, che riguardano spesso soggetti già debilitati.
Zoonosi in Ue, il report
La redazione del report è stata coordinata dall’Istituto Superiore di Sanità che ha guidato un team di esperti del Consorzio ZOE (Zoonoses under a One health perspective in the EU) di cui fanno parte oltre all’ISS, l’Istituto Zooprofilattico delle Venezie e l’Istituto Zooprofilattico dell’Abruzzo e Molise (capofila del Consorzio), l’Istituto Zooprofilattico della Lombardia ed Emila Romagna e l’Agence nationale de sécurité sanitaire de l’alimentation, de l’environnement et du travail (Anses).
Il quadro epidemiologico sulle zoonosi nei paesi della UE è stato tracciato attraverso un approccio One-Health basato sull’analisi e interpretazione integrata degli indicatori di sorveglianza dei casi di malattia nell’uomo e degli agenti zoonotici negli animali e negli alimenti per le zoonosi considerate prioritarie o di particolare rilevanza epidemiologica.
I casi di zoonosi sono aumentati rispetto al 2020 senza tornare tuttavia ai numeri del periodo pre-pandemico (2017-2019): questo perché la pandemia ha sicuramente influenzato la raccolta, l’analisi dei dati e dalle misure di controllo adottate negli Stati membri anche nel corso del 2021.
I dati UE in sintesi
Salmonellosi e altre zoonosi in Italia
Dematerializzata, medici di famiglia: ora si cambia registro
News PresaDal 2 gennaio la Campania imprimerà un forte cambiamento al sistema introducendo la ricetta dematerializzata anche per i medici oncologici. A dirlo sono i medici di medicina generale della Fimmg Corrado Calamaro e Luigi Sparano: «Dopo anni spesi per realizzare l’obiettivo di una medicina sempre più al servizio dei pazienti, finalmente il sistema sta per cambiare radicalmente – annunciano – un obiettivo che non si sarebbe potuto raggiungere senza il contributo forte dei medici di medicina generale».
PRESCRIZIONI
Dunque, anche gli oncologi potranno prescrivere in forma dematerializzata tutti gli esami necessari per diagnosi e terapie. In questo modo i pazienti non saranno più costretti a recarsi a studio per ottenere le prescrizioni. Questo consentirà di ridurre il disagio per quanti lottano contro una patologia oncologica o sono in procinto di ottenere una diagnosi, ma anche di alleggerire il carico burocratico per i medici di famiglia, liberando tempo per le visite e per l’assistenza. Il sistema – ricordano Sparano e Calamaro – è collegato al codice fiscale, garantendo in questo modo un accesso diretto da parte dei sanitari di qualunque struttura al fascicolo sanitario elettronico. «Non sarà più il paziente a dover portare con sé accertamenti ed esami – concludono i medici – saranno questi ultimi a seguire il paziente in forma elettronica ovunque ce ne sia bisogno».
COME FUNZIONA
l medico registra sul Sistema Tessera Sanitaria i dati del cittadino e della prescrizione. Al cittadino rilascia il numero di ricetta elettronica (NRE) e il promemoria cartaceo della ricetta. Il promemoria cartaceo è rilasciato a garanzia dell’erogazione della prestazione anche in caso di indisponibilità dei sistemi informatici. Con il Decreto interministeriale del 25 marzo 2020, che ha esteso le modalità elettroniche alternative al promemoria cartaceo oltre la fase emergenziale, è stato avviato tuttavia un percorso per rendere la prescrizione completamente digitale. Si tratta di un sistema già molto diffuso per la prescrizione di farmaci, che ora sta aumentando anche per le prescrizioni ambulatoriali. La situazione di emergenza Covid ha dato ulteriore impulso alla dematerializzazione delle ricette mediche, per assicurare la disponibilità di farmaci ai soggetti più fragili e, in generale, ridurre l’afflusso di pazienti negli studi medici.
Record di nascite alla Federico II: 3.000 in un solo anno
Genitorialità, News Presa, PediatriaAlle 3.59 del 26 dicembre è nata la piccola Francesca (nome di fantasia per tutelarne la privacy), splendida femminuccia, nata a termine, che concorre a sua insaputa ad un traguardo importante: 3.000 (tremila) nati presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli, tra i punti nascita più attivi a livello nazionale e primo nell’Italia meridionale.
NASCITE IN AUMENTO
«In questo momento di crisi demografica che coinvolge tutta la nazione, e il Sud Italia non fa certo eccezione, il nostro Punto Nascita va decisamente in controtendenza», dice il professor Giuseppe Bifulco, direttore del DAI Materno Infantile e della U.O.C. di Ostetricia e Ginecologia. «Le nascite sono infatti aumentate del 15% rispetto allo scorso anno – aggiunge – poter assistere nella nostra Azienda a questo incremento ci rende orgogliosi del lavoro svolto. L’impegno e la professionalità di tutto il personale vengono ampiamente ripagati dalla scelta delle donne della nostra regione».
UMANIZZAZIONE
Dello stesso tenore il commento del Francesco Raimondi, direttore della U.O.C. di Neonatologia e TIN della Federico II. «La possibilità di seguire sia i neonati fisiologici, sia quelli complessi, con percorsi caratterizzati dall’uso delle più moderne tecnologie e con un impegno costante verso l’umanizzazione dell’assistenza – dice – ha fatto sì che tante mamme ci accordassero la loro fiducia. Sono iniziati, inoltre, i lavori di miglioramento strutturale che renderanno il percorso nascita sempre più sicuro e sereno per le mamme e i neonati».
PUNTO NASCITE
«Con le tremila nascite in un anno, l’AOU Federico II dà prova di raggiungere pienamente gli obiettivi regionali e nazionali di alti volumi di attività e buoni esiti delle cure, cosi come previsto dal “Programma Nazionale Esiti”. Questi risultati, da parte di in un centro di altissima specializzazione, si raggiungono solo grazie ad una perfetta organizzazione e con la grande professionalità di tutto il personale coinvolto nei percorsi assistenziali che vanno dalla assistenza alla donna a quella del nascituro. A tutti loro va il mio plauso», sottolinea il direttore generale Giuseppe Longo.
Tumori: i 5 più frequenti e il ruolo dello stile di vita
Benessere, One health, Stili di vitaAumentano le diagnosi dei tumori rispetto al 2020. I cinque carcinomi più frequenti sono quelli della mammella (55.700), colon-retto (48.100), polmone (43.900), prostata (40.500) e vescica (29.200). Sull’incidenza pesa lo stile di vita. Il 33% degli italiani è in sovrappeso, il 24% fuma e i sedentari sono passati dal 23% nel 2008 al 31% nel 2021. Pesano i ritardi nell’assistenza accumulati durante la pandemia, ma si registra una ripresa dei programmi di prevenzione secondaria e degli interventi chirurgici in stadio iniziale
Tumori, i numeri in Italia
Nel 2022, in Italia, sono stimate 390.700 nuove diagnosi di cancro (nel 2020 erano 376.600), 205.000 negli uomini e 185.700 nelle donne. In due anni, l’incremento è stato di 14.100 casi. Il tumore più frequentemente diagnosticato, nel 2022, è il carcinoma della mammella (55.700 casi, +0,5% rispetto al 2020), seguito dal colon-retto (48.100, +1,5% negli uomini e +1,6% nelle donne), polmone (43.900, +1,6% negli uomini e +3,6% nelle donne), prostata (40.500, +1,5%) e vescica (29.200, +1,7% negli uomini e +1,0% nelle donne). La pandemia ha determinato, nel 2020, un calo delle nuove diagnosi, legato in parte all’interruzione degli screening oncologici e al rallentamento delle attività diagnostiche, ma oggi si assiste alla ripresa dei casi di cancro come in altri Paesi europei.
Stili di vita scorretti fattore di rischio
Un dato che preoccupa gli esperti riguarda gli stili di vita. Il 33% degli adulti è in sovrappeso e il 10% obeso, il 24% fuma e i sedentari sono aumentati dal 23% nel 2008 al 31% nel 2021. Dall’altro lato, va letta positivamente la ripresa dei programmi di screening, tornati nel 2021 ai livelli prepandemici. In particolare quello mammografico raggiunge la copertura del 46%, per il colon-retto del 30% e per la cervice uterina del 35%. Alla riattivazione dei programmi di prevenzione secondaria corrisponde un incremento del numero di interventi chirurgici per cancro del colon-retto e della mammella, anche in stadio iniziale. Nell’assistenza oncologica assume un ruolo di primo piano la vaccinazione anti Covid. Il rischio di morte, tra le persone con storia di cancro e positività all’infezione da SARS-CoV-2, è 2-3 volte superiore tra quelle non vaccinate rispetto alle vaccinate.
I numeri emergono dal censimento ufficiale, giunto alla dodicesima edizione. Descrive gli aspetti relativi alla diagnosi e terapia delle neoplasie grazie al lavoro dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), AIRTUM (Associazione Italiana Registri Tumori), Fondazione AIOM, Osservatorio Nazionale Screening (ONS), PASSI (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia), PASSI d’Argento e della Società Italiana di Anatomia Patologica e di Citologia Diagnostica (SIAPeC-IAP). Il volume “I numeri del cancro in Italia 2022”, è stato presentato qualche giorno presso il Ministero della Salute.
La prevenzione primaria dei tumori
“L’aumento a 390.700 del numero assoluto dei casi nel 2022 pone interrogativi per i quali attualmente non ci sono risposte esaurienti – afferma Saverio Cinieri, Presidente AIOM -. Queste stime per l’Italia per il 2022 sembrano indicare un aumento del numero assoluto dei tumori, in gran parte legato all’invecchiamento della popolazione, in apparente contrasto con l’andamento decrescente dei tassi di incidenza osservato se, ipoteticamente, si considera invariata l’età dei cittadini. Questi dati aggiornati invitano sempre di più a rafforzare le azioni per contrastare il ritardo diagnostico e per favorire la prevenzione secondaria e soprattutto primaria, agendo sul controllo dei fattori di rischio a partire dal fumo di tabacco, dall’obesità, dalla sedentarietà, dall’abuso di alcol e dalla necessità di favorire le vaccinazioni contro le infezioni note per causare il cancro, come quella contro l’HPV”.
“Il volume costituisce un supporto di grande valore per il Servizio Sanitario Nazionale, per il Ministero della Salute e, indubbiamente, per i pazienti oncologici, ai quali, mai come adesso, è necessario offrire le pratiche migliori di prevenzione, cura e assistenza – spiega il Ministro della Salute, Prof. Orazio Schillaci, nella prefazione del libro -. Come emerge dall’analisi, a seguito di decenni caratterizzati da notevoli progressi, la pandemia di Covid-19 ha determinato una battuta d’arresto nella lotta al cancro, causando in Italia, nel complesso, un forte rallentamento delle attività diagnostiche in campo oncologico, con conseguente incremento delle forme avanzate della malattia. Questi ritardi sicuramente influiranno sull’incidenza futura delle patologie neoplastiche. Inoltre, per quanto riguarda i fattori di rischio comportamentali, i dati raccolti durante il biennio 2020-2021 segnano un momento di accelerazione per lo più in senso peggiorativo. Si tratta di un dato che non può non destare preoccupazione se si considera che il 40% dei casi e il 50% delle morti oncologiche possono essere evitati intervenendo su fattori di rischio prevenibili, soprattutto sugli stili di vita”.
Stile di vita peggiorato con pandemia
È infatti necessario sensibilizzare i cittadini sulle regole di prevenzione primaria. “I dati PASSI sugli stili di vita confermano la non ottimale aderenza dei cittadini ad uno stile di vita sano – afferma Maria Masocco, Responsabile scientifico dei sistemi di sorveglianza PASSI e PASSI d’Argento, coordinati dall’Istituto Superiore di Sanità -. Dall’analisi delle serie storiche dei fattori di rischio comportamentali, emerge che non ci sono stati grandi miglioramenti negli ultimi 15 anni e, ad eccezione dell’abitudine al fumo di sigaretta che continua la sua lenta riduzione da oltre un trentennio, il consumo di alcol a rischio, la sedentarietà e l’eccesso ponderale, complessivamente, peggiorano o restano stabili. Non solo. In piena pandemia, durante il biennio 2020-2021, questi trend hanno subito modifiche per lo più in senso peggiorativo. L’impatto della pandemia sugli stili di vita è più visibile nel 2020 e sembra, in parte, rientrare nel 2021. Ma gli sforzi per sensibilizzare i cittadini sull’importanza della prevenzione primaria non devono fermarsi”.
Come emerge dall’indagine che ha coinvolto 10 anatomie patologiche per i tumori della mammella e 12 per il colon-retto, il numero di carcinomi della mammella operati nel 2020 è risultato inferiore del 4,7% (-151 casi) rispetto al 2019, per poi risalire nel 2021 (+ 441 casi, +14,5%). Nel 2020, il numero di carcinomi del colon-retto operati è risultato inferiore del 10,8% (-238 casi) rispetto al 2019, mentre è cresciuto di 233 casi (+11,9%) nel 2021 rispetto al 2020. “Questa edizione contiene l’aggiornamento al 2021 dell’indagine contenuta nella scorsa edizione sull’impatto dell’infezione da SARS-CoV-2 sugli interventi chirurgici dei tumori della mammella e del colon-retto – evidenzia Guido Mazzoleni, Azienda Sanitaria di Bolzano, Registro Tumori di Bolzano, Referente SIAPeC-IAP -. I risultati aggiornati fanno emergere, in generale e per entrambi i tumori, un aumento dei casi operati nel 2021 rispetto al 2020 e un incremento della percentuale dei tumori pTis, cioè in stadio iniziale, nel 2021 rispetto agli anni precedenti, sia nella mammella che nel colon-retto, a conferma di una ripresa degli screening oncologici. Va, inoltre, segnalato un aumento in entrambe le neoplasie delle categorie N0 e N1a, verosimile indicatore di una presa in carico più precoce dei tumori diagnosticati”.
Nel 2021 si osserva, infatti, un ritorno ai dati pre-pandemici anche per quanto riguarda la copertura dei programmi di prevenzione secondaria. Per la mammografia il valore medio italiano, che nel 2020 si era attestato al 30%, nel 2021 ritorna in linea (46,3%) con i valori di copertura (cioè la proporzione di donne che hanno effettuato la mammografia sul totale della popolazione avente diritto) del periodo 2018-2019. Per lo screening colorettale (ricerca del sangue occulto nelle feci) il valore complessivo si attestava intorno al 30%, per ridursi al 17% nel 2020 e risalire al 30% nel 2021. Lo screening cervicale presentava valori pre-pandemici intorno al 38-39%, un calo al 23% nel 2020 e un livello di copertura del 35% nel 2021. “Questi dati ci consegnano un Paese a due, se non a tre velocità, ma anche con notevoli capacità di rispondere alle emergenze – sottolinea Paola Mantellini, Direttrice Osservatorio Nazionale Screening -. La maggior parte delle attività di screening non è stata ferma durante la pandemia, ma il Covid-19 ha messo in risalto ancora di più le fragilità di questi programmi, già evidenti in epoca pre-pandemica. L’obiettivo non è recuperare i ritardi indotti dall’emergenza sanitaria, ma ottenere livelli di copertura ottimali che, in determinate aree del Paese e per alcuni programmi, non si sono raggiunti nemmeno prima della pandemia. Perché più i livelli di copertura saranno elevati, maggiore sarà la nostra capacità di diagnosticare la malattia in fase precoce. È infatti importante segnalare che, all’interno di ogni singola macro-area, ci sono Regioni con maggiore capacità di ripresa ed altre in evidente difficoltà anche nel 2021”.
L’impatto del Covid sui pazienti
Un capitolo del libro è dedicato all’impatto del Covid sui pazienti con tumore. “In Italia, la pandemia ha causato un aumento della mortalità dei pazienti oncologici, soprattutto nei maschi, in età avanzata, con tumore diagnosticato da meno di 2 anni e nelle neoplasie ematologiche – spiegano Fabrizio Stracci, (Presidente AIRTUM) e Diego Serraino (Direttore, SOC Epidemiologia Oncologica e Registro Tumori del Friuli Venezia Giulia, Centro di Riferimento Oncologico, IRCCS, Aviano) -. È fondamentale che i pazienti fragili, tra cui rientrano quelli oncologici, si vaccinino. Infatti uno studio su tutti i residenti in Friuli Venezia Giulia e nella provincia di Reggio Emilia ha evidenziato che il rischio di morte tra gli individui con storia di cancro e di positività all’infezione da SARS-CoV-2 è 2-3 volte superiore tra i non vaccinati rispetto ai vaccinati”.
A fronte dei 2 milioni e mezzo di cittadini che vivevano in Italia nel 2006 con una pregressa diagnosi di tumore, si è passati a circa 3,6 milioni nel 2020, il 37% in più di quanto osservato solo 10 anni prima. L’aumento è stato particolarmente marcato per coloro che vivono da oltre 10 o 15 anni dalla diagnosi. Nel 2020, circa 2,4 milioni di persone (65% del totale) hanno ricevuto la diagnosi da più di 5 anni, mentre 1,4 milioni (39% del totale) da oltre un decennio. Sono oltre un quarto (27%) le persone guarite tra quelle che vivono dopo una diagnosi di tumore.
“Nella stragrande maggioranza dei casi, una persona libera da malattia oltre i 10 anni dal termine del trattamento può, in assenza di recidiva, essere considerata guarita – conclude Giordano Beretta, Presidente Fondazione AIOM -. Fanno eccezione a questa regola alcuni tumori in cui il tempo di guarigione è più lungo e le neoplasie insorte nell’età infantile e adolescenziale, in cui possono bastare 5 anni. Il fatto che una persona, a cui è stata diagnosticata una patologia oncologica, possa essere considerata guarita rappresenta un radicale cambiamento di paradigma, che diventa anche un elemento motivante per l’adesione agli screening, una volta che si sia compreso che la guarigione è tanto più facile quanto più precoce è la diagnosi. In Italia i pazienti oncologici guariti, però, rischiano ancora di incontrare concrete difficoltà quando, ad esempio, cerchino di stipulare un’assicurazione sulla vita o richiedano un mutuo o un finanziamento bancario. Ecco perché è fondamentale attuare, anche in Italia, una legge sul ‘Diritto all’Oblio’, seguendo l’esempio di altri Paesi europei”.
Cervello: come si attivano i neuroni della ricompensa
Benessere, News Presa, One health, PsicologiaSi chiamano neuroni dopaminergici. In un’area specifica del cervello hanno un ruolo fondamentale nell’attività locomotoria e in processi cognitivi quali ricompensa e apprendimento, avversione, motivazione e attenzione. Questi neuroni si attivano in situazioni – quali, ad esempio, l’ottenimento di una ricompensa inaspettata e gratificante, o la presentazione di un segnale associato ad una ricompensa. L’attivazione produce il rilascio di dopamina, il cosiddetto “ormone della felicità”. La loro attivazione dipende dalle sinapsi, il delicato meccanismo cerebrale che rende possibile la trasmissione di informazioni tra neuroni. Fino ad oggi, però, non era noto se e come gli astrociti prendessero parte a tale meccanismo nell’Area Tegmentale Ventrale e come potessero influenzare l’attività dei neuroni dopaminergici.
I ricercatori hanno scoperto un nuovo meccanismo di plasticità sinaptica controllato dagli astrociti, le principali cellule gliali del nostro cervello. Questo meccanismo modula l’attività dei neuroni dopaminergici dell’Area Tegmentale Ventrale, una regione del cervello localizzata nel mesencefalo. Lo studio è stato realizzato dai ricercatori dell’Istituto di neuroscienze del Consiglio nazionale delle ricerche delle sedi di Padova (presso Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università) e Cagliari, in collaborazione con colleghi dell’Università Politecnica delle Marche e dell’Istituto italiano di tecnologia (Iit).
Cervello e ricompensa, lo studio dei ricercatori italiani
Lo studio dei ricercatori italiani, pubblicato su Nature Neuroscience, ha rivelato il ruolo chiave degli astrociti in questo meccanismo. Si è scoperto, infatti, che queste cellule gliali interagiscono con i neuroni dopaminergici mediante recettori presenti nella loro membrana, che “rispondono” ai neurotrasmettitori rilasciati dai neuroni e che la loro attivazione si traduce in una modulazione della trasmissione sinaptica.
“Utilizzando un approccio multidisciplinare che ha incluso esperimenti di elettrofisiologia, calcium imaging, chemogenetica e microscopia elettronica, abbiamo scoperto che l’attivazione degli astrociti nell’Area Tegmentale Ventrale, mediata da neuromodulatori neuronali quali endocannabinoidi e la stessa dopamina, induce un potenziamento a lungo termine della trasmissione sinaptica eccitatoria. Questa scoperta rende gli astrociti dell’Area Tegmentale Ventrale bersagli di sostanze psicoattive e della stessa dopamina”, spiega Giorgio Carmignoto del Cnr-In, coordinatore dello studio.
I ricercatori hanno effettuato lo studio su modelli murini. Hanno notato che l’attivazione selettiva degli astrociti presenti nell’Area Tegmentale Ventrale comporta un incremento dell’attività “fasica” dei neuroni dopaminergici che favorisce un’attività iper-locomotoria. Inoltre, hanno rilevato che questa modulazione dei circuiti dopaminergici è presente nelle femmine già nelle prime fasi di sviluppo, mentre nei maschi mostra una maturazione più ritardata.
Il futuro
“Lo studio dimostra che gli astrociti, pur essendo cellule non-neuronali, sono componenti attivi dei circuiti cerebrali e che solo attraverso una migliore comprensione delle reciproche interazioni tra neuroni e astrociti potremo capire i meccanismi che ne regolano il funzionamento e come i difetti di queste interazioni possano contribuire all’insorgere di diverse patologie del cervello, o perfino esserne la principale causa”, aggiunge Carmignoto.
La ricerca apre nuove prospettive per la comprensione dei meccanismi modulatori presenti nei circuiti della ricompensa e nelle sue alterazioni, che potrebbero portare allo sviluppo di stati patologici associati a questi circuiti dopaminergici.Tra cui: le dipendenze, i disturbi della motivazione e i disturbi psichiatrici con una forte componente motoria come i disturbi da iperattività con deficit di attenzione.
“Il team ha dedicato lo studio al Prof. Tullio Pozzan, scomparso il 15 ottobre 2022, scienziato stimato in tutto il mondo per le sue ricerche sui meccanismi di segnalazione cellulari e sulla malattia di Alzheimer. Professore ordinario dell’Università di Padova, Tullio Pozzan è stato anche direttore dell’Istituto di neuroscienze (In) e del Dipartimento di scienze biomediche (Dsb) del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), membro di numerose società scientifiche quali European Molecular Biology Organization (EMBO), Accademia dei Lincei, National Academy of Sciences USA, Royal Society of Canada (FRSC) e Foreign Member of the Royal Society of London”, conclude Carmignoto. “La sua scomparsa ha lasciato un vuoto incolmabile nella comunità scientifica, e tutti coloro che hanno avuto la fortuna di conoscerlo e di condividere con lui un pezzo di vita non dimenticheranno il suo sorriso, la sua curiosità, l’ironia, l’entusiasmo e anche la leggerezza che è solo dei grandi uomini”.
Dieta Mediterranea entra nelle Scuole italiane all’estero
Adolescenti, Alimentazione, Bambini, PediatriaLa Dieta Mediterranea entra nelle Scuole italiane all’estero. L’obiettivo è portare un modello sano alle tavole di tutta Europa. Si tratta del progetto didattico: Dieta Mediterranea come modello di Dieta tradizionale, sana e sostenibile e prevenzione delle malattie croniche non trasmissibili. L’iniziativa punta a valorizzare la Dieta Mediterranea come modello di dieta tradizionale, sana e sostenibile, sia a livello economico che ambientale e sociale. Il progetto è promosso dal Ministero della Salute, in collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), la ASL Città di Torino.
Dieta Mediterranea: sana e sostenibile
L’iniziativa rientra negli impegni dell’Agenda ONU 2030 per lo Sviluppo Sostenibile. Sono previste azioni di educazione e sensibilizzazione delle nuove generazioni a una dieta sana ed equilibrata e sulla prevenzione del sovrappeso e dell’obesità. Inoltre è previsto un focus sui disturbi alimentari e sui loro fattori di rischio.
I destinatari della formazione sono gli studenti delle Scuole italiane all’estero che fanno parte del Sistema della Formazione Italiana nel Mondo. Il primo appuntamento è per gennaio 2023, all’Istituto Italiano Statale Comprensivo Edoardo Amaldi di Barcellona. A febbraio 2023, il secondo incontro sarà nell’Istituto Italiano Statale Leonardo da Vinci di Parigi. Terminerà a marzo con il Liceo Vilfredo Pareto di Losanna.
Il progetto
Gli esperti del progetto daranno agli studenti delle scuole gli strumenti per scegliere in modo consapevole e controllato. La proposta è di modelli e contenuti didattici sui principi della Dieta Mediterranea.
Gli incontri nelle scuole dureranno un giorno e mezzo con eventi divulgativi curati dall’ISS e dalla Asl città di Torino e attività pratiche curate dalle associazioni di categoria inserite nel progetto. Il programma approfondisce aspetti culturali della dieta, della prevenzione e degli sprechi alimentari. Inoltre prevede una serie di video per la preparazione e la modalità di cottura di piatti semplici legati alla trazione.
In programma c’è anche una serata “mediterranea” con il coinvolgimento delle autorità locali e delle famiglie. Saranno utilizzati anche contenuti digitali, fruibili in modalità asincrona. Il progetto poggerà sulla piattaforma web “ARIANNA” dell’Istituto Superiore di Sanità, dedicata alla Dieta Mediterranea .
Il questionario presente sulla piattaforma verrà sottoposto prima degli eventi a studenti, insegnanti e genitori per valutare quanto la loro dieta sia di tipo “mediterraneo”. Il documento Este Diem – Dieta mediterranea all’estero è consultabile online.
Carla Garlatti: La disabilità non deve mai creare diseguaglianza
Eventi d'interesse, News PresaSi è detta “colpita” dai tanti temi di rilievo affrontati Carla Garlatti (Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza). «Il tema dell’inclusione è fondamentale – aggiunge -. La disabilità non deve creare una differenziazione tra i bambini con disabilità e i loro coetanei che non hanno disabilità. Tutti devono poter godere pari diritti, indipendentemente dalla propria condizione. In altri termini, disabilità e normalità devono incontrarsi in una relazione alla pari che sia scevra da ogni forma di discriminazione». Garlatti è intervenuta alla convention PreSa, giunta quest’anno all’ottava edizione. Parole che ben si sposano con quanto affermato dal presidente della Fondazione Mesit Marco Trabucco Aurilio, che ha ricordato che «ci sono ancora troppe disparità geografiche nell’accesso all’innovazione terapeutica, con un gap inaccettabile legato alla contrattazione dei diversi servizi sanitari regionali. Un puzzle disomogeneo che mina il diritto alla salute. Per questo è essenziale avviare un’importante riforma del Sistema sanitario e investire più risorse per la sanità pubblica e le cure innovative».
Diabete a tavola con le feste: dieci regole
Alimentazione, Bambini, Benessere, One health, PediatriaIl periodo delle feste, lungo quasi 3 settimane, ci farà trascorrere molto tempo a tavola. Un piacere che, per chi ha il diabete, può trasformarsi in una preoccupazione.
“Di fronte a un periodo così prolungato di pranzi e cene, suggerisco sempre ai miei pazienti con diabete poche regole ma molto precise. Innanzitutto cercare di mantenere un’alimentazione sana e una regolarità dei pasti quando possibile” – spiega Claudia ARNALDI, Responsabile dell’Unità Operativa Semplice (UOS) di Diabetologia pediatrica dell’ASL di Viterbo. “Concedersi le eccezioni nei giorni clou, in cui la tavola rappresenta un momento di condivisione con familiari e amici”. Anche “affidandosi alle nuove tecnologie che contribuiscono a gestire una patologia così complessa come il diabete di tipo 1”.
Una diversità che non deve comparire a tavola
Far festa a tavola significa anche concedersi piatti più elaborati e più calorici di quelli abituali. Per chi ha il diabete è importante avere soluzioni semplici e che contribuiscano ad aumentare la consapevolezza e quindi la gestione della malattia.
“Un prezioso alleato per gestire un’alimentazione più elaborata possono essere le verdure. Non devono mai mancare in una pianificazione consapevole di quello che la tavola imbandita offre. Le verdure ricche in fibra infatti modulano l’assorbimento dei carboidrati contribuendo a ridurre il picco glicemico postprandiale. Un suggerimento che mi sento di estendere a tutti, ma in modo particolare ai miei pazienti con diabete. Un altro aspetto importante – continua ARNALDI – è la possibilità per i bambini e ragazzi con diabete di tipo 1 di godere di questi momenti speciali con pareti e amici senza sentirsi diversi. Potendo assaporare come tutti gli altri la buona tavola della nostra tradizione e gestendo nel contempo al meglio le loro glicemie. Per raggiungere questo obiettivo è necessario avere la capacità di fare scelte corrette nella gestione della terapia insulinica e nel controllo della glicemia. Grazie al prezioso contributo della tecnologia, entrambe possono essere gestite e controllate in modo più adeguato e sicuro”.
Diabete: a tavola mantenere controllate glicemia e insulina
Durante i pasti lunghi e frequenti, la tecnologia è un valido aiuto nella gestione del diabete. Sistemi intelligenti, piccoli e senza fili evitano scomode punture e iniezioni. Monitorano ogni 5 minuti tutti i valori della glicemia (annunciando con anticipo e senza stress per il paziente quando è necessario intervenire sulla terapia) e somministrando l’insulina attraverso microinfusori patch (nell’ordine Dexcom G6 e Omnipod).
“Per una persona con diabete di tipo 1 non è semplice gestire in modo corretto la terapia insulinica in contesti particolari come questi. Per gli utilizzatori di device – conclude ARNALDI – la tecnologia li supporta nell’adattamento del dosaggio dell’insulina anche a pasti così complessi. Contribuiscono a prevenire le iperglicemie che, a causa dell’esubero di grassi e proteine, spesso possono essere anche tardive e difficilmente prevenibili. La tecnologia si conferma lo strumento più idoneo per evitare escursioni glicemiche eccessive sia grazie al monitoraggio in continuo del glucosio e alla possibilità di avere in anticipo informazioni su come evolverà la glicemia, sia grazie alle pompe d’insulina che permettono di adattare meglio la somministrazione dell’insulina .”
Diabete: 10 regole a tavola, prima, durante e dopo le feste
“Sono ormai 10 anni che regalo sul web i trucchi per cucinare e organizzare la dispensa per chi ha il diabete come i miei figli. Amo cucinare e mi piace sfidare quelli che molti definiscono i limiti del diabete. Ho imparato a farlo e sono convinta che chiunque possa cimentarsi dietro ai fornelli tenendo d’occhio i parametri che la malattia impone. Anche se le metto in pratica tutti i giorni – spiega Ilaria BERTINELLI, chef blogger e mamma di due ragazzi con diabete – ora che si stanno avvicinando le feste, serve sicuramente fare un po’ più di attenzione, magari seguendo dieci semplici regole”.
Il decalogo di Natale per chi ha il diabete
1. PIANIFICA il calendario delle cene e dei pranzi
Ricorda che non si tratta di una sola giornata ma di un periodo prolungato
2. MANTIENI regolarmente i pasti
Evita di fare digiuni prolungati o pasti troppo abbondanti
3. NON SOTTOVALUTARE i ripieni
Calcola il diverso contributo nutrizionale dei primi piatti e/o di carni se fatti con il ripieno
4. INSERISCI sempre una porzione di verdure a ogni pasto
Non fare a meno dei tuoi preziosi alleati
5. RINUNCIA al pane
Abituati a non mangiarlo se hai già previsto primi piatti e dolci
6. CONCEDITI un dolce a fine pasto con moderazione
Premiati con una porzione di dolce, ma di un tipo solo
7. NON SOTTOVALUTARE la frutta secca con o senza guscio (noci, pistacchi, datteri, etc)
Ricorda che non sono semplici spuntini, ma sono da considerare all’interno del pasto
8. FAI MOVIMENTO tra un pasto e l’altro
Riservati del tempo per una passeggiata che aiuta l’assorbimento degli zuccheri
9. RIDUCI le bibite zuccherate
Fai attenzione anche a quello che bevi
10. NON USARE SCUSE quando sei fuori casa
Puoi bilanciare i pasti in qualsiasi contesto (casa di amici e di parenti e ristoranti).