Tempo di lettura: 5 minutiNel Vecchio Continente un terzo delle morti per tumori negli uomini è associato alle differenze socioeconomiche, il 16% nelle donne. I dati sono stati presentati al Senato durante il convegno nazionale per ridurre le disparità territoriali. Il Convegno si è tenuto alla vigilia della Giornata Mondiale contro il Cancro (World Cancer Day), che si celebra il 4 febbraio. Il Presidente Saverio Cinieri ha detto: “Nel nostro Paese gli stili di vita scorretti sono più frequenti fra i cittadini che affrontano difficoltà finanziarie: il 37% fuma, il 45% è sedentario e il 17% obeso. Al via un progetto per colmare quanto prima anche le differenze nell’adesione agli screening nel Meridione. Più della metà della durata di ogni visita è assorbita da adempimenti formali. Chiediamo maggiore attenzione”.
Tumori e stili di vita. I numeri in Europa
In Europa il 32% delle morti per cancro negli uomini e il 16% nelle donne sono associati alle disuguaglianze socioeconomiche, in particolare a bassi livelli di istruzione e reddito. Le persone meno istruite e più povere adottano stili di vita scorretti, fanno con scarsa frequenza gli screening, non accedono ai sistemi sanitari e troppo spesso arrivano alla diagnosi di tumore in fase già avanzata. Queste disparità sono meno evidenti nei Paesi che presentano sistemi sanitari universalistici come il nostro, in grado di garantire le cure a tutti. L’Italia, però, deve colmare il divario nell’adesione ai programmi di screening che ancora permane fra Nord e Sud.
Inoltre, “nel nostro Paese, più del 50% del tempo di ogni visita oncologica è assorbito da adempimenti burocratici. Per questo gli specialisti chiedono di assumere personale che possa occuparsi di questi aspetti. Solo così avranno più tempo a disposizione per visitare i pazienti”. La richiesta viene dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) nel Convegno nazionale “Close the Care Gap” oggi al Senato, con gli interventi del Ministro della Salute, Prof. Orazio Schillaci, e del Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), Prof. Silvio Brusaferro. L’obiettivo dell’evento è proprio sensibilizzare i cittadini sulle differenze nell’accesso alle cure.
“In tutto il Pianeta, ogni anno, si stimano 18 milioni di nuovi casi di tumore e sono quasi 10 milioni i decessi – afferma Saverio Cinieri, Presidente AIOM -. In uno studio pubblicato recentemente, è stato evidenziato che, in Europa, il rischio di morire di cancro aumenta progressivamente al diminuire del livello socioeconomico. I tumori che più risentono del gradiente sociale sono quelle del polmone, stomaco e cervice uterina. Più si comprendono i processi biologici, i fattori di rischio e i determinanti della salute che favoriscono l’insorgere dei tumori, più efficaci diventano la prevenzione, la diagnosi e il trattamento. Vanno contrastati i principali fattori di rischio, tenendo conto di tutti i determinanti della salute, tra cui istruzione e status socioeconomico. Serve una visione a 360 gradi, che includa anche le condizioni di disagio dei cittadini, per non lasciare indietro nessuno”.
Il nesso tra tumori e disuguaglianze
In Europa circa un terzo delle morti per tumori negli uomini è associato a disuguaglianze socioeconomiche (si arriva a quasi la metà nell’Europa dell’Est). Per le donne questa proporzione è uno a sei (una su quattro nell’Europa dell’Est). “L’Italia, come altri Paesi mediterranei, sembra soffrire meno delle disuguaglianze sociali nei tumori – continua il Presidente Cinieri -. Ma vi sono aree su cui servono interventi urgenti, a partire dalla sensibilizzazione dei cittadini sui corretti stili di vita.
Nel 2022, in Italia, sono state stimate 390.700 nuove diagnosi di cancro. Il 40% dei casi può essere evitato agendo su fattori di rischio modificabili. In particolare il fumo di tabacco è il principale fattore di rischio, associato all’insorgenza di circa un tumore su tre e a ben 17 tipi di neoplasia, oltre a quella del polmone. Le differenze sociali nel fumo, che vedono più esposte le persone con minori risorse economiche o basso livello di istruzione, nel nostro Paese si mantengono nel tempo ampie e significative, a fronte di una riduzione che coinvolge di più gli individui meno svantaggiati”. Nel 2021 l’abitudine tabagica fra i cittadini che dichiarano di affrontare molte difficoltà economiche ad arrivare alla fine del mese è stata pari al 37% e analoga a quanto si osservava nel 2008, mentre fra chi non ha problemi finanziari la quota di fumatori è scesa dal 27% al 20% fra il 2008 e il 2021. Non solo. “Secondo stime del ‘World Cancer Research Fund’, il 20-25% dei casi di tumore è attribuibile a un bilancio energetico troppo ricco, legato al binomio eccesso ponderale e sedentarietà – sottolinea Francesco Perrone, Presidente eletto AIOM -. In Italia, il 31% dei cittadini è sedentario e il 10% è obeso, ma queste percentuali raggiungono, rispettivamente, il 45% e il 17% fra coloro che sono in difficoltà economiche o presentano un basso livello di istruzione. È necessario potenziare le azioni volte a diffondere l’adozione consapevole di uno stile di vita sano e attivo in tutte le età, integrando cambiamento individuale e trasformazione sociale, attraverso lo sviluppo di programmi di promozione della salute”.
Servono più sforzi anche per implementare i programmi di screening. “Nel 2021 – continua il Prof. Perrone – si è osservato un ritorno ai dati pre-pandemici per quanto riguarda la copertura dei programmi di prevenzione secondaria. Ma non basta, perché restano ancora troppe differenze regionali. In particolare, nel 2021, al Nord i valori di copertura della mammografia hanno raggiunto il 63% rispetto al 23% al Sud. Per lo screening colorettale (ricerca del sangue occulto nelle feci) il dato è del 45% rispetto al 10%. Nello screening cervicale, al 41% delle Regioni settentrionali fa da contraltare il 22% di quelle meridionali. Il divario Nord-Sud era già evidente prima della pandemia, ma molte Regioni meridionali non sono ancora riuscite a recuperare i ritardi accumulati durante l’emergenza sanitaria. È necessario un impegno straordinario per migliorare i livelli di adesione in queste aree. Per quanto riguarda, ad esempio, la ricerca del sangue occulto nelle feci per l’individuazione del tumore del colon-retto si può prevedere il coinvolgimento dei farmacisti. Per colmare il divario territoriale, la nostra società scientifica lancerà nelle prossime settimane una grande campagna di sensibilizzazione rivolta alle Regioni del Sud”.
La burocrazia
Un’altra forte criticità, che rischia di compromettere la qualità delle cure, riguarda gli adempimenti burocratici che assorbono più della metà del tempo di ogni visita oncologica. “Una ricerca svolta in 35 strutture ospedaliere, per un totale di 1469 pazienti visitati, ha mostrato che, durante un appuntamento, per 11 minuti dedicati alla visita della persona, ulteriori 16 vengono spesi per la compilazione di moduli, prenotazione di appuntamenti, visite, esami, letti e poltrone per ricoveri o day hospital, prescrizioni, invio di e-mail – spiega Rossana Berardi, membro del Direttivo Nazionale AIOM -. Un dato che probabilmente è addirittura sottostimato, perché molti centri dedicano giorni fissi a queste attività”. “La scarsità dei clinici è diventata una vera emergenza, causata da molti fattori: la pandemia, il numero chiuso delle Facoltà di Medicina mantenuto per troppi anni, l’alto numero di pensionamenti e il blocco del turnover – continua la Prof.ssa Berardi –. Le Regioni potrebbero affrontare questa situazione e liberare i clinici dalle attività burocratiche. Come AIOM proponiamo un modello di affiancamento di nuovo personale agli oncologi. Figure amministrative e paramediche, biologi o data manager in grado di supportare il personale sanitario durante le visite, per accorciarne la durata e aumentarne il numero. Meno tempo dedicato a compilare moduli significa più ore a disposizione per le visite dei pazienti. Si tratta di una soluzione concreta, con effetti immediati e misurabili sull’emergenza, che comporterebbe una valorizzazione del lavoro del clinico e una ricaduta positiva su tutto il sistema”.
“Il numero chiuso nelle Facoltà di Medicina è stato la regola per anni e oggi ne paghiamo il prezzo – conclude il Presidente Cinieri -. Ci vorranno anni perché i nuovi iscritti possano iniziare a lavorare e a coprire il vuoto che si è creato. Mancano medici di famiglia, professionisti nei Pronto Soccorso e nei reparti ospedalieri, specialisti negli studi. Nei prossimi anni, molti clinici oggi attivi andranno in pensione. È necessario attivarsi con proposte concrete di politica sanitaria. Sollevare i medici dalle attività amministrative permetterebbe di tamponare la situazione prima che si aggravi ulteriormente. Chiediamo maggior attenzione per affrontare la pandemia di cancro, più spazi fisici e più professionisti in staff, comprese figure di aiuto come gli psiconcologi, data manager e case manager”.
Il cyberbullismo è più che mai un pericolo reale
Adolescenti, Genitorialità, News Presa, Pediatria«Nelle chat di quei ragazzi io ero solo “il ciccione” da colpire», «non mi davano tregua, mi torturavano a scuola ogni giorno», «uscire per me era diventato troppo angosciante». Sono solo alcune delle testimonianze che emergono da ogni parte d’Italia nel corso della giornata mondiale dedicata ad un uso sicuro di internet e che fanno un po’ di luce sul mondo del cyberbullismo. Un mondo fatto di vessazioni continue e di codardi attacchi, dal quale nessuno può dirsi veramente al sicuro.
CUORI CONNESSI
Proprio per cercare di rompere ogni indugio e spingere chi è vittima a denunciare, la Polizia di Stato e Unieuro hanno dato vita al progetto “Cuori connessi”. E proprio oggi, a Roma, è stata inaugurata la settima edizione di questa importante campagna. Oltre 270mila gli studenti delle scuole secondarie di primo e secondo livello connessi da tutta Italia, per un evento che ha visto la partecipazione del capo della Polizia Lamberto Giannini e l’amministratore delegato di Unieuro Giancarlo Nicosanti Monterastelli. Ospite d’eccezione, il campione olimpico delle Fiamme oro Marcell Jacobs.
PERICOLO REALE
Il capo della Polizia Lamberto Giannini nel rispondere alle domande sui temi del bullismo e cyberbullismo e rivolgendosi alla platea di giovani collegati ha sottolineato «È importante stare vicino ai ragazzi, perché questo è un nostro compito per preservarli e accompagnarli e spiegare loro, anche attraverso queste campagne d’informazione, che il web può sembrare un mondo impalpabile, un mondo virtuale come se fosse una dimensione astratta, invece il web è assolutamente reale e le azioni che si compiono possono essere positive ma possono anche avere conseguenze negative. Non bisogna sottovalutare l’effetto moltiplicatore della Rete».
Social e chat: il 50% dei ragazzi è online 2-3 ore al giorno
Adolescenti, Genitorialità, Pediatria, Stili di vitaLa metà dei ragazzi tra i 12 e i 18 anni passa dalle due alle tre ore al giorno sui social e chattando. Si tratta di un dato in crescita rispetto al 2018 quando erano il 43%, contro il 50% di quest’anno. La connessione avviene dallo smartphone nel 93% dei casi. I numeri emergono dal rapporto ‘Tra realtà e Metaverso. Adolescenti e genitori nel mondo digitale’ elaborato da Telefono Azzurro e presentato a Milano, in occasione del Safer Internet Day, la giornata mondiale dedicata all’uso consapevole e responsabile di Internet.
Social e chat. I numeri tra gli adolescenti
Il 14% degli intervistati passa sui social e chattando dalle quattro alle sei ore al giorno, il 4% più di sei ore al giorno e il 3% è sempre connesso.
Rispetto alla media, emergono delle differenze di genere. Il 44% dei ragazzi afferma di essere connesso dalle due alle tre ore al giorno e il 24% un’ora al giorno. Il 55% delle ragazze dichiara dalle due alle tre ore e il 17% un’ora al giorno.
Per quanto riguarda l’età: il 23% dei 12-14enni è online un’ora al giorno, i 15-18enni dalle quattro alle sei ore al giorno. Usa i social per vedere contenuti degli amici il 93% degli intervistati, soprattutto le ragazze. L’80% vuole vedere contenuti di personaggi famosi o sportivi e il 76% di influencer. Il 71%, in prevalenza ragazze, utilizza i social per leggere notizie, il 66% per postare contenuti e il 63% per vedere contenuti che rimandano ad una marca. Internet ha un impatto notevole anche sulla qualità del sonno dei ragazzi, come è emerso da molti studi. Il 35% dei ragazzi dichiarano di fare tardi la sera e avere difficoltà a dormire per via del tempo trascorso online. Per i genitori la media si attesta intorno alle 2-3 ore al giorno.
Freddo: perché invecchiando si soffre di più. Quali rischi
Benessere, News Presa, Stili di vitaIl freddo da giovani si avverte molto meno. A dirlo è la scienza. L’invecchiamento, infatti, fa diminuire la temperatura corporea aumentando la sensazione di freddo. Sebbene ci siano molti fattori che incidono sulla percezione del freddo al di là dell’età – come ad esempio la quantità di grasso corporeo – l’avanzare degli anni ha un peso. Tuttavia ci sono casi in cui sentire troppo freddo può essere la spia di un problema di salute che è bene indagare con il proprio medico.
Aumenta rischio ictus
Le basse temperature sono una delle minacce peggiori per l’apparato cardio-circolatorio. Infatti, producono «un’aumentata incidenza di infarti, ictus e un peggioramento delle arteriopatie periferiche (o PAD, quelle a carico delle arterie degli arti inferiori)» spiega il professor Giorgio Sesti, presidente della Società Italiana di Medicina Interna. Studi dimostrano che nei periodi più freddi dell’anno aumenta il rischio di eventi cardiovascolari nelle persone più a rischio. Eventi che si innescano per reazione al cambio di temperatura: i vasi periferici, infatti, per evitare di disperdere calore reagiscono producendo vasocostrizione. Questo a sua volta provoca un ridotto afflusso di sangue in periferia e un aumento della pressione arteriosa.
Le cause del freddo in età avanzata
Una delle cause della maggiore sensibilità alle basse temperature in età avanzata è la minore circolazione sanguigna. Con gli anni, infatti, i vasi sanguigni diventano meno flessibili e quindi il sangue circola meno. Anche la pelle più sottile isola meno dal freddo. Inoltre, il rallentamento del metabolismo fa scendere il numero di calorie che il corpo brucia a riposo del 30%, quindi si riscalda meno. Tra le altre cause ci può essere una condizione medica sottostante, come ad esempio: malattie cardiache, renali o anemia. Tuttavia, la sensazione di freddo può aumentare anche per l’effetto collaterale di un farmaco.
Consigli contro il freddo
Il freddo espone anche ad un maggior rischio di disidratazione, fenomeno già più marcato negli anziani. Perciò è fondamentale assicurarsi una giusta assunzione di liquidi, ma non di alcol. La sensazione di calore dell’alcol è infatti ingannevole. La realtà è ben diversa: le sostanze alcoliche producendo una vasodilatazione periferica favoriscono la dispersione di calore. In sostanza, l’iniziale sensazione di calore che l’alcol produce è solo finta, perché subito dopo subentra una dispersione di calore maggiore. In generale, gli studi dimostrano che il consumo di alcol non ha mai effetti benefici.
Ci sono poi consigli più intuitivi per proteggersi dal freddo, come coprirsi bene e sigillare le finestre della propria casa. Gli esperti, inoltre, consigliano di mantenere un peso nella norma, ma non sottopeso. Il corpo, infatti, ha bisogno di avere una quantità di grasso sottocutaneo per isolare il corpo e tenerlo al caldo. Infine, un altro mezzo per tenere a bada il freddo è sorseggiare spesso bevande calde, come tea e tisane.
Bullismo e cyberbullismo: subiti dal 15% dei giovani
Adolescenti, Genitorialità, Pediatria, PsicologiaCirca il 15% degli adolescenti ha subito episodi di bullismo e di cyberbullismo. Sono più frequenti nelle ragazze e tra i più giovani, con proporzioni di circa il 20% negli 11enni che progressivamente si riducono al 10% nei più grandi.
I numeri sono stati presentati in vista della Giornata nazionale contro il bullismo e il cyberbullismo. Sono il risultato della VI rilevazione 2022 del Sistema di Sorveglianza HBSC Italia (Health Behaviour in School-aged Children – Comportamenti collegati alla salute dei ragazzi in età scolare). L’indagine è coordinata dall’ISS insieme alle Università di Torino, Padova e Siena, con il supporto delle Regioni e Aziende Sanitarie Locali.
Bullismo e il cyberbullismo, i numeri
L’indagine ha coinvolto un campione rappresentativo in tutte le Regioni di giovani di 11, 13, 15 anni. L’obiettivo è valutare non solo la diffusione del bullismo e del cyberbullismo, ma anche molti altri comportamenti degli adolescenti nel periodo post pandemico. I risultati completi saranno illustrati il prossimo 8 febbraio 2023 nel convegno “La salute degli adolescenti: i dati della sorveglianza Health Behaviour in School-aged Children – HBSC Italia 2022”, organizzato dall’ISS.
Mettendo a confronto la rilevazione del 2017/2018, la frequenza di atti di bullismo sembra essere stabile. Tuttavia, il cyberbullismo ha visto un’impennata preoccupante nei giovani di 11 e 13 anni. Un dato legato alla forte diffusione dei social network. Non emergono grandi differenze tra Regioni con una variabilità compresa, per il bullismo, tra il 13% in alcune regioni del sud Italia (Calabria e Basilicata) e il 18% nelle province autonome di Trento e Bolzano. Per il cyberbullismo, le percentuali oscillano tra l’11-12% nelle province autonome di Bolzano e Trento e il 16% in Campania, Puglia e Sicilia.
Diabete e coppia: quando le cronicità entrano nelle relazioni
Benessere, Stili di vitaIn coppia si condividono molte cose, compresa la gestione di condizioni croniche. Una delle più comuni è il diabete. L’esperta spiega come una gestione a due fa bene alle coppie più giovani e di lungo corso, suggerendo 5 modi per convivere con il diabete.
CONDIVISIONE, ANCHE NELLA GESTIONE DEL DIABETE
Quello della condivisione è un verbo entrato nel linguaggio comune per via del mondo virtuale, ma trova più riscontri nella quotidianità. Lo sanno molto bene quelle coppie che hanno deciso di gestire insieme una patologia cronica come il diabete. “In una coppia in cui il partner ha il diabete, gioca un ruolo fondamentale la componente affettiva che si è dimostrata essere capace di migliorare la gestione di questa patologia. Se da un lato c’è la richiesta di aiuto nella gestione della malattia – spiega Maria Chantal PONZIANI, Dirigente Responsabile della Struttura Semplice Dipartimentale di Diabetologia e Malattie Metaboliche, ASL di Novara – dall’altro c’è la risposta di chi vuole essere preparato per poter offrire il miglior supporto emotivo e pratico. Un sostegno molto importante a patto che non invada gli equilibri della coppia e che può anche contare su soluzioni tecnologiche per controllare in parallelo il diabete”.
LA COPPIA COME SQUADRA: IL VANTAGGIO DEL SUPPORTO PARITARIO
La partecipazione del partner al trattamento dipende da molti fattori tra cui la motivazione, il tempo che potrà dedicare e il livello di coinvolgimento che vorrà avere. Tra le criticità, c’è la difficoltà nel trovare il giusto mezzo per farlo, tra un eccesso di protezione o un eccesso di distanza. “Sono innegabili i vantaggi che derivano da una condivisione aperta della malattia con il partner. Vedo moltissime coppie – prosegue PONZIANI – che si alleano per chiedermi o propormi delle soluzioni che possano adattarsi alla loro routine. Dimostrano un supporto reciproco decisamente più paritario rispetto alla dinamica familiare di quando è il figlio/a ad avere il diabete. L’equilibrio che si instaura nella coppia consente di recepire molto meglio le novità, come il caso di dispositivi medici per il diabete e di vivere l’esperienza positiva con il proprio partner”.
COPPIE ADOLESCENTI
“A differenza di quelle adulte – prosegue l’esperta – le coppie di giovani ragazzi accettano molto più serenamente il fatto di raccontare il loro problema e chiedono di volerlo gestire insieme al partner. È una condivisione piena, di amore assoluto, che può contenere anche una malattia cronica come questa, scoprendo i vantaggi di affrontarla insieme. Insomma, una sorta di: ‘ti amo e ti aiuto’. È come se si scatenasse una gara di solidarietà per mettere a proprio agio il fidanzatino o fidanzatina. Piccoli gesti, come quello di rinunciare al dolce o alla bibita zuccherata – continua PONZIANI – per non creare differenze e sofferenze reciproche. Inoltre li trovo molto sereni nell’affrontare l’intimità grazie anche alla tecnologia sia per l’erogazione di insulina sia per il controllo della glicemia con device di piccole dimensioni non invasivi che facilitano la gestione di questi particolari momenti migliorando il controllo glicemico e l’’accettazione degli strumenti terapeutici”.
L’AIUTO CHE VIENE DALLA TECNOLOGIA
“La tecnologia si conferma lo strumento più idoneo per evitare escursioni glicemiche eccessive grazie al monitoraggio in continuo del glucosio e alla possibilità di avere in anticipo informazioni su come evolverà la glicemia. Inoltre – precisa PONZIANI – grazie alle pompe d’insulina è possibile adattare meglio la somministrazione del farmaco contribuendo a prevenire le ipoglicemie e le iperglicemie. Questo comporta una maggiore tranquillità anche per il partner che può vedere in diretta dallo smartphone l’iter della glicemia e dell’insulina”.
5 MODI PER VIVERE IL DIABETE IN COPPIA IN MODO POSITIVO
Esistono piccoli accorgimenti che possono fare la differenza nella vita a due. Questi i suggerimenti della diabetologa Chantal PONZANI
Donare la propria voce ai pazienti affetti da Sla
Benessere, One health, Ricerca innovazioneDonare la propria voce, come gesto di altruismo in favore delle persone affette da Sclerosi laterale amiotrofica. Oggi è possibile grazie alla banca della voce, che consentirà a chi è affetto da Sla di comunicare con una voce artificiale dall’espressività umana, il tutto grazie all’Intelligenza artificiale. Il progetto innovativo è quello “Voice for purpose – Diamo voce alla Sla”, e vede assieme Università Campus Bio-Medico di Roma, Centri Clinici NeMO, Nemo Lab, Translated e Dream On.
DUPLICARE
Nata da un’intuizione di Pino Insegno, attore e doppiatore, l’idea mira a dare vita ad una “banca delle voci” dal duplice valore: da una parte consentirà alle persone che hanno perso il proprio eloquio di scegliere una voce espressiva fra tutte quelle che verranno donate da persone di tutto il mondo; dall’altra permetterà di ‘salvare’ la propria voce, registrandola. Possibilità che saranno accessibili a tutti coloro che hanno ancora conservata la capacità di parlare, così che in futuro nessuno sarà più costretto a parlare con una voce metallica quando la malattia arriverà ad intaccarla.
COMUNICAZIONE AUMENTATIVA
Il progetto vuole dunque creare le condizioni perché ogni persona con Sla possa accedere a un servizio di Voice Banking per conservare la voce e beneficiare dell’utilizzo della sintesi vocale personale, o donata, quando la comunicazione verbale è possibile solo con l’ausilio di supporti e dispositivi tecnologici di Comunicazione Aumentativa Alternativa (CAA). Ciò al fine di mantenere la propria identità anche con l’ausilio di tecnologie di CAA, che ad oggi vengono fornite attraverso il Sistema Sanitario Nazionale con una sintesi vocale standard robotica e metallica.
IL DONO
Chiunque può donare la propria voce a coloro che non la conservano e, ad oggi, sono già 250 le voci donate. Durante la creazione del proprio profilo sulla piattaforma ‘Voice For Purpose’ verrà richiesto al donatore di effettuare la registrazione della propria voce leggendo un breve messaggio. Il potenziale donatore verrà poi contattato solo quando verrà selezionato da una persona che ha necessità di acquisire una sintesi vocale donata.
Diseguaglianze, povertà e tumori. L’allarme degli Oncologi
Benessere, One health, PrevenzioneUna scarsa istruzione e difficoltà economiche sono alla base del 32% dei decessi per tumore in tutta Europa per quel che riguarda gli uomini, mentre per le donne la percentuale è del 16%. Un allarme molto serio, che dimostra ancora una volta come la prevenzione e corretti stili di vita possano essere una delle migliori armi contro il cancro. Ma veniamo a quanto denunciato dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom). Le persone meno istruite e più povere, affermano gli oncologi, adottano stili di vita scorretti, eseguono con scarsa frequenza gli screening, non accedono ai sistemi sanitari e troppo spesso arrivano alla diagnosi di tumore in fase già avanzata.
L’ITALIA
Condizioni di svantaggio che sono meno evidenti in Italia, dove esiste un sistema sanitario che garantisce cure a tutti. L’Italia, però, avverte Aiom, deve colmare il divario nell’adesione ai programmi di screening che ancora permane fra Nord e Sud e serve un grande piano di sensibilizzazione per recuperare queste lacune. Inoltre, nel nostro Paese, più del 50% del tempo di ogni visita oncologica è assorbito da adempimenti burocratici. Per questo gli specialisti chiedono di assumere personale che possa occuparsi di questi aspetti.
STILIO DI VITA
«L’Italia sembra soffrire meno delle disuguaglianze sociali nei tumori – spiega il presidente Aiom, SaverioCinieri – ma vi sono aree su cui servono interventi urgenti, a partire dalla sensibilizzazione dei cittadini sui corretti stili di vita». Nel 2022, in Italia, sono state stimate 390.700 nuove diagnosi di cancro. Il 40% dei casi può essere evitato agendo su fattori di rischio modificabili. In particolare, il fumo di tabacco è il principale fattore di rischio, associato all’insorgenza di circa un tumore su tre e a ben 17 tipi di neoplasia, oltre a quella del polmone.
Tumori, in Europa il 32% dei decessi è associato a povertà e bassa istruzione
Benessere, One health, PrevenzioneNel Vecchio Continente un terzo delle morti per tumori negli uomini è associato alle differenze socioeconomiche, il 16% nelle donne. I dati sono stati presentati al Senato durante il convegno nazionale per ridurre le disparità territoriali. Il Convegno si è tenuto alla vigilia della Giornata Mondiale contro il Cancro (World Cancer Day), che si celebra il 4 febbraio. Il Presidente Saverio Cinieri ha detto: “Nel nostro Paese gli stili di vita scorretti sono più frequenti fra i cittadini che affrontano difficoltà finanziarie: il 37% fuma, il 45% è sedentario e il 17% obeso. Al via un progetto per colmare quanto prima anche le differenze nell’adesione agli screening nel Meridione. Più della metà della durata di ogni visita è assorbita da adempimenti formali. Chiediamo maggiore attenzione”.
Tumori e stili di vita. I numeri in Europa
In Europa il 32% delle morti per cancro negli uomini e il 16% nelle donne sono associati alle disuguaglianze socioeconomiche, in particolare a bassi livelli di istruzione e reddito. Le persone meno istruite e più povere adottano stili di vita scorretti, fanno con scarsa frequenza gli screening, non accedono ai sistemi sanitari e troppo spesso arrivano alla diagnosi di tumore in fase già avanzata. Queste disparità sono meno evidenti nei Paesi che presentano sistemi sanitari universalistici come il nostro, in grado di garantire le cure a tutti. L’Italia, però, deve colmare il divario nell’adesione ai programmi di screening che ancora permane fra Nord e Sud.
Inoltre, “nel nostro Paese, più del 50% del tempo di ogni visita oncologica è assorbito da adempimenti burocratici. Per questo gli specialisti chiedono di assumere personale che possa occuparsi di questi aspetti. Solo così avranno più tempo a disposizione per visitare i pazienti”. La richiesta viene dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) nel Convegno nazionale “Close the Care Gap” oggi al Senato, con gli interventi del Ministro della Salute, Prof. Orazio Schillaci, e del Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), Prof. Silvio Brusaferro. L’obiettivo dell’evento è proprio sensibilizzare i cittadini sulle differenze nell’accesso alle cure.
“In tutto il Pianeta, ogni anno, si stimano 18 milioni di nuovi casi di tumore e sono quasi 10 milioni i decessi – afferma Saverio Cinieri, Presidente AIOM -. In uno studio pubblicato recentemente, è stato evidenziato che, in Europa, il rischio di morire di cancro aumenta progressivamente al diminuire del livello socioeconomico. I tumori che più risentono del gradiente sociale sono quelle del polmone, stomaco e cervice uterina. Più si comprendono i processi biologici, i fattori di rischio e i determinanti della salute che favoriscono l’insorgere dei tumori, più efficaci diventano la prevenzione, la diagnosi e il trattamento. Vanno contrastati i principali fattori di rischio, tenendo conto di tutti i determinanti della salute, tra cui istruzione e status socioeconomico. Serve una visione a 360 gradi, che includa anche le condizioni di disagio dei cittadini, per non lasciare indietro nessuno”.
Il nesso tra tumori e disuguaglianze
In Europa circa un terzo delle morti per tumori negli uomini è associato a disuguaglianze socioeconomiche (si arriva a quasi la metà nell’Europa dell’Est). Per le donne questa proporzione è uno a sei (una su quattro nell’Europa dell’Est). “L’Italia, come altri Paesi mediterranei, sembra soffrire meno delle disuguaglianze sociali nei tumori – continua il Presidente Cinieri -. Ma vi sono aree su cui servono interventi urgenti, a partire dalla sensibilizzazione dei cittadini sui corretti stili di vita.
Nel 2022, in Italia, sono state stimate 390.700 nuove diagnosi di cancro. Il 40% dei casi può essere evitato agendo su fattori di rischio modificabili. In particolare il fumo di tabacco è il principale fattore di rischio, associato all’insorgenza di circa un tumore su tre e a ben 17 tipi di neoplasia, oltre a quella del polmone. Le differenze sociali nel fumo, che vedono più esposte le persone con minori risorse economiche o basso livello di istruzione, nel nostro Paese si mantengono nel tempo ampie e significative, a fronte di una riduzione che coinvolge di più gli individui meno svantaggiati”. Nel 2021 l’abitudine tabagica fra i cittadini che dichiarano di affrontare molte difficoltà economiche ad arrivare alla fine del mese è stata pari al 37% e analoga a quanto si osservava nel 2008, mentre fra chi non ha problemi finanziari la quota di fumatori è scesa dal 27% al 20% fra il 2008 e il 2021. Non solo. “Secondo stime del ‘World Cancer Research Fund’, il 20-25% dei casi di tumore è attribuibile a un bilancio energetico troppo ricco, legato al binomio eccesso ponderale e sedentarietà – sottolinea Francesco Perrone, Presidente eletto AIOM -. In Italia, il 31% dei cittadini è sedentario e il 10% è obeso, ma queste percentuali raggiungono, rispettivamente, il 45% e il 17% fra coloro che sono in difficoltà economiche o presentano un basso livello di istruzione. È necessario potenziare le azioni volte a diffondere l’adozione consapevole di uno stile di vita sano e attivo in tutte le età, integrando cambiamento individuale e trasformazione sociale, attraverso lo sviluppo di programmi di promozione della salute”.
Servono più sforzi anche per implementare i programmi di screening. “Nel 2021 – continua il Prof. Perrone – si è osservato un ritorno ai dati pre-pandemici per quanto riguarda la copertura dei programmi di prevenzione secondaria. Ma non basta, perché restano ancora troppe differenze regionali. In particolare, nel 2021, al Nord i valori di copertura della mammografia hanno raggiunto il 63% rispetto al 23% al Sud. Per lo screening colorettale (ricerca del sangue occulto nelle feci) il dato è del 45% rispetto al 10%. Nello screening cervicale, al 41% delle Regioni settentrionali fa da contraltare il 22% di quelle meridionali. Il divario Nord-Sud era già evidente prima della pandemia, ma molte Regioni meridionali non sono ancora riuscite a recuperare i ritardi accumulati durante l’emergenza sanitaria. È necessario un impegno straordinario per migliorare i livelli di adesione in queste aree. Per quanto riguarda, ad esempio, la ricerca del sangue occulto nelle feci per l’individuazione del tumore del colon-retto si può prevedere il coinvolgimento dei farmacisti. Per colmare il divario territoriale, la nostra società scientifica lancerà nelle prossime settimane una grande campagna di sensibilizzazione rivolta alle Regioni del Sud”.
La burocrazia
Un’altra forte criticità, che rischia di compromettere la qualità delle cure, riguarda gli adempimenti burocratici che assorbono più della metà del tempo di ogni visita oncologica. “Una ricerca svolta in 35 strutture ospedaliere, per un totale di 1469 pazienti visitati, ha mostrato che, durante un appuntamento, per 11 minuti dedicati alla visita della persona, ulteriori 16 vengono spesi per la compilazione di moduli, prenotazione di appuntamenti, visite, esami, letti e poltrone per ricoveri o day hospital, prescrizioni, invio di e-mail – spiega Rossana Berardi, membro del Direttivo Nazionale AIOM -. Un dato che probabilmente è addirittura sottostimato, perché molti centri dedicano giorni fissi a queste attività”. “La scarsità dei clinici è diventata una vera emergenza, causata da molti fattori: la pandemia, il numero chiuso delle Facoltà di Medicina mantenuto per troppi anni, l’alto numero di pensionamenti e il blocco del turnover – continua la Prof.ssa Berardi –. Le Regioni potrebbero affrontare questa situazione e liberare i clinici dalle attività burocratiche. Come AIOM proponiamo un modello di affiancamento di nuovo personale agli oncologi. Figure amministrative e paramediche, biologi o data manager in grado di supportare il personale sanitario durante le visite, per accorciarne la durata e aumentarne il numero. Meno tempo dedicato a compilare moduli significa più ore a disposizione per le visite dei pazienti. Si tratta di una soluzione concreta, con effetti immediati e misurabili sull’emergenza, che comporterebbe una valorizzazione del lavoro del clinico e una ricaduta positiva su tutto il sistema”.
“Il numero chiuso nelle Facoltà di Medicina è stato la regola per anni e oggi ne paghiamo il prezzo – conclude il Presidente Cinieri -. Ci vorranno anni perché i nuovi iscritti possano iniziare a lavorare e a coprire il vuoto che si è creato. Mancano medici di famiglia, professionisti nei Pronto Soccorso e nei reparti ospedalieri, specialisti negli studi. Nei prossimi anni, molti clinici oggi attivi andranno in pensione. È necessario attivarsi con proposte concrete di politica sanitaria. Sollevare i medici dalle attività amministrative permetterebbe di tamponare la situazione prima che si aggravi ulteriormente. Chiediamo maggior attenzione per affrontare la pandemia di cancro, più spazi fisici e più professionisti in staff, comprese figure di aiuto come gli psiconcologi, data manager e case manager”.
Una corretta alimentazione fa bene e fa risparmiare
Alimentazione, Benessere, Stili di vitaUna corretta alimentazione fa bene. Mangiare cibi genuini, non solo fa bene alla salute, ma anche alla tasca e al pianeta. Stando ad uno studio finanziato dal ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica (Mase), seguendo le linee guida per una sana alimentazione si riesce a buttare via meno cibo e a restare di più in salute. I dati dello studio, ideato e coordinato dall’Osservatorio su eccedenze, recuperi e sprechi alimentari (Oersa) del Crea Alimenti e Nutrizione, e portato avanti dalle ricercatrici del Crea Laura Rossi e Federica Gran, sono molto chiari.
ITALIANI POCO ATTENTI
Su un campione di 2.869 maggiorenni in leggera maggioranza femminile (52%) è emerso che circa il 30% degli italiani mostra una scarsa adesione alle raccomandazioni nutrizionali, il 21,5% medio-bassa, il 25,5% bassa e il 24% elevata. Tra i sottogruppi di popolazione, una bassa aderenza è stata riscontrata tra gli uomini (34,4), i giovani (40%) e chi vive in famiglie numerose (42,3%), mentre un’alta aderenza tra le donne (29,6%), i più anziani (34,9%) e chi vive in famiglie con due componenti (29,3%).
RACCOMANDAZIONI
Una successiva analisi più approfondita ha stabilito che esiste un rapporto direttamente proporzionale tra un’elevata conformità alle raccomandazioni (alto Aidgi) e una positiva propensione dei consumatori ad attuare comportamenti che mirano a una riduzione dello spreco alimentare (alto Hfwb). In particolare, circa il 35-40% del campione con maggiore adesione alle raccomandazioni sembra avere anche elevate abilità nel programmare la spesa e l’utilizzo del cibo, nel valutare bene le quantità da cucinare, nell’evitare acquisti di impulso e nel riciclare gli avanzi, prolungando la shelf-life di un prodotto mediante una cucina creativa. Al contrario, chi ha dimostrato di seguire poco o nulla le raccomandazioni sembra non aver ricevuto alcun tipo di educazione a prevenire lo spreco alimentare. Senza contare il fatto che, una sana alimentazione è il primo elemento di una vita in salute.
Parodontite e diabete, legame insospettabile
Benessere, Medicina funzionale, News PresaEsiste un legame tra la parodontite e il diabete. A rivelarlo sono gli specialisti della Società Italiana di Parodontologia e Implantologia (SIdP), che ricordano come gli otto milioni di italiani che in Italia soffrono di parodontite hanno il 20% di probabilità in più di sviluppare anche il diabete. E, per contro, i quattro milioni di italiani con diabete hanno la parodontite tra le complicanze più frequenti.
IL RUOLO DEL DENTISTA
Ecco perché anche il dentista ha un ruolo importante nell’indirizzare il paziente con malattia parodontale ad eseguire un controllo della glicemia e dell’emoglobina glicata con un semplice esame del sangue. Di contro, un primo screening della malattia parodontale dovrebbe far parte della visita diabetologica. La persona con diabete deve essere sensibilizzata dal diabetologo sull’influenza della parodontite sul diabete, sull’importanza di una corretta igiene orale e di una visita parodontale.
GENGIVE SOTTO ATTACCO
Il diabete può danneggiare diversi organi, come cuore, reni e occhi, ma anche i tessuti parodontali, ovvero quelli che avvolgono la radice del e lo sostengono (gengiva e osso alveolare). Per questo, i dentisti possono aiutare a individuare, tra i propri pazienti, quelli più a rischio di sviluppare problemi di metabolismo. Chi ha infiammazione delle gengive deve essere consapevole che può avere un maggior rischio di avere forme di prediabete ancora non diagnosticate.
DIAGNOSI PRECOCE
Per spezzare il circolo vizioso fra diabete e parodontite, la Sidp insieme alla Società Italiana di Diabetologia (Sid) e Associazione Medici Diabetologi (Amd) hanno stabilito i criteri per la diagnosi precoce delle due malattie. Un recente sondaggio dalla Sidp insieme a Keystone ha evidenziato come i documenti elaborati dalle 3 società scientifiche hanno iniziato a diffondersi negli studi dei dentisti. È emerso infatti come il 54% dei parodontologi valuti le condizioni di un possibile prediabete. Allo stesso tempo, il diabetologo, grazie alle raccomandazioni ha ora più consapevolezza su come intercettare precocemente la patologia gengivale, indirizzando il paziente verso i professionisti giusti. Su questi temi, però, è importante che si continui a fare formazione professionale ed educazione.