Tempo di lettura: 5 minutiUn protocollo d’intesa firmato dal CONI, l’Intergruppo parlamentare Obesità e Diabete, FESDI, SID e AMD. L’obiettivo è tutelare la pratica sportiva degli atleti con diabete e la promuovere stili di vita sani attraverso lo sport.
L’attività fisica è alla base della prevenzione e la cura di diabete e obesità. Tuttavia i dati sull’esercizio fisico non sono incoraggianti. Secondo l’ultimo rilevamento di Eurobarometro, nell’Unione europea il 45% non fa mai esercizio fisico e una persona su tre ha livelli insufficienti di attività fisica. Un dato che spiega i milioni di casi di malattie non trasmissibili che peggiorano la salute delle persone e gravano sulle economie dei singoli paesi.
Sport incide su salute ed economia
Con un aumento dell’attività fisica a 150 minuti a settimana, si eviterebbero in Europa 11,5 milioni di nuovi casi di malattie non trasmissibili entro il 2050. A metterlo nero su bianco sono stati l’OMS e l’OCSE nel rapporto congiunto “Step up! Affrontare il peso dell’insufficiente attività fisica in Europa”. Tra le malattie non trasmissibili, 3,8 milioni di casi riguardano le malattie cardiovascolari; 1 milioni il diabete di tipo 2; oltre 400.000 casi includono tumori. In particolare, tra le principali cause di rischio neoplastico, l’obesità è ai primi posti e la glicemia elevata a digiuno al quinto posto. In Italia il costo dell’inattività fisica è stimato a 1,3 miliardi di euro nei prossimi 30 anni.
Alla luce dei dati è stato siglato il protocollo d’intesa per la promozione di stili di vita sani e campagne di sensibilizzazione e di screening sul diabete e l’obesità nel mondo dello sport.
La pratica sportiva gioca un ruolo fondamentale nella prevenzione e nella cura del diabete e dell’obesità. Inoltre è importante superare le discriminazioni e lo stigma che colpiscono le persone affette da queste patologie nella vita sociale, scolastica, lavorativa e sportiva.
Diabete: protocollo per superare discriminazioni
Il protocollo d’intesa impegna CONI, SID e AMD in un programma di cooperazione finalizzato all’elaborazione di progetti. L’obiettivo è promuovere l’attività sportiva, fisica e motoria come strumento di prevenzione. Sensibilizzare l’opinione pubblica rispetto a malattie croniche come diabete e obesità. Promuovere stili di vita sani e iniziative comuni per mettere l’attività fisica e motoria al centro dei processi di cura delle persone con diabete e con obesità. Favorire il pieno inserimento dei pazienti in tutti i contesti della pratica sportiva ed eliminare qualunque forma di discriminazione e diseguaglianza sociale.
Durante la cerimonia, nella Sala della Giunta del CONI al Foro Italico, hanno partecipato il Presidente del CONI Giovanni Malagò, i Presidenti dell’Intergruppo Parlamentare Obesità e Diabete, l’On. Roberto Pella e la Sen. Daniela Sbrollini, il Presidente della SID, Angelo Avogaro, il Presidente dell’AMD, Graziano Di Cianni e gli atleti azzurri Anna Arnaudo e Giulio Gaetani.
Atleti diabetici nei gruppi sportivi militari
“Siamo felici di questa iniziativa – ha detto il Presidente del CONI Giovanni Malagò – per la finalità che si propone di perseguire. Il logo del CONI accanto a quelli della FESDI e dell’Integruppo Parlamentare Obesità e Diabete significa molto, dà forma e contenuto al protocollo d’intesa, unisce le forze per vincere questa sfida. L’attività fisica è il miglior antidoto per la prevenzione e per il contrasto di molte patologie, come evidenziato da numerosi riscontri scientifici. Ci sono casi emblematici di grandi campioni affetti dal diabete, penso tra gli altri al leggendario campione di canottaggio Steve Redgrave, che credo debbano essere un esempio da seguire per comprendere la forza e l’importanza dello sport.
“So che è precluso l’ingresso nei gruppi sportivi militari alle atlete e agli atleti colpiti da questa malattia – continua Malagò – contribuiremo alla sensibilizzazione delle istituzioni preposte per favorire la rimozione di questa limitazione”.
Italiani, 23 milioni in sovrappeso
“I numeri italiani sono impressionanti – dichiara il Presidente di SID, Angelo Avogaro – circa 23 milioni di concittadini sono in sovrappeso e il 12% è obeso. Oggi tutte le malattie croniche non trasmissibili come diabete, malattie cardiovascolari, obesità e tumori sono fortemente legate all’ambiente urbano. L’esercizio fisico è più sporadico se non addirittura assente per la scarsa camminabilità che fa prevalere gli spostamenti in auto o con i mezzi pubblici. Per questo l’ipotesi formulata dal Ministro della Salute, Orazio Schillaci, di inserire l’attività fisica nei Livelli essenziali di assistenza è pienamente condivisibile”.
“Come medici dobbiamo essere i principali promotori di sani stili di vita – aggiunge Graziano Di Cianni, Presidente AMD – soprattutto verso le persone con diabete tipo 2. Infatti, l’obesità è il più importante fattore di rischio. In quest’ottica, preoccupa da anni il dato sull’aumento dell’obesità infantile che, come riportato dall’ultima indagine Siedp, colpisce il 10% dei bimbi (circa 700mila fra i 5 anni e i 15 anni) di questi, oltre 150mila sono obesi gravi.
“La promozione di sani stili di vita, di cui l’attività sportiva è parte integrante, è fondamentale nelle politiche di prevenzione. Dobbiamo agire a partire dai contesti urbani, sportivizzando le città ed agevolando così le persone a svolgere attività fisica”.
Sport accessibile a tutti
“Il nostro impegno comune dovrà mettere in campo azioni e attività a tal punto efficaci da essere in grado di invertire la tendenza dei dati, purtroppo ancora negativi, che il nostro Paese rivela in tema d’inattività fisica e sedentarietà, sovrappeso e obesità, accessibilità e inclusione.” Lo dichiara l’On. Roberto Pella, Presidente dell’Intergruppo Parlamentare “Obesità e Diabete” e Vicepresidente vicario ANCI, che il 28 dicembre 2022 ha presentato una proposta di legge su “Disposizioni per la prevenzione e la cura dell’obesità” con importanti agevolazioni, tra l’altro, per la realizzazione di impianti sportivi aziendali e la deducibilità delle spese per le attività sportive .
“Lo sport è un “farmaco” che non ha controindicazioni e fa bene a tutte le età. Per questo, recentemente ho presentato un disegno di legge, l’Atto del Senato n.135 della XIX Legislatura del 13 ottobre 2022 su “Disposizioni recanti interventi finalizzati all’introduzione dell’esercizio fisico come strumento di prevenzione e terapia all’interno del Servizio sanitario nazionale”, per dare la possibilità a pediatri, medici di medicina generale e specialisti di inserirlo in ricetta medica, così che le famiglie possano usufruire delle detrazioni fiscali.
Lo sport è strumento per investire sul miglioramento del Paese. È importante portare avanti un lavoro comune che consenta il riconoscimento del valore formativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva». Lo dichiara la Sen. Daniela Sbrollini, Presidente Intergruppo parlamentare “Obesità e Diabete” e Vicepresidente della X Commissione del Senato.
Superare lo stigma del diabete
Particolare attenzione ha nel protocollo la lotta allo stigma nei confronti delle persone con diabete. È il caso degli atleti con diabete ai quali è precluso ancora oggi l’accesso ai gruppi sportivi militari. Eppure sono tanti i campioni con diabete di livello internazionale che hanno raggiunto risultati di prestigio.
«Noi atleti con diabete ci troviamo in un limbo, non considerato dalla legge, che ci fa vivere questa esclusione dai gruppi sportivi militari. È una condizione molto discriminante. Può incidere negativamente soprattutto sui più giovani e rendere anche più difficile l’accettazione stessa della malattia. Bisogna superare questo stigma, dando a chi fa dello sport la propria vita la possibilità di ottenere il giusto riconoscimento. Il diabete è una malattia sempre più diffusa: nel tempo, se questa legge non cambierà, la possibilità di entrare in un gruppo sportivo militare sarà preclusa a sempre più persone», dichiara Giulio Gaetani, atleta azzurro di scherma.
«Quando ho scoperto che, per questa clausola sul diabete, non potevo accedere ai gruppi sportivi militari, dopo una prima demoralizzazione, ho sentito che era importante parlare di questa problematica e trovare una soluzione. Il rischio è che da questa situazione, infatti, possa passare un messaggio scorretto, cioè che la persona con diabete non possa fare sport, ed è invece il contrario: sarebbe bene che lo facesse. Va lanciato un messaggio di speranza, affinché le persone con diabete, anche quelle che non aspirano a diventare atleti professionisti, non rinuncino a praticare attività sportiva», dichiara Anna Arnaudo, atleta azzurra di atletica leggera.
Paolo Ascierto: siamo all’inizio di una rivoluzione
News Presa, Ricerca innovazione«Posso dire con orgoglio e non poca commozione che ci troviamo all’inizio di una nuova possibile rivoluzione: un vaccino personalizzato che aiuta l’immunoterapia attualmente in uso e che potrebbe diventare una strategia pan-tumorale, non solo per il melanoma». A dare l’annuncio tramite Facebook è l’oncologo e ricercatore Paolo Ascierto, considerato uno dei massimi esperti di immunoterapia dei tumori a livello internazionale.
LO STUDIO
Lo studio al quale fa riferimento Ascierto si chiama Keynote 942. La grande attesa era per i risultati annunciati ieri all’AACR di Orlando (Florida). È stato Jeff Weber della New York University a mostrare i risultati di questa ricerca relativa alla combinazione del vaccino personalizzato ad mRNA con un farmaco per l’immunoterapia. Obiettivo, compare la combinazione del vaccino a mRNA-con questo farmaco al solo impiego del farmaco per immunoterapia.
OTTIMI RISULTATI
Sul social Ascierto spiega che sono stati arruolati 157 pazienti, di cui 107 trattati con il vaccino a mRNA in combinazione. La sopravvivenza senza ricadute a 18 mesi è stata del 78.6 per cento nel gruppo della combinazione contro il 62.2% nel gruppo della monoterapia. La combinazione ha evidenziato una riduzione statisticamente significativa del rischio di recidiva o morte del 44 per cento. Inoltre, il profilo di tossicità della combinazione è stato molto simile a quello della monoterapia.
PERSONALIZZATI
Per produrre questi vaccini, scrive il ricercatore, si prende un pezzo di tessuto tumorale del paziente e si invia presso un laboratorio specializzato dove viene processato. Un algoritmo particolare a questo punto seleziona diversi neoantigeni (molecole riconosciute estranee dall’organismo e tipiche di quel particolare tumore e di quella particolare persona), scegliendo quelli che potrebbero generare una maggior risposta immunologica. Su questi, viene sviluppato l’Rna messaggero che diventerà il vaccino vero e proprio. Questi dati ci fanno ben sperare per un altro studio a cui, come Pascale, stiamo partecipando: lo studio della Evaxion. Terapie che potrebbero portare a cure prima impensabili.
Moglie e marito ricevono parte di fegato dai figli
Associazioni pazienti, Medicina Sociale, News PresaDue figli, due donazioni per certi versi inattese. È una bella storia di generosità e coraggio quella che arriva dalla Lombardia, dove una mamma e un papà hanno ricevuto in dono la vita dai loro stessi figli. Andiamo con ordine. È il 2006 quando papà Antonio riceve da uno dei suoi figli parte del fegato. Un intervento di trapianto eseguito con successo all’ospedale Niguarda. A distanza di 17 anni anche a mamma Anna, colpita da una malattia, serve un trapianto di parte del fegato. E, nel suo caso, sono stati gli altri due figli della coppia ad offrirsi come possibili donatori.
CORAGGIO
In poco meno di due mesi, l’équipe della Chirurgia Generale e dei Trapianti dell’Ospedale Niguarda termina lo studio di compatibilità dei due ragazzi per stabilire quale dei due fosse il candidato più idoneo. Il team del Niguarda viene affiancato, vista la situazione più che particolare, dal Centro Regionale Trapianti e dal Tribunale di Milano. E ben presto il gesto d’altruismo si trasforma in realtà. Viene effettuato il secondo trapianto. Luciano De Carlis, direttore del Niguarda Transplant Center che è anche presidente della Società Italiana dei Trapianti d’Organo, parla del gesto di una famiglia meravigliosa. Una famiglia che rappresenta per tutti un grande esempio di coraggio, altruismo e fiducia.
DONAZIONE
Nei giorni scorsi si è celebrata la Giornata Nazionale della Donazione di organi. Ma qual è la situazione in Italia? A quanto pare la donazioni di organi, tessuti e cellule è tornata ai livelli di prima della pandemia. Una buona notizia che arriva dal report del Centro nazionale trapianti, che traccia un bilancio estremamente positivo. Dopo la brusca frenata del 2020, quando l’impatto della prima ondata del Covid aveva portato a un calo complessivo del 10%, la Rete trapianti è riuscita a riorganizzare la propria attività nel nuovo contesto dell’emergenza e a recuperare completamente.
Vaccini contro il cancro, una notizia che cambia tutto
Economia sanitaria, News Presa, Ricerca innovazioneVaccini contro diverse forme di cancro e contro l’infarto arriveranno entro il 2030. Un passo che sino ad oggi sembrava fantascienza è insomma a portata di mano. La notizia ha già fatto il giro del mondo, ripreso da testate di primissimo piano con il Guardian. L’annuncio è stato fatto da Moderna, che dopo i vaccini anti-Covid, sta lavorando a quelli contro il virus sinciziale e contro il melanoma.
I PROGRESSI
A rendere possibile l’impossibile è stato il progresso scientifico realizzato in tempo di pandemia. La lotta contro il Covid, l’enorme spesa per lo sviluppo di vaccini a mRna e la condivisione delle scoperte, ha portato l’umanità a fare in questo campo un balzo in avanti di 15 anni in soli 12 mesi. Ne è convinto Paul Burton, direttore sanitario di Moderna, che al Guardian ha annunciato che l’azienda potrà offrire questi vaccini in appena cinque anni. E quelli che arriveranno, spiega Burton saranno molto efficaci, e potranno salvare centinaia di migliaia se non milioni di vite.
COME FUNZIONERANNO
Semplificando, si può dire che la tecnologia alla base di questi vaccini a mRna contro il cancro seguirà diversi step: il primo passo sarà una biopsia sulle cellule tumorali per identificare le mutazioni non presenti nelle cellule sane. Secondo passo, un algoritmo identificherà quali mutazioni stanno determinando la crescita del tumore. Poi sarà creata una molecola di Rna messaggero (mRna) con le istruzioni per produrre gli antigeni che causeranno una risposta immunitaria. La mRna, una volta iniettata, si tradurrà in parti di proteine identiche a quelle presenti nelle cellule tumorali. Le cellule immunitarie li incontreranno e distruggono le cellule tumorali che trasportano le stesse proteine. Se queste premesse dovessero tradursi in realtà ben presto malattie oggi incurabili potrebbero essere sconfitte
Diabete, firmato accordo. Malagò: sport è prevenzione
Medicina Sociale, Prevenzione, SportUn protocollo d’intesa firmato dal CONI, l’Intergruppo parlamentare Obesità e Diabete, FESDI, SID e AMD. L’obiettivo è tutelare la pratica sportiva degli atleti con diabete e la promuovere stili di vita sani attraverso lo sport.
L’attività fisica è alla base della prevenzione e la cura di diabete e obesità. Tuttavia i dati sull’esercizio fisico non sono incoraggianti. Secondo l’ultimo rilevamento di Eurobarometro, nell’Unione europea il 45% non fa mai esercizio fisico e una persona su tre ha livelli insufficienti di attività fisica. Un dato che spiega i milioni di casi di malattie non trasmissibili che peggiorano la salute delle persone e gravano sulle economie dei singoli paesi.
Sport incide su salute ed economia
Con un aumento dell’attività fisica a 150 minuti a settimana, si eviterebbero in Europa 11,5 milioni di nuovi casi di malattie non trasmissibili entro il 2050. A metterlo nero su bianco sono stati l’OMS e l’OCSE nel rapporto congiunto “Step up! Affrontare il peso dell’insufficiente attività fisica in Europa”. Tra le malattie non trasmissibili, 3,8 milioni di casi riguardano le malattie cardiovascolari; 1 milioni il diabete di tipo 2; oltre 400.000 casi includono tumori. In particolare, tra le principali cause di rischio neoplastico, l’obesità è ai primi posti e la glicemia elevata a digiuno al quinto posto. In Italia il costo dell’inattività fisica è stimato a 1,3 miliardi di euro nei prossimi 30 anni.
Alla luce dei dati è stato siglato il protocollo d’intesa per la promozione di stili di vita sani e campagne di sensibilizzazione e di screening sul diabete e l’obesità nel mondo dello sport.
La pratica sportiva gioca un ruolo fondamentale nella prevenzione e nella cura del diabete e dell’obesità. Inoltre è importante superare le discriminazioni e lo stigma che colpiscono le persone affette da queste patologie nella vita sociale, scolastica, lavorativa e sportiva.
Diabete: protocollo per superare discriminazioni
Il protocollo d’intesa impegna CONI, SID e AMD in un programma di cooperazione finalizzato all’elaborazione di progetti. L’obiettivo è promuovere l’attività sportiva, fisica e motoria come strumento di prevenzione. Sensibilizzare l’opinione pubblica rispetto a malattie croniche come diabete e obesità. Promuovere stili di vita sani e iniziative comuni per mettere l’attività fisica e motoria al centro dei processi di cura delle persone con diabete e con obesità. Favorire il pieno inserimento dei pazienti in tutti i contesti della pratica sportiva ed eliminare qualunque forma di discriminazione e diseguaglianza sociale.
Durante la cerimonia, nella Sala della Giunta del CONI al Foro Italico, hanno partecipato il Presidente del CONI Giovanni Malagò, i Presidenti dell’Intergruppo Parlamentare Obesità e Diabete, l’On. Roberto Pella e la Sen. Daniela Sbrollini, il Presidente della SID, Angelo Avogaro, il Presidente dell’AMD, Graziano Di Cianni e gli atleti azzurri Anna Arnaudo e Giulio Gaetani.
Atleti diabetici nei gruppi sportivi militari
“Siamo felici di questa iniziativa – ha detto il Presidente del CONI Giovanni Malagò – per la finalità che si propone di perseguire. Il logo del CONI accanto a quelli della FESDI e dell’Integruppo Parlamentare Obesità e Diabete significa molto, dà forma e contenuto al protocollo d’intesa, unisce le forze per vincere questa sfida. L’attività fisica è il miglior antidoto per la prevenzione e per il contrasto di molte patologie, come evidenziato da numerosi riscontri scientifici. Ci sono casi emblematici di grandi campioni affetti dal diabete, penso tra gli altri al leggendario campione di canottaggio Steve Redgrave, che credo debbano essere un esempio da seguire per comprendere la forza e l’importanza dello sport.
“So che è precluso l’ingresso nei gruppi sportivi militari alle atlete e agli atleti colpiti da questa malattia – continua Malagò – contribuiremo alla sensibilizzazione delle istituzioni preposte per favorire la rimozione di questa limitazione”.
Italiani, 23 milioni in sovrappeso
“I numeri italiani sono impressionanti – dichiara il Presidente di SID, Angelo Avogaro – circa 23 milioni di concittadini sono in sovrappeso e il 12% è obeso. Oggi tutte le malattie croniche non trasmissibili come diabete, malattie cardiovascolari, obesità e tumori sono fortemente legate all’ambiente urbano. L’esercizio fisico è più sporadico se non addirittura assente per la scarsa camminabilità che fa prevalere gli spostamenti in auto o con i mezzi pubblici. Per questo l’ipotesi formulata dal Ministro della Salute, Orazio Schillaci, di inserire l’attività fisica nei Livelli essenziali di assistenza è pienamente condivisibile”.
“Come medici dobbiamo essere i principali promotori di sani stili di vita – aggiunge Graziano Di Cianni, Presidente AMD – soprattutto verso le persone con diabete tipo 2. Infatti, l’obesità è il più importante fattore di rischio. In quest’ottica, preoccupa da anni il dato sull’aumento dell’obesità infantile che, come riportato dall’ultima indagine Siedp, colpisce il 10% dei bimbi (circa 700mila fra i 5 anni e i 15 anni) di questi, oltre 150mila sono obesi gravi.
“La promozione di sani stili di vita, di cui l’attività sportiva è parte integrante, è fondamentale nelle politiche di prevenzione. Dobbiamo agire a partire dai contesti urbani, sportivizzando le città ed agevolando così le persone a svolgere attività fisica”.
Sport accessibile a tutti
“Il nostro impegno comune dovrà mettere in campo azioni e attività a tal punto efficaci da essere in grado di invertire la tendenza dei dati, purtroppo ancora negativi, che il nostro Paese rivela in tema d’inattività fisica e sedentarietà, sovrappeso e obesità, accessibilità e inclusione.” Lo dichiara l’On. Roberto Pella, Presidente dell’Intergruppo Parlamentare “Obesità e Diabete” e Vicepresidente vicario ANCI, che il 28 dicembre 2022 ha presentato una proposta di legge su “Disposizioni per la prevenzione e la cura dell’obesità” con importanti agevolazioni, tra l’altro, per la realizzazione di impianti sportivi aziendali e la deducibilità delle spese per le attività sportive .
“Lo sport è un “farmaco” che non ha controindicazioni e fa bene a tutte le età. Per questo, recentemente ho presentato un disegno di legge, l’Atto del Senato n.135 della XIX Legislatura del 13 ottobre 2022 su “Disposizioni recanti interventi finalizzati all’introduzione dell’esercizio fisico come strumento di prevenzione e terapia all’interno del Servizio sanitario nazionale”, per dare la possibilità a pediatri, medici di medicina generale e specialisti di inserirlo in ricetta medica, così che le famiglie possano usufruire delle detrazioni fiscali.
Lo sport è strumento per investire sul miglioramento del Paese. È importante portare avanti un lavoro comune che consenta il riconoscimento del valore formativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva». Lo dichiara la Sen. Daniela Sbrollini, Presidente Intergruppo parlamentare “Obesità e Diabete” e Vicepresidente della X Commissione del Senato.
Superare lo stigma del diabete
Particolare attenzione ha nel protocollo la lotta allo stigma nei confronti delle persone con diabete. È il caso degli atleti con diabete ai quali è precluso ancora oggi l’accesso ai gruppi sportivi militari. Eppure sono tanti i campioni con diabete di livello internazionale che hanno raggiunto risultati di prestigio.
«Noi atleti con diabete ci troviamo in un limbo, non considerato dalla legge, che ci fa vivere questa esclusione dai gruppi sportivi militari. È una condizione molto discriminante. Può incidere negativamente soprattutto sui più giovani e rendere anche più difficile l’accettazione stessa della malattia. Bisogna superare questo stigma, dando a chi fa dello sport la propria vita la possibilità di ottenere il giusto riconoscimento. Il diabete è una malattia sempre più diffusa: nel tempo, se questa legge non cambierà, la possibilità di entrare in un gruppo sportivo militare sarà preclusa a sempre più persone», dichiara Giulio Gaetani, atleta azzurro di scherma.
«Quando ho scoperto che, per questa clausola sul diabete, non potevo accedere ai gruppi sportivi militari, dopo una prima demoralizzazione, ho sentito che era importante parlare di questa problematica e trovare una soluzione. Il rischio è che da questa situazione, infatti, possa passare un messaggio scorretto, cioè che la persona con diabete non possa fare sport, ed è invece il contrario: sarebbe bene che lo facesse. Va lanciato un messaggio di speranza, affinché le persone con diabete, anche quelle che non aspirano a diventare atleti professionisti, non rinuncino a praticare attività sportiva», dichiara Anna Arnaudo, atleta azzurra di atletica leggera.
Sindromi spettro autistico nelle donne, scoperta cura
Ricerca innovazioneUna nuova terapia potrebbe bloccare le sindromi dello spettro autistico nelle donne. Il risultato arriva da uno studio realizzato presso la Fondazione Santa Lucia IRCCS in collaborazione con l’Istituto di farmacologia traslazionale del Consiglio nazionale delle ricerche.
Lo studio
Uno studio ha individuato, in modelli sperimentali, possibili strategie terapeutiche per sindromi autistiche esclusivamente presenti nel genere femminile, che appaiono legate ad anomalie anatomiche e funzionali dell’ippocampo.
I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica del gruppo Nature Translational Psychiatry. La ricerca è stata coordinata dalla neurobiologa e ricercatrice del Cnr-Ift Annabella Pignataro, e condotta sotto la supervisione della direttrice del Laboratorio di psicobiologia della Fondazione Santa Lucia, Martine Ammassari-Teule.
Disturbo dello spettro autistico nelle donne
Il disturbo dello spettro autistico (ASD) è un disturbo del neurosviluppo che si manifesta con un rapporto di prevalenza maschi-femmine di 4:1. Un dato che ha portato la ricerca a concentrarsi sulle sindromi autistiche del genere maschile. Negli ultimi anni, le ricerche hanno fatto progressi sulla caratterizzazione di geni detti di “suscettibilità”, le cui alterazioni sono associate alla manifestazione di comportamenti autistici.
“Un ruolo chiave è stato attribuito ai geni implicati nella formazione e nel corretto funzionamento delle sinapsi eccitatorie ed inibitorie: alterazioni di tali geni determinano uno squilibrio nel bilancio eccitazione/inibizione”, spiega Pignataro (Cnr-Ift). “Lo studio è stato, pertanto, condotto utilizzando un modello sperimentale in cui la mutazione del gene proautofagico Ambra altera il bilancio eccitazione/inibizione e produce un fenotipo autistico esclusivamente nel genere femminile.
Il meccanismo attraverso il quale la mutazione contribuisce all’insorgenza della sindrome risiede nell’insufficienza dei processi autofagici, ossia quelle funzioni attraverso le quali le cellule si liberano degli scarti metabolici”.
La scoperta
Il team ha scoperto che, attraverso innovative tecniche di manipolazione dell’eccitabilità neuronale è possibile intervenire e ristabilire il corretto equilibrio tra inibizione ed eccitazione nei circuiti neurali dell’ippocampo. Quest’ultima è una regione cerebrale adibita ai processi di memoria e di apprendimento e al comportamento sociale.
Le tecniche di manipolazione dell’eccitabilità neuronale sono dette anche di chemogenetica o DREADDs. Una tecnica che, attraverso vettori virali, inserisce dei recettori sulla membrana della cellula target, in questo caso il neurone, stimolando o inibendo l’attività cellulare.
“Oltre a ripristinare normali livelli di eccitabilità nei neuroni ippocampali, questa tecnica si è rivelata in grado di contrastare i disturbi neuronali caratteristici dell’autismo. Di ristabilire la plasticità sinaptica ed i livelli dei recettori degli estrogeni in ippocampo. E soprattutto di prevenire l’insorgenza di comportamenti disfunzionali nell’ambito dell’interazione sociale e dell’attenzione. Un risultato che apre nuove e concrete prospettive per trattamenti specificamente progettati per le donne autistiche. ”, conclude la ricercatrice Cnr-Ift.
Il risultato è frutto di un progetto finanziato dalla “Brain and Behavior Research Foundation” che ha coinvolto, oltre a Cnr-Ift e Fondazione Santa Lucia IRCCS, diversi poli regionali quali il gruppo di ricerca del Prof. Francesco Cecconi (Università di Tor Vergata, IRCCS Ospedale Bambin Gesù), del Prof. Marcello D’Amelio (Campus Biomedico) e della Prof.ssa Rossella Ventura (Università Sapienza).
Coppetta mestruale, sostenibile e fa risparmiare
Stili di vitaLa coppetta mestruale è un’alternativa agli assorbenti e tamponi usa e getta. Fa risparmiare, riduce il rischio di allergie ed è sostenibile per l’ambiente. Ad oggi il consumo è in crescita. Secondo un sondaggio di Intimina, il 90% le consiglierebbe a un’amica o a un familiare. Tuttavia, dai dati emerge anche una mancanza d’informazione completa per il 49%. Manuela FARRIS, ginecologa per Intimina, fa luce sull’argomento.
“Stupisce sempre la reazione quando spiego la quantità complessiva di flusso mestruale che una donna registra per tutta la durata del ciclo – sottolinea la ginecologa. Se si tratta di un flusso normale la quantità corrisponde a circa 35-40 ml che rispettivamente corrisponde a una media di 2-3 o al massimo a 5-6 cucchiai nei casi più abbondanti”.
“Quello dei cucchiai – continua – è un parametro poco diffuso ma aiuta molto le pazienti a rendersi conto della reale quantità di flusso e a comprendere come una coppetta possa essere rimossa dopo 8-10 ore, valutando la tipologia migliore di coppette a disposizione a seconda del flusso. Il nome stesso della coppetta spiega la sua funzione di raccogliere e non assorbire: questa la principale differenza con gli assorbenti esterni, interni o lavabili che riserva una serie di vantaggi quali la minore necessità di cambiarsi e la mancanza di sviluppo di allergie in chi ha già avuto reazioni allergiche agli assorbenti”.
Coppetta mestruale sostenibile e fa risparmiare
I risultati dell’indagine recente di Intimina (su 1030 intervistati), confermano che una delle motivazioni per cui si sceglie di utilizzare la coppetta è la sostenibilità. Il 40% delle intervistate, infatti, afferma di voler ridurre i propri rifiuti mestruali personali. Una scelta green, considerando che in media una donna nella propria vita utilizza più di 11.000 prodotti mestruali usa e getta e che ci vogliono centinaia di anni perché questi rifiuti si decompongano.
Uno dei motivi legato alla scelta della coppetta mestruale è il risparmio, confermato dal 20% delle intervistate. Le coppette mestruali possono essere riutilizzate fino a 10 anni, con un notevole risparmio rispetto ai costi mensili dei prodotti usa e getta. È stato chiesto alle intervistate come userebbero il denaro risparmiato, ed è emersa la preferenza per viaggi, cibo e gite (46%), esperienze divertenti (26%), vestiti, bellezza e cura della pelle (16%). Altre hanno spiegato che avrebbero utilizzato i risparmi per saldare debiti, donare in beneficenza, hobby e istruzione o per i propri figli.
Meno sostanze chimiche
C’è anche una fetta di intervistate (22%) che, preoccupate di utilizzare prodotti sicuri e privi di sostanze chimiche per il loro corpo, hanno scelto di passare alle coppette. Inoltre, le coppette mestruali possono essere indossate durante tutte le attività fisiche, compreso il nuoto, senza il rischio di perdite. Persistono ancora le domande comuni legate all’utilizzo della coppetta, sulle quali l’indagine ha voluto approfondire. Tra queste c’è la preoccupazione di come inserire o rimuovere una coppetta (9%), ma soprattutto come posizionarla correttamente per evitare perdite (23%).
Il 17% ha dichiarato di essere riuscita a inserirla correttamente al primo tentativo, mentre per il 29% ci sono voluti diversi giorni e il 26% dopo più di due cicli ha imparato bene come fare.
Una settimana di visite gratuite per le donne
Benessere, News Presa, One healthUna settimana per sostenere la prevenzione in favore delle donne e fare informazione. A partire da sabato 22 aprile, giornata nazionale della salute della donna, tornano le iniziative promosse dalla Fondazione Onda (Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere). Prende nuovamente vita l’open week durante la quale sarà possibile fruire di visite gratis in oltre 250 ospedali Bollini rosa.
IL NETWORK
Le strutture del network Bollini rosa che hanno aderito alla Open Week offriranno gratuitamente servizi clinici, diagnostici e informativi in presenza e a distanza nelle aree specialistiche di cardiologia, colonproctologia, dermatologia, diabetologia, dietologia e nutrizione, endocrinologia e malattie del metabolismo, ginecologia e ostetricia, medicina della riproduzione, neurologia, oncologia ginecologica, oncologia medica, pneumologia, psichiatria, reumatologia, senologia, urologia e nell’ambito dei percorsi dedicati alla violenza sulla donna. L’iniziativa è sostenuta da diversi sponsor e patrocinata dalle società scientifiche delle diverse discipline.
COME PRENOTARE
Ma quali sono i servizi offerti? Per scoprirlo basta accedere al sito bollini rosa, dove si trovano anche indicazioni su date, orari e modalità di prenotazione. E’ possibile selezionare la regione e la provincia di interesse, per visualizzare l’elenco degli ospedali aderenti e consultare i servizi offerti. L’iniziativa, e il suo successo, ricorda a tutti quanto sia fondamentale continuare a occuparsi della salute femminile come valore in sé e come valore sociale, invitando tutti gli attori coinvolti ad agire sempre più concretamente.
Sudorazione eccessiva, falsi miti sull’iperidrosi
Benessere, Medicina funzionale, News PresaL’iperidrosi, ossia la sudorazione eccessiva, è stata fino ad oggi sottostimata. Lo mette in luce la SIDeMaST, che ha coinvolto una rete di professionisti per dare risposte a chi fa i conti con questo disagio. Infatti, si tratta a tutti gli effetti di una malattia che impatta sulla qualità di vita.
Ad oggi non esistono linee guida per la gestione terapeutica del paziente. La Società ha creato anche una rete di professionisti specializzati coordinati dalla Prof.ssa Anna Campanati. “La prevalenza della patologia è sottostimata per la reticenza dei pazienti che fino ad oggi non avevano punti di riferimento, né risposte terapeutiche efficaci – ribadisce la SIDeMaST. Oggi con una terapia locale approvata dall’AIFA gli effetti durano fino a 76 settimane e il 60% dei pazienti riferisce che la propria vita è cambiata in meglio”.
Sudorazione eccessiva, rimedi ci sono
“È in atto una vera e propria rivoluzione nel campo dell’iperidrosi, soprattutto perché oggi esistono terapie straordinariamente efficaci e sicure – spiega Anna Campanati, Professore Associato presso la Clinica Dermatologica dell’Università Politecnica delle Marche e Membro del Comitato Scientifico della SIDeMaST – come Società scientifica e come esperti nel campo dell’iperidrosi vogliamo far maturare la consapevolezza nei clinici che si è arrivati al punto di svolta.
Per questo motivo abbiamo promosso una operazione ‘culturale’ e conoscitiva verso tutti i dermatologi italiani per evidenziare non solo la problematica ma anche e soprattutto le novità terapeutiche”.
Iperidrosi, problema sommerso
L’iperidrosi è definita un problema sommerso per una serie di motivi. Il primo è che mancano studi epidemiologici reali sulla malattia la cui prevalenza dell’1-3% è sottostimata. Si tratta di un disturbo funzionale cronico causato da un’alterata regolazione del sistema nervoso simpatico che porta ad una produzione di sudore eccessiva che supera i bisogni fisiologici per la termoregolazione. Colpisce in egual misura uomini e donne e il 25% dei pazienti ha una storia familiare. Si manifesta in genere prima dei 25 anni ma può fare la sua comparsa anche in età scolare. È sottostimata perché il 55% dei pazienti non si rivolge al medico in quanto si auto-stigmatizza, pensando di avere un “difetto estetico” e non un vero e proprio problema di salute. Inoltre, mancando fino ad oggi la consapevolezza di chi sia lo specialista di riferimento e la disponibilità di armi terapeutiche efficaci, il paziente non riusciva ad ottenere un inquadramento clinico e terapeutico adeguato.
Ad aggravare la situazione una serie di falsi miti, tra i quali le soluzioni proposte dal web, dove si trovano prodotti irritanti spesso gravati da effetti collaterali.
Fino ad oggi per il trattamento dell’iperidrosi esistevano poche armi; la prima linea era rappresentata dagli antitraspiranti topici, prodotti irritanti e non efficaci in quanto bloccano l’escrezione invece di agire sullo stimolo. Questi prodotti contengono cloruro di alluminio che a contatto con l’acqua, componente prevalente del sudore, dà origine ad una reazione acida irritante.
La seconda linea di trattamento era rappresentata dalla tossina botulinica che è molto costosa, oltre ad essere utilizzata da pochissimi specialisti come super trattamento di uso non comune. Discorso analogo per la simpaticectomia toracica post gangliare, un intervento chirurgico cui si ricorre in casi estremi.
Nuove soluzioni per la sudorazione eccessiva
“Quest’anno – afferma la Prof. Campanati – sulla scia di quanto avvenuto in Germania è stata approvata anche in Italia dall’AIFA una terapia topica a base di glicopirronio bromuro all’1 per cento che fa sperare in una vera rivoluzione nel trattamento dell’iperidrosi. Dopo 8 giorni infatti la terapia è già in grado di ridurre la produzione del sudore. I dati a lungo termine emersi dagli studi di matrice teutonica hanno dimostrato che questo effetto è mantenuto nel tempo fino a 76 settimane ed è privo di effetti collaterali perché agisce sui recettori dell’acetilcolina, neurotrasmettitore che stimola la secrezione delle nostre ghiandole sudoripare innervate da fibre colinergiche del sistema nervoso simpatico. Bloccando i recettori dell’acetilcolina si blocca quindi l’input della sudorazione. Il meccanismo – prosegue – è analogo a quello della tossina botulinica che però è una molecola di grandi dimensioni, per cui se applicata sulla pelle non penetra e non raggiunge la terminazione nervosa. Questo anticolinergico invece ha un peso molecolare piccolo e una volta applicato sulla cute penetra all’interno raggiungendo la terminazione nervosa che blocca il meccanismo. Al tempo stesso non entra in circolo nel sangue, quindi non si verificano effetti sistemici”.
Anche l’impatto sulla qualità della vita è notevole: “L’aderenza al trattamento è garantita dal fatto che basta applicare la terapia due volte alla settimana – conclude la Prof. Campanati – i risultati fino ad ora ci dicono anche che il 60% dei pazienti trattati ha dichiarato che la sua vita è cambiata in meglio. E tra questi ce ne sono tanti che purtroppo in passato hanno dovuto effettuare scelte di vita e lavorative diverse rispetto ai propri desideri proprio perché condizionati per anni dalla malattia”.
Iperidrosi, gli esperti sfatano i falsi miti
1. Il sudore in eccesso delle persone con iperidrosi non ha un cattivo odore. L’acqua prodotta in abbondanza ha l’effetto di un lavaggio che rimuove i batteri che causano il cattivo odore;
2. Non esistono detergenti che riducono la sudorazione;
3. L’alimentazione non aumenta né riduce la sudorazione eccezion fatta per alcuni cibi piccanti;
4. La rasatura non migliora la situazione, la presenza dei peli è ininfluente sulla produzione del sudore;
5. Non è una patologia estiva, si suda allo stesso modo in inverno e in estate;
6. Non si suda perché si è ansiosi ma si diventa ansiosi perché si suda. Per cui al massimo nasce una ansia anticipatoria;
7. Non bisogna vergognarsi perché è un disturbo funzionale, non un difetto. In caso di familiarità i genitori devono fare attenzione al bambino iperidrotico che potrebbe auto-stigmatizzarsi.
Nutripiatto, un programma per l’alimentazione dei bambini
Bambini, News Presa, PediatriaL’alimentazione dei nostri figli e corretta? È una domanda che si pongono molti genitori, che spesso hanno il timore di non supportare adeguatamente la crescita dei piccoli di casa. Un tema non banale, visto che in Italia sono molti i bambini che risultano in sovrappeso o addirittura obesi. Insomma, un problema tanto sentito che oggi anche le multinazionali stanno dedicando attenzione alla questione, cercando di mettere in campo iniziative e programmi volti a migliorare la consapevolezza e l’educazione alimentare.
IL PROGRAMMA
Tra le diverse iniziative, il programma Nutripiatto (della svizzera Nestlé) è stato riconosciuto come valido strumento di educazione alimentare grazie ai risultati dell’indagine svolta dall’Università Campus Bio-Medico di Roma su 115 bambini tra 4 e 5 anni di età, pubblicati a marzo sulla rivista Plos One. Se utilizzato in modo appropriato e combinato con interventi di educazione alimentare tenuti da esperti in contesto scolastico – spiega la multinazionale in una nota – il programma nutrizionale può apportare, man mano, piccoli cambiamenti nella corretta nutrizione e responsabilizzare le famiglie a fare scelte alimentari più sane in termini di qualità, quantità e frequenza di consumo degli alimenti.
RISULTATI
Laura De Gara, presidente del corso di laurea magistrale in Scienze dell’alimentazione e della nutrizione dell’Università Campus Bio-Medico di Roma, spiega che ad un mese dall’utilizzo di Nutripiatto e in seguito agli incontri didattici a scuola con genitori e bambini è aumentata l’aderenza dei bambini alle linee guida nutrizionali in termini di porzione di proteine animali assunte. Ad esempio, la percentuale di bambini che consumavano pesce in quantità corretta è aumentata dal 18,5% al 64% e la percentuale dei bambini che bevevano 6 o più bicchieri d’acqua al giorno è aumentata dal 21% al 51%. Al contempo, un numero significativo di bambini ha notevolmente ridotto il consumo di patatine fritte, bevande analcoliche e si è rilevato anche un incremento nel consumo dei vegetali per il 76% dei bambini.
Carenza di medici, ecco cosa accadrà al numero chiuso
News PresaLa carenza di medici è ormai un problema noto, nonostante questo non c’è alcuna intenzione di superare il numero chiuso a medicina e a quanto pare il problema più sentito dal Governo riguarda gli infermieri. Stando a quanto dichiarato al Tg1 dal ministro Schillaci, infatti, si andrà verso un ampliamento e già da quest’anno il numero di posti aumenterà del 20 o 30%. Tuttavia il ministro della salute ha spiegato che «la vera carenza, che non è solo italiana, è sugli infermieri. Sui medici abbiamo una gobba pensionistica, ma in realtà non mancano così tanti medici. Verrà aumentato il numero degli iscritti a medicina ma i risultati si vedranno tra 6-8 anni». Quindi «dobbiamo agire per far tornare i medici nel pubblico rendendo più attrattivo il Ssn. Sugli infermieri stiamo cercando soluzioni».
I DATI
Le dichiarazioni del ministro Schillaci sembrano trovare conferma nei dati dell’ultimo rapporto Sanità del Centro per la Ricerca Economica Applicata in Sanità dell’Università di Roma Tor Vergata. Stando a quanto riportato, per allinearsi al livello di altri Paesi europei di riferimento, in Italia servirebbero almeno 30.000 medici e 250.000 infermieri. Per colmare questa carenza, il nostro Paese dovrebbe investire 30,5 miliardi di euro, tenendo conto del maggiore bisogno di personale sanitario causa dell’età media più alta della popolazione italiana. In Italia, nella sanità pubblica, ci sono 3,9 medici per 1.000 abitanti contro i 3,8 della media di Francia, Germania, Regno Unito e Spagna: ma, correggendo per l’età media della popolazione (in riferimento all’elevata presenza di over 75 nel nostro Paese rispetto ad altri), a mancare sarebbero 30.000 medici.
BUROCRAZIA ZERO
Una delle categorie al centro della riorganizzazione del sistema sanitario nazionale è quella dei medici di medicina generale. Il ministro Schillaci nei giorni scorsi ha sottolineato come, sin da subito, ci sia stato un continuo rapporto con i rappresentanti dei medici di medicina generale. Medici che sono “indispensabili nella governance della sanità pubblica. Il carico di adempimenti burocratici per i medici di medicina generale sarà diminuito. Senza questo fardello, avranno più tempo da dedicare ai loro pazienti. Per raggiungere questo obiettivo stiamo lavorando a un provvedimento legislativo che presto sarà pronto e che riguarderà anche il ruolo cruciale delle farmacie. Con i medici di medicina generale stiamo anche trovando delle formule grazie alle quali i medici più giovani, i neo assunti, possano collaborare con le case di comunità”.