Tempo di lettura: 4 minutiIl diabete è una delle più diffuse malattie croniche non trasmissibili. Si tratta di una patologia complessa che necessita di un approccio multidisciplinare. La prevalenza è in continua crescita, tanto da essere identificato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) quale priorità globale per tutti i sistemi sanitari, compreso quello italiano.
Per questo motivo “è il momento che il diabete sia posto come un tema centrale per la politica tutta e per le Istituzioni”- sottolinea la Sid. Da questo proposito muove, infatti, la Campagna di screening e prevenzione del diabete, realizzata a livello istituzionale, in collaborazione tra l’Intergruppo Parlamentare Obesità e Diabete e la FESDI, Federazione delle Società Scientifiche di Diabetologia, costituita da SID – Società Italiana di Diabetologia e AMD – Associazione Medici Diabetologici.
L’iniziativa per sensibilizzare sul diabete
Si è chiusa oggi presso la Camera dei Deputati, negli ambulatori medici di Palazzo Montecitorio, una due giorni di screening del diabete che ha coinvolto proprio gli onorevoli parlamentari. Un gesto di prevenzione per promuovere questa cultura, e sostenere la lotta al diabete, portando il tema al centro dell’opinione pubblica e dell’agenda istituzionale.
La due giorni di screening si è svolta su iniziativa dell’On. Roberto Pella, Presidente dell’Intergruppo Parlamentare Obesità e Diabete e Vice Presidente Vicario di ANCI, con la collaborazione di SID e AMD e del servizio medico della stessa Camera dei Deputati. L’iniziativa ha costituito un importante momento di sensibilizzazione e di stimolo per il Parlamento affinché il tema del diabete sia posto saldamente tra le priorità legislative della presente legislatura.
I numeri del diabete
Ad oggi nel mondo si stimano oltre 500 milioni di adulti con diabete, numero destinato ad aumentare a 640 milioni nel 2030. In Europa il diabete interessa circa 60 milioni di adulti. Gli italiani con diabete sono circa 4 milioni. Si stima che ci sia un altro milione di persone nel nostro Paese con questa malattia senza che essa sia mai stata diagnosticata. Recenti evidenze fanno temere un ulteriore significativo aumento della prevalenza della malattia legato alle conseguenze della pandemia COVID-19. Esperienza, quella della pandemia, che ha fatto emergere peraltro una serie di criticità del sistema, acuite dalla riduzione nei volumi di attività diagnostica e, più in generale, dalla diminuzione della popolazione assistita in diabetologia.
La Missione 6 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza dedica un ampio spazio alla riorganizzazione dell’assistenza ospedaliera e territoriale. Il fine è rispondere alle criticità che la pandemia ha reso ancora più evidenti, e che potrebbero aggravarsi a causa dell’accresciuta domanda di salute derivante dal trend demografico, epidemiologico e sociale.
Il coordinamento del modello di presa in carico da parte del diabetologo, una compiuta integrazione fra Strutture Diabetologiche e Medicina Generale all’interno di un sistema di rete, l’organizzazione e la corretta allocazione delle risorse umane e strutturali sono elementi essenziali per continuare a garantire e migliorare i livelli qualitativi e gli outcome di salute dell’assistenza diabetologica.
«Il diabete, come anche l’obesità, sono malattie croniche che comportano gravi ripercussioni sulla qualità della vita di chi ne è affetto, portando spesso allo sviluppo di ulteriori complicanze, e con un impatto importante sull’economia del Paese con costi diretti, sociali, economici e clinici e costi indiretti legati alla perdita di produttività», commenta l’On. Roberto Pella, Presidente dell’Intergruppo Parlamentare “Obesità e Diabete” e Vicepresidente Vicario di ANCI, «Da qui l’importanza della prevenzione e del messaggio che abbiamo voluto lanciare attraverso questa iniziativa di screening nel cuore delle Istituzioni, da me promossa anche nel 2019, all’interno della Camera dei Deputati, per la quale ringrazio il Presidente Fontana e il Collegio dei Questori. L’obiettivo è non solo quello di diffondere nell’opinione pubblica del nostro Paese la cultura della prevenzione, ma anche quello di sensibilizzare il Parlamento e collocare il tema del diabete, e quello dell’obesità, al centro dell’agenda politica, farne una priorità di questa legislatura, al fine di bloccare la diffusione di questa epidemia silente e garantire cure e trattamenti adeguati ovunque sul territorio nazionale».
La lotta alle cronicità
«Gli ultimi due anni, oltre ad aver fatto emergere nettamente le disuguaglianze assistenziali, di presa in carico e di accesso alle cure delle singole Regioni, hanno rallentato la messa in atto di interventi in tema di miglioramento della collaborazione tra strutture diabetologiche e la medicina generale e di implementazione dei servizi di teleconsulti e teleassistenza», dichiara la Sen. Daniela Sbrollini, Presidente Intergruppo Parlamentare “Obesità e Diabete” e Vicepresidente della X Commissione del Senato, «Occorre un impegno sinergico nel garantire alle persone con diabete gli stessi diritti delle persone sane, portando avanti un’alleanza tra scienza e istituzioni, e promuovendo a tutti i diversi livelli di governo la cultura dei sani stili di vita e della prevenzione».
«La lotta alle cronicità, come il diabete, deve essere uno degli obiettivi principali della politica nel nostro tempo», dichiara l’On. Simona Loizzo, componente della XII Commissione Affari sociali della Camera dei Deputati, Vice Presidente dell’Intergruppo Parlamentare Obesità e Diabete, «Si tratta di una criticità che riguarda non solo la salute dei cittadini e la loro qualità di vita, ma anche la tenuta stessa del Sistema Sanitario. L’attività dell’Intergruppo a cui appartengo è a tal fine molto importante e sono convinta che un’iniziativa come questa dello screening dei parlamentari possa costituire uno stimolo tangibile per porre questo tema davvero al centro dell’agenda istituzionale».
«È sempre più evidente», dichiara il Presidente della SID, Angelo Avogaro, «come le malattie croniche non trasmissibili quali il Diabete Mellito siano associate non solo all’azione combinata di geni e di scorretti stili di vita, ma anche al contesto urbano e socio-economico. Portare lo screening nel cuore delle istituzioni vuole sensibilizzare la politica al concetto che non si possono abbattere i numeri del diabete senza creare i presupposti sia urbani sia sociali affinché questa patologia possa essere trattata, non solo con i farmaci ma anche modificando, in meglio, il contesto sociale di ciascun singolo individuo che sia a rischio o che ne sia già affetto».
«Il diabete mellito tipo 2 nel nostro Paese colpisce oltre 4 milioni di persone e si stima che più di un milione non sappia di averlo», commenta Graziano Di Cianni, Presidente dell’Associazione Medici Diabetologi (AMD). «Con l’attività di screening realizzata in Parlamento, insieme e grazie ai Presidenti dell’Intergruppo parlamentare “Obesità e Diabete”, abbiamo voluto dare un segnale forte e chiaro: prevenire il diabete tipo 2 è possibile – e necessario. La diagnosi precoce è essenziale per poter implementare un tempestivo e adeguato percorso di terapia e presa in carico della persona, anche attraverso un intervento sullo stile di vita per il contrasto dell’obesità, che resta il principale fattore di rischio. In questo modo è possibile intervenire in chiave preventiva contro le più comuni complicanze della patologia, come episodi cardiovascolari, dislipidemia, arteriopatia obliterante agli arti inferiori e danno renale, e preservare una buona qualità di vita per le persone con diabete».
Diabete, screening ai parlamentari, due giorni per sensibilizzare
Associazioni pazienti, Eventi d'interesseIl diabete è una delle più diffuse malattie croniche non trasmissibili. Si tratta di una patologia complessa che necessita di un approccio multidisciplinare. La prevalenza è in continua crescita, tanto da essere identificato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) quale priorità globale per tutti i sistemi sanitari, compreso quello italiano.
Per questo motivo “è il momento che il diabete sia posto come un tema centrale per la politica tutta e per le Istituzioni”- sottolinea la Sid. Da questo proposito muove, infatti, la Campagna di screening e prevenzione del diabete, realizzata a livello istituzionale, in collaborazione tra l’Intergruppo Parlamentare Obesità e Diabete e la FESDI, Federazione delle Società Scientifiche di Diabetologia, costituita da SID – Società Italiana di Diabetologia e AMD – Associazione Medici Diabetologici.
L’iniziativa per sensibilizzare sul diabete
Si è chiusa oggi presso la Camera dei Deputati, negli ambulatori medici di Palazzo Montecitorio, una due giorni di screening del diabete che ha coinvolto proprio gli onorevoli parlamentari. Un gesto di prevenzione per promuovere questa cultura, e sostenere la lotta al diabete, portando il tema al centro dell’opinione pubblica e dell’agenda istituzionale.
La due giorni di screening si è svolta su iniziativa dell’On. Roberto Pella, Presidente dell’Intergruppo Parlamentare Obesità e Diabete e Vice Presidente Vicario di ANCI, con la collaborazione di SID e AMD e del servizio medico della stessa Camera dei Deputati. L’iniziativa ha costituito un importante momento di sensibilizzazione e di stimolo per il Parlamento affinché il tema del diabete sia posto saldamente tra le priorità legislative della presente legislatura.
I numeri del diabete
Ad oggi nel mondo si stimano oltre 500 milioni di adulti con diabete, numero destinato ad aumentare a 640 milioni nel 2030. In Europa il diabete interessa circa 60 milioni di adulti. Gli italiani con diabete sono circa 4 milioni. Si stima che ci sia un altro milione di persone nel nostro Paese con questa malattia senza che essa sia mai stata diagnosticata. Recenti evidenze fanno temere un ulteriore significativo aumento della prevalenza della malattia legato alle conseguenze della pandemia COVID-19. Esperienza, quella della pandemia, che ha fatto emergere peraltro una serie di criticità del sistema, acuite dalla riduzione nei volumi di attività diagnostica e, più in generale, dalla diminuzione della popolazione assistita in diabetologia.
La Missione 6 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza dedica un ampio spazio alla riorganizzazione dell’assistenza ospedaliera e territoriale. Il fine è rispondere alle criticità che la pandemia ha reso ancora più evidenti, e che potrebbero aggravarsi a causa dell’accresciuta domanda di salute derivante dal trend demografico, epidemiologico e sociale.
Il coordinamento del modello di presa in carico da parte del diabetologo, una compiuta integrazione fra Strutture Diabetologiche e Medicina Generale all’interno di un sistema di rete, l’organizzazione e la corretta allocazione delle risorse umane e strutturali sono elementi essenziali per continuare a garantire e migliorare i livelli qualitativi e gli outcome di salute dell’assistenza diabetologica.
«Il diabete, come anche l’obesità, sono malattie croniche che comportano gravi ripercussioni sulla qualità della vita di chi ne è affetto, portando spesso allo sviluppo di ulteriori complicanze, e con un impatto importante sull’economia del Paese con costi diretti, sociali, economici e clinici e costi indiretti legati alla perdita di produttività», commenta l’On. Roberto Pella, Presidente dell’Intergruppo Parlamentare “Obesità e Diabete” e Vicepresidente Vicario di ANCI, «Da qui l’importanza della prevenzione e del messaggio che abbiamo voluto lanciare attraverso questa iniziativa di screening nel cuore delle Istituzioni, da me promossa anche nel 2019, all’interno della Camera dei Deputati, per la quale ringrazio il Presidente Fontana e il Collegio dei Questori. L’obiettivo è non solo quello di diffondere nell’opinione pubblica del nostro Paese la cultura della prevenzione, ma anche quello di sensibilizzare il Parlamento e collocare il tema del diabete, e quello dell’obesità, al centro dell’agenda politica, farne una priorità di questa legislatura, al fine di bloccare la diffusione di questa epidemia silente e garantire cure e trattamenti adeguati ovunque sul territorio nazionale».
La lotta alle cronicità
«Gli ultimi due anni, oltre ad aver fatto emergere nettamente le disuguaglianze assistenziali, di presa in carico e di accesso alle cure delle singole Regioni, hanno rallentato la messa in atto di interventi in tema di miglioramento della collaborazione tra strutture diabetologiche e la medicina generale e di implementazione dei servizi di teleconsulti e teleassistenza», dichiara la Sen. Daniela Sbrollini, Presidente Intergruppo Parlamentare “Obesità e Diabete” e Vicepresidente della X Commissione del Senato, «Occorre un impegno sinergico nel garantire alle persone con diabete gli stessi diritti delle persone sane, portando avanti un’alleanza tra scienza e istituzioni, e promuovendo a tutti i diversi livelli di governo la cultura dei sani stili di vita e della prevenzione».
«La lotta alle cronicità, come il diabete, deve essere uno degli obiettivi principali della politica nel nostro tempo», dichiara l’On. Simona Loizzo, componente della XII Commissione Affari sociali della Camera dei Deputati, Vice Presidente dell’Intergruppo Parlamentare Obesità e Diabete, «Si tratta di una criticità che riguarda non solo la salute dei cittadini e la loro qualità di vita, ma anche la tenuta stessa del Sistema Sanitario. L’attività dell’Intergruppo a cui appartengo è a tal fine molto importante e sono convinta che un’iniziativa come questa dello screening dei parlamentari possa costituire uno stimolo tangibile per porre questo tema davvero al centro dell’agenda istituzionale».
«È sempre più evidente», dichiara il Presidente della SID, Angelo Avogaro, «come le malattie croniche non trasmissibili quali il Diabete Mellito siano associate non solo all’azione combinata di geni e di scorretti stili di vita, ma anche al contesto urbano e socio-economico. Portare lo screening nel cuore delle istituzioni vuole sensibilizzare la politica al concetto che non si possono abbattere i numeri del diabete senza creare i presupposti sia urbani sia sociali affinché questa patologia possa essere trattata, non solo con i farmaci ma anche modificando, in meglio, il contesto sociale di ciascun singolo individuo che sia a rischio o che ne sia già affetto».
«Il diabete mellito tipo 2 nel nostro Paese colpisce oltre 4 milioni di persone e si stima che più di un milione non sappia di averlo», commenta Graziano Di Cianni, Presidente dell’Associazione Medici Diabetologi (AMD). «Con l’attività di screening realizzata in Parlamento, insieme e grazie ai Presidenti dell’Intergruppo parlamentare “Obesità e Diabete”, abbiamo voluto dare un segnale forte e chiaro: prevenire il diabete tipo 2 è possibile – e necessario. La diagnosi precoce è essenziale per poter implementare un tempestivo e adeguato percorso di terapia e presa in carico della persona, anche attraverso un intervento sullo stile di vita per il contrasto dell’obesità, che resta il principale fattore di rischio. In questo modo è possibile intervenire in chiave preventiva contro le più comuni complicanze della patologia, come episodi cardiovascolari, dislipidemia, arteriopatia obliterante agli arti inferiori e danno renale, e preservare una buona qualità di vita per le persone con diabete».
Anche la bellezza è utile alla salute della donna
Benessere, Medicina esteticaLa chirurgia plastica non può non essere protagonista in occasione della Giornata per la Salute della Donna (che ricorre domani, 21 aprile). Ne è convinto il professor Francesco D’Andrea, direttore del Dipartimento di Chirurgia Plastica della Università Federico II di Napoli. Considerata per decenni come un capriccio, bisogna ormai guardare a questa branca della medicina per il ruolo essenziale che riveste.
OLTRE LE APPARENZE
La chirurgia plastica da sempre è stata fondamentale in alcuni percorsi della salute della donna, non solo da un punto di vista estetico, ma anche e soprattutto da un punto di vista medico. Grazie alle nuove tecnologie, alcune patologie sono diventate arginabili e anche gli interventi post-oncologici (come la mastoplastica additiva), stanno ottenendo grandi risultati in termini di salute.
RITROVARSI
In casi, purtroppo frequenti di violenza – spiega – D’Andrea – la chirurgia plastica svolge un ruolo importante. Gli atti di violenza sono sempre più frequenti e possono essere di vario tipo. Quando si tratta di violenza fisica il chirurgo plastico può essere d’aiuto per correggere gli esiti evidenti e deturpanti. Con la moderna chirurgia ricostruttiva e l’attuale medicina rigenerativa riusciamo ad ottenere risultati impensabili fino a qualche tempo fa, aiutando chi ha avuto la sfortuna di subire la violenza a dimenticare, cancellando i segni che lo ricordano.
VOLERSI BENE
Chirurgia plastica significa anche volersi (e vedersi) bene. Non ci si può dimenticare, infatti, che negli anni si sono moltiplicati gli interventi di medicina e chirurgia estetica che sono un altro binario per rafforzare sia la bellezza che la salute della donna. Il benessere psicofisico passa anche attraverso la percezione di armonia del proprio corpo. La chirurgia plastica, con le sue procedure più o meno invasive di medicinea e chirurgia estetica riesce a correggere diversi inestetismi prima impossibili da correggere in modo soddisfacente.
Diabete mellito, cos’è e come affrontarlo
Bambini, PediatriaTanti genitori si trovano all’improvviso, dopo una diagnosi ad un proprio figlio, a dover familiarizzare con il diabete mellito. Al momento della diagnosi ci si trova comprensibilmente spaesati, per questo la redazione del network editoriale PreSa Prevenzione e Salute ha deciso di dedicare alcuni articoli a questa malattia, dando spazio a concetti e consigli elaborati dai maggiori esperti del campo.
LA MALATTIA
Cos’è il diabete mellito e qual è il modo giusto per approcciare a questa malattia? In una guida molto completa dedicata a questo tema, gli esperti dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma spiegano che il diabete mellito è una malattia caratterizzata da un alto livello di glucosio nel sangue. Questa condizione si chiama iper glicemia ed è dovuta all’incapacità da parte dell’organismo di utilizzare il gluscosio, che è la sua principale fonte di energia. Per trattare la malattia si usa l’isulina, che è un ormone prodotta dalle cellule beta delle insule pancreatiche. L’insulina fa in modo che il glucosio possa passare dal sangue all’ interno della cellula, dove viene utilizzato come fonte di energia.
I SINTOMI
I sintomi del diabete mellito sono almeno quattro: poliuria (esigenza di urinare spesso), perdita di peso e stanchezza o fame intensa, sensazione di sete intensa. Vediamo perché.
LE CAUSE
In realtà ancora oggi non si conoscono le cause che portano ad ammalarsi di diabete si sa che la distruzione delle cellule che producono insulina (beta cellule) avviene per un processo autoimmune. Semplificando un po’, si può dire che il sistema immune, che normalmente ci difende da virus e batteri, non riconosce più le beta cellule come cellule dell’organismo da difendere, ma le assimila ad un agente patogeno e le uccide. Durante questo processo, che può avere una durata variabile prima che compaiano i sintomi del diabete, sono presenti nel sangue anticorpi specifici. Purtroppo, anche se avessimo la possibilità di dosare tali anticorpi prima che il diabete si manifesti, non avremmo nessuna possibilità di bloccare la distruzione delle cellule che producono insulina.
OBIETTIVI DELLA TERAPIA
Per tenere sotto controllo il diabete mellito occorre che il bambino sia seguito da un centro specializzato. Il consulto con il proprio medico di famiglia è sempre il punto di partenza di ogni percorso di cura. Quanto alla terapia, gli obiettivi da raggiungere sono diversi: in primis il mantenimento di un buon controllo glicemico, consentire un normale sviluppo psicofisico, evitare le complicanze a bere e lungo termine e consentire una buona qualità della vita. Sembrano concetti semplici, ma racchiudono una serie di comportamenti non sempre facili da seguire. Temi che affronteremo nei prossimi articoli dedicati a questa piccola guida alla scoperta del diabete mellito.
Salute e ambiente, 5 mosse sostenibili nella routine femminile
News Presa, RubricheSono tante le abitudini che si possono modificare per essere più sostenibili, alcune sono prettamente femminili. Sono piccoli gesti che, vista ripetitività nella vita di una donna, possono alla lunga fare la differenza. Piccole e semplici abitudini sostenibili, che stanno prendendo piede, come la scelta del 40% delle donne intervistate(1) che ha deciso di passare alle coppette mestruali per inquinare meno.
“Da sempre le donne si sono distinte per la particolare sensibilità a voler contribuire all’impatto ecologico, strizzando magari l’occhio anche al portafoglio. E’ molto importante prendere coscienza di quanto un piccolo cambiamento personale ” – interviene per Intimina Alessandra BITELLI, Woman Empowering Coach – possa incidere positivamente nell’ambiente, soprattutto se parte dalle mura domestiche e scolastiche. È un cambio di prospettiva che sostituisce il senso di colpa con “ho il potere di tenere il mondo più pulito”. In occasione delle Giornata della Terra (22 aprile), ecco le 5 mosse che possono fare la differenza nella routine green di ogni donna:
1. PROVA LA COPPETTA MESTRUALE
L’uso di una coppetta mestruale consente di fare una significativa differenza ambientale ponendo fine al contributo di prodotti mestruali usa e getta.
2. FAI PIU’ SPAZIO IN BORSA
Ridurre l’uso di plastica monouso, portare una bottiglia d’acqua riutilizzabile, una tazza di caffè e una borsa della spesa. E proprio nella borsa, ma della spesa, evitare di acquistare prodotti con imballaggi eccessivi.
3. SCEGLI LA MODA SOSTENIBILE
Puoi scegliere opzioni di moda sostenibili ed etiche acquistando vestiti realizzati con materiali naturali e sostenibili, acquistando vestiti di seconda mano e sostenendo marchi ecologici ed etici.
4. DOSA L’ACQUA
Sono molte le occasioni in cui gestire il getto dell’acqua può fare la differenza. Basti pensare all’uso in cucina, con il bucato, con il giardinaggio. Anche un cambio nelle routine dell’igiene personale, con docce più brevi o l’abbinata delle coppette mestruali con la soluzione.
5. MUOVITI PENSANDO ALL’AMBIENTE (OLTRE CHE ALLA LINEA)
Le automobili sono una fonte significativa di inquinamento atmosferico e di emissioni di gas serra. Usa i mezzi pubblici, cammina o vai in bicicletta per ridurre la tua impronta di carbonio quando possibile. Il movimento fa bene alla salute e previene molte patologie.
FONTE
(1) Indagine INTIMINA, 2023 su 1030 intervistati
Bimba salvata da un intervento di lobectomia polmonare
Bambini, News PresaUna piccola paziente e il suo disegno, che ha commosso un intero reparto. La storia è quella di Maria Francesca, 6 anni, vissuti tra tante difficoltà e limitazioni a causa di una rara patologia polmonare, la piccola non poteva correre, salire le scale o semplicemente giocare con i suoi amichetti. Le continue infezioni ai polmoni, le frequenti difficoltà respiratorie e la tosse le impedivano una normale quotidianità. A cambiare il corso della sua storia è stata l’equipe della Chirurgia Pediatrica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II, capitanata dal professor Ciro Esposito, che l’ha sottoposta ad un complesso intervento, una “lobectomia polmonare destra per via toracoscopica”, che consiste nella rimozione del lobo polmonare infetto attraverso un toracoscopio inserito tramite una piccola incisione cutanea.
LA SINDROME
Maria Francesca era affetta da una sindrome del lobo medio, spiega il professor Ciro Esposito, una condizione clinica in cui progressivamente il lobo medio del polmone, in questo caso il destro, subisce un riassorbimento dell’aria presente al suo interno, fino ad un vero e proprio “schiacciamento” e alla perdita della sua funzione ventilatoria. All’interno del lobo non funzionante e del relativo bronco si accumulano secrezioni infette e tutto questo causa continue e sempre più gravi infezioni respiratorie.
L’INTERVENTO
L’intervento effettuato è ritenuto tra i più complessi nell’ambito della chirurgia pediatrica, sia per la precisione e l’abilità tecnica di cui necessita, sia per l’alto rischio intraoperatorio che comporta.
Il disegno della piccola Maria Francesca
Non a caso è stato necessario un lavoro multidisciplinare con il coinvolgimento di una equipe internazionale. A salvare la piccola Maria Francesca la collaudata equipe di cui fanno parte il team chirurgico Maria Escolino, Mariapina Cerulo, Fulvia Del Conte, Vincenzo Coppola. L’equipe anestesiologica, diretta da Giuseppe Servillo, e composta da Giuseppe Cortese e Nino Di Fuccia, gli infermieri di sala operatoria e di reparto ed il fisioterapista Paolo Buonpensiero che ha permesso a Maria Francesca di riprendere la perfetta funzionalità respiratoria e di tornare rapidamente a casa dopo l’intervento. Maria Francesca è tornata a casa, ma prima di lasciare la sua stanza nel reparto ha voluto consegnare personalmente un bellissimo disegno a chi le ha cambiato la vita, con una grande scritta di colore rosso: «Ti voglio molto bene Prof. Esposito».
Sindrome mielodisplastica: studio predice rischio leucemia
Ricerca innovazioneUno studio ha scoperto quanta possibilità abbia un paziente con sindrome mielodisplastica di sviluppare una leucemia. In Italia sono circa 3 mila i nuovi casi di sindrome mielodisplastica diagnosticati ogni anno. Si tratta di neoplasie eterogenee, molto diverse da paziente a paziente. Vanno da condizioni indolenti, a lenta progressione, a casi che progrediscono rapidamente verso una leucemia mieloide acuta.
Il lavoro è stato coordinato dal prof. Matteo Della Porta di Humanitas, in collaborazione con il prof. Gastone Castellani dell’Università degli Studi di Bologna, all’interno del consorzio europeo GenoMed4All. I risultati, pubblicati sul Journal of Clinical Oncology, hanno mostrato la solidità prognostica del cosiddetto “score molecolare IPSS-M”.
Si tratta di un nuovo strumento per migliorare sensibilmente la capacità di predire il rischio di evoluzione leucemica e l’aspettativa di vita in pazienti con sindrome mielodisplastica. Lo score molecolare serve ad analizzare le informazioni sui dati genomici di ciascun paziente, concentrandosi in particolare su 31 geni.
La ricerca è stata condotta con il sostegno di EuroBloodNET, la rete europea di riferimento per le malattie ematologiche rare, e di Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro.
Sindrome mielodisplastica, lo studio
Le sindromi mielodisplastiche insorgono con maggiore frequenza in persone adulte o anziane. La cura definitiva è il trapianto di cellule staminali ematopoietiche, una procedura che presenta criticità. Di norma gli ematologi decidono le strategie di trattamento da proporre ai pazienti in base a uno score clinico (IPSS-R), ottenuto in base a indicatori come il numero delle cellule leucemiche nel midollo osseo, i livelli di globuli bianchi, rossi e piastrine nel sangue (citopenie) e le anomalie nei cromosomi delle cellule emopoietiche (anomalie citogenetiche).
Anche per la decisione di eseguire un trapianto di cellule staminali ematopoietiche è normalmente presa considerando i parametri di questo score, che non contiene però informazioni sul profilo genomico della sindrome. Si tratta di un aspetto sempre più importante per valutare l’impatto della malattia sulla qualità e aspettativa di vita di ciascun paziente.
“Utilizzando i dati molecolari della malattia rilevati in ogni paziente con un test su 31 geni, lo score molecolare (IPSS-M) ha dimostrato, su 2.876 pazienti con sindrome mielodisplastica, di migliorare significativamente la capacità di predire il rischio di evoluzione leucemica e l’aspettativa di vita – spiega il prof. Matteo Della Porta, responsabile Leucemie e Mielodisplasie di Humanitas e docente di Ematologia presso Humanitas University –. Tale strumento è utile soprattutto nella valutazione del percorso terapeutico ottimale di ogni paziente. Infatti, la possibilità di individuare sulla base del profilo molecolare le persone a più alto rischio di progressione di malattia, consente di ottimizzare la scelta dei trattamenti e del momento più opportuno in cui intervenire”.
Lo screening genomico
I test molecolari non sono ancora di routine nel mondo, a causa dei costi e delle infrastrutture richieste. “Sebbene per questi pazienti sia indicato uno screening genomico ampio di 31 geni, abbiamo individuato un numero minore di geni imprescindibili (15) per facilitare l’implementazione clinica dello score IPSS-M”, continua il Prof. Della Porta.
“Lo sviluppo e l’applicazione di metodi innovativi con cui analizzare e integrare grandi moli di dati clinici e genomici hanno permesso di abbreviare i tempi con cui i risultati delle ricerche possono essere tradotte in un beneficio pratico per i pazienti – dice Elisabetta Sauta, data scientist di Humanitas AI Center –. Le tecnologie utilizzate aiutano infatti a definire e migliorare modelli di previsione utili alla diagnosi e a decisioni terapeutiche sempre più mirate, tenendo conto della variabilità individuale dei pazienti”.
Speranze contro la malattia che ha colpito Bruce Willis
News PresaLa demenza frontotemporale, malattia che ha costretto l’attore americano Bruce Willis a ritirarsi dalle scene, potrebbe esserci una speranza di cura. In particolare, a fermarne l’evoluzione potrebbe essere una molecola che combatte la neuroinfiammazione. Una notizia che ha subito acceso l’interesse di centinaia di migliaia di pazienti e, naturalmente, anche dei tanti fan di Willis.
NEURO DEGENERZIONE
Tuttavia, per comprendere bene quelli che sono i meccanismi in gioco, è necessario comprendere che il problema primario della demenza frontotemporale è la neurodegenerazione che interessa in primis i lobi frontali o temporali del cervello. Non a caso, i sintomi riguardano la compromissione delle funzioni esecutive frontali, deficit del linguaggio o cambiamenti del comportamento e della personalità. Con un peggioramento costante e globale. Giacomo Koch, neurologo professore ordinario di fisiologia all’università di Ferrara e direttore del Laboratorio di Neuropsicofisiologia sperimentale della Fondazione Santa Lucia, spiega che ad oggi non c’è un trattamento farmacologico efficace specifico per rallentare la progressione della malattia e le strategie terapeutiche si basano principalmente sull’uso di agenti sintomatici per controllare i sintomi comportamentali. Recenti scoperte supportano l’idea che la neuroinfiammazione sia un elemento chiave nel processo patogenetico della malattia a partire dalle prime fasi di malattia ed è stato ipotizzato che nuovi farmaci mirati a modulare la neuroinfiammazione cerebrale possano potenzialmente rallentare la progressione della malattia.
LO STUDIO
Lo studio ha riguardato un campione di 50 pazienti affetti da demenza frontotemporale per valutare la sicurezza e l’efficacia della somministrazione di questa molecola. I ricercatori hanno testato l’impatto clinico della molecola sulla gravità della malattia e gli eventuali effetti benefici sui deficit cognitivi, sui sintomi comportamentali, sulle autonomie della vita quotidiana ed il rallentamento della progressione del declino funzionale. Secondo gli studiosi i dati clinici e neurofisologici fino ad oggi raccolti sono molto. La speranza è che nei prossimi anni si possa realmente incidere sul questa malattia, cambiando in meglio la vota di centinaia di migliaia di pazienti.
Tumori, scoperta molecola che ne blocca crescita
Ricerca innovazioneUna molecola è in grado di bloccare i meccanismi di riciclo delle proteine e di riproduzione delle cellule tumorali. Si tratta di una scoperta che potrà portare all’individuazione di farmaci in grado di inibire lo sviluppo di tumori. Un risultato frutto di una ricerca dell’Istituto di biologia e patologia molecolari del Cnr, pubblicata su Autophagy.
Tumori, come agisce la molecola
Lo studio ha identificato una nuova molecola – SM15 – che riesce a inibire l’autofagia cellulare. Si tratta del processo attraverso il quale i componenti danneggiati delle proteine vengono riutilizzati per la costruzione di nuove molecole proteiche.
Questo processo consente alle cellule tumorali, in taluni casi, di sopravvivere. “Nei tumori, l’autofagia svolge un duplice ruolo. È in grado di favorire la sopravvivenza o la morte delle cellule tumorali, a seconda del tipo e dello stadio del tumore”, spiega Daniela Trisciuoglio, ricercatrice del Cnr-Ibpm e coordinatrice dello studio.
“Questa piccola molecola impedisce una fase specifica dell’autofagia e, allo stesso tempo, blocca la mitosi, attraverso la quale da una cellula si generano due cellule figlie dallo stesso corredo cromosomico di quella originaria. Ciò determina, per le cellule tumorali, l’impossibilità di riprodursi e di rigenerarsi, causandone la morte”.
Scenari futuri
In particolare, lo studio ha dimostrato che la molecola blocca le fasi più tardive del processo autofagico agendo sulla proteina SNAP29, che guida la fusione tra il materiale da degradare e i lisosomi, gli organelli che smantellano le proteine. “L’attività della SM15 impedisce la degradazione ed il riciclo di materiali cellulari deteriorati, ormai tossici per la cellula. Durante la mitosi, ovvero il processo di divisione cellulare, la molecola si inserisce nelle regioni responsabili del movimento dei cromosomi, producendo cellule figlie fortemente sbilanciate nel numero di cromosomi, che muoiono in breve tempo”, conclude Francesca Degrassi ricercatrice del Cnr-Ibpm.
“Questa duplice azione della molecola SM15 potrà avere grande rilevanza nell’ambito della ricerca preclinica: infatti, nei tipi di tumore che necessitano di una funzionale autofagia per sopravvivere – quali il glioblastoma e gli adenocarcinomi duttali pancreatici – questa molecola potrà essere un efficace inibitore del processo. Inoltre, permetterà di identificare nuovi trattamenti farmacologici in grado di indurre la distruzione delle cellule tumorali attraverso due strade sinergiche, la morte in mitosi e quella determinata dall’inibizione dell’autofagia”.
Colon irritabile: riconoscere sintomi e gestirlo
Prevenzione, Stili di vitaIl colon irritabile è una patologia molto diffusa che interessa dal 7% al 21% della popolazione generale. Si tratta di un disturbo cronico, legato ai momenti stress psico-fisico. I sintomi colpiscono soprattutto le donne, con numeri circa 2 volte maggiori rispetto agli uomini. I più comuni sono: dolore all’addome, gonfiore, disturbi nell’evacuazione e debolezza. Spesso il disturbo è debilitante, perché correlato anche a manifestazioni extra-intestinali. Gli espetti di Humanitas ne hanno parlato in un approfondimento.
I sintomi del colon irritabile
I sintomi del colon irritabile sono tendenzialmente cronici, i momenti di riacutizzazione del disturbo coincidono in genere con momenti di stress psico-fisico. Per esempio in concomitanza di infezioni o interventi chirurgici, o stress lavorativo ed emotivo.
I sintomi si dividono tra addominali ed extra intestinali. Il principale disturbo è il gonfiore e dolore addominale. Nei casi meno gravi può manifestarsi anche come un semplice fastidio. “Abitualmente il dolore migliora dopo aver evacuato – spiega la dottoressa Anita Busacca, gastroenterologa presso l’IRCCS Istituto Clinico Humanitas Rozzano e presso gli ambulatori Humanitas Medical Care. Tuttavia ” la patologia porta ad alternare diarrea e stipsi”. In particolare, il colon irritabile dà una sensazione di generale debolezza. Inoltre può accompagnarsi a manifestazioni come: emicrania, difficoltà nella concentrazione, irritabilità, depressione, ansia, fibromialgia, cistite, problematiche della sfera sessuale.
Cause
Il colon irritabile è correlato allo stress, ma anche a una serie di concause che influenzano la motilità intestinale e la salute del colon. “Tra queste – spiega la specialista – si annoverano la gastroenterite, la disbiosi (alterazione della flora intestinale), il reflusso gastroesofageo o ancora l’utilizzo di farmaci che interferiscono con la regolarità dell’intestino. Per quanto riguarda le infiammazioni, invece, vi sono determinati globuli bianchi che possono erroneamente infiltrare la mucosa intestinale, o la presenza di cellule correlate allo sviluppo di allergie alimentari e intolleranze.
In generale, il colon irritabile si associa a una molteplicità di concause. Così come lo stress psicologico si riflette sulla salute dell’intestino, anche i problemi del tratto digestivo provocano stress nei pazienti che li sperimentano.
Cura
Il colon irritabile è una patologia funzionale, in cui l’organo non presenta alterazioni e gli esami diagnostici hanno esito negativo.
“Una volta individuata dallo specialista la presenza del disturbo – continua l’esperta – in primis è opportuno modificare il proprio stile di vita, che dovrà essere più attivo, e con una dieta equilibrata. Fondamentale, per chi presenta il colon irritabile, bere molta acqua, perché una buona idratazione favorisce i processi digestivi. Quando, nonostante una modifica delle abitudini igienico comportamentali, la situazione non migliora, potrebbe essere necessario il ricorso alla terapia farmacologica.
Tra i farmaci somministrati per risolvere le problematiche intestinali vi sono gli antispastici, contro i dolori, i lassativi non irritanti, in caso di stitichezza, i farmaci antidiarroici, o gli antibiotici intestinali, che riducono l’attività di fermentazione della flora intestinale e sono utili per ridurre il gonfiore. Utile, poi l’integrazione di fermenti lattici (probiotici) ed enzimi digestivi per chi soffre di meteorismo”.
Dieta per il colon irritabile
La dieta Fodmap è quella consigliata in questi casi. Prevede una drastica riduzione degli zuccheri a bassa digeribilità, tra cui i monosaccaridi e gli oligosaccaridi, e di altre sostanze che favoriscono il richiamo di acqua nell’intestino e assecondano la fermentazione. Si tratta dei legumi, dei carciofi, del latte, delle mele, albicocche e pesche e della birra.
“Tuttavia – conclude la specialista – la dieta va integrata di volta in volta in base alla storia clinica del singolo individuo, a eventuali allergie o intolleranze e, soprattutto, va considerato che è sconsigliato escludere alimenti per un tempo eccessivamente lungo. Da questo punto di vista, dunque, è opportuno venire presi in carico, oltre che dallo specialista gastroenterologo, anche da un dietista, che può individuare insieme al paziente la dieta più adatta alle sue esigenze”.
Mangiare entro le 15 aiuta il metabolismo. Uomini mangiatori notturni
AlimentazioneIl momento della giornata in cui si tende ad assumere più cibo ha delle specifiche ripercussioni metaboliche. Donne e uomini sono diversi anche nella scelta degli orari in cui mangiare. Se le donne tendono ad assumere più cibo nella prima parte della giornata, gli uomini hanno una propensione a concentrarlo negli orari serali. L’abitudine di mangiare molto la sera però porta un rischio maggiore di obesità.
Emerge da uno studio presentato al primo Congresso Nazionale dedicato all’ “Endocrinologia di Genere”, promosso e organizzato dalla Società Italiana di Endocrinologia (SIE) e appena concluso a Napoli.
La nutrizione di genere era tra i temi centrali. In pratica, così come per ciclo sonno-veglia che viene gestito dall’orologio biologico situato nell’ipotalamo, anche gli altri ritmi, tra cui la fame, vengono stabiliti da un orologio interno scandito dai cambiamenti del metabolismo che intervengono nel corso della giornata.
Gli esperti sottolineano l’importanza di concentrare il consumo dei cibi nella prima parte della giornata, quando i livelli di cortisolo sono più alti ed è maggiore la richiesta energetica quotidiana. Secondo la review, in corso di pubblicazione, del Dipartimento di Endocrinologia dell’Università Federico II di Napoli, il 47% delle donne concentra il consumo del cibo nella prima parte della giornata contro il 33% degli uomini. Per la sera invece è il 46% delle donne contro il 63% dei maschi.
In sostanza, sottolineano gli esperti, non è determinante l’orario in cui si fa colazione o si pranza, ma è importante che la maggior parte del fabbisogno calorico quotidiano venga consumato entro la prima parte della giornata cioè generalmente entro le 15,00 del pomeriggio.
In conclusione, le donne tendono ad assecondare l’orologio biologico, con effetti vantaggiosi per il mantenimento di un peso sano. Gli uomini, invece, sono “late eaters” (mangiatori notturni), cioè nei momenti in cui i livelli di cortisolo sono più bassi. Questa tendenza ha ripercussioni metaboliche peggiori, perché predispone a uno sfasamento dell’orario biologico e aumenta il rischio di sviluppare obesità. Inoltre gli uomini sono anche più inclini delle donne a svegliarsi per consumare spuntini notturni.