Tempo di lettura: 3 minutiNel 2021 quasi otto milioni di italiani di età superiore a 11 anni ha avuto un consumo di alcol a rischio per la salute. In particolare, si tratta di 7,7 milioni, di cui tre milioni e mezzo hanno bevuto per ubriacarsi. Invece, 750 mila sono stati i consumatori che hanno provocato un danno alla loro salute, a livello fisico o mentale.
Se è vero che molti valori sono diminuiti tornando ai livelli pre-pandemici, è altrettanto vero che questi erano comunque elevati. I decrementi, registrati quasi sempre per gli uomini e non per le donne, sono distanti dal raggiungimento degli Obiettivi di salute sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.
A scattare la fotografia è, come ogni anno, l’Osservatorio nazionale alcol (Ona) dell’Iss, che ha rielaborato i dati Istat in occasione dell’Alcohol prevention day (Apd). I dati sono stati illustrati nel corso di un workshop internazionale presso la sede dell’Iss.
“I consumi di alcol in Italia evidenziano una situazione di ritorno ai livelli pre-pandemia Covid-19, anche se cresce l’esposizione al rischio da parte delle donne, tanto giovanissime, quanto anziane – afferma Emanuele Scafato, Direttore dell’Ona-Iss -. Al fine di delineare la roadmap di una prevenzione nazionale ma anche mirata, il più efficace possibile, è necessario intercettare tutti i consumatori a rischio, a sostegno oltretutto degli obiettivi delle strategie europee e globali”.
I numeri in Italia
Il quadro dei 36 milioni di consumatori di alcol in Italia – 20 milioni gli uomini e 16 le donne, pari al 77% dei maschi e al 56% delle femmine – è ricco di dettagli. Dieci milioni e mezzo di italiani sopra i 18 anni hanno bevuto alcol quotidianamente.
Tra i consumatori a rischio, preoccupano soprattutto i giovani (circa 1.370.000 tra 11 e 25 anni, di cui 620.000 minorenni), le donne (circa 2,5 milioni, in crescita dal 2014, con punte massime di consumatrici a rischio del 29% tra le minorenni 16-17enni), gli anziani (2,6 milioni, di cui uno su 3 e quasi una su 10 over65 sono a rischio: eccedono su base quotidiana e consumano fuori pasto).
Spiccano i 3,5 milioni di binge drinker, soprattutto maschi di tutte le età (83.000 sono minori). Anche qui si registra una diminuzione in direzione dei livelli del 2020, ma non per le donne. Queste ultime sono stabili, senza alcun accenno dunque al calo dei consumi tesi all’intossicazione.
Inoltre, i consumatori dannosi di bevande alcoliche sono stati 750.000, anche qui in diminuzione rispetto agli 830.000 del 2020. Tuttavia a decrescere sono ancora una volta gli uomini ma non le donne, per le quali si continua a registrare un incremento che ha condotto a quota 300.000 le consumatrici con danno da alcol.
Dei 750.000 consumatori dannosi con Disturbi da uso di alcol (Dua) in necessità di trattamento, solo l’8,5% è stato intercettato. Un totale di 63.490 alcoldipendenti in carico ai servizi del Sistema sanitario nazionale (Ssn), con costante e preoccupante decrescita.
La situazione negli ospedali, infine, testimonia quanto descritto finora. Nel 2021, si sono registrati 35.307 accessi ai Pronto soccorso (Ps) – di cui il 10 % circa richiesto da minori, per le ragazze in proporzione doppia rispetto ai coetanei – e 45.270 dimissioni ospedaliere, causati entrambi dall’alcol, segnando in un anno un incremento, rispettivamente, del 20.2% e del 4.2%.
Alcol e tumori, cosa dicono gli esperti
Secondo la letteratura scientifica, tutti i tipi di bevande alcoliche, vino incluso, aumentano il rischio di tumore. Lo ha chiarito di recente William Klein, direttore del Programma di ricerca comportamentale del National Cancer Institute (NCI) di Bethesda, Maryland, e coordinatore di un recente studio.
In particolare, ribadiscono anche gli esperti di AIRC, l’alcol non aumenta solo la probabilità di sviluppare un tumore del fegato negli alcolisti cronici. La pericolosità aumenta anche per molti altri tipi di tumore, tra cui quello del seno, nelle donne e negli uomini.
Il rischio di sviluppare un tumore è proporzionale all’esposizione: più si beve e per più tempo si beve, e più elevato è il rischio. La probabilità aumenta ancora di più per chi beve e fuma: alcol e tabacco hanno infatti un effetto sinergico.
Inoltre, l’alcol è cancerogeno indipendentemente dalla tipologia di bevanda. Il vino, rispetto alla birra e ai liquori, non ha effetti positivi sulle coronarie. Gli esperti ribadiscono che si tratta di un falso mito e che non ci sono dosi sicure o aspetti positivi che possano sopperire al danno. Anche a dosi moderate, il vino aumenta il rischio di andare incontro ad altri eventi cardiovascolari, per cui non può in ogni caso essere considerato salutare – mette in guardia Airc.
Giornata della Terra, salute umana legata a quella del pianeta
News PresaIl 22 aprile ricorre la più grande manifestazione mondiale dedicata alla salvaguardia e alla salute dell’ambiente. La Giornata della Terra è stata istituita nel 1970. Un tema che si lega alla salute umana, poiché dipendente da quella del pianeta.
Sebbene debba essere celebrata tutti i giorni, oggi è un’occasione per sensibilizzare i cittadini e le istituzioni su temi come il rispetto dell’ambiente, la sostenibilità e cambiamenti climatici. Secondo l’organizzazione Earthday, nel 2022 questi temi sono stati affrontati da alcuni governi con l’adozione di importanti iniziative di politica ecologica. Tuttavia ancora la strada è lunga. Infatti la maggior parte dei paesi del mondo non sono sulla buona strada per raggiungere la neutralità dei gas serra entro il 2050.
Giornata della Terra 2023
Ogni anno la Giornata della Terra mobilita milioni di persone e 22mila organizzazioni in 192 Paesi. In Italia, si terrà un Concerto per La Terra, alla Nuvola di Fuksas, a Roma. Tra gli artisti ci sarà anche il cantautore Tommaso Paradiso. L’evento sarà trasmesso in diretta su RaiPlay, dove andrà in onda la maratona televisiva #OnePeopleOnePlanet.
Oggi la Giornata della Terra è organizzata da EarthDay.org, che raggruppa movimenti ambientalisti in tutto il mondo. Il tema del 2023 è: ‘Investi nel nostro pianeta’. L’obiettivo è coinvolgere i soggetti chiamati in causa per fare la loro parte, dalle istituzioni alle aziende, fino ai cittadini e infine ai giovani che sono spesso più sensibili al problema climatico.
Le iniziative
Earth Day Italia è uno degli eventi più importanti sui temi della lotta al cambiamento climatico, della transizione ecologica e della ricerca di soluzioni e scelte politiche coerenti. Environmental Defense Fund Europe quest’anno è partner ufficiale.
Uno degli appuntamenti si è tenuto nella mattinata al Villaggio della Terra, sulla Terrazza del Pincio.Flavia Sollazzo, Senior Director, EU Energy Transition, ha preso parte al “Talk: Earth For All”. L’evento è stato moderato da Riccardo Luna, giornalista specializzato in temi legati all’ambiente e all’innovazione tecnologica.
Cinquant’anni dopo la pubblicazione del report “I limiti dello sviluppo“, si è discusso sulle possibili soluzioni da mettere in campo per rallentare il cambiamento climatico. Focalizzando l’attenzione su cinque aree tematiche fondamentali: povertà, questione alimentare, disuguaglianza, emancipazione, transizione energetica.
Flavia Sollazzo nel suo intervento ha affermato: “L’Italia riveste un ruolo essenziale nell’approvvigionamento energetico europeo ed oggi ha l’opportunità di avviare un importante riduzione dei gas serra – fondamentale per rallentare il riscaldamento globale nel breve periodo – che le consentirà di diventare, in futuro, uno dei protagonisti della transizione energetica a lungo termine. Siamo entusiasti di collaborare con Earth Day Italia, perché dare ampia visibilità a queste tematiche è indispensabile per accrescere la consapevolezza di cittadini, istituzioni e aziende del ruolo di primo piano che l’Italia può rivestire nell’azione per il clima”.
La tavola rotonda è stata animata da Marco Tarascio, alias: Moby Dick, street artist che, durante il talk ha realizzato un’opera; dall’intervento di Max Paiella e dal reading di chiusura dell’attore Luigi Petrucci.
Sempre il 22 aprile, a partire dalle 19.00, alla Nuvola di Fuksas a Roma e in diretta streaming su Rai Play. EDFE è presente con il Futura Talk, nell’ambito della maratona digitale #OnePeopleOnePlanet, in cui Ilaria Restifo, Rappresentante italiana EDFE, e Bill Nye, divulgatore scientifico, conduttore televisivo e ingegnere statunitense, parlano dell’importanza delle nuove tecnologie nella riduzione delle emissioni di metano. Nello specifico, gli interventi sono diretti a presentare MethaneSAT, l’innovativo satellite che, entrando in azione alla fine del 2023, rivoluzionerà il monitoraggio delle perdite di metano su tutta la superficie della terra.
A tal proposito, Ilaria Restifo, ha affermato: “La prima Giornata della Terra è stata celebrata oltre 50 anni fa e da allora molte cose sono cambiate, compreso il clima. Tuttavia, in questo arco di tempo anche le tecnologie a supporto dell’ambiente hanno fatto enormi progressi. Attraverso la nostra presenza ad Earth Day Italia vogliamo sottolineare l’importanza delle nuove tecnologie nella lotta al cambiamento climatico. Anche perché, in attesa dell’uscita dai combustibili fossili entro il 2050, dobbiamo fare in modo che le tecnologie disponibili siano utilizzate per mitigare le emissioni dagli impianti esistenti dentro e fuori l’Unione.
L’Italia, secondo le previsioni, potrebbe diventare l’hub europeo del gas naturale nel Mediterraneo, ovvero un centro di importazione e riesportazione del gas in Europa. Quindi, dovrà assumersi maggiori responsabilità sulla qualità ambientale – relativa alle modalità di produzione e trasporto – del metano lungo le rotte verso l’Europa. Ruolo che potrà essere svolto al meglio grazie all’ausilio delle tecnologie satellitari.”
Chirurgia robotica, a Verona avviato primo studio in Europa
News Presa, Ricerca innovazionePer la prima volta in Europa, è stato avviato a Verona lo studio clinico comparativo di chirurgia robotica. Sono tre le piattaforme attualmente sul mercato, finora mai utilizzate in contemporanea nella stessa struttura ospedaliera. Da questo mese, infatti, le tre macchine sono tutte installate in AOUI Verona, ed affiancheranno il robot già presente da molti anni.
In seguito alla gara effettuata con la forma del dialogo competitivo, AOUI Verona valuterà l’efficacia clinico-funzionale della tecnologia robotica delle tre piattaforme che hanno la certificazione europea per la prostatectomia: Da Vinci (Intuitive surgical), Hugo (Medtronic) e Versius (Cambridge Medical Robots). Il costo complessivo dello studio è di 1.735.000 euro per la durata di un anno, finanziato dalla Regione del Veneto.
La cerimonia di inaugurazione delle tre piattaforme, organizzata da Aoui Verona, si è svolta in collaborazione con l’Università degli studi di Verona. A presentare l’avvio della sperimentazione, alla presenza dell’assessore regionale alla Sanità Manuela Lanzarin, sono stati il direttore generale, dottor Callisto Marco Bravi, il rettore prof Pier Francesco Nocini, e i due chirurghi direttamente coinvolti: prof Alessandro Antonelli, direttore Uoc Urologia, e il prof Simone Giacopuzzi, responsabile Chirurgia Laparoscopica e robotica del tratto esofageo superiore prof. Simone Giacopuzzi.
Chirurgia robotica, la sperimentazione a Verona
Gli obiettivi dello studio sono clinici e gestionali. A livello internazionale non ci sono infatti studi che abbiano comparato le tre piattaforme per evidenziarne gli specifici vantaggi. Lo studio di AOUI (studio Compar-p), approvata dal Comitato Etico delle province di Verona e Rovigo, permetterà di misurare accuratamente le performance dei 3 robots, consentendo ai propri pazienti di usufruire delle tecnologie più innovative. Tutte le procedure saranno guidate da chirurghi di altissima esperienza e da equipe specializzate nella chirurgia robotica. I dati di questo studio forniranno alle Aziende Sanitarie i dati necessari per la riduzione dei costi, grazie all’apertura del mercato alla concorrenza. In sintesi, una rigorosa analisi degli outcomes potrebbe condurre ad un abbattimento della spesa e quindi ad un aumento delle prestazioni erogabili. In questo modo, un numero maggiore di cittadini potrebbe avere la possibilità di accedere e beneficiare della tecnologia avanzata minimamente invasiva, nel pieno controllo della sicurezza e della qualità dell’intervento chirurgico.
Chi userà i robot
L’Azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona è centro di riferimento per la chirurgia oncologica mini-invasiva in tutti gli ambiti. Lo studio comparativo inizierà in urologia, con gli interventi di prostatectomia radicale, anche in virtù dell’elevatissima esperienza già accumulata. A breve giro, tutte le altre chirurgie specialistiche dell’Azienda, forti del ruolo preminente che rivestono a livello nazionale ed internazionale, metteranno in atto specifici protocolli di utilizzo a cui estendere la sperimentazione comparata, da sottoporre alla valutazione e autorizzazione della Regione e del Comitato Etico competente. In particolare: uno studio comparativo in ambito ginecologico relativo ad isterectomia laparoscopica e uno in chirurgia oncologica dell’apparato digerente. Ciò renderà ancora più innovativo e versatile il progetto, fornendo preliminari risposte a domande che nel prossimo futuro diventeranno verosimilmente impellenti.
Vantaggi per il paziente
Lo studio comparativo sulle potenzialità delle diverse piattaforme valuterà, oltre all’efficacia sul trattamento chirurgico oncologico, anche la preservazione della qualità di vita del paziente. I nuovi robot hanno caratteristiche simili al robot DaVinci (4 braccia, controlli computerizzati), ma anche nuove prerogative (consolle “aperta”, braccia robotiche indipendenti) che permetteranno di affinare ulteriormente la procedura di prostatectomia. Lo studio misurerà il funzionamento delle macchine e il benessere dei pazienti operati.
Depressione resistente: colpisce un paziente su 3
PsicologiaLa depressione resistente, come suggerisce il nome, significa che non risponde ai trattamenti convenzionali. Si tratta di una condizione debilitante. Coloro che ne soffrono, infatti, possono sentirsi intrappolati in uno stato di tristezza e disperazione senza via d’uscita.
La depressione resistente spesso richiede un trattamento più intensivo e specializzato, che può includere una combinazione di farmaci, psicoterapia e altre terapie. Se ne parla nel corso del XXVI Congresso Nazionale della Società nazionale degli Psichiatri Forensi che si apre oggi ad Alghero.
“Preoccupa il numero crescente di pazienti con depressione resistente che, a prescindere dalla gravità, comporta un’importante riduzione del funzionamento sociale del soggetto che tende a manifestare idee suicidari e in molti casi a realizzarle.
Nel corso della discussione con i colleghi – precisa Enrico ZANALDA, Presidente della Società Italiana di Psichiatria Forense – è emerso anche l’interessante modalità di assunzione di uno dei farmaci utilizzati per questo tipo di patologia (spray nasale ndr), disponibile da meno di un anno anche in Italia. I pazienti trattati dimostrano risultati duraturi già dopo due mesi di trattamento”.
Depressione resistente colpisce un paziente su 3
È un problema più diffuso di quanto si pensi e che coinvolge livelli di gravità diversi tra loro.
“La resistenza ai trattamenti antidepressivi è un problema clinico che interessa quasi un terzo dei pazienti adeguatamente curati per depressione e di particolare problematicità per le conseguenze che derivano da una condizione di salute compromessa sul piano sintomatologico e funzionale. La resistenza al trattamento interessa non solo i pazienti con quadri severi, – spiega il prof Giuseppe MAINA, del Dipartimento di Neuroscienze R. Montalcini, Università di Torino-Azienda Ospedaliera, Universitaria San Luigi Gonzaga – ma anche i pazienti con sindromi moderate o lievi. La resistenza prescinde dalla gravità e dal livello di compromissione funzionale e le conseguenze delle resistenze sono cliniche e gestionali, ma anche di costi sanitari e sociali”.
Non sono molte le opzioni di trattamento a disposizioni. “Per quanto concerne la gestione e il trattamento della depressione resistente, si possono essenzialmente considerare tre possibilità: l’incremento della dose dell’antidepressivo, il cambio dell’antidepressivo, il potenziamento con altri farmaci. Legato al potenziamento della terapia antidepressiva – conclude ZANALDA – è da poco disponibile uno spray nasale di somministrazione facile e sicura”.
Diabete di tipo 1, come fare per…
Bambini, PediatriaProsegue il viaggio che il network editoriale PreSa Prevenzione e Salute ha scelto di dedicare al tema del diabete mellito di tipo 1. Una malattia cona la quale tanti genitori sono costretti a familiarizzare quando il piccolo di casa riceve una diagnosi. Affrontare il diabete mellito di tipo 1 non è semplice, ecco perché è importante avere la giusta organizzazione e le giuste conoscenze.
LA GLICEMIA
Tra i compiti più complessi per i genitori c’è il controllo della glicemia, che consente di regolare la dose di insulina necessaria. Per adeguare correttamente la terapia insulinica, i pazienti in terapia insulinica multiniettiva (sono 4 le somministrazioni giornaliere) devono misurare la glicemia almeno 5-6 volte al giorno. A rendere questo compito meno problematico oggi ci sono dispositivi di monitoraggio elettronico continuo. Quando va misurata la glicemia? Al risveglio, prima e dopo i pasti principali e prima e dopo l’attività fisica.
IL DIARIO
Per non commettere errori le glicemie vanno riportate su un diario. Fare questo consente di avere un quadro chiaro e corretto dell’andamento glicemico e di prendere le giuste decisioni non basandosi solo sull’ultimo dato. È importante annotare sul diario eventuali parametri fuori scala, affinché i medici possano eventualmente adottare delle correzioni alla terapia.
CONTROLLO DELLA TERAPIA
Ma come si capisce se il diabete è ben controllato? Lo si fa attraverso il dosaggio di quella che in gergo medico si chiama emoglobina glicosilata. Si tratta di un esame molto importante che va ripetuto ogni 3 mesi. L’emoglobina glicosilata riguarda i globuli rossi. Sono proprio loro a contenere l’emoglobina che trasporta l’ossigeno e, una piccola parte di questa, trasporta anche glucosio. È questa piccola parte di emoglobina ad essere chiamata emoglobina glicosilata.
QUALI VALORI
Se la glicemia è alta per molto tempo, nell’organismo aumenta il valore di emoglobina glicosilata che, quindi, può essere considerata come un campanello d’allarme. Facile comprendere come il valore di emoglobina glicosilata sia legato al rischio di complicanze a lungo termine. Un valore di riferimento corretto per questo fattore dovrebbe attestarsi al 7% o 53 mmol/M.
LA GLICOSURIA
Altro campanello d’allarme è la glicosuria. Nelle urine di una persona che non ha il diabete non è mai presente glucosio perché, essendo una fonte energetica preziosa, il rene lo trattiene. Il rene è in grado di trattenere il glucosio finché la glicemia rimane al di sotto dei 180 mg/dl, al di sopra di questo valore compare glucosio nelle urine una condizione che, appunto, si definisce glicosuria. Quindi, più la glicemia sarà elevata più sarà alta la glicosuria.
Pillole di salute PreSa: la poliposi nasale su Radio KissKiss
News Presa, Partner, PrevenzioneLa poliposi nasale è una patologia insidiosa, che può avere un forte impatto sulla qualità di vita. Tra i sintomi principali ci sono l’ostruzione delle vie respiratorie con difficoltà a re-spirare, dolore facciale e mal di testa continui, fino ad arrivare, nelle forme più avanzate, alla perdita dell’olfatto e del gusto: di questo ci parlerà la Prof.ssa Elena Cantone, Professore Associato in Otorinolaringoiatria presso Università degli studi di Napoli Federico II, nella nuova pillola di salute a cura di PreSa – Prevenzione Salute, che verrà trasmessa sulle frequenze di Radio Kiss Kiss la mattina di Sabato 22 Aprile.
Appuntamento dunque domani mattina alle 11:35 circa. Stay tuned, stay connected!
“Contenuto realizzato da Radio KissKiss in collaborazione con PreSa, con il supporto di Sanofi”
Poliposi nasale, un’infiammazione ne è la causa
Articoli, PrevenzioneNaso sempre ostruito, dolori al volto, rinorrea, possono essere i sintomi della poliposi nasale. Si tratta di una malattia infiammatoria cronica che colpisce le cavità nasali e può essere molto invalidante per chi ne soffre. Il nome di questa condizione (che colpisce circa il 2-4 per cento della popolazione) è legato proprio alla presenza di polipi nasali in corrispondenza della mucosa del naso o dei seni paranasali.
SINTOMI
Spesso i sintomi, soprattutto in un primo momento, sono sottovalutati. Tra i principali campanielli d’allarme ci sono l’ostruzione delle vie respiratorie con difficoltà a respirare, dolore facciale e mal di testa continui. Nelle forme più gravi, la poliposi nasale può causare la perdita dell’olfatto e del gusto. Questo succede in 9 casi su 10 di quanti sono affetti da poliposi nasale grave e, ovviamente, le ricadute negative sullo svolgimento delle normali attività quotidiane e l’impatto psicologico sono enormi.
CHI E PERCHÈ
Come detto, la poliposi nasale colpisce oggi circa il 2 – 4 per cento della popolazione. Soprattuttogli adulti (con più di 18 anni) e in particolare sopra i 40 anni di età. Gli uomini sono più colpiti rispetto alle donne. A causare la poliposi nasale è una reazione infiammatoria di tipo 2 e frequentemente può essere associata ad altre malattie delle vie aeree, che ne aggravano i sintomi.
COME SI INTERVIENE
Proprio per queste sue caratteristiche, la poliposi nasale ha sempre avuto un paradigma terapeutico basato su due cardini: terapia medica tramite l’uso di cortisone e chirurgia. Questi restano i due strumenti importanti per trattare la malattia, anche se ormai esistono anche farmaci biologici molto efficaci. Le biotecnologie hanno fatto passi enormi negli ultimi anni e oggi ci consentono di intervenire sul processo infiammatorio a monte, bloccando alcuni passaggi dell’infiammazione di tipo 2. L’essenziale è che il paziente sia selezionato in modo adeguato, che ad ogni caso sia legato un profondo studio nell’ambito di un team multidisciplinare.
Cancro alla laringe, torna a parlare senza corde vocali
News PresaParlare pur non avendo più le corde vocali dopo aver subito un intervento per un grave carcinoma della laringe. La notizia arriva dall’Ospedale Monaldi di Napoli e riguarda un paziente di 70 anni che è stato salvato con un avveniristico intervento chirurgico seguito nell’Unità operativa complessa di Otorinolaringoiatria diretta, da poco meno di un mese, dal dottor Giuseppe Tortoriello.
HI TECH
Il nuovo primario, specializzato nell’utilizzo di tecniche innovative e mininvasive per la rimozione dei tumori del testa-collo, ha adoperato una fibra laser a CO2, la visione in 3D e con un monitor ad altissima risoluzione (tecnologia 4K) per eliminare quello che in gergo si chiama carcinoma sarcomatoide della laringe. Un raro tumore che, nonostante fosse in stadio avanzato, è stato rimosso con successo.
LA RIPRESA
Aspetto straordinario dell’intervento è che il paziente potrà tornare a parlare senza corde vocali, grazie alla salvaguardia, in sede operatoria, delle cartilagini aritenoidi, che sono anatomicamente fondamentali per preservare l’uso della voce. Una tecnica, quella impiegata per questo intervento, che viene utilizzata oltre che al Monaldi, solo in un altro centro in Italia (a Torino) e che ha permesso di rimuovere completamente il carcinoma. Inoltre, grazie all’esame istologico intraoperatorio, che ha dato esito negativo, sarà possibile procedere alla ricostruzione meticolosa della rimanente porzione della laringe e alla successiva chiusura della tracheostomia.
CHIRURGIA MININVASIVA
L’impiego del laser e di un approccio minimamente invasivo nel trattamento di patologie come il tumore della laringe assicurano ai pazienti una riduzione delle complicanze e dei tempi di ricovero, nonché una ripresa quasi immediata. «Nuove tecnologie e approcci innovativi – dice Anna Iervolino, direttore generale dell’Azienda Ospedaliera dei Colli – sono i pilastri su cui vogliamo investire all’Azienda Ospedaliera dei Colli per migliorare sempre più l’offerta di salute e l’assistenza di tutti i nostri pazienti».
Oncologia, intelligenza artificiale può predire sopravvivenza
Prevenzione, Ricerca innovazioneL’intelligenza artificiale può leggere i referti e aiutare a predire la sopravvivenza dei pazienti. Lo dimostrano i risultati di uno studio canadese. In particolare, lo strumento basato sull’intelligenza artificiale (IA) entrerebbe in gioco dopo il primo consulto con l’oncologo. L’assistente virtuale, messo alla prova dai ricercatori, potrebbe leggere i referti della visita e stimare la possibile sopravvivenza dei pazienti con un livello di accuratezza più che soddisfacente. I risultati sono stati pubblicati di recente sulla rivista JAMA Network Open.
Lo studio
In particolare i ricercatori hanno messo a punto un procedimento di calcolo per predire la sopravvivenza dei pazienti. Si basa su quella che viene chiamata “elaborazione del linguaggio naturale” (Natural Language Processing, NLP).
La NLP, utilizzata anche da sistemi di intelligenza artificiale come ChatGPT, è una forma di elaborazione e apprendimento automatico per cui alcune macchine possono imparare e sfruttare alcuni aspetti del complesso linguaggio umano. “La sopravvivenza di un paziente che riceve una diagnosi di cancro dipende da diversi fattori. Riuscire a predirla significa mettere in campo le strategie migliori per ciascun paziente” spiegano i ricercatori guidati da John-Jose Nunez della University of British Columbia, in Canada, come riporta Airc.
Intelligenza artificiale, accuratezza superiore all’80 per cento
Per definire il loro algoritmo, gli scienziati hanno utilizzato i dati di oltre 47.600 pazienti. In sintesi, tra i sistemi di intelligenza artificiale valutati dai ricercatori canadesi, il migliore è stato in grado di predire la sopravvivenza dei pazienti a 6, 36 e 60 mesi. L’accuratezza è stata superiore all’80 per cento. Secondo gli esperti, uno dei punti di forza di questo strumento è il fatto che lavora partendo dal referto del medico. Il sistema, dopo la prima visita, elabora tutte le informazioni disponibili sul paziente e trae le proprie, automatiche conclusioni.
“A differenza di quello che succedeva con sistemi precedenti, progettati per uno specifico tipo di tumore, questo approccio è più generale e valido per diversi tipi di tumore” aggiungono gli autori. “Questi dati – concludono – devono essere validati e possono essere ulteriormente migliorati. Pur con questi limiti, ci fanno presagire che un giorno potrebbero essere utili per aiutare i pazienti oncologici e chi li cura a ricevere una stima individuale e personalizzata della sopravvivenza”. Una volta stabilita e provata su larga scala l’efficacia di questi metodi, si dovranno affrontare molti aspetti, tra cui la comunicazione ai pazienti stessi e la delicata questione della protezione dei dati.
Alcol: quasi 8 milioni bevitori a rischio, quali pericoli
Nuove tendenze, PrevenzioneNel 2021 quasi otto milioni di italiani di età superiore a 11 anni ha avuto un consumo di alcol a rischio per la salute. In particolare, si tratta di 7,7 milioni, di cui tre milioni e mezzo hanno bevuto per ubriacarsi. Invece, 750 mila sono stati i consumatori che hanno provocato un danno alla loro salute, a livello fisico o mentale.
Se è vero che molti valori sono diminuiti tornando ai livelli pre-pandemici, è altrettanto vero che questi erano comunque elevati. I decrementi, registrati quasi sempre per gli uomini e non per le donne, sono distanti dal raggiungimento degli Obiettivi di salute sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.
A scattare la fotografia è, come ogni anno, l’Osservatorio nazionale alcol (Ona) dell’Iss, che ha rielaborato i dati Istat in occasione dell’Alcohol prevention day (Apd). I dati sono stati illustrati nel corso di un workshop internazionale presso la sede dell’Iss.
“I consumi di alcol in Italia evidenziano una situazione di ritorno ai livelli pre-pandemia Covid-19, anche se cresce l’esposizione al rischio da parte delle donne, tanto giovanissime, quanto anziane – afferma Emanuele Scafato, Direttore dell’Ona-Iss -. Al fine di delineare la roadmap di una prevenzione nazionale ma anche mirata, il più efficace possibile, è necessario intercettare tutti i consumatori a rischio, a sostegno oltretutto degli obiettivi delle strategie europee e globali”.
I numeri in Italia
Il quadro dei 36 milioni di consumatori di alcol in Italia – 20 milioni gli uomini e 16 le donne, pari al 77% dei maschi e al 56% delle femmine – è ricco di dettagli. Dieci milioni e mezzo di italiani sopra i 18 anni hanno bevuto alcol quotidianamente.
Tra i consumatori a rischio, preoccupano soprattutto i giovani (circa 1.370.000 tra 11 e 25 anni, di cui 620.000 minorenni), le donne (circa 2,5 milioni, in crescita dal 2014, con punte massime di consumatrici a rischio del 29% tra le minorenni 16-17enni), gli anziani (2,6 milioni, di cui uno su 3 e quasi una su 10 over65 sono a rischio: eccedono su base quotidiana e consumano fuori pasto).
Spiccano i 3,5 milioni di binge drinker, soprattutto maschi di tutte le età (83.000 sono minori). Anche qui si registra una diminuzione in direzione dei livelli del 2020, ma non per le donne. Queste ultime sono stabili, senza alcun accenno dunque al calo dei consumi tesi all’intossicazione.
Inoltre, i consumatori dannosi di bevande alcoliche sono stati 750.000, anche qui in diminuzione rispetto agli 830.000 del 2020. Tuttavia a decrescere sono ancora una volta gli uomini ma non le donne, per le quali si continua a registrare un incremento che ha condotto a quota 300.000 le consumatrici con danno da alcol.
Dei 750.000 consumatori dannosi con Disturbi da uso di alcol (Dua) in necessità di trattamento, solo l’8,5% è stato intercettato. Un totale di 63.490 alcoldipendenti in carico ai servizi del Sistema sanitario nazionale (Ssn), con costante e preoccupante decrescita.
La situazione negli ospedali, infine, testimonia quanto descritto finora. Nel 2021, si sono registrati 35.307 accessi ai Pronto soccorso (Ps) – di cui il 10 % circa richiesto da minori, per le ragazze in proporzione doppia rispetto ai coetanei – e 45.270 dimissioni ospedaliere, causati entrambi dall’alcol, segnando in un anno un incremento, rispettivamente, del 20.2% e del 4.2%.
Alcol e tumori, cosa dicono gli esperti
Secondo la letteratura scientifica, tutti i tipi di bevande alcoliche, vino incluso, aumentano il rischio di tumore. Lo ha chiarito di recente William Klein, direttore del Programma di ricerca comportamentale del National Cancer Institute (NCI) di Bethesda, Maryland, e coordinatore di un recente studio.
In particolare, ribadiscono anche gli esperti di AIRC, l’alcol non aumenta solo la probabilità di sviluppare un tumore del fegato negli alcolisti cronici. La pericolosità aumenta anche per molti altri tipi di tumore, tra cui quello del seno, nelle donne e negli uomini.
Il rischio di sviluppare un tumore è proporzionale all’esposizione: più si beve e per più tempo si beve, e più elevato è il rischio. La probabilità aumenta ancora di più per chi beve e fuma: alcol e tabacco hanno infatti un effetto sinergico.
Inoltre, l’alcol è cancerogeno indipendentemente dalla tipologia di bevanda. Il vino, rispetto alla birra e ai liquori, non ha effetti positivi sulle coronarie. Gli esperti ribadiscono che si tratta di un falso mito e che non ci sono dosi sicure o aspetti positivi che possano sopperire al danno. Anche a dosi moderate, il vino aumenta il rischio di andare incontro ad altri eventi cardiovascolari, per cui non può in ogni caso essere considerato salutare – mette in guardia Airc.
Giovanissimi e alcol, i dati sono da incubo
Adolescenti, Stili di vitaSono sempre di più i giovani e giovanissimi che scelgono di ubriacarsi per cercare lo sballo. Abitudini che non riguardano più solo il sabato sera e che negli anni portano alla dipendenza e causano enormi danni per la salute. I dati, non esattamente incoraggianti, sono quelli riportati dall’Osservatorio nazionale alcol dell’Istituto superiore di sanità. Un report dettagliatissimo che deve essere considerato uno strumento di conoscenza e prevenzione nelle mani delle istituzioni competenti.
SOCIAL DRINKING
Una delle ragioni che spinge i giovanissimi ad ubriacarsi è il desiderio di accettazione sociale. Spesso, bere è percepito come un modo di essere parte di un gruppo. L’alcol, agendo sui freni inibitori, aiuta i giovani e i giovanissimi a spingersi oltre i limiti e quasi nessuno tra i ragazzi che consumano abitualmente dimostra di conoscere i rischi enormi ai quali va incontro. Non è un caso che tra i consumatori a rischio preoccupino molto i giovani (circa 1.370.000 tra 11 e 25 anni, di cui 620.000 minorenni) e i 3,5 milioni di bevitori «binge drinking», soprattutto maschi, di tutte le età (83.000 sono minori).
OLTRE IL LIMITE
I dati dell’Osservatorio nazionale alcol dicono inoltre che nel 2021 sono stati addirittura 7,7 milioni gli italiani di età superiore a 11 anni (pari al 20% degli uomini e all’8,7 per cento delle donne) che hanno bevuto quantità di alcol nocive per la salute. Tre milioni e mezzo di persone hanno bevuto per ubriacarsi e 750.000 sono stati i consumatori dannosi, ovvero coloro che hanno consumato alcol provocando un danno alla loro salute, a livello fisico o mentale.
LE FAMIGLIE
Alla luce di questi dati è giusto chiedersi quale sia il ruolo delle famiglie nell’arginare il problema. Non un modo di colpevolizzare, ma di responsabilizzare o allertare tanti papà e tante mamme che spesso non riescono a instaurare un dialogo autentico con i propri figli. Chiunque sia genitore saprà bene che il compito è più che arduo, ma la posta in gioco è troppo alta per non continuare a provare in ogni modo.
INFORMARE
Un messaggio che arriva forte e chiaro dall’analisi condotta dall’Iss è che le campagne di informazione e sensibilizzazione rivolte ai giovani, ideate in questi anni, sono state quasi del tutto fallimentari. Non c’è stata, in altre parole, un’attenzione sufficiente al problema. Non si è stati in grado di parlare ai giovani con il linguaggio giusto, non tanto da trasmettere loro un messaggio efficace circa i rischi e le conseguenze di questi comportamenti. Un dato sul quale riflettere e che dovrà essere punto di partenza per un rapido cambiamento di rotta.
SCARICA IL REPORT