Addio al gesso, arriva l’esoscheletro in 3D
Addio al gesso, arriva l’esoscheletro in 3D. Non si tratta della trovata per un film di fantascienza, è la sperimentazione clinica avviata dal Santobono di Napoli in collaborazione con il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), al prima mai realizzata in ambito pediatrico. Grazie al contributo della Banca d’Italia (che ha donato 50mila euro) l’ospedale partenopeo ha potuto dare il via questo rivoluzionario progetto che prevede l’applicazione dell’esoscheletro su 60 bambini tra 11 e i 14 anni. Tra tutti i piccoli pazienti sono stati scelti quelli con fratture composte stabili a un braccio, fratture «per le quali attualmente viene effettuato il trattamento con il tradizionale (e fastidiosissimo) gesso.
Realizzato su misura
L’esoscheletro, realizzato in plastica ABS, nascer da una stampante 3D sulla base di calcoli strutturali effettuati da un ingegnere biomedico e un ingegnere edile, avvalendosi di informazioni cliniche e morfologiche raccolte sia attraverso la radiografia che mediante sistemi di scansione 3D dell’arto fratturato. Il tutore personalizzato così prodotto è molto più rigido del tradizionale gesso, totalmente impermeabile, leggero, aperto e poco ingombrante. E’ anche più igienico e conforme alle esigenze ergonomiche del bambino.
Per il benessere di bambini
«L’ospedale Santobono tratta ogni anno circa 16mila pazienti con traumi che richiedono un intervento ortopedico», dice il direttore generale Anna Maria Minicucci. «E’ evidente quale impatto positivo possa avere l’utilizzo di questa tecnologia sulla qualità della vita dei nostri piccoli pazienti. Per realizzare questo progetto si è attivato un virtuoso modello di collaborazione tra Istituzioni: Banca d’Italia, CNR, Fondazione Santobono Pausilipon e Azienda Ospedaliera Santobono Pausilipon. L’obiettivo è ambizioso, se la sperimentazione ci darà i risultati sperati nei reparti ortopedici pediatrici italiani oltre alla sala gessi potremmo avere dei laboratori per la stampa 3D degli esoscheletri».
Un software ad hoc
Il laboratorio per la stampa 3D allestito al Santobono si avvale di una tecnologia disponibile in commercio e prodotta da un’azienda campana. Il software, invece, è stato adattato in base alle particolari esigenze sanitarie dall’equipe del CNR afferente agli Istituti di Biostrutture e Bioimmagini – IBB e Polimeri, Compositi e Biomateriali – IPCB. «Fin dal momento dell’avvio della ricerca il team si è reso conto di trovarsi di fronte ad uno studio multidisciplinare che presentava non banali ostacoli progettuali e tecnologici», chiarisce Fabrizio Clemente, primo ricercatore dell’IBB – CNR e responsabile scientifico delle attività. «Mettendo in comune competenze d’ingegneria biomedica, dei materiali e delle scienze delle costruzioni presenti all’interno del CNR tali difficoltà sono state egregiamente affrontate e superate e, nello scorso mese di novembre, sono stati realizzati i primi prototipi. Ulteriori difficoltà sono derivate dalla necessità di dover seguire un percorso coerente con le regole della sperimentazione clinica di dispositivi medici. Per poter procedere la Fondazione si è accreditata presso il Ministero della Salute quale produttore dei dispositivi, mentre lo studio è stato autorizzato dal Comitato Etico seguendo le procedure del Ministero della Salute. E’ stato poi allestito un laboratorio integrato con l’attività del reparto di ortopedia per la realizzazione e l’utilizzo clinico di ortosi personalizzate, prodotte sulla base di scansioni 3D eseguite sugli arti dei piccoli pazienti»