Scompenso cardiaco, ecco la tecnologia di “stimolazione multisito”
Si parla tanto di salute del cuore, ma troppo spesso questo concetto resta vuoto e generico. Tra le varie malattie che possono mettere a rischio la salute ce n’è una che ha dei numeri terribili: lo scompenso cardiaco. Secondo i dati dell’OMS colpisce in Europa 14 milioni di persone, la stima è di arrivare a 30milioni nel 2020. Le cifre sono in costante aumento sia per il progressivo invecchiamento della popolazione sia per il miglioramento nel trattamento delle sindromi coronariche acute che registrano, in Italia, 170mila nuovi casi ogni anno. Lo scompenso cardiaco, invece, circa 80mila casi l’anno e un crescente livello di cronicità. Tutto questo ha anche costi enormi per la gestione dei pazienti, circa 10 miliardi, di cui il 74% per ricoveri ospedalieri.
I sintomi
A causa dell’incapacità del cuore di pompare il sangue efficacemente e di fornire ossigeno a organi importanti come reni e cervello, le persone colpite da scompenso cardiaco in una fase avanzata possono presentare sintomi come la dispnea (mancanza di fiato) da sforzo o anche a riposo, edema degli arti inferiori, astenia, difficoltà respiratorie in posizione supina, tosse, addome gonfio o dolente, perdita di appetito, confusione, deterioramento della memoria.
Nuovi impianti
I pazienti affetti da scompenso cardiaco sono spesso dipendenti da device che aiutano il cuore ad assolvere alla sua funzione di pompa. In questo senso una buona notizia è legata ad una nuova famiglia di dispositivi messi a punto da Boston Scientific che consentono di stimolare il ventricolo sinistro da punti differenti, la cosiddetta “stimolazione multisito”, con oltre 200 combinazioni possibili. La principale barriera nell’utilizzo di questa tecnologia è sempre stata legata al consumo di maggiore energia del dispositivo. Una barriera che ora viene superata grazie a batterie più longeve (evoluzione delle batterie Enduralife), con una proiezione di durata fino a 13.3 anni. Per capire la portata di questa innovazione si deve considerare che la durata delle batterie è un elemento cruciale per l’efficacia dei dispositivi e rappresenta la maggiore preoccupazione per il 73% dei pazienti che devono affrontare la sostituzione dopo alcuni anni (in media dopo 4 anni). I primi impianti di questi nuovi dispositivi sono stati realizzati in quattro ospedali italiani, vale a dire al Gemelli di Roma all’ospedale di Feltre (Belluno), al Muscatello di Augusta e nella Casa di Cura Montevergine di Mercogliano (Avellino).