Ictus: in 30 anni casi aumentati del 70%, legame con inquinamento e sovrappeso
L’ictus è una delle principali cause di morte nel mondo. Si verifica quando il flusso di sangue al cervello viene interrotto, provocando un danno cerebrale. Esistono due forme principali di ictus: ischemico, causato da un coagulo che ostruisce un’arteria, ed emorragico, dovuto alla rottura di un vaso sanguigno. Negli ultimi 30 anni, il numero di casi è cresciuto del 70%, con una mortalità in aumento e un impatto significativo sulla qualità della vita. A pesare, fattori come inquinamento atmosferico, ondate di calore e condizioni metaboliche legate a sovrappeso e ipertensione.
Numeri in crescita
Ogni anno, circa 12 milioni di persone nel mondo vengono colpite da un ictus. Più di tre su quattro vivono in Paesi a basso e medio reddito. Secondo uno studio pubblicato su Lancet Neurology, l’ictus ha causato 7,3 milioni di decessi nel 2021, rendendolo la terza causa di morte globale, subito dopo le malattie cardiache ischemiche e la pandemia da Covid-19.
Tra il 1990 e il 2021, il numero di persone che hanno avuto un ictus è cresciuto del 70%, raggiungendo i 11,9 milioni nel 2021. Il tasso di mortalità è aumentato del 44%, e il numero di anni di vita sana persi per disabilità o malattia conseguente all’ictus è salito del 32%. In questo arco di tempo, si è passati da 121,4 milioni di anni di vita sana persi nel 1990 a 160,5 milioni nel 2021. Questi dati sono stati raccolti dal Global Burden of Disease Study e saranno presentati al World Stroke Congress di Abu Dhabi a ottobre.
Fattori di rischio
L’ictus può essere prevenuto. L’84% dei casi registrati nel 2021 è attribuibile a fattori di rischio modificabili. Tra questi, spiccano l’inquinamento atmosferico, il sovrappeso, l’ipertensione, il fumo e la scarsa attività fisica. I fattori metabolici, come sovrappeso, pressione alta e alti livelli di colesterolo, contribuiscono a circa il 66-70% del totale dei casi di ictus, secondo i dati raccolti nel 2021.
Tra i principali fattori di rischio globali per l’ictus figurano la pressione alta, l’inquinamento da polveri sottili, le ondate di calore, il fumo, l’ipercolesterolemia e l’inquinamento domestico. Secondo Valery Feigin, direttore dell’Istituto nazionale per l’ictus e le neuroscienze applicate dell’Università di Tecnologia di Auckland e autore principale dello studio, le attuali strategie di prevenzione si sono rivelate insufficienti, considerata la rapida crescita dei casi.
Inquinamento e ictus
L’inquinamento atmosferico emerge come una delle principali cause dell’aumento dei casi di ictus. Uno studio condotto dalla Columbia University ha confermato il collegamento tra l’accumulo di placca nelle arterie e l’esposizione a metalli derivati dall’inquinamento ambientale. La ricerca, pubblicata sul Journal of the American College of Cardiology, ha dimostrato che l’esposizione a questi metalli causa un aumento del calcio nelle arterie coronarie, un fenomeno paragonabile a quello provocato dal fumo e dal diabete.
L’aterosclerosi, ossia l’accumulo di placca nelle arterie, è un fattore di rischio primario per infarti e ictus. Il restringimento e l’indurimento delle arterie può ridurre il flusso sanguigno e favorire la formazione di coaguli. Questo processo, noto come calcificazione delle arterie, è una delle cause principali di malattie cardiovascolari. L’esposizione a metalli presenti nell’inquinamento ambientale è considerata un fattore di rischio significativo per lo sviluppo di queste patologie.
Lo studio sulla calcificazione coronarica
I ricercatori della Columbia University hanno analizzato dati provenienti dal Multi-Ethnic Study of Atherosclerosis, che ha seguito 6.418 uomini e donne tra i 45 e gli 84 anni, senza precedenti episodi di malattie cardiovascolari. L’obiettivo dello studio era quello di determinare l’impatto dell’esposizione a metalli come cadmio, tungsteno, uranio, cobalto, rame e zinco sull’accumulo di calcio nelle arterie coronarie.
Questi metalli si trovano in vari settori industriali e agricoli, come nella produzione di fertilizzanti, batterie, petrolio e nell’estrazione mineraria. Anche il fumo di tabacco rappresenta una fonte primaria di esposizione a cadmio. I ricercatori hanno rilevato una correlazione tra i livelli di metalli presenti nelle urine dei partecipanti e l’accumulo di calcio nelle arterie, confermando il legame tra inquinamento ambientale e malattie cardiovascolari.
Attività agricole e industriali
L’inquinamento da metalli è particolarmente diffuso nelle aree industriali e agricole. Questi inquinanti si accumulano nel suolo e nell’aria, con effetti diretti sulla salute della popolazione. Le emissioni provenienti da attività agricole e industriali, come l’uso di fertilizzanti e la produzione di energia, rappresentano una fonte significativa di metalli nocivi. Questi inquinanti sono facilmente assorbiti dal corpo umano, accumulandosi nei tessuti e influenzando il sistema cardiovascolare.
L’inquinamento domestico contribuisce anch’esso all’aumento dei rischi di ictus. L’utilizzo di combustibili solidi per la cottura o il riscaldamento, ancora diffuso in molte regioni del mondo, espone milioni di persone a livelli pericolosi di inquinanti. Anche questo fattore è emerso come uno dei principali rischi per la salute cardiovascolare.
Prospettive future
L’ictus rappresenta una sfida sanitaria globale, con numeri in costante aumento. I fattori di rischio ambientali e metabolici, come l’inquinamento atmosferico e il sovrappeso, giocano un ruolo cruciale nella diffusione di questa malattia. Gli studi dimostrano che l’esposizione a inquinanti, in particolare i metalli, accelera il processo di calcificazione delle arterie, aumentando il rischio di ictus e altre malattie cardiovascolari.
Gli studiosi sottolineano la necessità di un maggiore impegno per ridurre l’inquinamento e promuovere stili di vita più sani, puntando su interventi mirati a limitare l’esposizione ai fattori di rischio principali.