Tubercolosi, una minaccia per la salute
Tubercolosi, ormai da giorni non si parla d’altro. Il caso di Treviso ha scosso l’Italia e messo in allarme (anche se a ben vedere in maniera ingiustificata) molti genitori. Ma si deve comprendere che la situazione è stata tanto incredibile da superare la fantascienza. Una maestra che involontariamente contagia 21 bambini su 22 nella classe (casi di contagio ma la malattia ancora non si era sviluppata), e alcuni del personale della scuola, è qualcosa di impensabile. Fortunatamente ora la situazione è sotto controllo e il focolaio è stato circoscritto. La conferma arriva da Gianni Rezza dell’Istituto Superiore di Sanità’ andato nella Asl Veneta a verificare le cose. Merito, e tanto, va dato ai medici che hanno intuito la causa del contagio in un bimbo di una classe elementare, se quei camici bianchi non avessero pensato ad un adulto come vettore di contagio chissà cosa sarebbe accaduto. Del resto la metà dei circa 4.000 casi l’anno in Italia di Tbc si verificano fra anziani che sono venuti a contatto con la malattia in passato e che si ammalano in età avanzata, quando il loro sistema immunitario si indebolisce.
SITUAZIONE CIRCOSCRITTA
Anche la ministra della Salute, Giulia Grillo, assicura che la situazione “è sotto controllo ed è assolutamente circoscritta”. E spiega di essere in costante contatto con gli esperti dell’Istituto Superiore di Sanità che si sono recati di persona nella azienda sanitaria veneta per verificare che tutto sia gestito nel migliore dei modi. “Non c’è ragione di preoccupazioni irrazionali, perché tutte le misure di controllo e prevenzione sono state tempestivamente attuate dalla Ulss e monitorate dall’Iss. Dalle analisi è emerso che l’insegnante era entrata in contatto con la malattia molti anni fa ed era rimasta latente nell’organismo. Ringrazio tutti gli operatori sanitari che hanno messo in atto ogni misura necessaria per fermare il contagio e assicurare la più efficace profilassi. Questa è la forza del nostro Servizio sanitario nazionale, questa è la sanità che dobbiamo difendere e valorizzare”.
I DATI
La cosa che desta allarme è che la tubercolosi, lo dicono i medici, è una di quelle malattie che sta avendo una vera e propria recrudescenza. L’incidenza in Italia, fortunatamente è ancora bassa, ma sottovalutare il problema sarebbe un errore. In base ai dati forniti in occasione del Tb Day 2019, dal 2012 al 2016 il tasso è diminuito dell’1,8% ogni anno e attualmente si assesta a 7,4 casi ogni centomila abitanti, con un tasso di mortalità dello 0,7%. Dal 2009 si è però verificato un costante aumento della proporzione di casi notificati tra cittadini nati all’estero: si è passati dal 44% nel 2005 al 62% nel 2016. Secondo l’ultimo rapporto del Centro europeo per il controllo delle malattie, ogni ora a trenta persone in Europa viene diagnosticata la tubercolosi, che nonostante il calo complessivo del numero di malati, rimane una delle principali minacce di salute. Lo scorso marzo a Torino è morto per tubercolosi di uno studente di 19 anni, matricola del Politecnico di Torino. Il giovane era ricoverato da alcuni giorni all’ospedale Amedeo di Savoia e non e’ riuscito a superare la malattia. Originario dello Sri Lanka, e’ probabile che avesse contratto la malattia nel suo Paese d’origine e che si sia rivolto troppo tardi ai medici per le cure del caso.
IL CASO DI NAPOLI
A Napoli, lo scorso anno, un caso di tubercolosi aveva destato grande preoccupazione. La vittima è stata in quel caso una donna medico dell’Ospedale San Paolo (quartiere Fuorigrotta) che probabilmente aveva contratto l’infezione nello svolgimento del proprio lavoro. La dottoressa, 60 anni, aveva lavorato nel presidio ospedaliero fino al mese di agosto, quasi sempre impiegata nella medicina d’urgenza. La donna era conosciuta e stimata da tutti. Una sempre pronta a dare il 110% pur di assistere i pazienti. Sul suo caso fu anche istituita una commissione di inchiesta presieduta dal direttore sanitario aziendale dell’epoca e composta dal direttore Uoc Sorveglianza Sanitaria, dal referente rischio clinico, dal responsabile del dipartimento assistenza ospedaliera dell’Asl e da un un infettivologo dell’ospedale Cotugno.