Tempo di lettura: 4 minutiI numeri in aumento della pandemia da SARS-Covid 19 preoccupano tutti ma rappresentano un problema ancora più concreto per i pazienti fragili e affetti da malattie congenite o croniche. In particolare quelli con malattie rare, che devono recarsi periodicamente nelle strutture ospedaliere per ricevere terapie per loro salvavita. «Con una stretta negli accessi in ospedale e con una recrudescenza del virus, i soggetti con DAAT rischiano di vedere montare delle difficoltà per effettuare l’infusione della terapia sostitutiva della proteina di cui sono carenti. Oltre a rischiare di frequentare ambienti in cui il virus circola più facilmente» racconta Nuccia Gatta, Presidente dell’Associazione Pazienti con DAAT (www.alfa1at.it). Per ovviare a questo limite CSL Behring ha ampliato l’offerta dei suoi servizi di supporto ai pazienti (PSP) con “RESPIRA@HOME” incentrato sull’insegnamento ad auto-somministrarsi presso il proprio domicilio la terapia con Alfa1-Antitripsina (AAT). Il programma nasce con l’obiettivo di favorire l’autonomia del paziente e di migliorare la qualità e l’efficacia delle cure, mediante l’aiuto e la supervisione di figure infermieristiche professionali e specializzate.
La terapia sostitutiva permette di innalzare i livelli di AAT nel siero oltre la soglia protettiva. La carenza di AAT, infatti, non permette di proteggere il tessuto polmonare dall’azione distruttiva di proteasi rilasciate in occasione di infezioni, aumentando il rischio di sviluppare una forma precoce di enfisema. Alfa1-Antitripsina è l’unica sul territorio nazionale a contenere nel Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto la possibilità del trattamento domiciliare mediante auto-somministrazione.
«La nostra esperienza ci dice che è possibile formare pazienti ‘esperti’ perfettamente in grado di imparare ad auto-somministrarsi in totale sicurezza il farmaco per via endovenosa, con un miglioramento sia nella qualità di vita, sia nell’aderenza al trattamento» spiega Deborah Cocorullo della Direzione Medica di CSL Behring.
Prosegue Nuccia Gatta: «La terapia domiciliare eseguita in auto-somministrazione ha dei vantaggi evidenti: aumenta l’autonomia del paziente con possibilità di gestione delle tempistiche, migliora l’aderenza al piano terapeutico indicato dal medico, la qualità della vita e la percezione stessa della malattia, permettendo il passaggio da un atteggiamento passivo ad uno pro-attivo, con la presa in carico della gestione della terapia. Inoltre, annulla i disagi rispetto al trasferimento presso i centri di somministrazione, talvolta molto lontani dal domicilio e che possono anche essere fonte di infezioni o contagio. Infine, aumenta la sicurezza della somministrazione in fase di riacutizzazione, altrimenti non garantita se non in un contesto ospedaliero. Sono aspetti fondamentali per il paziente in generale ma soprattutto per il paziente che lavora, costretto a richiedere permessi non sempre così facili da ottenere. Condurre in autonomia la terapia domiciliare offre la possibilità ai pazienti e alle loro famiglie di evitare il disagio degli spostamenti, con minore perdita di giornate di lavoro ed un risparmio di tempo e denaro, e di curarsi a casa negli orari e giorni preferiti nel rispetto del piano terapeutico. Per non parlare poi del risparmio in termini di costi sanitari e di ottimizzazione delle risorse ospedaliere. È altresì importante ricordare che il paziente continua ad essere seguito per il follow-up o per le eventuali necessità dal Centro di Riferimento e che ha come interlocutore immediato il MMG che aderisce al programma».
Da calcoli di proiezione effettuati a partire dai dati raccolti durante lo studio registrativo RAPID si è visto che la terapia sostitutiva con la proteina mancante somministrata regolarmente permette di posticipare il raggiungimento dell’insufficienza respiratoria terminale di quasi 6 anni.
«Sebbene non siano mai stati fatti in Italia studi sulla qualità della vita nei pazienti in terapia sostitutiva, la testimonianza degli stessi che afferiscono all’associazione, depone per un netto miglioramento soggettivo non da ultimo legato al fatto di “sentirsi curati” e una drastica riduzione delle riacutizzazioni a fronte di una terapia che è comunque molto impegnativa in termini di cronicità e gestione logistica» prosegue Nuccia Gatta.
Il servizio è interamente gestito da un provider indipendente (HNP), con il supporto di CSL Behring, senza alcun onere economico per il paziente né per la struttura sanitaria, e dovrà essere attivato dal Medico Specialista.
HNP è un’agenzia specializzata in servizi a supporto del paziente che mette a disposizione infermieri professionisti che si recano al domicilio del paziente nel pieno rispetto della normativa italiana.
Come attivare il servizio
Il Medico Specialista contatta la Direzione Medica di CSL Behring (medica@cslbehring.com; 02 349641) per chiedere l’attivazione del servizio; CSL Behring fornisce ad HNP i contatti del Medico Specialista; il personale di HNP contatta il Medico Specialista per organizzare la visita di presa in carico presso l’Ospedale, alla presenza di paziente/caregiver, e avviare il supporto.
Durante il programma di supporto si organizza una visita iniziale di presa in carico – presso l’Ospedale in cui il paziente viene seguito – con la partecipazione del Medico Specialista, dell’infermiere HNP, del paziente ed eventualmente del caregiver (familiare che può assistere il paziente). Durante tale visita l’infermiere HNP raccoglierà altresì la modulistica necessaria all’avvio del supporto. Seguono le visite domiciliari, in cui l’infermiere HNP forma il paziente/caregiver sulla corretta conservazione, ricostituzione ed auto-somministrazione del farmaco. Il numero di visite domiciliari potranno essere concordate con il paziente, fino al raggiungimento della completa autonomia nell’auto-infusione da parte del paziente/caregiver.
Il paziente può scaricare dal sito dell’Associazione pazienti Alfa1 AT Onlus (http://www.alfa1at.it) il materiale educazionale che accompagna passo dopo passo all’auto-infusione, insieme ad un diario per il paziente in cui tenere traccia delle infusioni, da mostrare durante le visite di controllo al proprio Medico Specialista.
Che cos’è il Deficit di Alfa1-Antitripsina
Il Deficit di Alfa 1-antitripsina (DAAT) è una malattia genetica rara: si ritiene che il DAAT sia sotto-diagnosticato, con una prevalenza difficile da stabilire. Ad oggi, sono inseriti nel Registro italiano 508 pazienti, di cui 140 circa con un DAAT grave.
La carenza congenita (o deficit ereditario) di alfa 1-antitripsina è una condizione genetica che si trasmette come carattere autosomico co-dominante, con penetranza ed espressività variabile, che colpisce 1 individuo su 2.000-5.000.
L’espressione clinica della condizione genetica consiste in un aumento del rischio di sviluppare una patologia polmonare cronica, consistente soprattutto in enfisema polmonare (talora associato a bronchiectasie) o, più raramente, asma, tra la 4° e la 5° decade di vita, e/o una patologia epatica, che si può manifestare entro il 1° anno di vita oppure più tardivamente, tra la 5° e la 6° decade, sotto forma di epatopatia cronica, cirrosi epatica, fino ad epatocarcinoma.
La terapia endovenosa con concentrati purificati di Alfa 1-antitripsina derivati dal plasma è il solo trattamento specifico per il DAAT.