In Italia 780mila persone vivono dopo la diagnosi di un tumore urologico, ovvero a rene, vescica o prostata. Soprattutto la buona notizia è che l’Italia è al primo posto per guarigioni in Europa. Se aumenta il numero di persone che stanno lottando o hanno sconfitto queste neoplasie (erano 560mila nel 2012), arrivano anche nuove armi come l’immuno-oncologia. A questo tema è dedicato il XXVII Congresso Nazionale della Società Italiana di Urologia Oncologica (SIUrO), che vede riuniti a Napoli oltre 600 esperti.
I numeri sulla sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi di un tumore genito-urinario nel nostro Paese sono più alti rispetto alla media europea: vale per il carcinoma della vescica (78% e 68%); rene (67% e 60%) e prostata (88% e 83%). Si tratta di dati “incoraggianti che dimostrano l’ottimo livello di assistenza che il nostro sistema sanitario nazionale riesce a garantire ai pazienti”, rileva il presidente Siuro Riccardo Valdagni. Le neoplasie genito-urinarie sono dunque “sempre più delle patologie croniche. Quindi è necessario spostare l’attenzione dall’urgenza della cura dell’organo malato alla presa in carico della persona a 360 gradi. E la scelta del tipo di trattamento – sottolinea – deve quindi anche contemplare aspetti non secondari come la salvaguardia della fertilità e il reinserimento del paziente nel mondo del lavoro”. Il vicepresidente SIUrO Sergio Bracarda, spiega che negli ultimi anni “gli specialisti hanno a disposizione un’ulteriore arma: l’immuno-oncologia, che stimola il sistema immunitario a riconoscere le cellule tumorali attraverso l’utilizzo di anticorpi monoclonali, creati in laboratorio. Ha dimostrato di essere particolarmente efficace e di aumentare la sopravvivenza dei pazienti colpiti da carcinoma del rene ed è inoltre mediamente ben tollerata. Sono allo studio o in fase di approvazione anche nuovi farmaci per il trattamento del tumore della vescica e della prostata”. Oggi “8 pazienti su 10 riescono ormai a sconfiggere la malattia – conclude il segretario Siuro Giario Conti -. Tuttavia resta ancora molta strada da fare, soprattutto per quanto riguarda la prevenzione”. Resta solo il dato positivo dell’Italia, prima in classifica per le guarigioni.