Il momento più a rischio sarebbe quello in cui l’atleta entra in acqua. Lo sport in questione è il triathlon, disciplina diventataspecialità olimpica dal 2000 che prevede tre prove da svolgere in successione immediata: nuoto, ciclismo e corsa (la distanza varia a seconda della categoria). Secondo uno studio gli atleti di triathlon hanno un rischio maggiore di incorrere in morte improvvisa, trauma fatale o arresto cardiaco, rispetto a un comune adulto di mezza età o a chi fa corse a lunga distanza (come la maratona). La ricerca, condotta su più di nove milioni di partecipanti, mostra che la morte o l’arresto cardiaco colpirebbero 1,74 persone ogni 100mila concorrenti. A guidarla è stato Kevin Harris, cardiologo della Minneapolis Heart Institute Foundation dell’Abbott-Northwestern hospital in Minnesota. Il lavoro è stato poi pubblicato su Annuals of Internal Medicine.
Le Olimpiadi
I ricercatori americani hanno esaminato i dati dei partecipanti alle Olimpiadi di triathlon dal 1985 al 2016. Durante questo periodo, 135 persone sarebbero decedute, di cui 107 per morte improvvisa, mentre 13 sarebbero sopravvissute ad arresto cardiaco dovuto alla corsa perché soccorse nell’immediato. Le vittime avevano in media 47 anni e per l’85% erano maschi. Il momento più a rischio sarebbe il nuoto. Novanta morti e arresti cardiaci si sarebbero avuti in acqua, mentre sette durante la parte di ciclismo, 15 durante la corsa e nove durante il periodo di recupero. Non solo: dalle autopsie è emerso che la malattia cardiovascolare senza segni clinici sarebbe presente in una percentuale significativa. “Durante la parte della gara dedicata al nuoto, gli atleti probabilmente sperimentano un aumento di adrenalina quando entrano in acqua e competono molto vicini con gli altri atleti e, talvolta, in condizioni ambientali sfavorevoli”, spiega Harris.
Gli uomini più a rischio
L’incidenza sarebbe stata inferiore tra le donne, 3,5 volte più bassa rispetto agli uomini. Imolte, il rischio di morte cresceva con l’età. Tra gli uomini over 60, il tasso di mortalità o di arresto cardiaco sarebbe di 19 partecipanti ogni 100mila concorrenti.
Più controlli prima delle gare
“I risultati di questo studio dovrebbero servire da promemoria ai partecipanti per assicurarsi che siano idonei a competere in queste gare di resistenza”, afferma Reginald Ho, autore di un editoriale che accompagnava l’articolo e professore di medicina al Sidney Kimmel Medical College del Thomas Jefferson University Hospital di Philadelphia. “Gli atleti dovrebbero vedere regolarmente i loro medici e tutti i sintomi cardiaci dovrebbero essere monitorati”.
Tuttavia, Hannah Arem, del George Washington Milken Institute School of Public Health di Washington, conclude che la ricerca “non dovrebbe però dissuadere chi è in salute a considerare di partecipare a gare di resistenza: per la maggior parte delle persone, l’esercizio fisico regolare darà più vantaggi che danni”.
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